
"La vocazione dell'uomo" di Spalding. che appare per la prima volta in traduzione italiana è un caso letterario del Settecento e uno dei testi di riferimento più significativi dell'Illuminismo tedesco. Stampato per la prima volta nel 1748, ha attraversato tutta la seconda parte del secolo con ben undici edizioni, l'ultima pubblicata nel 1794. Nel corso dei suoi cinquant'anni di vita, il breve saggio e stato più volte ampliato e modificato dal suo autore in risposta alle sollecitazioni culturali dell'epoca, e ha attirato l'attenzione di pensatori come Mendelssohn, Abbt, Kant e infine Fichte, alimentando un vivace dibattito. Da teologo illuminista, Spalding compie un itinerario all'interno della coscienza dell'individuo alla ricerca di un'identità spirituale che gli consenta di realizzare le sue finalità più alte. Egli affronta il classico tema del destino dell'uomo a partire non da posizioni religiose, ma da un esame razionale della condizione umana, disegnando così i contorni della nascente antropologia filosofica. La traduzione si basa sull'edizione critica delle opere di Spalding curata da Albrecht Beutel e in corso di pubblicazione presso l'editore Mohr Siebeck di Tübingen.
Miguel de Unamuno (Bilbao, 1 864 - Salamanca, 1936), uno dei più importanti filosofi spagnoli del secolo scorso, concepì "l'Agonia del cristianesimo" (1924), un'opera dal taglio colloquiale e semi-autobiografico, in seguito a una profonda crisi esistenziale, più forte e pregnante di quella grande crisi spirituale che l'aveva gettato nello sconforto nel 1 897, dettata anche dal tormento nostalgico vissuto durante l'esilio e la fuga in Francia. Tutta la vita di Unamuno si sviluppò in una costante lotta interiore che è stata ragione di confronto con i grandi temi del cristianesimo e motivo di impegno politico e sociale e che lo ha portato a scontrarsi con la monarchia, con la dittatura di Primo de Rivera e con la sollevazione militare di Franco agli albori della guerra civile spagnola, durante la quale Unamuno morì, nel 1936. In questo scritto, molte delle idee già espresse in Del sentimento tragico della vita (1913) vengono rinnovate da una forte vis polemica nei confronti della società e delle ideologie precostituite, e da un intenso dramma interiore. Un conflitto che sta alla base della stessa agonia del cristianesimo che abita ogni singolo individuo, ogni uomo cristiano, che è agonico per definizione. L'agonia è, infatti, la "lotta" di chi vive lottando contro la vita stessa, e contro la morte, poiché il fine della vita è farsi un'anima, un'anima immortale. Questa è per Unamuno "ansia d'immortalità".
Il de divisione naturae costituisce una grande epopea metafisica intorno al concetto di natura considerato come la totalità delle realtà esistenti e non esistenti. L'articolazione dell'opera in cinque libri ripercorre la suddivisione della natura nelle sue quattro principali divisioni: la natura creante e non creata, cioè Dio inteso come causa del tutto, la natura creante e creata, cioè il Verbo di Dio all'interno del quale si individuano i principi generali della creazione, la natura non creante e creata, costituita dalla processione della seconda natura all'interno del mondo creato, e infine la natura non creante e non creata cioè Dio considerato come fine ultimo cui tendono tutti gli esseri creati. Accanto a questa struttura, che ricalca le teorizzazioni dei filosofi neoplatonici, si trova un vasto commentario ai primi sei giorni della creazione secondo il racconto della Genesi, all'interno della quale l'uomo costituisce il centro di maggiore interesse in quanto, grazie alla sua funzione mediatrice, costituisce contemporaneamente la ragione della processione dalle cause negli effetti e il punto di partenza grazie al quale la molteplicità del mondo materiale potrà ricongiungersi con il suo principio originario, cioè Dio.
