
Don Salvatore è un punto di riferimento sul tema del desiderio del sacerdozio; è stato ordinato in anticipo sulla data canonica (il 16 aprile 2015) a causa di una malattia terminale che lo porterà alla morte poco tempo dopo. Alla vigilia della sua ordinazione riceve l'inaspettata telefonata di papa Francesco, che lo chiama per rincuorarlo e chiedergli la sua prima benedizione da presbitero. Cosa che lui fa il giorno stesso in cui diventa ministro di Dio: dopo aver benedetto il Santo Padre afferma: "L'ho fatto con il cuore pieno di gioia perché per noi tutti è un maestro. Non possiamo fare altro che seguirlo e continuare a pregare per lui". L'ultima celebrazione eucaristica che don Salvatore officia ha la data del 26 giugno 2015. Nella sua morte molti hanno intravisto la presenza di qualcosa di speciale, in lui che aveva detto: "Oggi, da presbitero, prendo la consapevolezza che l'aderire ai dolori immensi del Cristo, così come fanno tanti altri miei fratelli, spalanca varchi di luce sul mistero del soffrire". Questo libro raccoglie alcune preziose pagine del suo periodo di formazione seminaristica: da esse emerge tutta la sua forte tensione all'assoluto, esemplare per ogni sacerdote e per chiunque guardi ancora al ministero presbiterale come a un segno della presenza, incarnata, dell'amore di Dio nella nostra storia.
Possiamo essere felici in un mondo in cui è tanto evidente la sofferenza? O sentirci a nostro agio in una società pervasa dall’irritazione? Con altre tradizioni spirituali, Paolo di Tarso indica una via che potrebbe rivelarsi decisiva: «Nessuna parola cattiva esca dalla vostra bocca, ma piuttosto parole buone che possano giovare a quelli che ascoltano».
Di fronte al mondo di violenza e sopraffazione che tristemente abitiamo, Elio Meloni suggerisce la via paolina della gentilezza, intesa innanzitutto come pratica quotidiana volta a migliorare in profondità le relazioni umane. Solo recuperando il valore della gentilezza, habitus di chi ha a cuore la pace e la giustizia, è possibile abbandonare l’attaccamento e la brama, radici di ogni forma di sopruso. Solo attraverso la gentilezza diventa possibile vivere in modo più accogliente e giusto, rispettando l’altro per come è e non per come vorremmo fosse. Lo stesso rapporto con la natura, grazie alla gentilezza, assume caratteri differenti, portando alla consapevolezza che tutto ciò che esiste è donato, per pura grazia.
In una società dall’individualismo sempre più sfrenato e dai continui, rapidissimi cambiamenti siamo ancora capaci di fidarci, affidarci e avere fiducia, negli altri e in noi stessi? Elio Meloni ci propone un percorso tra letture, riflessioni e pratiche quotidiane di diverse tradizioni spirituali per distillare alcuni tratti essenziali della fiducia, dono che si nutre di apertura così come di rischio.
Base di ogni relazione umana, la fiducia è un dono. Un dono che, tuttavia, comporta per definizione un rischio, a volte un salto nel vuoto. Nondimeno la consapevolezza che la gratuità è la via maestra di ogni vita umana piena apre alla possibilità di avere rispetto e cura di quanto la vita ci offre: storie, incontri, relazioni, animali, cose.
Lasciando andare il desiderio di possesso riusciamo ad aprire la mano e ad accedere a relazioni autentiche, a lasciare l’accampamento e avventurarci lungo i sentieri della fiducia. Quello che Elio Meloni ci offre è un percorso lungo questi sentieri all’interno di diverse tradizioni spirituali, per recuperare pratiche che aiutino a «pulire» la relazione con gli altri e a ritrovare la fonte della propria solidità interiore che, sola, consente di fidarsi.
“Dunque Dio è libero e Dio prova dolore. Ma Dio prova anche tenerezza.” Con queste parole tratte dall’introduzione del libro si può sintentizzare il tema del libro di Alessandro Meluzzi. La Croce diventa, così, sintesi di dolore, ineliminabile nella storia di ogni persona, libertà e tenerezza di Dio verso ogni sua creatura.
