
Il presente sussidio, raccogliendo il recente invito della Pontificia Commissione Biblica ad approfondire la conoscenza dei metodi giudaici tradizionali di argomentazione scritturistica, si concentra sulla seconda regola di Hillel, la gezerah shawah, vista la grande pregnanza semantica di cui questa gode in molte pagine bibliche. Lo studio parte da una considerazione generale sull'attività midrashica per poi esaminare la pagina programmatica in cui la nostra middah fa il suo esordio (capitolo primo). In seguito si entra nella valutazione dei quadri logici che soggiacciono alle conclusioni analogiche e degli elementi formali che ne accompagnano l'impiego (capitolo secondo). Nella sezione centrale vengono poi descritti i molteplici livelli di funzionamento secondo cui si muovono le corrispondenze testuali, se fatte lavorare con competenza e rigore (terzo capitolo). Solo a questo punto è possibile ripercorrere in maniera analitica la lunga e travagliata storia di una metodica che passò attraverso entusiasmi e discredito fino al tempo della sua pressoché definitiva regolamentazione in epoca tannaitica (capitolo quarto). Infine, una volta completata l'indagine conoscitiva sulla regola, si passa all'esame e alla valutazione critica di alcuni passaggi neotestamentari in cui il metodo viene usato, in particolare da Paolo (capitolo quinto).
La grammatica del Greco nel Nuovo Testamento di P. Maximilian Zerwick SJ, non è una grammatica classica con declinazioni, classi degli aggettivi, coniugazioni verbali e paradigmi, e non è destinata a coloro che vogliono iniziare ad apprendere i rudimenti della lingua greco-biblica. Essa presuppone la conoscenza della lingua greca e presenta in maniera sistematica le particolarità e caratteristiche del greco biblico ricorrendo a esempi presi nel Nuovo Testamento. In questo modo vengono chiariti i vari fenomeni grammaticali e sintattici e si offre al lettore una comprensione più chiara e profonda del messaggio contenuto nei testi neotestamentari. Il risultato di questo metodo è continuo andare e venire dalla teoria all'applicazione e dall'applicazione alla teoria. Questa grammatica non è nata di getto, ma è andata crescendo con il trascorrere degli anni, è stata costantemente accresciuta, corretta e ampliata fino ad arrivare alla quinta edizione latina. È uscita anche in traduzione inglese e spagnola (nel 1963 e nel 1997).
A Grammatical Analysis of the Greek New Testament contains a brief verse-by-verse grammatical commentary on the Greek text of the entire New Testament.
Originally published in Latin in the 1950s under the title Analysis philogoica Novi Testamenti graeci with Fr. Maximilian Zerwick as its sole author, it was completely rewritten and translated into English by Father Zerwick and Miss Mary Grosvenor in the 1970s under the present title A Grammatical Analysis of the Greek New Testament.
The Analysis is intended for use by beginning students of New Testament Greek who have attained a certain competency in the use of the language.
Sono passati oltre quarant'anni dalla pubblicazione della grammatica ebraica "Introduction to Biblical Hebrew" di T.O. Lambdin. L'edizione italiana risponde al bisogno di un vasto pubblico - composto soprattutto da studenti e appassionati di lingua ebraica - desideroso di avere un accesso più agevole a un'opera diventata ormai un classico per lo studio dell'ebraico biblico. Il fatto stesso che l'Introduction abbia conosciuto numerose ristampe e traduzioni, e continui ancora oggi a essere adottata come libro di testo in diverse e qualificate istituzioni, ne testimonia i grande valore. In quanto strumento di base, non si propone di abbracciare ogni possibile questione, ma di offrire un solido fondamento per eventuali passi successivi. I contenuti coprono all’incirca le lezioni di un corso di studio annuale e mirano ad abilitare gli utenti alla lettura e alla comprensione personale dei testi narrativi della Bibbia Ebraica. Le discipline linguistiche insegnano che la condivisione di uno stesso codice è il primo, necessario elemento per un’autentica comunicazione; ebbene, conoscere il codice linguistico dell’ebraico biblico può costituire il primo fondamentale passo per un incontro autentico, e favorire quello scambio comunicativo grazie al quale non solo noi leggiamo la Scrittura, ma in qualche modo anche la Scrittura legge noi, postulando una risposta interpretativa e operativa insieme.
