
Da sempre il male è un problema che tormenta la mente e la coscienza dell’uomo; un enigma che accompagna in modo inquietante la nostra vita. Che cos’è il male? Perché esiste il male? Ha una causa?
Il male come si rapporta al bene? Se esiste Dio, che è il Bene assoluto, come può esserci il male? Quale rapporto c’è tra il male e la divina provvidenza? Il male può avere un fine positivo?
Il presente studio intende illustrare il pensiero filosofico-teologico di Tommaso d’Aquino, nella persuasione di trovare nelle sue sapienti risposte una qualche luce al mistero del male.
Agostino è spesso considerato un autore inavvicinabile, da maestro di teologia, esegesi biblica, filosofia, storia qual è, ma molti non sanno quale maestro di vita spirituale e di mistica egli anche sia.
Le Confessioni, dalle quali sono tratte queste preghiere, rivelano compiutamente la sua vicenda interiore e diventano un dono per noi tutti: salire a Dio attraverso la profondità del cuore. Mettiamoci dunque in ascolto di Agostino e facciamo nostra la sua preghiera.
Il libro raccoglie l’insegnamento impartito da padre Louis Lallemant in quattro anni (1628-1631) a Rouen nel terzo anno di Noviziato dei padri Gesuiti. Quest’opera ebbe subito un forte influsso sulla spiritualità e ancora oggi si dimostra altamente valida e di grande attualità.
destinatari
Religiosi e laici credenti
l’autore Louis Lallemant nacque nel 1587 a Chalonsur-Marne (Champagne, Francia), entrò nella Compagnia di Gesù nel 1605, morì a Bourges nel 1635 presso il collegio dei gesuiti del quale era rettore. Desiderò ardentemente e chiese a lungo di essere inviato in Canada; e se non partì mai, si preoccupò sempre di mandare altri e suscitò attorno a sé un ardente zelo missionario. In possesso di una conoscenza approfondita della letteratura ascetica e mistica, fu insigne direttore spirituale e uno dei gesuiti più meritatamente famosi del suo tempo. La cosiddetta scuola del Lallemant è formata dai suoi più illustri discepoli: Surin, Rigoleuc, Nouet, Nepveu.
I commenti di Girolamo ai libri di Zaccaria e Malachia, un unicum per sistematicità della spiegazione storica, rigore metodologico e filologico.
Il primo volume di Figure del pensiero medievale, come recita il titolo, presenta «i fondamenti» e gli «inizi» della figura della teologia che verrà elaborata nella riflessione occidentale fino alla «Via moderna», ossia fino al XIV e agli inizi del XV secolo. Né si tratta soltanto degli inizi cronologici: i vari saggi editi nel volume delineano, infatti, gli inizi metodologici, in certo modo esemplari, che avviano e determinano la forma della teologia, quale verrà in seguito elaborata. Il capitolo introduttivo offre una sintesi della teologia medievale, con le sue fonti e i suoi riferimenti e processi fondamentali. Seguono poi i grandi modelli: Agostino, con la fede che genera l’“intelletto teologico”; Boezio, con le sue esemplari attuazioni o i suoi “opuscoli” della teologia risultante dall’investimento razionale della stessa fede; Gregorio, che resterà il geniale ispiratore della teologia come «intelligenza spirituale», come lettura di tutte le risorse dei significati biblici, destinati ad avverarsi come esperienza; lo Pseudo-Dionigi, il maestro della teologia come inesausta ricerca e desiderio di Dio come di inarrivabile trascendenza, e impossibilità di “possesso”, di là da ogni rappresentatività e simbolo; Isidoro di Siviglia, con il suo enciclopedismo, mirante alla visione il più possibile comprensiva della realtà della natura e della storia; Giovanni Scoto, il geniale “discepolo” dell’Areopagita, alle origini della sapienza medievale, uno dei quattro fondatori della scuola di Parigi, per il quale la theologia indica una forma di sapere, proprio dell’uomo e costruito per mezzo della ragione a partire dalla lettura del dato rivelato, avente direttamente come oggetto Dio e la realtà divina, risultante dall’insopprimibile desiderio di conoscenza che è il sentimento motore di ogni indagine filosofica, ma che in un teologo diventa desiderio di conoscenza di Dio, desiderio di rispondere a quell’amore che orienta l’universo intero verso la causa prima, nei vari modi e moti specifici di ciascuna creatura, e che nell’uomo si manifesta appunto nella conoscenza. Per Giovanni Scoto l’uomo è animal theologum, filosofo per natura, teologo per natura e per grazia. D’altronde, la teologia non si oppone alla poesia: ed ecco in questo volume dei fondamenti e degli inizi dal IV al IX secolo i frutti della poesia e della teologia. Abbiamo detto che il valore del volume è quello di porsi non tanto cronologicamente, quanto metodologicamente, oltre che contenutisticamente, al principio. Certo, le riflessioni dei secoli successivi non saranno puramente ripetitive, ma affatto creative, e tuttavia proprio questi primi saggi non cesseranno di esserne l’ispirazione.
