
Noi moderni lettori dei Vangeli siamo immensamente rozzi e limitati, se ci paragoniamo a un sacerdote ebreo o a un fedele cristiano del primo secolo. Cogliamo soltanto una minuscola parte dell'infinita ricchezza di citazioni e allusioni, rinvii interni ed esterni e sensi segreti con cui veniva composto un Vangelo. Leggere un testo è un'arte che abbiamo quasi dimenticato. Con infinita pazienza e umiltà, Pietro Citati ripercorre il cammino fatto da quei primi lettori: ricostruisce la trama di rimandi e riferimenti nascosti, legge gli indizi, ricompone gli intarsi, mostrandoci come la storia, gli eventi della vita di Gesù si sono compiuti con simboli immaginati molti secoli prima. Tutto il racconto evangelico - dal misterioso tema della nascita verginale di Gesù fino alle parole finali sulla croce: "Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?" - è fittamente intrecciato con il testo dell'Antico Testamento, con le leggende ebraiche che formano una specie di fondale, di eco e di conferma alle verità della nuova fede. Al di là del ricchissimo tessuto della tradizione, però, Citati cerca con tutte le sue forze di cogliere la novità, il respiro profondo della rivelazione cristiana. La modestia, il candore, la dolcezza di Maria non trovano riscontro nei testi antichi. E nemmeno la misteriosa immagine del "bambino nella mangiatoia", uno dei segni fondamentali in cui si riconoscevano i nuovi fedeli.
«Il "beato" cristiano è colui che leva lo sguardo verso l'alto, verso l'eterno e l'infinito e ascolta un messaggio controcorrente, sconcertante e fin provocatorio … Poveri, sofferenti, miti, affamati e assetati, misericordiosi, puri, artefici di pace, perseguitati sono convocati da Cristo come suoi discepoli, chiamati a edificare quel Regno di Dio da cui sono esclusi coloro che conoscono solo la frenesia del piacere, del potere e del possesso.» È questo il contenuto rivoluzionario delle Beatitudini, nucleo centrale della «buona novella», paradosso che sconvolge le fragili certezze del senso comune. Un affascinante «mondo alla rovescia» in cui si addentra il cardinale Gianfranco Ravasi, partendo da una rigorosa analisi del testo originale, nelle due diverse versioni di Matteo e di Luca.
A chi sono destinate le Beatitudini? A «classi speciali e privilegiate di fedeli», chiamate a vivere con particolare radicalità il Vangelo, o a ogni cristiano? Come dobbiamo leggerle? In una prospettiva squisitamente religiosa o di emancipazione sociale? L'autore ricorda l'universalità dell'impegno di vita che le parole di Cristo propongono e sottolinea come le legittime istanze di giustizia terrena che evocano vadano ricondotte a una visione d'insieme trascendente. La dimensione antropologico-sociale non può prescindere, quindi, da quella teologico-spirituale.
Seguendo queste coordinate, Ravasi esplora i più suggestivi sentieri dello spirito, cercando le tracce delle Beatitudini già tra le righe dell'Antico Testamento, e proponendo uno stimolante confronto con le Beatitudini ebraiche. Dai passi biblici l'orizzonte si allarga ai più svariati contributi culturali. Ecco allora che la parola si fa poesia, come nei versi folgoranti di Ungaretti o Turoldo, diviene musica nei maestosi oratori di César Franck e Georges Migot, si traduce in sequenza cinematografica, come nel Vangelo secondo Matteo di Pasolini o nell'indimenticabile finale del Grande dittatore di Charlie Chaplin, o in spettacolare immagine artistica, come nelle grandiose opere di Caravaggio e del Beato Angelico o nelle solenni architetture del santuario sul Monte delle Beatitudini, in Terra Santa. Un viaggio sorprendente e imprevedibile, in cui fanno capolino personaggi inattesi, come Ennio Flaiano o Herman Melville. Una polifonia dove c'è spazio anche per le voci dissonanti, come quella del filosofo Friedrich Nietzsche.
Emerge così tutta la forza dirompente e l'intramontabile freschezza di quello che si può considerare il più grande discorso all'umanità di ogni tempo.
