
Apparecchio alla morte, un classico della spiritualità, non è un libro sulla fine, ma un manuale per vivere pienamente!
Guglielmo da Tocco narra come l'esistenza terrena di Tommaso d'Aquino fu attraversata sin dalla fanciullezza dal fascino di un interrogativo: "Quid est Deus - Chi è Dio?". Muovendo dallo stupore che scorga dall'oscura e al contempo assoluta certezza della fede, il lettore è invitato a lasciarsi interpellare dalla dimensione mistica dell'Angelico. Sgorgata e alimentata dalla sua vita di intima unione con Dio Uno e Trino, fu questa la base della sua magnanima ed eccellente produzione intellettuale.
In questi ultimi tempi, e particolarmente in questi ultimi due anni, nei quali è stata e continua ad essere messa a rischio la stessa sopravvivenza umana sulla terra per fattori in parte dipendenti dall'uomo, come la guerra in Ucraina, e in parte indipendenti ma in qualche modo gestibili dall'uomo, come il diffondersi della pandemia del coronavirus, l'autore intende condividere delle riflessioni sul bene e sulla politica, sulla verità e sulla giustizia, sul bene privato e sul bene della comunità di tutti gli uomini. L'esito sperato è che l'uomo prenda finalmente coscienza delle sue responsabilità etico-politiche nella gestione delle problematiche sia socio-economiche di portata nazionale, sia geopolitiche e fisico-ambientali di portata transnazionale.
A Parigi nel 1946 viene pubblicata nella collana Théologie della Facoltà di Teologia Scolastica della Compagnia di Gesù a Lyon-Fourvière un'opera del teologo francese Henry-Marie de Lubac, Surnaturel, poco dopo accusata indirettamente di deriva modernista dall'enciclica di Pio XII del 1950, Humani generis. È la ripresa di un lungo dibattito teologico tra natura e grazia che era andato a poco a poco assopendosi. Questo studio, partendo dalla comprensione della controversia pelagiana, e successivamente dalla risposta di Agostino d'Ippona con il suo De natura et gratia, delineerà l'efficacia soteriologica nell'uomo - attraverso la morte e resurrezione di Gesù Cristo -, divenuto nel battesimo «nuova creatura» (2 Cor 5,17) del suo infinito amore misericordioso.
Il libro presenta una nuova edizione della più antica biografia di sant'Ambrogio (339/340-397). L'opera, risalente agli inizi del V secolo, fu scritta da Paolino, testimone oculare degli ultimi anni della vita del santo. Grazie al proprio lavoro come notarius - una sorta di segretario che metteva per iscritto quanto Ambrogio dettava -, Paolino seppe garantire al proprio racconto precisione documentaria; rimanendo legato a un'impostazione agiografica, concesse ampio spazio a episodi miracolosi e straordinari. Il filo conduttore della narrazione è la grazia di Dio, che ha scelto Ambrogio come campione dell'ortodossia, strenuo difensore dei diritti della Chiesa, modello di vescovo totalmente dedito al proprio ministero pastorale.
Un testo di gradevole lettura che ci aiuta a capire meglio la figura e lo spessore spirituale di Charles de Foucauld. Chi giunge ad Algeri la scorge subito, preziosa e alta sul mare, Notre-Dame d'Afrique, con le cupole dai riflessi dorati e le decorazioni moresche. Sono appena arrivato qui sulle tracce di Charles de Foucauld, lo straordinario pellegrino dell'Assoluto, che una febbre conradiana ha spinto verso l'ignoto e il rischio, lui innamorato della vastita dei deserti e del silenzio a farsi monaco ed eremita, esploratore delle vie di Dio in terra d'islam, tra i tuareg del Sahara algerino, che amo come piccolo fratello universale, profeta dunque che apri una strada nuova e primo martire del tormentatissimo dialogo islamo cristiano... E sorprendentemente la prima cosa che incontro, ancor prima di toccare terra, e proprio questa icona di pietra che invoca il dialogo in mezzo alla selva dei minareti e delle moschee della bianca Algeri". "
La Chiesa sta riflettendo sulla Nuova Evangelizzazione e celebrando l'Anno della Fede. Sulla scorta di queste sollecitazioni, l'autore ha voluto scoprire il significato della fede in Charles de Foucauld, una fede nutrita dalla preghiera che porta alla contemplazione. E dalla contemplazione nasce poi l'evangelizzazione: come Gesù a Nazaret, egli sarà evangelizzatore non con la predicazione, ma vivendo in silenzio le virtù cristiane, pregando, adorando, facendo del bene e tessendo legami di amicizia. Ma soprattutto diventando lui stesso Vangelo vivente, affinché tutti potessero scoprire nel suo volto il volto trasfigurato del "Fratello beneamato e Signore Gesù".
Lutero, uomo di preghiera
L'evangelo della grazia come esperienza vissuta
"Dobbiamo dunque sapere che ogni nostro scudo e difesa risiede soltanto nella preghiera"
Martin Lutero era un uomo di preghiera, il che non costituisce un elemento secondario della sua biografia né della sua opera di teologo. Egli ha lasciato diversi piccoli manuali di preghiera, uno dei quali dedicato "al suo barbiere", ma soprattutto ha composto preghiere: molto semplici, incentrate sulla fiduciosa richiesta del figlio al Padre, animate da una fede consapevolmente infantile nel senso evangelico del termine.