Il volume ha per oggetto la traduzione latina del De bello Iudaico di Giuseppe Flavio, nota come «Pseudo-Egesippo» e intende offrire un quadro della formazione culturale dell’autore di questa traduzione, la cui identità è da lungo tempo oggetto di dibattito. La solida formazione attinta alla scuola classica e fondata sugli autori pagani di cui questo autore cristiano dà prova, unita all’interesse per la storia ebraica finalizzato al dibattito con gli ebrei, orienta verso l’ambiente romano della metà del IV secolo. Lo studio qui proposto offre dunque anzitutto una nuova tessera per la composizione di quel mosaico che fu il clima culturale romano di tale epoca, nel quale le diverse tradizioni, pagana, cristiana ed ebraica, si confrontarono e si influenzarono reciprocamente.
Quanto all’identità dell’autore, l’ipotesi qui sostenuta è che si tratti del giovane Ambrogio, che prima di diventare vescovo di Milano (374-397) si formò proprio a Roma. Una nuova luce viene gettata sulla formazione ‘romana’ di Ambrogio, classica ma anche già pienamente cristiana, aspetto rimasto sempre nell’ombra perché lo stesso Ambrogio, preferendo insistere retoricamente sulla sua iniziale impreparazione all’episcopato, nulla ci ha detto a riguardo. Si viene così a scoprire che il mondo giudaico ha sempre rappresentato agli occhi di Ambrogio un termine privilegiato con cui misurarsi: un confronto che ha indirizzato la sua formazione e ha suscitato in lui la ricerca di risposte alle obiezioni che quel mondo poneva.
In edizione latino italiana: L'Apologia contro Rufino, I Prologhi, Gli uomini illustri di Girolamo.
3 volumi in cofanetto raccolgono tutte le opere di Gregorio Palamas, monaco athonita, filosofo bizantino, teologo mistico.
Descrizione dell'opera
La principale fonte di cui si dispone per la conoscenza della vita di san Benedetto è il II Libro dei Dialoghi di Gregorio Magno. Un grande maestro, quale Adalbert de Vogüé, già curatore dell'edizione dei Dialoghi per la collana francese «Sources Chétiennes», aiuta il lettore anche non specialista ad affrontare questo testo problematico. E lo si può definire tale sia in quanto "fonte unica", sia per l'andamento fortemente agiografico e i conseguenti interrogativi di ordine storico che ne scaturiscono, sia per le caratteristiche interne di stile.
«Confrontare: proprio questa è la risorsa del nostro metodo esplicativo. Il testo di Gregorio, accostato a un altro passo della stessa Vita, o di qualche opera simile, s'illumina mettendolo a confronto. Allora, nella stessa Vita di Benedetto, l'episodio studiato svela il suo significato e la sua funzione propria. Per contrasto, attraverso la Vita di un altro eroe, si vede apparire la fisionomia particolare del nostro santo e la maniera originale della sua biografia» (dalla Prefazione).
De Vogüé invita poi il lettore a non preoccuparsi di discernere tra loro eventi della realtà e prodotti dell'immaginazione umana, ma a porsi di fronte al testo con la domanda giusta, che non è «è vero questo?», ma piuttosto «che cosa vuol dire?». Solo così si potrà giungere a comprenderne il vero messaggio, cioè che Benedetto è davvero conforme all'immagine di santo descritta dalla Bibbia e dall'agiografia.
Sommario
Prefazione (A. de Vogüé). Bibliografia. 1. La conversione e il primo miracolo. Commento. II. L'eremita perduto e ritrovato. Commento. III. La tentazione del deserto. Commento. IV. La tentazione in mezzo agli uomini. Commento. V. I quattro miracoli di Subiaco. Commento. VI. Vittoria sull'odio: un coronamento. Commento. VII. La lotta con Satana. Commento. VIII. Il carisma di profezia. Commento. IX. Le profezie.. Commento. X. I tre ultimi miracoli del profeta. Commento. XI. I tre primi miracoli di potenza. Commento. XII. Al cuore dei segni di potenza. Commento. XIII. Potere e preghiera: una tesi, due esempi. Commento. XIV. Benedetto e Scolastica: ultimo miracolo, prima visione. Commento. XVI. La morte, la gloria e l'oltretomba. Commento.
