
L'"Imitazione di Cristo", testo devozionale scritto alle soglie dell'età moderna la cui paternità è ancora oggetto di discussione, ha goduto nel corso dei secoli di una straordinaria fortuna, fino a essere definito come il libro più apprezzato della cultura occidentale dopo la Bibbia. Trattato di iniziazione alla vita ascetica basato sulla profonda devozione alla figura di Cristo, insegna il distacco dal mondo, il raccoglimento interiore e la dedizione a Dio di fronte alla caducità dell'esistenza umana. Fondamentale per la comprensione del cristianesimo medievale, della via ascetica lungo la quale molti credenti si sono avventurati, del misticismo moderno, l'"Imitazione di Cristo" è un testo eterno, che sa offrire il conforto dello spirito, anche al più disincantato lettore di oggi.
"Imitazione di Cristo" è un classico della spiritualità cristiana. Riassume in sé la miglior espressione della spiritualità medievale di impronta benedettina con alcuni influssi rigoristi di origine nordica-renana. La datazione da parte degli studiosi è piuttosto controversa: la corrente maggiore ne situa l'origine nel periodo tra il 1150 e il 1250 benché altre scuole di studiosi ritengano per autore Fra Tommaso da Kempis del 1400, che però potrebbe essere stato solo un appassionato divulgatore del testo. L'opera si articola in quattro libri che nell'intenzione dell'autore sono le quattro tappe del perfezionamento interiore. La presente edizione non vuole essere un libro da biblioteca ma si configura come un libro di preghiera, nel formato tascabile e nella pratica confezione adatta ad essere sempre portata con sé e utilizzata quotidianamente per meditare.
Questo trattato pratico di devozione mariana, improntato sul modello dell’Imitazione di Gesù Cristo, sarà una guida preziosa, una regola di vita, per tutti coloro che desiderano meglio conoscere e amare la Madre di Dio e Madre nostra.
“Felice chi imita Maria, perché imitando Maria imita Gesù, il Re e il primo modello di tutte le virtù! La vita di questa Vergine è una lezione universale”.
Assumere l'identità di Ildegarda, viaggiare attraverso di lei, essere lei è un'esperienza che non lascia immutati. Ildegarda cambia chi le si accosta: ma, se una persona è in grado di cambiare gli altri a distanza di quasi un millennio, significa che ha vissuto la sua vita in modo da immettersi nel «vento» dell'eternità. Questa donna, nata nel 1098, entra nel monastero benedettino di Disibodenberg nel 1106, a soli otto anni: non significa che fosse destinata a diventare monaca, ma solo che vi compiva i suoi studi, com'era in uso fra le ragazze di buona famiglia del tempo. Sceglie liberamente di prendere i voti, e trascorre in monastero tutta la sua esistenza, con l'eccezione dei viaggi di predicazione che compirà in età matura. Dal 1148, anno in cui viene resa pubblica per la prima volta una parte della sua opera, inizia una carriera straordinaria anche per un leader religioso dei nostri tempi. È mistica visionaria, grande scrittrice, profetessa, predicatrice, musicista, medico e alchimista, studiosa enciclopedica, capo spirituale di una comunità religiosa che è nello stesso tempo centro d'arte e di cultura. Fonda due monasteri, percorre predicando tutta la Germania, è in contatto con re, imperatori, papi, abati e badesse. Scrive poesie, composizioni musicali e un vastissimo epistolario. È anche un imprenditore che amministra terreni e beni immobili e dà lavoro a intere famiglie di contadini e artigiani. Ildegarda, che si definiva «creatura umana di forma femminile» è stata ogni cosa possa essere una creatura umana.
Stupefacente, moderna, Ildegarda di Bingen non è solo tra i più grandi mistici del Medioevo, è anche musicista, autrice di settanta sinfonie e acuta studiosa. La sua opera ci parla del posto dell’essere umano nel cosmo, di rispetto per l’ambiente, di dietetica, di guarigione, del ruolo della donna: tutta una sapienza medievale da riscoprire. Nata nel 1098 in Germania, rimane sconosciuta fino all’età di quarant’anni nel suo convento sulle rive del Reno. Poi trascrive le mirabili visioni che ha fin dall’infanzia. Subito il libro suscita passioni e controversie in tutta Europa, prima di ottenere l’approvazione del papa, dei vescovi e di Bernardo di Chiaravalle. Da allora per Ildegarda si profila un destino straordinario. Continua a scrivere e i suoi tre libri di visioni, fra cui il celebre Scivias, descrivono un universo infinito, in perpetua espansione, in linea con quello degli attuali astrofisici e i suoi due trattati di medicina dolce sono ancora oggi fonte autorevole. Così, senza il paraocchi della logica e del razionalismo, lontana da qualunque concezione meccanica, Ildegarda di Bingen incarna meravigliosamente un altro sapere, intuitivo e visionario.