L'opera di Unamuno, che presenta tutti i tratti di organicità e sistematicità, non sarebbe comprensibile pienamente se non se ne evidenziassero le basi filosofiche e le preoccupazioni teologiche. È infatti alla luce di una filosofia della religione che le ricerche incentrate sull'unico problema, quello dell'ansia immortale di immortalità dell'uomo concreto, pervengono ad una prospettiva coerente ed unitaria anche se ciò non esclude un'evoluzione intellettuale ed esistenziale. Unamuno è un autentico uomo religioso che ha vissuto una struggente quanto tragica ansia di eternità, di sete di Dio, pur non avendo abbracciato totalmente nessun credo religioso positivo, giacché egli ha sempre reagito con veemenza contro ogni tentativo di volerlo incasellare. Unamuno è fautore di una religione poetica, issata sull'esperienza della parola creatrice, mediante la quale non soccombe alla tentazione del nulla. I nuclei fondamentali della riflessione unamuniana ruotano intorno a due temi, i quali rappresentano, per così dire, due facce della stessa medaglia: l'ansia per il destino umano e la preoccupazione per la personalità, da non intendersi in senso psicologico, ma etico-esistenziale, come emerge sia nell'opera sul "Sentimento tragico della vita" (1913) sia nei celebri poemi dove ribadisce che "Il fine della vita è di farsi un'anima".
Sotto il nome di Quaestiones de virtutibus rientra un gruppo di cinque quaestiones disputatele, nelle quali Tommaso affronta in maniera diretta e analitica il tema delle virtù, sia dal punto di vista filosofico sia da quello teologico. Composte nel periodo del secondo soggiorno parigino dell'Aquinate, tali questioni costituiscono un'opera matura, redatta parallelamente alla stesura delle sue grandi opere etiche, ovvero la Sententia Libri Ethicorum e la seconda parte della Summa Theologica, interamente dedicata allo studio della morale. Non particolarmente note né frequentate dalla critica, le Quaestiones de virtutibus rappresentano, pertanto, una delle chiavi per addentrarsi nell'affascinante e complesso impianto dell'etica tommasiana. Il particolare taglio prodotto dalla natura della quaestio, "monografica" di necessità, consente un affondo approfondito, ricco e dettagliato sul tema delle virtù isolato nella sua specificità. La presente traduzione di due di tali questioni, che riporta alla luce un testo così fondamentale e poco conosciuto, si inserisce nel contesto della riscoperta di Tommaso d'Aquino come uno degli autori di riferimento per la contemporanea etica delle virtù.
I ricordi scolastici, a volte poco piacevoli, ci hanno abituato a pensare che la filosofia sia di casa tra volumi polverosi e nei pensieri astratti di studiosi lontani dalla realtà. Maria Bettetini, con piglio divertito e rigore scientifico, riporta finalmente il pensiero filosofico alla dimensione che fin dall'antichità le è propria: un benefico esercizio della mente, utile per affrontare anche i problemi di tutti i giorni. Intrecciando le nostre vite con quelle, spesso molto ordinarie, dei filosofi, ci stupiremo forse nel ritrovare molti dei vizi e delle debolezze che ci contraddistinguono. Ma in questo divertente dialogo a distanza scopriremo anche l'importanza di porre le domande giuste, prima di cercare frettolose risposte. Un invito a scoprire la bellezza con cui la filosofia può colorare le nostre vite, in cui può accadere di sorprendere Aristotele nella cucina di casa, dialogare con Agostino sotto l'ombrellone, e persino incontrare Hegel in coda al supermercato.
Il "Dialogo sul papa eretico" costituisce il primo trattato, l'unico integralmente compiuto, del "Dialogus", la più ricca e complessa opera politica di Guglielmo di Occam. In esso un maestro e un discepolo, attraverso un confronto serrato, indagano sull'eresia, che si è annidata nel vertice della chiesa, e cercano i rimedi legittimi per liberare la società dal potere tirannico di un papato corrotto. Dotato di un'esemplare struttura organica e animato dal rigore logico tipico del francescano inglese, il "Dialogo sul papa eretico" è uno dei testi-chiave per comprendere la travagliata epoca di transizione dal Medioevo all'età moderna.