La scelta di preghiere di Lutero qui proposta intende mostrarne l'utilità nell'esperienza di fede delle cristiane e dei cristiani d'oggi. L'evangelo della grazia predicato dalla Riforma non è, infatti, una dottrina teologica bensì un'esperienza vissuta, e la preghiera è il luogo eminente nel quale la parola "grazia" diviene realtà.
Dobbiamo dunque sapere che ogni nostro scudo e difesa risiede soltanto nella preghiera. Che cosa, infatti, credi che avrebbe fin qui prodotto qualcosa di grande, evitato o sconfitto i piani e le intenzioni, l'assassinio e la ribellione dei nostri nemici, se la preghiera di alcune persone pie non si fosse posta dalla nostra parte come un muro d'acciaio?(Martin Lutero)
Da Eva alla città di Dio
Traduzione dall'originale inglese di Maria Campatelli.
Revisione sul testo siriaco di Manel Nin.
La natura del mistero cristiano è così sorprendente che spesso è più capace di descriverla il linguaggio della poesia, dove parabola, mito e simbolo possono forse avvicinarsi alla realtà spirituale con maggior successo della semplice descrizione teologica. Sia il cristianesimo occidentale che quello orientale hanno magnifiche tradizioni di poesia religiosa che sono state indebitamente trascurate, soprattutto in occidente, alla ricerca di un tipo di teologia più cerebrale. Ma oggi tuttavia sta probabilmente per noi diventando più chiaro che proprio il poeta può essere il miglior teologo. E forse il più grande dei poeti-teologi cristiani è proprio sant'Efrem, un rappresentante del primo cristianesimo orientale, morto già più di 1600 anni fa in quello che è oggi un angolo sperduto della Turchia sud-orientale.
Agostino, il teologo che fu vescovo di Ippona dal 396 fino alla morte, nel 430, è considerato a buon diritto uno dei pensatori più influenti del mondo occidentale. Fu un capo carismatico colto e potente, che forgiò la storia del suo tempo: molto di quello che per noi è il cristianesimo è il frutto delle sue vittorie e delle sue sconfitte. Figlio del pagano Patrizio e della cristiana e pia Monica, da giovane fu manicheo, ma un viaggio in Italia e l'incontro con Ambrogio a Milano cambiarono radicalmente la sua vita e la sua vocazione: dopo essersi fatto battezzare, tornò in Africa e fondò un monastero. Divenuto vescovo suo malgrado, da quello scranno e da quella piccola città cominciò a delineare una religione nuova, che avrebbe conquistato in pochi anni tutto il Nordafrica romano. Grazie alle Confessioni, l'autobiografia più nota e più letta, ne conosciamo l'interiorità travagliata, la conversione, la lotta contro il peccato. Ma c'è qualcosa di cui Agostino non parla, o che noi siamo poco disposti ad ascoltare? James J. O'Donnell, profondo conoscitore del mondo tardo antico ed esemplare traduttore americano delle Confessioni, disegna un'immagine assolutamente inedita del vescovo d'Ippona e della sua battaglia religiosa e politica per l'affermazione del cristianesimo. Ci mostra come le risposte agli interrogativi che pongono la sua vita e il suo pensiero non riguardino solo l'esistenza di un teologo o di un santo, ma abbiano piuttosto a che fare con le inquietudini e le incertezze di un'epoca in bilico tra la fine dell'impero romano e l'alba delle nuove civiltà barbare che avrebbero presto soppiantato l'antico ordine.
Agostino scrisse moltissimo, sono però soprattutto le sue lettere e i suoi sermoni, alcuni dei quali scoperti di recente, a costituire una miniera di informazioni di prima mano e di grande vivacità sugli eventi di quel tempo e sulla ancora primitiva comunità cristiana. Di questo mondo, in cui si intrecciano istanze religiose e secolari, storie pubbliche e private, O'Donnell ci dà un ritratto nuovo e documentato, con uno stile che talvolta può apparire irriverente e provocatorio ma dietro il quale si cela una ricerca rigorosa che va oltre le biografie tradizionali. Veniamo così a sapere molte delle cose che lo stesso Agostino non confessò: di ricchi che si convertono al cristianesimo per fare carriera, di preti che nascondono i loro piccoli peccati, di generali che conducono con freddo calcolo strategie di geopolitica romano-barbarica.
"Benché gli Agostino siano tanti - lo scrittore, il teologo, il politico, il santo -, questo libro si occupa soprattutto di due di loro, quello che visse e morì molto tempo fa e quello che vive ancora, per essere ogni volta ricreato da noi, l'Agostino famoso per i suoi libri. Raccontare la storia dell'uno senza parlare dell'altro è impossibile."
Pur essendo nato da una vivace polemica antipagana, il "De viris illustribus" di Gerolamo, composto a Betlemme nella primavera del 393, rappresenta il primo tentativo di una biografia letteraria degli scrittori cristiani antichi. Modellata sull'analoga opera di Svetonio, essa comprende centotrentacinque brevi vite di "uomini illustri", greci e latini, che si distinsero in modo particolare negli studi biblici e letterari. Ancor più di Origene, di cui era appassionato estimatore, Gerolamo è uno dei pochi scrittori cristiani ai quali la conoscenza della lingua latina, greca ed ebraica ha permesso di cogliere ed esprimere in modo efficace i vari e complessi aspetti della nuova cultura. Nonostante i limiti e le disuguaglianze delle biografie letterarie, spesso condizionate dalla forte personalità dell'autore, il "De viris illustribus" ha avuto una straordinaria diffusione nel corso dei secoli attraverso un'ampia tradizione manoscritta e un considerevole numero di imitatori. Premessa di Umberto Rapallo.