La Bibbia è "un arcobaleno di testi, di parole, di frasi, di idee, di simboli, di figure, di temi che nascono dall'opera di una folla di autori appartenenti a un arco di tempo di un millennio. Eppure, dietro a questo spettro multicolore, la teologia intravede una voce unica, profonda, misteriosa, costante, quella del Dio che rompe il silenzio della sua trascendenza e del suo mistero". Da questa fondamentale unità dell'universo biblico prende le mosse la coinvolgente sfida del cardinale Gianfranco Ravasi: acquisire una visione d'insieme di tutte le Scritture leggendo una selezione di passi, rigorosamente collegati al loro contesto. Dalla Genesi all'Apocalisse, dai Libri storici ai Vangeli e alle Lettere Apostoliche, il racconto biblico è restituito da Ravasi in tutta la sua forza espressiva, nelle innumerevoli iridescenze di significato e di bellezza. Si potranno rivivere e approfondire così alcuni degli episodi più conosciuti e amati delle Scritture. Ma sarà possibile anche scoprire autentiche gemme nascoste tra le pieghe delle pagine bibliche. Il commento di Ravasi è anche una riflessione corale grazie alle citazioni di scrittori, artisti, filosofi che contribuiscono a illuminare e attualizzare il senso più profondo della Parola. In ogni passo l'autore ci aiuta a cogliere l'impareggiabile intreccio di umano e divino, di storia e di eternità, che fa della Bibbia un tesoro inestimabile della cultura mondiale.
"Chi legge l'Antico Testamento con la mente disincantata e vi si avvicina con l'atteggiamento sereno che avrebbe verso qualsiasi libro scritto dall'umanità non ha alcuna difficoltà a cogliere l'evidenza dei fatti." Questo libro è il risultato di anni di studio, pubblicazioni e conferenze. Un cammino che Mauro Biglino ha iniziato come traduttore per le Edizioni San Paolo e che lo ha portato a sviluppare una lettura alternativa dell'Antico Testamento capace di suggerire ipotesi davvero rivoluzionarie. Il primo passo del suo metodo è quello del "fare finta che": se si "fa finta che" gli autori biblici abbiano voluto tramandare semplicemente fatti storici realmente accaduti, se si tolgono dalla Bibbia le interpretazioni metaforiche e teologiche che dogmi e abitudini culturali le hanno attribuito, e si applica una lettura laica e letterale, il quadro cambia in modo radicale. Ci si rende conto che la Bibbia non parla di Dio, né di alcunché di divino, ma di una storia tutta "fisica" che svela un'ipotesi dirompente sull'origine dell'essere umano sulla Terra. A supporto di questa tesi, l'autore porta una traduzione attenta dei testi: "Il Dio spirituale, trascendente, onnisciente e onnipotente non trova riscontro in nessuna parola presente nella lingua ebraica". Porta contributi forniti spontaneamente da altri studiosi.
Gesù incita a impadronirsi del Regno dei cieli con la violenza? Consiglia di gettare nel mare con una macina al collo chi scandalizza la fede dei piccoli? Pretende dai suoi seguaci una dedizione così esclusiva da indurli a odiare i propri genitori? Queste sono le conclusioni che si potrebbero trarre, a una lettura immediata, da alcune sue frasi riferite dagli evangelisti. Parole in grado di mettere in crisi anche i fedeli più convinti, lontane dall'immagine di umanità, mitezza e giustizia che credenti e non credenti da sempre associano alla "buona novella". Parole "dure" come pietre, o meglio "pietre di inciampo", secondo l'etimologia del termine greco skándalon. Davanti a esse si potrebbe reagire come quei discepoli che, sconvolti dall'idea di mangiare la carne di Cristo e bere il suo sangue, gli voltano le spalle e lo abbandonano. Il cardinale Gianfranco Ravasi in queste pagine ci sfida invece ad affrontare le zone d'ombra nascoste nelle pieghe dei quattro Vangeli, attraverso l'analisi di 140 passi problematici. Non si tratta solo di affermazioni sconcertanti, ma anche di incongruenze storiche, come quella contenuta nel brano di Luca che delinea una coincidenza cronologica tra la nascita di Cristo e un censimento eseguito quando in realtà Gesù doveva avere almeno dodici anni. Oppure clamorose contraddizioni tra i Vangeli, come le radicali differenze tra le genealogie messianiche proposte da Matteo e Luca.