Note sul curatore
Adalbert De Vogüé (1924) è monaco benedettino nell'abbazia Sainte-Marie de la Pierre-qui-Vire (Francia). Massimo studioso della Regula Magistri e della Regula Benedicti, ha dedicato la sua ricerca agli autori, alla dottrina e alle istituzioni dei primi secoli del monachesimo cristiano. Per molti anni è stato professore di teologia monastica presso il Pontificio Ateneo S. Anselmo (Roma). Tra le sue opere in italiano: La Regola di S. Benedetto. Commento dottrinale e spirituale, Abbazia di Praglia 1988; Il monachesimo prima di S. Benedetto, Abbazia S. Benedetto di Seregno 1999; S. Benedetto uomo di Dio, Cinisello Balsamo 1999. Presso le EDB ha pubblicato Sguardi sul monachesimo (2006).
Si tratta della biografia di Agostino, scritta da un antico discepolo e compagno di ascesi, divenuto collaboratore fidato.
Pur restando all’interno dei canoni di una tradizione letteraria, non è una pedissequa riproposizione di “fatti” e “costumi” consegnati ormai alla storia, ma il ritratto parlante di un protagonista vivo, che incide ancora significativamente sulla realtà. L’Agostino che emerge è il campione della grazia, che non rinuncia a svolgere un’azione concreta per cambiare la storia, tanto nella sua dimensione più strettamente personale che in quella ecclesiastica: la cifra saliente della sua personalità è l’amore, che si esprime negli affetti tenaci di una intera esistenza, nella cura pastorale, nell’impegno teologico e, non ultimo, nella prodigiosa attività letteraria. Questa pubblicazione contiene anche il Catalogo delle opere agostiniane, aggiunto da Possidio in appendice alla Vita: quasi un “convitato di pietra” a testimonianza della sua “prolificità”.
punti forti
L’introduzione che, come sempre in questa collana, situa storicamente, teologicamente e letterariamente l’autore e l’argomento. In questo testo è particolarmente brillante nello stile piacevole e godibile.
Emerge l’Agostino uomo, in tutte le sue sfaccettature, non solo il teologo delle alte cime speculative. testo latino a fronte.
destinatari
Studiosi dell’antichità cristiana e di agiografia.
autori
Possidio (370-440 ca.), discepolo di Agostino, suo fedele collaboratore, vescovo di Calama, uno del gruppo di giovani colleghi di Agostino, da lui “cresciuti” e che hanno con lui operato nel tormentato Nord Africa.
curatrice
Elena Zocca è Professore Associato di Storia del Cristianesimo e delle Chiese alla “Sapienza” di Roma. Ha pubblicato monografie, saggi e articoli, occupandosi, in relazione ai primi secoli cristiani, di storia del dogma, studi agostiniani, storia dell’esegesi e, soprattutto, agiografia. In quest’ultimo ambito si inseriscono in particolare una raccolta di testi sul martirio pubblicata nel 2001 (“Sono cristiano”.Testi sui martiri da Isaia ad Agostino) e la monografia Dai “santi” al “Santo”: un percorso storico linguistico intorno all’idea di santità, del 2003. Per questa stessa collana ha collaborato al volume miscellaneo Laici e laicità nei primi secoli della Chiesa (1995).
Una rilettura originale della regola benedittina, a cura di Don Massimo Lapponi, che riflette e approfondisce l'opera di San Benedetto, suggerendo scelte di vita che toccano temi cruciali dell'atualità che riguardano tutti.
Don Lapponi, in questo conciso ma completo volume, propone una serie di importanti scelte di stile di vita, suddivise per brevi capitoli tematici, che consentono di rileggere con originalità la regola benedettina, permettendo di riscoprire, come sottolinea Franc Rodé, l’intramontabilità dell’opera stessa, fonte di sempre feconde riflessioni in ambiti apparentemente lontani rispetto a quelli della stesura originale, ma vicini alle scelte attuali e cruciali che la società si trova a dover prendere.
Il volume è arricchito dalla corrispondenza che il monaco ha scambiato con alcune religiose benedettine e con una giovane congiunta, più altri documenti che costituiscono la somma delle sue riflessioni. E’ infatti nel corso di questa corrispondenza e della meditazione su importanti scritti oggi dimenticati che sono nate e si sono sviluppate le idee esposte nel presente lavoro.
Questo saggio, quasi un manuale, afferma con forza come sia necessario creare ambienti sociali regolati nella vita di tutti i giorni da costumi che siano da tutti condivisi, rettamente ispirati alla saggezza umana e cristiana.
Ora, qual è l’ambienta sociale fondamentale per la vita umana, il più facile da raggiungere, il più disponibile all’ascolto e che sta maggiormente a cuore alla Chiesa? Naturalmente la famiglia. Ma purtroppo anch’essa è esposta alla maggiore degradazione, perché la vita che si svolge nella casa quasi universalmente subisce il condizionamento di un andazzo sociale accettato come fatalità ineluttabile.