
"In tanti anni sono cambiati gli studi sul vangelo di Marco e, nella misura del possibile, ho cercato di servirmene. Ma, in tanti anni, sono cambiati soprattutto i miei occhi che leggono. Mi pare d'aver capito che l'essenziale non è sempre la ricerca di significati nuovi, ma la penetrazione della bellezza e della profondità di ciò che è detto, che è lì, quasi in superficie, ma di cui bisogna accorgersi. Per accorgersi è necessaria una lettura partecipata e sempre capace di stupirsi. È questo che mi sono proposto nel mio commento. Aggiungo che il mio scopo è di far incontrare la Parola con la vita e la vita con la Parola. È "scontrandosi" con l'esistenza che la Parola svela il suo vero significato".
Tra gli autori del Nuovo Testamento, Paolo è sicuramente colui che offre una riflessione più complessa e accurata della teologia della misericordia divina. La sua trattazione spazia dall'ambito personale, al motivo della salvezza d'Israele e delle genti, fino a toccare la dimensione etica della vita del credente e delle comunità cristiane.
Nonostante molteplici studi sull'attività dell'Apostolo Paolo, tuttora ci sfuggono le più profonde motivazioni del suo agire. L'intento di questo volume è quello di recuperare la giustificazione cristologica della sua condotta controversa e mostrare come l'itinerario dell'espropriazione volontaria presentata da Paolo in 1Cor 9,19-23 (1Cor 9) non sia un optional bensì un cammino senza il quale non ci può essere un'autentica vita cristiana.
«... Credo che l’ispirazione fondamentale del lavoro di don Giulio Barbieri [...] sia proprio ricordare e annunciare questa grande verità: Cristo è la novità che rinnova ogni cosa.
Don Giulio ci propone un viaggio nell’ultimo libro della Scrittura, l’Apocalisse, individuando in esso [...] un motivo di grande consolazione...». (dalla Prefazione del Cardinale Camillo Ruini)
La frase che dà il titolo a questo libro è pronunciata da colui che ha il potere perché «siede sul trono». Essa è la parola definitiva sulla storia, quel senso che ognuno cerca, ma che a tanti sfugge. Dallo studio dell’aggettivo kainòs, nuovo, emerge che il rinnovamento consiste nella deificazione dell’uomo il quale, redento dalla “vecchia” condizione di separazione da Dio, grazie all’Agnello riceve la natura divina, come persona e come popolo. Nemico di questo processo è il drago, il demonio, contro il quale Dio ha posto una donna, Maria e la Chiesa, nel cui grembo viene formato e dato alla luce l’uomo nuovo, immagine di Cristo.
Giulio Barbieri è nato a Roma nel 1978. Dopo gli studi classici al Liceo Bachelet e quelli musicali al Conservatorio Santa Cecilia, è entrato nel Seminario Redemptoris Mater. Ordinato presbitero della Chiesa di Roma nel 2007 da Papa Benedetto XVI, ha conseguito la licenza al Pontificio Istituto Biblico (2011) e il dottorato alla Pontificia Università Gregoriana (2019). È parroco a San Marco Evangelista in Agro Laurentino in Roma dal 2016.
Il principio ermeneutico di Gadamer della Storia degli effetti o Wirkungsgeschichte dice che «per capire un testo bisogna tener conto degli effetti che esso ha prodotto nella storia, inserendosi in questa storia e dialogando con essa». È quello che avviene in modo esemplare nella lettura spirituale della Scrittura, fatta da San Francesco d’Assisi. Il libro analizza l’influenza delle lettere dei capitoli 2 e 3 dell’Apocalisse in modo “sinottico e francescano” mettendo in luce quegli aspetti che ancora oggi possono dare effetti di bene, di santità, di speranza di futuro. Dalla Chiesa Francesco riceve la parola e dalla Chiesa riceve luce per la sua interpretazione, creando così un’opera immortale per l’umanità: il Cantico di frate Sole, all’interno del quale c’è l’utilizzo di un versetto dell’Apocalisse. Egli ripara la Chiesa dentro di sé e offre la propria vita per la causa del Vangelo: questo modo ha “prodotto” quell’effetto spirituale che lo porta oltre la seconda morte di Ap 2,11.
Informazioni sull'autore
Luca Maria De Felice, frate dell’Ordine dei frati minori Cappuccini Toscani, ha conseguito il dottorato in Teologia biblica nel 2016 a Firenze. Nel 2020 si laurea in Lingue e Civiltà dell’Oriente Antico e Moderno presso l’Università degli Studi di Firenze. Tiene corsi di Antico Testamento alla FTIC come docente a contratto. È segretario della rivista della Facoltà Vivens Homo e segretario di redazione di Italia Francescana, rivista nazionale dei frati minori Cappuccini italiani. Oltre a vari articoli, ha pubblicato Rosario con san Paolo (EDB Bologna, 2005).
Le istituzioni di un popolo sono le forme di vita sociale che esso segue per libera scelta o che riceve come imposte da un’autorità. Per il biblista Roland de Vaux, gli individui sono soggetti alle istituzioni, le quali però non esistono se non in funzione della società che esse sorreggono, si tratti di società familiare, politica o religiosa. Per descrivere tali forme antiche, lo storico deve tenere conto delle testimonianze del passato: innanzitutto dei testi, poi dei monumenti e di quanto gli permette di ricostruire le condizioni e il quadro della vita sociale di quel popolo. Il documento Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia ebraica, al n. 85, afferma: "è soprattutto studiando i grandi temi dell’Antico Testamento e la loro continuità nel Nuovo che ci si rende conto dell’impressionante simbiosi che unisce le due parti della Bibbia cristiana e, al tempo stesso, della forza sorprendente dei legami spirituali che uniscono la Chiesa di Cristo al popolo ebraico". Seguendo questa traccia, il libro vuole contribuire agli studi fondamentali sull’Antico Testamento, approfondendo il dato di fede e coltivando l’intenzione di diventare uno strumento di supporto pastorale e culturale.