Noi moderni lettori dei Vangeli siamo immensamente rozzi e limitati, se ci paragoniamo a un sacerdote ebreo o a un fedele cristiano del primo secolo. Cogliamo soltanto una minuscola parte dell'infinita ricchezza di citazioni e allusioni, rinvii interni ed esterni e sensi segreti con cui veniva composto un Vangelo. Leggere un testo è un'arte che abbiamo quasi dimenticato. Con infinita pazienza e umiltà, Pietro Citati ripercorre il cammino fatto da quei primi lettori: ricostruisce la trama di rimandi e riferimenti nascosti, legge gli indizi, ricompone gli intarsi, mostrandoci come la storia, gli eventi della vita di Gesù si sono compiuti con simboli immaginati molti secoli prima. Tutto il racconto evangelico - dal misterioso tema della nascita verginale di Gesù fino alle parole finali sulla croce: "Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?" - è fittamente intrecciato con il testo dell'Antico Testamento, con le leggende ebraiche che formano una specie di fondale, di eco e di conferma alle verità della nuova fede. Al di là del ricchissimo tessuto della tradizione, però, Citati cerca con tutte le sue forze di cogliere la novità, il respiro profondo della rivelazione cristiana. La modestia, il candore, la dolcezza di Maria non trovano riscontro nei testi antichi. E nemmeno la misteriosa immagine del "bambino nella mangiatoia", uno dei segni fondamentali in cui si riconoscevano i nuovi fedeli.
"Chi legge l'Antico Testamento con la mente disincantata e vi si avvicina con l'atteggiamento sereno che avrebbe verso qualsiasi libro scritto dall'umanità non ha alcuna difficoltà a cogliere l'evidenza dei fatti." Questo libro è il risultato di anni di studio, pubblicazioni e conferenze. Un cammino che Mauro Biglino ha iniziato come traduttore per le Edizioni San Paolo e che lo ha portato a sviluppare una lettura alternativa dell'Antico Testamento capace di suggerire ipotesi davvero rivoluzionarie. Il primo passo del suo metodo è quello del "fare finta che": se si "fa finta che" gli autori biblici abbiano voluto tramandare semplicemente fatti storici realmente accaduti, se si tolgono dalla Bibbia le interpretazioni metaforiche e teologiche che dogmi e abitudini culturali le hanno attribuito, e si applica una lettura laica e letterale, il quadro cambia in modo radicale. Ci si rende conto che la Bibbia non parla di Dio, né di alcunché di divino, ma di una storia tutta "fisica" che svela un'ipotesi dirompente sull'origine dell'essere umano sulla Terra. A supporto di questa tesi, l'autore porta una traduzione attenta dei testi: "Il Dio spirituale, trascendente, onnisciente e onnipotente non trova riscontro in nessuna parola presente nella lingua ebraica". Porta contributi forniti spontaneamente da altri studiosi.
Che cosa ci rivelano gli studi di genetica sul racconto della creazione? Come si possono facilmente spiegare alcuni episodi di miracoli e guarigioni narrati nella Bibbia? Quali scenari si aprono se si scopre, da una traduzione attenta e letterale, che la "gloria" di Dio era probabilmente una vera e propria arma fisica? Perché ci sono somiglianze così sorprendenti tra i comportamenti di Yahweh e quelli degli dei dell'era classica descritti nell'"Iliade" e nell'"Odissea"? Che cosa emerge da uno studio attento del presunto patto di alleanza tra Dio e gli uomini? E quale luce getta tutto questo sui Vangeli? Questo libro è il nuovo capitolo dell'opera di rilettura che Mauro Biglino sta compiendo da anni sulle Sacre Scritture. Un cammino iniziato con le traduzioni della Bibbia compiute dallo stesso Biglino per le Edizioni San Paolo e che sta suscitando l'interesse di un numero sempre crescente di persone in Italia e all'estero. "Queste pagine proseguono il racconto di ciò che ancora non era stato evidenziato o, peggio, di ciò che è stato da sempre volutamente dimenticato o variamente interpretato dagli esegeti-teologi allo scopo di celarne i potenziali effetti dirompenti. Sono il frutto di un approccio multidisciplinare che spazia dalla genetica alla filologia classica, avvalendosi dell'apporto di diversi studiosi, e utilizzano una chiave di lettura che rivela una nuova visione di quella che potrebbe essere stata la nostra storia.
"Per chi vuole capire il libro della Genesi, non vi è ostacolo maggiore della fede religiosa così come la si intende in Occidente. Nell'ebraismo e nel cristianesimo si crede che molte cose scritte nella Genesi siano incomprensibili e che vada bene così. Ma si crede che vada bene così solo perché in questo libro sacro appare incomprensibile ciò che contrasta con le grandi religioni occidentali; e se lo si capisse, porrebbe troppi problemi ai fedeli." Per comprendere il prezioso messaggio della Bibbia occorre ampliare i nostri orizzonti. E quello che fa Igor Sibaldi che in questo libro traduce e narra in modo nuovo, e con estrema precisione, la storia della Genesi: le dinamiche della Creazione, come Mosè scoprì il suo Dio, i potenti rituali iniziatici che furono la costruzione dell'arca e il Diluvio. Ci svela così una sapienza antichissima che contiene intuizioni sorprendenti sulla psiche, sulla materia e sull'energetica, confermate dalla scienza più attuale.
