
Biblisti di America Latina, Asia, Africa ed Europa si confrontano sulla comprensione che i libri dell'Antico e del Nuovo Testamento esprimono nei confronti del "diverso" e dello "straniero". Spaziando dalla Torah ai Profeti, dagli Scritti ai Vangeli sinottici, da Paolo a Giovanni fino ai testi cristiani più tardivi, l'alterità viene osservata come un elemento costitutivo di Dio e dell'uomo che interagisce nella dialettica delle relazioni umane, nell'identità e nel destino di Gesù, nell'interazione tra la vita cristiana e il mondo. "Mio padre era un arameo errante", confessa Israele nella sua professione di fede ricordando altresì di essere stato forestiero in terra d'Egitto. Abramo definisce se stesso uno straniero, che risiede in una terra che non è la sua patria, e un ospite di passaggio. "Forestieri e pellegrini" è anche la definizione dei cristiani nella Prima lettera di Pietro. Alla luce di queste considerazioni, osservano i curatori del volume, "la vera sfida che ci sta davanti è il passaggio dall'estraneità all'ospitalità e, dunque, una scelta di campo dalla parte del "diverso": a fianco dello straniero schiavizzato e dell'eunuco disprezzato, della donna emarginata e di ogni essere che porta sulla propria pelle i segni della precarietà e dell'ingiustizia; dalla parte di chi non ha voce, perché lo schiamazzo del potere nel nostro mondo, e nella Chiesa, è troppo forte e le voci flebili fanno fatica a emergere".
Il disagio per il metodo storico-critico, che ha portato la ricerca su Gesù a risultati molto differenti, ha indotto l'autore a tentare un approccio diverso alla persona di Gesù Cristo, persona storica vivente ancora nella Chiesa. Questo tentativo prende le mosse dalla visione di fede dei quattro evangelisti, la quale si basa su tradizioni storiche e ha prodotto in ciascuno di loro un'immagine propria di Gesù Cristo, diversa a seconda del tempo e delle circostanze. Seguendo l'impianto e le intenzioni delle sole fonti disponibili, i quattro vangeli, è tuttavia possibile oltrepassare questo orizzonte storico e chiedersi che cosa quei testi vogliano effettivamente dire.
La ricchezza di quest'opera sta nella grande varietà dei temi affrontati da uno studioso, Helmut Koester, che nella sua ormai più che cinquantennale carriera di esegeta si è distinto per aver praticato con successo ambiti di ricerca assai dissimili, come potrebbero esserlo l'archeologia e la critica del testo. Dedicato interamente a Paolo, questo volume affronta argomenti quanto mai interessanti, ad esempio quello della giustizia di Dio, del servo sofferente e del messia regale, dell'uomo divino, del culto dell'eroe e della corrispondente centralità di Roma per il mondo cristiano, e oggi anche estremamente scottanti, ad esempio quello della legge di natura, tema al quale è dedicato uno dei saggi più corposi e più avvincenti (e dell'autore è la voce physis nel Grande Lessico del Nuovo Testamento del Kittel). Ma ciò che fa l'originalità degli scritti di H. Koester è la capacità certo non comune di far agire nozioni, concetti, indirizzi architettonici, pratiche religiose, testi letterari ed epigrafici nell'ambiente vivo del mondo storico e culturale del Mediterraneo ellenistico, in particolare nelle regioni dell'Asia Minore che furono il fervido teatro dell'attività apostolica di Paolo. Helmut Koester è professore di teologia e di storia della chiesa all'Università di Harvard. Autore di voci fondamentali del Grande Lessico del Nuovo Testamento, ha pubblicato una celebre e fortunata Introduzione al Nuovo Testamento in due volumi, oltre ad opere dedicate alla letteratura protocristiana anche apocrifa. Tra i suoi lavori più recenti spiccano tre studi dedicati alle città di Paolo, Efeso in particolare, ma anche Pergamo.
Alla persona di Giovanni sono attribuiti un Vangelo, tre Lettere e il libro dell'Apocalisse: sono i testi che questo volume tratta, attraverso ampie introduzioni accompagnate da saggi di esegesi su passi di varia ampiezza e dallo sviluppo di alcune tematiche particolarmente indicative. I numerosi collaboratori hanno messo competenza ed esperienza a disposizione di un efficace dialogo di didattica della ricerca.