Due persone unite nella tragicità del loro destino ad Auschwitz. Il volto di Edith Stein: catturato nel quadro dei suoi contemporanei, di coloro che poterono guardarla, apprendere e memorizzare i suoi tratti, entrare nel flusso del suo sguardo. Il volto di Etty Hillesum: tracciato dai suoi stessi scritti nell'incontro con altri volti, incisi «sulle ampie pareti del cuore». Una scoperta fontale e coinvolgente che lega le due testimoni di umanità e di ricerca di Dio: il volto quale principio di interiorità propria e altrui
La ricerca del volto di Dio è il caso serio di ogni credente. Ma il volto non connota soltanto Dio e la sua ricerca: il volto è anche metafora dell'uomo nella sua più alta espressione. Si dice comunemente che l'uomo "ha un volto", ma sarebbe più giusto dire che l'uomo "è un volto". Il volto infatti concerne l'identità della persona, la definisce, la rivela, la mette in relazione: il volto, epifania dell'identità, è anche il luogo della suprema alterità, del faccia a faccia e della responsabilità che comporta lo stare di fronte. Ci viene qui proposto un percorso in cui l'"io" incontra il "tu" che gli sta di fronte, per plasmare un "noi", che non è fusione o affastellamento, ma accoglienza e compimento.
Alla beata Pierina, la Madonna ha affidato il compito di fare conoscere e fare amare il Volto Santo di Gesù. Gesù si presenta a suor Pierina con il Volto sofferente, ricordando così la sua morte in croce, quindi la sua Passione. Ella diventa ambasciatrice di questo dono meraviglioso facendo coniare una medaglia con il Santo Volto di Gesù, ricordando a tutti che Egli è l'unica persona che non delude mai nessuno e che è il nostro medico e anche la nostra medicina.
In questo diario giovanile, don Didimo Manderò racconta i primi anni di sacerdozio in varie parrocchie del Nord Italia, fino alla nomina, avvenuta nel 1946, a cappellano di Valdagno, un piccolo centro del Vicentino. Scrivendo in uno stile chiaro e immediato, don Didimo rende partecipe il lettore dei dubbi, dello sconforto, della tenacia, delle speranze e dei progetti di un giovane sacerdote che opera in un ambiente spesso ostile e che però incontra sul suo cammino anche un'umanità semplice e generosa che presta volentieri la sua opera soprattutto a favore delle persone più deboli. Proprio da questo spirito di carità operosa e solidale nasceranno per iniziativa di don Mantiero due associazioni ancora oggi molto attive: la "Dieci", i cui membri si impegnano a offrire a Dio un giorno della propria settimana per la salvezza della città, e il "Comune dei Giovani", che propone l'incontro personale e comunitario, graduale e gioioso con Gesù Cristo, e fa dei giovani i veri protagonisti della propria educazione. Poche testimonianze restituiscono con l'efficacia di questo diario l'atmosfera di un mondo ormai scomparso e la forza vivificante di una fede vera di cui, ai nostri giorni più di allora, si percepisce la necessità e, anzi, l'urgenza. Introduzione di Marina Corradi, prefazione di Luigi Giussani, con un testo di Joseph Ratzinger.
Fedor Dostoevskij nel suo celebre romanzo, "L'idiota", fa chiedere al protagonista se sia stato lui a proferire la frase: "La bellezza salverà il mondo" ed egli, infine, risponderà che la bellezza è un'enigma. E la Bellezza è tale perché ha la sua origine in Dio che è Mistero: "È un'emanazione della potenza di Dio, un riflesso della Sua Luce perenne, uno specchio senza macchia della Sua attività" (Sap 7,25-26). Egli l'ha diffusa in tutte le sue opere lasciando in esse profusa la Sua immagine e impronta.