Nella predicazione del Papa, la meditazione delle pagine evangeliche costituisce uno dei momenti centrali, perché tutto nasce dal Vangelo e al suo messaggio tutto si riconduce, nella dimensione intima della fede e nella testimonianza della vita. A cominciare dal commento quotidiano delle letture della messa celebrata nella cappella della residenza di Santa Marta e, via via, nelle omelie, nei discorsi, nelle udienze, ben si vede come per il Papa sia un bisogno e un dovere prioritario mettersi personalmente a far assaporare la Parola di Dio, perché essa incontri e dimori nel cuore dei credenti. Nelle sue parole ritroviamo non solo l'originalità, la saporosità e la colloquialità del linguaggio che gli è familiare (le immagini, le metafore, le sottolineature), ma anche la congiunzione di una creatività meditativa che, attraverso un sobrio quanto intenso commento, sa esprimere l'essenziale da cogliere come esortazione spirituale, ammonimento morale, passione di ricerca. Concentrato sull'attualizzazione e la personalizzazione del Vangelo che deve vivere nell'oggi dell'uomo e penetrare ogni momento della sua esistenza, Francesco punta a far sì che il messaggio da cogliere non venga recepito come una bella «lezione» da ascoltare, ma arrivi a scuotere profondamente le coscienze e a portare ogni volta degli orientamenti concreti per la vita. Nel commento di Francesco ai brani evangelici si avverte la fede umile di chi vive dentro di sé quello che annuncia, e l'afflato del pastore che si pone in dialogo con chi lo ascolta, nella comune ricerca della verità e del bene, attinta alla luce e alla speranza del Vangelo. E in questo si avverte la tenerezza paterna del Papa; la premura materna della Chiesa che si riflette nelle sue parole; la forza dello Spirito - così spesso invocato - che lo illumina e lo guida. C'è in sostanza tutta la dimensione spirituale, ecclesiale e umana della predicazione come discernimento, messaggio e incontro, che si nutre anche della semplicità sapiente di Francesco nell'annunciare e testimoniare il Vangelo come Parola che vive. Nei testi qui raccolti appare nitidamente questa dimensione, nella quale si può leggere lo stesso tratto distintivo del suo pontificato, ovvero gli orizzonti ecclesiali e pastorali verso i quali desidera che la Chiesa cammini per essere autenticamente se stessa. Che siano alcuni momenti della storia di Gesù evidenziati nella prima parte di questa silloge oppure, nella seconda, alcuni aspetti fondamentali del messaggio evangelico, emerge sempre chiaramente ciò che per Francesco conta di più nell'incontrare Cristo e nel rimanere nel suo amore.
"Il 'beato' cristiano è colui che leva lo sguardo verso l'alto, verso l'eterno e l'infinito e ascolta un messaggio controcorrente, sconcertante e fin provocatorio. Poveri, sofferenti, miti, affamati e assetati, misericordiosi, puri, artefici di pace, perseguitati sono convocati da Cristo come suoi discepoli, chiamati a edificare quel Regno di Dio da cui sono esclusi coloro che conoscono solo la frenesia del piacere, del potere e del possesso." È questo il contenuto rivoluzionario delle Beatitudini, nucleo centrale della "buona novella", paradosso che sconvolge le fragili certezze del senso comune. Un affascinante "mondo alla rovescia" in cui si addentra il cardinale Gianfranco Ravasi, partendo da una rigorosa analisi del testo originale, nelle due diverse versioni di Matteo e di Luca. A chi sono destinate le Beatitudini? Come dobbiamo leggerle? In una prospettiva squisitamente religiosa o di emancipazione sociale? L'autore ricorda l'universalità dell'impegno di vita che le parole di Cristo propongono e sottolinea come le legittime istanze di giustizia terrena che evocano vadano ricondotte a una visione d'insieme trascendente. La dimensione antropologico-sociale non può prescindere, quindi, da quella teologico-spirituale. Seguendo queste coordinate, Ravasi esplora i più suggestivi sentieri dello spirito, cercando le tracce delle Beatitudini già tra le righe dell'Antico Testamento, e proponendo uno stimolante confronto con le Beatitudini ebraiche.