Il volume contiene la traduzione di tutti gli scritti filosofici e teologici di Nicolò Cusano (1401-1464) e la prima versione italiana dei suoi più importanti scritti matematici. La traduzione, condotta sul testo dell'edizione critica curata dall'Accademia delle Scienze di Heidelberg, è corredata di note esplicative, che illustrano tutti i riferimenti contenuti nei testi e le loro fonti, sia dirette sia indirette, e di un ampio e accurato commentario sistematico, mentre il saggio introduttivo ripercorre i temi fondamentali del pensiero e dell'opera di Cusano.
Del magistero universitario parigino del domenicano tedesco Eckhart (1260-1328 ca.), chiamato dai contemporanei proprio Meister, ovvero "magister", questo ''Commento al vangelo di Giovanni'' è senza dubbio l'opera maggiore e più rilevante, giunta fino a noi dopo l'oblio di molti secoli: non a caso è da essa che sono state estratte alcune delle proposizioni più sconvolgenti tra quelle condannate come eretiche dalla Bolla papale "In agro dominico" (1327). Il testo giovanneo - il vangelo di Dio come spirito e dell'uomo parimenti come spirito - permette infatti al "magister" di sviluppare appieno la sua dottrina mistica fondamentale: la generazione del Logos nell'anima dell'uomo completamente distaccato, che diviene così uomo divino, come il Figlio. Contro l'esclusivismo biblico, Eckhart afferma che la stessa luce ha sempre illuminato e illumina tutti i popoli - pagani, ebrei, cristiani -: "Mosè, Cristo e il Filosofo (Aristotele) insegnano la stessa cosa, che differisce soltanto nel modo, cioè in quanto credibile, dimostrabile o verosimile, e verità". Difendendo il primato della ragione che si fa spirito, il domenicano interpreta perciò la Scrittura in modo che essa sia sempre in accordo con la filosofia classica. Non meraviglia quindi che tanto pensiero occidentale, da Cusano ad Hegel, si sia nutrito dell'opera di quello che Heidegger chiamò "Lebemeister", maestro di vita, ben più che "Lesemeister", professore.
"Non bisogna temere la sgradevole verità ma la gradevole menzogna, consapevoli che potremo essere chiamati a rendere conto a Dio non delle cose che si sono dette ma di quelle che si sono prudentemente taciute con curiale diplomazia. Il cristiano che parla dei mali della Chiesa mosso da dolore e amore può andare fino in fondo anche in modo duro, perché finirà col produrre bene prezioso. Il cristiano che parla dei mali della Chiesa senza dolore e senza amore farebbe bene a tacere, perché aggiungerà solo inutile male al tanto male che già la devasta. Il Vangelo non è né indolore né insapore, a volte sono quattro chiodi su un legno a volte una spugna imbevuta d'aceto. Il Vangelo si prende per intero, compresa croce e spugna d'aceto. Solo così si può giungere alla pietra divelta del sepolcro: non si risorge col Cristo senza essere stati crocifissi con Lui."
Muovendosi sulla duplice esperienza scientifica del fisico e del teologo l'autore guida il lettore nel complesso mondo dei rapporti tra teologia e scienza. L'opera chiarisce sin dalle prime pagine che molti scontri storici tra scienza e teologia nacquero da salutari dibattiti tra la vecchia scuola aristotelica e la nuova scienza che si stava ormai imponendo su una scolastica cristallizzata, creando utili contrasti nel dibattito di ricerca scientifica e teologica. Acquisita consapevolezza che il Creatore si serve d'ogni opera del proprio creato, nel XVI secolo cominciò a imporsi l'idea che scienza e teologia fossero due realtà e linguaggi distinti per mezzo dei quali Dio comunicava all'uomo manifestandosi con le sacre scritture come con la fisica e la matematica. Linguaggi che oggi appaiono meno diversi e più vicini, interscambiabili e a tratti quasi interdipendenti.
Con quanta cura nel nostro cuore è la prima Enciclica del Sommo Pontefice Benedetto XVII redatta in forma di motu proprio, dove a molti anni di distanza dalla sua caduta in disuso si torna a usare il Noi. Un documento addolorato e vigoroso che delinea i principi generali per una riforma della Chiesa universale sorretta sul principio di fede.