Pietro, Paolo e Gesù: vite parallele? Da decenni gli interpreti di Luca-Atti individuano parallelismi tra Pietro e Paolo e tra i due apostoli e il Gesù del terzo vangelo. Tale fenomeno attesta la familiarità di Luca con la synkrisis, tecnica di modellizzazione letteraria finalizzata alla comparazione dei personaggi e consacrata da Plutarco nelle Vite Parallele. Il presente saggio considera le sezioni terminali delle narrazioni relative ai due maggiori personaggi degli Atti - cioè il racconto della liberazione di Pietro dal carcere (12,1-23) e la narrazione del viaggio di Paolo prigioniero verso Roma (27,1-28,16) - ed evidenzia le corrispondenze con l'epilogo delle vicende cristologiche riportate nel terzo vangelo (Lc 22-24). In ragione della propria collocazione, tali testi costituiscono il vertice della suddetta synkrisis, definendone l'estensione e il funzionamento. In un'epoca in cui cominciavano a "piovere" critiche nei confronti del movimento cristiano, Luca ha difeso l'affidabilità dell'Evangelo (cf. Lc 1,4), mostrando non solo che Gesù fu fedele alla religione dei padri e alle Sante Scritture, portandole a compimento, ma che anche i suoi discepoli furono fedeli, con l'insegnamento e con la vita, al loro Maestro (cf. Lc 6,40): sia i testimoni oculari della prima generazione, come Pietro, sia quelli della seconda, come Paolo, figura esemplare per il lettore di ogni tempo.
Perché Maria, sposa di un uomo della casa di Davide, all'angelo, che le annuncia il concepimento di un grande re davidico, obietta: "Come sarà questo, poiché non conosco uomo?" (Lc 1,34). E come mai l'angelo replica a tono? I personaggi si intendono, ma il lettore resta disorientato. Un approccio narrativo consente di superare questo disorientamento. Nella sezione programmatica Lc 1-2, col confronto tra il profeta Giovanni e il Cristo Gesù, viene introdotta la subordinazione della Legge-Profeti rispetto al Regno di Dio, di cui Lc 1,34 costituisce un cruciale turning point celato dietro la reticenza di Luca e il linguaggio obliquo di Maria. Un narratore reticente prepara un elemento del racconto, chiamando il lettore ad una cooperazione ermeneutica: così Lc 1,34 contribuisce ad introdurre le esigenze lucane del Regno in ordine alla sequela, alla Chiesa e al compimento escatologico. A livello dei personaggi, poi, Lc-At presenta ripetutamente la sequenza annuncio-obiezione- replica in contesto teofanico, dove gli obiettori si esprimono quasi sempre in modo obliquo. Tra obiezione verginale mariana e piano divino, però, esiste una sintonia univa in tutta la Bibbia. Pertanto in Lc 1,34 affiora uno degli aspetti della relazione tra Maria e Dio che l'autore protegge dietro un velo, rimanendo fuori insieme al lettore. Nel prosieguo del racconto questo velo sarà progressivamente rimosso dall'esorbitante novità del Regno di Dio.
La trilogia - teologia biblica, ermeneutica, esegesi profetica - è la sostanza delle pagine che troverete in questa raccolta ove si presentano itinerari di ricerca nell'orizzonte della letteratura profetica, con particolare attenzione ai risvolti teologici ed ermeneutici. Oltre alla teologia e all'ermeneutica biblica, il capitolo più significativo della sua vita accademica e della sua indagine, resta quello dell'esegesi profetica. Non per nulla i saggi a lui dedicati che compongono questa miscellanea sono all'insegna di un titolo illuminante: "La profezia tra l'uno e l'altro Testamento". Le diverse voci dei suoi alunni, a loro volta divenuti docenti apprezzati, danno sostanza in modo incisivo a questo genere storico-critico e teologico che intreccia Antico e Nuovo Testamento. Rimane viva nelle pagine di Bovati la stessa tensione che reggeva il suo maestro Alonso Schökel: quella di considerare la Parola di Dio non come fredda pietra preziosa ma come seme fecondo, pronto a incarnarsi e quindi a confrontarsi con terreni più diversi. P. Bovati è uno degli hyperétai tou lógou, un intelligente e vigoroso rematore nel mare della Parola di Dio.