Nei primi secoli del cristianesimo era diffuso il convincimento che il Vangelo di Marco fosse un riassunto di quello di Matteo e solo nel XX secolo le peculiarità di questi antichi scritti sono state evidenziate e approfondite. Se nel secondo evangelista la vita di Gesù e la fede sono legate al "paradosso" e al "mistero", due termini che danno coerenza all'intera struttura del testo, nella narrazione di Luca, composta da Vangelo e Atti degli apostoli, la grande metafora di riferimento è il viaggio di un Dio che si mette sulla strada dell'uomo fino alla meta finale. Gli stessi Atti non si configurano come una "biografia di personaggi eminenti della Chiesa primitiva", ma come il racconto del viaggio - geografico e soprattutto teologico - che la Parola di Dio compie tra Gerusalemme e Roma. Il volume presenta e commenta i vangeli di Matteo e Marco, nonché tutta l'opera lucana e raccoglie i contributi che l'autore ha già offerto separatamente per ogni libro biblico.
Nella biografia di Paolo la raccolta di fondi per le chiese della Giudea, conosciuta come la 'colletta', ha un ruolo notevole e decisivo. Da sempre si discute sul significato di tale iniziativa nel programma missionario dell'Apostolo e nella sua prospettiva ecclesiologica. La ricerca dell'autore la colloca nel tema più vasto della 'solidarietà', amplificato oltre l'accezione socio-economica - assistenza dei poveri e delle figure sociali deboli - e includendovi anche la prassi dell'accoglienza e dell'ospitalità verso i missionari itineranti attestata nei documenti della prima Chiesa. Lo studio più dettagliato è riservato alle due lettere ai Corinzi, ove convergono i diversi aspetti della solidarietà paolina ed emerge soprattutto il suo aspetto teologico, cui viene dedicata massima attenzione, cercando di mostrare l'intreccio indissolubile tra la solidarietà, che si esprime nella colletta per i poveri, e l'esperienza della fede in Gesù Cristo Signore "che da ricco si è fatto povero perché noi diveniamo ricchi per mezzo della sua povertà".
Tradotta in tutte le lingue del mondo cristiano, la Bibbia di Gerusalemme è universalmente la più diffusa. Per il rigore degli studi e l'affidabilità dei ricercatori che vi hanno lavorato è la più amata dai credenti, la più consultata dagli esperti, la più frequentata dal pubblico laico.
Tradotta in tutte le lingue del mondo cristiano, la Bibbia di Gerusalemme è universalmente la più diffusa. Per il rigore degli studi e l’affidabilità dei ricercatori che vi hanno lavorato è la più amata dai credenti, la più consultata dagli esperti, la più frequentata dal pubblico laico. Si chiama Bibbia di Gerusalemme perché è frutto del lavoro degli studiosi dell’École Biblique, la Scuola biblica e archeologica che ha sede a Gerusalemme, poco fuori dalla Porta di Damasco, gestita con una forte impronta internazionale dai padri domenicani francesi.
L'École biblique et archéologique
française di Gerusalemme
Nell’immediato dopoguerra prende il via la prima edizione, che si presenta come una serie di 43 fascicoli ciascuno dei quali è dedicato a un singolo libro della Bibbia. Ogni volume contiene una presentazione del libro biblico considerato, una traduzione del testo partendo dall’originale ebraico/aramaico e greco, un apparato di note di ordine testuale e teologico. Nel 1956 i fascicoli vengono riuniti in un volume unico, dal titolo La Sainte Bible, che nel giro di poco evolve ne La Bible de Jérusalem, quale opportuno riconoscimento alla città e alla scuola da cui è nata.
Gli anni settanta conoscono il Concilio, la riforma della liturgia, notevoli progressi nello studio degli scritti antichi e soprattutto un’accresciuta coscienza dei fenomeni linguistici e ideologici: tali fattori spingono affinché si proceda a una radicale revisione de La Bible de Jérusalem.
Le introduzioni, le note, i quadri cronologici e riassuntivi e gli indici tematici di quella nuova edizione (1973) vengono tradotti in italiano e pubblicati a commento della traduzione ufficiale della CEI: nasce così nel maggio 1974 la prima Bibbia di Gerusalemme delle EDB.
«Tradotta in dodici lingue e pubblicata in una quarantina di paesi, la Bible de Jérusalem del 1973 ha rappresentato per moltissimi lettori e per molte comunità o movimenti lo strumento più completo e maneggevole per entrare nell’universo e nel testo della Scrittura» (dalla prefazione di fr. Paolo Garuti op).
