
Secondo un'antica tradizione, ogni oggetto destinato all'uso liturgico o all'ambito ecclesiastico, prima di essere usato, dev’essere benedetto. Anche le campane venivano benedette prima di essere sistemate sulla torre campanaria, come confermano numerose fonti liturgiche. Già nell'Alto medioevo, e precisamente nell'VIII secolo, ebbe inizio il rito romano della loro consacrazione, che nei secoli successivi ebbe una lenta ma graduale evoluzione fino al XIII secolo. Da allora è rimasto, in forma pressoché immutata, fino alla riforma liturgica del Concilio Vaticano II. La finalità principale di questo studio è di ripercorrere lo sviluppo storico di questo rito nella liturgia romana, a partire dalla sua prima fonte scritta, fino ad arrivare al XIII secolo, vale a dire alla sua forma più evoluta. Un'altra finalità della presente ricerca è di analizzare in maniera approfondita il suo contenuto attraverso i testi eucologici per cercare di comprendere il significato delle campane nella Chiesa del Medioevo, così come nella vita quotidiana dei fedeli.
La Chiesa italiana vuole promuovere un dialogo fra gli esperti del "Tavolo Nazionale sulla salute mentale", gli operatori del mondo sanitario, della pastorale della salute e di altri ambiti pastorali. Povertà vitale in rapporto alla salute mentale, diseguaglianza nell'accesso alle cure, condizioni sociali problematiche e nuova status syndrome sono alcune delle questioni affrontate. Si allargano le riflessioni su temi quali minori e salute mentale, infanzia abusata, genitorialità fragile, nuove dipendenze, suicidio e importanza della prevenzione
Oggi l’annuncio del Vangelo richiede di guardare nuovamente la realtà con occhi innamorati dell’umanità, che soffrono e patiscono insieme a chi soffre, per costruire un percorso in due tappe: dapprima farsi prossimo, per provare a rispondere – nella comunione – alla domanda di senso di fronte alle provocazioni che scaturiscono dalla dura realtà della malattia, della disabilità e della morte, nei diversi contesti (domanda che può traslucere in uno sguardo più che in mille parole); poi, per guardare insieme, come l’apostolo Giovanni, al di là di una tomba vuota, e intercettare con lo sguardo una prospettiva diversa, la pienezza della vita umana in Dio, anticipata e conosciuta nella fede. È uno sguardo aperto alla trascendenza quello capace di vedere il volto di Cristo nella carne sofferente del malato, e quindi capace non solo di entrare nella storia, e possibilmente di cambiarne le storture, ma di farla diventare anche storia di salvezza per ciascuno.
I testi qui presentati sono uno strumento per il diacono permanente che intenda ampliare il suo percorso formativo, approfondire la vocazione e rinvigorire la sua presenza - con il mandato che il Vescovo potrà assegnargli - nella pastorale della salute. Una pastorale chiamata ad essere sempre meno "ospedaliera" e sempre più territoriale, in una comunità cristiana che si riveli vera comunità sanante, capace di farsi carico delle maggiori fragilità e vulnerabilità dei fratelli e delle sorelle sofferenti.
"Se il servizio ai malati e ai sofferenti è per la Chiesa, fin dall'inizio della sua storia, 'parte integrante della sua missione' è compito di chi lavora in questo tipo di pastorale rendere 'visibile' questa realtà richiamando a tutta la comunità cristiana un suo impegno accanto al malato, a chi soffre, a chi se ne prende cura e nel vasto mondo socio-sanitario. Ma è compito di chi riflette teologicamente sull'agire ecclesiale nel mondo della salute, in particolare accanto alle persone più fragili, richiamare come la dimensione sanante (salvifica e salutare) sia non solo presente in una pastorale specifica, e in ambiti particolari, ma debba essere riconosciuta come parte integrante dell'essere Chiesa e del suo agire pastorale: caratteristica della sua identità e del suo multiforme agire." (dall'introduzione)
L'interrogativo su "cosa si debba fare per essere felici" accomuna la più profonda domanda esistenziale rivolta a Gesù, il Maestro, riportata nel Vangelo di Marco 10,17, e il preambolo della Dichiarazione d'indipendenza degli USA. È una domanda che l'uomo pone a se stesso, alla propria comunità sociale, pone al proprio Paese, ma soprattutto, quando si è alla ricerca della verità su se stessi, pone a Dio. E ciò accade in qualsiasi condizione di salute ci si venga a trovare. La ricerca, medico-clinica ed accademica, accompagna, integra, propone riflessioni e percorsi di approfondimento per andare incontro all'uomo ferito di oggi. Un uomo, una umanità, che nei Paesi occidentali può aver raggiunto un maggior benessere economico, maggiori tutele sociali, ma che torna a porsi una delle domande fondamentali della vita: "voglio essere felice".
«Il malato lascia che il suo corpo venga toccato dagli operatori, ma quante volte vorrebbe impedire, trattenere il loro movimento, e dire: "Non mi toccare, non mi toccare in modo brusco, non mi toccare come se il mio corpo fosse qualcosa di estraneo al tuo agire, come fosse un attrezzo"? [...] Così è maturato il tema: "Feriti dal dolore, toccati dalla grazia". Diventiamo operatori di salute - tanto in ambito sanitario-professionale quanto in quello pastorale - quando la ferita dell'altro ci interpella; se vogliamo prenderci cura di tutta la persona malata è necessaria quella grazia particolare che proviene dal sentirsi veramente provocati dalle situazioni che incontriamo.» (dall'Introduzione)
Questo testo è indirizzato ai professionisti della salute e agli operatori pastorali e volontari per educarli ad essere farmaci più che a dare farmaci, coltivando quelle attitudini che umanizzano le relazioni, alleviano il patire e consolano chi soffre. Il cuore della pubblicazione è un viaggio nei diversi tasselli del mosaico relazionale, che permettono di cogliere sia la complessità dei processi comunicativi che la ricchezza dei vissuti biografici nell'incontro con chi soffre. Ogni tessera del mosaico viene illustrata nei suoi contenuti ed è accompagnata da dialoghi intercorsi tra un aiutante e un malato, insieme ad un'analisi critica dell'intervento. Il testo può essere usato come un vademecum di formazione permanente alla relazione di aiuto nella visione olistica della salute.
Tra le oscurità della vita umana vi è il mistero del dolore. Si tratta di una categoria che non lascia libero nessuno e ogni tentativo di non occuparsene si scontra con la cruda realtà che non fa sconti. Perché il dolore? Perché adesso? Perché proprio a me? Che cosa ho fatto di male? Sono domande che non trovano facilmente risposta. E quelle che nutrono la pretesa di spiegare rischiano a volte di rendere più ambigua la comprensione.
Al processo di cura si giunge partendo dalla persona, col suo nome, persona che è in situazione oggettiva di disabilità, che avrà bisogno di cure - nel caso anche riabilitative - che possono rafforzare il suo empowerment, in forza del diritto alla salute che ciascuno di noi possiede, affinché la sua vita possa essere vissuta con dignità. Solo un percorso siffatto può riconoscere e sostenere la dignità della persona in quanto tale. Nessuno stigma, nessuna classificazione finalizzata a raggruppamenti artificiosi, ma partire dalla dimensione stessa della persona per identificare un adeguato percorso di cura. Tutta la dignità possibile per quella determinata persona non nascerà dal suo stato di salute, ma dal modo in cui ci faremo carico di lei come persona e la accompagneremo nel suo percorso di vita.