Che cosa sarà di noi nell’Eternità? Che cos’è l’Eternità? Queste sono le domande che si pone Alessandro Meluzzi, facendosi così interprete degli interrogativi che inquietano la coscienza dell’uomo in ogni epoca.
La relazione al di là della vita e dopo la morte è un aspetto fondante dell’esistenza, è l’origine di tutti i pensieri possibili. L’idea della morte suscita nell’uomo sentimenti contrastanti: la disperazione dell’abisso e del nulla, e la speranza illimitata in un amore che non si esaurisce nella vita terrena.
«Siamo in cammino, siamo in un cammino, siamo un cammino», afferma l’autore. Tutta la vita è un percorso che proviene da un altrove e che conduce a un altrove. In questo percorso che l’uomo realizza come viator, una naturale disposizione dell’animo lo induce a perfezionare l’opera della Creazione con atti d’amore, a essere con-creatore. Questa necessità è un mistero d’Amore, è Cristo, vero Dio e vero uomo, del quale «intravediamo lontanamente qualcosa che si rivela in Gesù».
Una tavola rotonda fatta di incalzanti domande e risposte appassionate e colte, ma molto accessibili per il linguaggio del padre Men', capace di arrivare a tutti
Un viaggio sorprendente alla scoperta di luoghi, personaggi, devozioni ed usanze che fanno di Roma la città dove l'anima incontra l'infinito.
Il volume (spiritualità) raccoglie trentasei storie brevi, attraverso le quali si intende offrire in maniera gradevole alcuni spunti per la meditazione personale. Alcune storie sono accompagnate dal commento dell'autore, che nel prologo scrive: "Il racconto non pretende di trasmettere nulla, ma evoca quello che ognuno possiede già, risveglia quello che ognuno ha dentro di sé. Non desidero altro che questo: evocare la nostalgia addormentata che ciascuno si porta dietro dall'infanzia. E portarla a passeggiare con me all'alba per queste pianure di Dio, popolate dal rumore della vita che si risveglia nei campi assolati... Questi racconti sono nati così. Come parte di quelle monastiche levate all'alba che ci tengono in piedi dalle quattro e mezzo del mattino, sgranando antichi salmi in comunità e ruminando la Bibbia nella tiepida solitudine della cella". Alcune storie si ispirano alla cultura latinoamericana, cui appartiene l'autore, altre sono fatte risalire semplicemente "ai tempi antichi", altre ancora - non presentando particolari riferimenti spaziali o temporali - si impongono per il loro valore paradigmatico.
42 racconti compongono questa seconda raccolta dell'abate benedettino M. Menapace. Sono per lo più brevi, la maggior parte in prosa, solo qualcuno in versi, e trattano temi diversi: provvidenza, rabbia, egoismo, invidia, confessione, aldilà, adolescenza, emulazione, sincerità, evangelizzazione, povertà, superstizione. I protagonisti, che possono essere animali o uomini, religiosi o laici, propongono situazioni della vita che trasversalmente interessano tutti. Alcuni sono esplicitamente indirizzati ai giovani, altri ai religiosi, altri ancora ai sacerdoti, ma sono comunque adatti e benefici per tutti. Il titolo che menziona la costellazione della Croce del Sud (che, nell'emisfero australe, indica il sud, corrispettiva della Stella Polare, nell'emisfero boreale, per il nord) allude alla provenienza dei racconti dal sud del mondo (Argentina), ma soprattutto - come afferma lo stesso autore nel Prologo - al fascino che il sud ha sempre esercitato sui naviganti, come ad esempio il grande Magellano, al quale "quando era bambino, qualcuno aveva raccontato delle storie che parlavano del lontano sud. Mi piacerebbe continuare ad alimentare i sogni di quei bambini che sono nati per essere naviganti". Il libro è chiaramente indirizzato a tutti quanti navigano nella vita orientati da una stella.
Un piccolo gioiello dal Premio Strega Daniele Mencarelli: la storia di un rapporto di fiducia tra tre generazioni -- nonno, padre e nipote -- che ha al centro un coltello rinvenuto nella Seconda guerra mondiale. Il racconto della mancanza di fede di un figlio davanti alla malattia di suo padre, e della rinnovata fede che gli viene accordata invece dal nipotino.