Proprio per la sua solidità scientifica la Bibbia di Gerusalemme, pur essendo opera di soli cattolici, diventa infatti Bibbia di riferimento anche per i cristiani non cattolici. Essa contribuisce fortemente a creare una comune interpretazione biblica tra le Chiese cristiane. Ma l’evoluzione degli studi biblici e le scoperte archeologiche non si arrestano: dopo un ventennio l’École Biblique mette in cantiere una nuova revisione della Bible de Jérusalem ed è questa l’edizione di cui note, introduzioni, quadri esplicativi e indici vengono proposti oggi al pubblico italiano per accompagnare la nuova traduzione della CEI.
Di tutti i libri dei Profeti, il volume propone: il testo ebraico: testo masoretico della Biblia Hebraica Stuttgartensia che riporta il Codex Leningradensis B19A(L), datato circa 1008; la traduzione interlineare: eseguita a calco, cerca di privilegiare il più possibile gli aspetti morfologico-sintattici del testo ebraico, anche a scapito, in alcuni casi, della semantica. Va letta da destra a sinistra seguendo la direzione dell'ebraico. Conia diversi neologismi che intendono rendere meglio il senso originario; il testo della Bibbia CEI a piè di pagina con a margine i passi paralleli. Non si tratta di una 'traduzione', ma di un 'aiuto alla traduzione': un utile strumento di facilitazione e sostegno per affrontare le difficoltà dell'ebraico e introdursi nel testo biblico in lingua originale.
Del Pentateuco, che raccoglie i primi cinque libri della Bibbia, il volume propone: il testo ebraico: testo masoretico della Biblia Hebraica Stuttgartensia che riporta il Codex Leningradensis B19A (L), datato circa 1008; la traduzione interlineare: eseguita a calco, cerca di privilegiare il più possibile gli aspetti morfologico-sintattici del testo ebraico, anche a scapito, in alcuni casi, della semantica. Va letta da destra a sinistra seguendo la direzione dell'ebraico. Conia diversi neologismi che intendono rendere meglio il senso originario; il testo della Bibbia CEI a piè di pagina con a margine i passi paralleli. Non si tratta di una 'traduzione', ma di un 'aiuto alla traduzione': un utile strumento di facilitazione e sostegno per affrontare le difficoltà dell'ebraico e introdursi nel testo biblico in lingua originale.
Negli ultimi centocinquant'anni numerosi storici ebrei hanno studiato la persona, l'insegnamento e l'azione di Gesù di Nazaret. Usando fonti classiche dell'ebraismo, questi autori hanno gettato una luce totalmente nuova su come viveva Gesù: il personaggio Gesù di Nazaret acquista valenze diverse rispetto all'immagine trasmessa dalla letteratura cristiana. Certo, le posizioni ideologiche e politiche possono aver influenzato ritratti diversi: tra un militante sionista e un ebreo liberale la lettura differisce. Che mutamenti ci sono stati nel XX secolo? In che cosa ha inciso la Shoah? In che cosa la fondazione dello Stato di Israele? Da Joseph Salvador ad Amy-Jill Levine, da Joseph Klausner a Paula Fredriksen, passando per David Flusser, Salomon Zeitlin, Shmuel Safrai o Geza Vermes e per tutti gli storici ragguardevoli del secolo appena trascorso, questo libro invita il lettore a una ricerca storica, a uno studio storiografico e a un'analisi metodologica. Opera fondamentale per conoscere il pensiero ebraico contemporaneo a partire dalla fine del XIX secolo. Prefazione di Daniel Marguerat.
Targum (in ebraico significa traduzione), è il termine con il quale gli ebrei indicavano la versione in aramaico della Bibbia. Esistono vari Targum: il libro del profeta Isaia che pubblichiamo fa parte del testo in aramaico attribuito a Yonathan Ben Uzziel, compilato in Palestina all'inizio del II secolo. La traduzione dei due testi, aramaico ed ebraico, a confronto serve per mettere in evidenza le interpretazioni originali che erano tipiche della versione in aramaico. Le numerose note e l'accurato lavoro dell'autore fa di quest'opera un saggio utile a riflettere sulla Bibbia, e più in particolare come quest'opera fosse intesa in epoca antica.