Dai dubbi di alcuni studiosi sulle origini del testo, alla attualità pregnante del messaggio.
Il libro biblico dei Salmi, ovvero "canti accompagnati dalla cetra", vengono tradizionalmente attribuiti al re Davide. Si tratta di una straordinaria raccolta poetica nella quale "palpita" la vita di Israele, popolo di Dio, e trova posto tutta la variegata gamma di sentimenti di ringraziamento, di supplica, di lamentazione, richiesta di aiuto a Dio. Composizioni di grande fascino anche dal punto di vista linguistico che il curatore ripropone in una nuova, raffinata traduzione poetica più vicina alla sensibilità dell'uomo contemporaneo, con l'intento di restituire la ricchezza spirituale e letteraria del testo.
Sergio Quinzio fu sempre afferrato dal "pensiero della fede", come confutazione assoluta del dubbio che si concretizza nella decisione di ritenere imponibile confrontare la fede con altro da sé. Tale concezione emerge nelle scelte compiute per redigere questa antologia biblica. Il primo criterio adottato da Quinzio è di mostrare come la visione della Bibbia sia globalmente differente da quella della filosofia greca. La ragione sta nel fatto che la seconda cerca di spiegare il mondo così com'è e quindi di adeguare il comportamento umano alle leggi che lo regolano; la prima è tutta sorretta dall'ansia della redenzione, la quale comporta vedere l'orrore del lato mancante presente nel mondo e sperare nel riscatto messianico della realtà nel suo insieme. Il secondo criterio è stato quello di cavalcare la parzialità: lo si è fatto nella direzione di presentarla come "provocazione, dal momento che si è cercato di mettere in luce specialmente gli aspetti del testo di solito meno visti, più facilmente elusi e addolciti", è quindi "sembrato utile [...] insistere su ciò che all'interno dell'orizzonte biblico rivela difficoltà e suscita problemi"; ad esempio il tema - filosofico - della violenza e della giustizia di Dio. Un approccio che intende cogliere istanze autentiche rimaste sostanzialmente estranee alla ricerca biblica, la quale è, per la massima parte, orientata in senso scientilico-esegetico. letterario-narrativo o spirituale.
Il problema della trasmissione delle parole di Gesù rappresenta oggi uno dei nodi fondamentali del dibattito scientifico sulle origini cristiane. Impulsi diversi e convergenti - come la scoperta di nuove fonti, l'interazione con le scienze sociali e l'antropologia in particolare, una maggiore attenzione per il carattere dinamico e plurale dei primi gruppi cristiani - hanno contribuito all'inaugurazione di una nuova stagione della ricerca. Basti pensare all'enorme fioritura di studi sull'ipotetica fonte Q, sul Vangelo di Tommaso, su molti altri scritti della cosiddetta letteratura "apocrifa". In questa prospettiva, il volume si presenta come uno strumento indispensabile per la conoscenza delle più recenti tendenze degli studi sul cristianesimo primitivo: i contributi di natura metodologica si affiancano all'analisi diretta dei testi, spaziando dalle prime testimonianze evangeliche (canoniche ed extra-canoniche) ai papiri documentari, dalle lettere di Paolo alla molteplicità di fonti protocristiane dei primi secoli. Emerge un panorama di ampio respiro, in cui le diverse traiettorie di trasmissione - ma anche di rielaborazione, trasformazione e creazione - delle parole di Gesù si mostrano al lettore e allo studioso in tutta la loro complessità.
Vale per tutti i cristiani, ai quali la Chiesa ha consegnato il Salterio come preghiera quotidiana, la massima di Kierkegaard: "Giustamente gli antichi dicevano che pregare è respirare. Si vede, così, quanto sia sciocco voler parlare di un perché. Perché io respiro? Perché altrimenti morrei. Così con la preghiera". Ecco la ragione per cui il libro dei Salmi non dovrebbe mai staccarsi dalla nostra quotidianità. Per documentare questa necessità radicale, oserei dire 'fisiologica', potrei proporre due profili sostanziali. Innanzitutto i Salmi sono poesia e musica, come dice già il termine greco Psalmoi: sono veri e propri canti da far risuonare con "arte" (Sal 47,8). I Salmi sono patrimonio letterario anche per le loro irridiscenze poetiche che vanno da gioielli assoluti, come il Sal 42-43, fino a composizioni minime, come le sole diciassette parole ebraiche (Sal 117) incastonate da Mozart nei Vespri solenni del Confessore. Accanto alla poesia c'è però la 'lode', la preghiera, l'invocazione, la fede - da cui il titolo ebraico Tehillim, lodi appunto. I Salmi sono attestazioni di una fiducia umana orante, che si muove lungo lo spettro cromatico spirituale che parte dal gelido e cupo violetto del lamento, dell'implorazione, della supplica, dell'infelicità e approda al rosso incandescente dell'inno festoso, della lode, della gioia.