
Opera postuma di taglio teologico-spirituale, i "Dialogues sur l'éloquence" riflettono una preoccupazione diffusa circa il tema dell'eloquenza in generale e della predicazione in particolare.
Il presente studio intende esaminare il pensiero specifico di Gregorio da Rimini (ca 1300-1358) innanzitutto attraverso l'analisi attenta e approfondita delle fonti primarie, sia dal punto di vista storico che dottrinale. Con il presente libro s'intendono esaminare, nell'ambito del pensiero tardo-medievale, le posizioni filosofiche e teologiche di Gregorio da Rimini. Il volume e un'occasione per approfondire alcuni dei temi piu dibattuti del medioevo e per conoscere un pensatore non ancora pienamente valorizzato.
Il testo contiene il materiale preparatorio - in certo senso gli abbozzi - di una grande opera di predicazione ("Opus Sermonum") progettata dal Maestro domenicano (1260-1328 ca.) che però non ci è giunta. Ci troviamo così in presenza di un caso unico nella storia del pensiero e della spiritualità: nella officina, per così dire, di un intellettuale medievale, di fronte alla testimonianza viva del suo metodo di lavoro, nella fase di preparazione di un'opera. L'importanza eccezionale di questi abbozzi - peraltro sviluppati spesso come un'intera predica - sta nel fatto che essi mostrano in tutta evidenza i temi principali che Eckhart ha avuto sempre in mente e che intendeva trattare. Ritroviamo qui perciò, in primo luogo, la concezione dell'uomo distaccato, che nel distacco è fatto una cosa sola con Dio: in cui soltanto, per grazia, assume reale consistenza, davvero è, non più smarrito nell'oceano doloroso della lontananza dall'essere, dal Bene.
La figura di Paolino di Nola è oggetto di un rinnovato interesse da parte della critica. Studi recenti hanno posto in risalto l'importanza della sua poesia nello sviluppo della letteratura tardoantica e l'apporto da lui fornito alla coeva cultura letteraria. Meno indagati sono tuttavia la riflessione di Paolino, il suo contributo alla definizione di un sistema di pensiero cristiano, i rapporti con scrittori ancora poco studiati e non facilmente etichettabili in semplicistiche definizioni, i modelli filosofici ai quali egli si richiama. Una corretta contestualizzazione dell'opera del Nolano dimostra come la fitta intertestualità con pensatori precedenti sia decisamente volta a utilizzare la sapientia pagana trascendendola in una nuova creazione, al cui autore va riconosciuto un posto di rilievo nella fusione di Antike und Christentum. A un'attenta lettura, Paolino, esponente di una generazione a cavallo fra due mondi profondamente diversi, si rivela un anello importante nella catena di trasmissione del pensiero classico e di codificazione di concetti destinati a larga fortuna in epoca moderna e contemporanea.
Il Pastore di Erma, con il suo carattere profetico di invito alla Chiesa di Roma della prima metà del II secolo a ritrovare una spiritualità originaria di fronte alla progressiva istituzionalizzazione e secolarizzazione, è uno scritto particolarmente significativo. L’interesse e il successo riscossi nei primi quattro secoli furono straordinari, talora superiori a quelli destati da alcuni scritti neotestamentari. Tra i motivi che ne rendono ancor oggi interessante la lettura, vi è sicuramente il fatto che il Pastore testimonia l’eterogeneità di quel crocevia tra giudaismo, cristianesimo ed ellenismo che fu la Roma del II secolo. Erma vuole riportare la Chiesa della capitale dell’impero a un cristianesimo più radicale e si assume dunque il ruolo del profeta, che esorta la comunità a un’etica della vigilanza. Il suo pensiero presenta una considerevole ricchezza di idee, che rendono lo scritto talora complesso ed enigmatico, non privo di incertezze e ripetizioni.
Merito della curatrice dell’opera è quello di presentare una traduzione fedele e insieme di ammirevole chiarezza espositiva, un commento capace di offrire squarci interessanti, ma soprattutto una presentazione particolarmente stimolante, che mira a individuare il valore storico del testo. L’allontanamento dal modello evangelico della comunità romana propone con forza il tema della necessità e dell’urgenza della conversione della Chiesa: una problematica certamente viva e appassionante anche per il lettore e per il cristiano del nostro tempo.
Sommario. Premessa. Presentazione (G. Jossa). Introduzione. Il pastore. Bibliografia. Indici.
Note sulla curatrice
Maria Beatrice Durante Mangoni è nata a Napoli nel 1969. Si è laureata in filosofia con una tesi sul Pastore di Erma. Ha poi conseguito il baccalaureato in teologia presso la Pontificia facoltà teologica dell’Italia meridionale, sez. S. Luigi. È dottore di ricerca in storia antica, titolo conseguito con una ricerca su La separazione del cristianesimo dal giudaismo. Orientamenti antigiudaici in Matteo e in Luca. Sul Pastore di Erma ha pubblicato «Comunione escatologica e comunità terrena nel Pastore di Erma» in Rassegna di Teologia 1(2001).
Testo latino a fronte
La dedizione ai Vangeli accompagnò Erasmo per tutta la vita. Li studiò dal punto di vista filologico e teologico, ne pubblicò per la prima volta il testo greco, li tradusse e li commentò, incoraggiò la diversificazione delle edizioni per raggiungere sia gli eruditi sia un pubblico piú ampio. La prima di queste edizioni risale al 1516 e fu dedicata a Leone X, il quale tanto la apprezzò da lodare pubblicamente Erasmo in un breve papale. Questo breve verrà riportato da Erasmo in tutte le sue successive edizioni dei Vangeli, come una specie di lasciapassare dati i tempi sempre piú infuocati dal punto di vista politico-religioso.
Erasmo, come è noto, anticipò alcune delle istanze dei riformatori, prima fra tutte la lettura diretta e massimamente diffusa dei Vangeli. Nell’edizione del 1522 dedicata a Carlo V chiese espressamente all’imperatore di promuovere la traduzione dei Vangeli in tutte le principali lingue europee. Però Erasmo volle tenacemente rimanere nell’ortodossia cattolica, e dunque si trovò spesso in posizioni difficili, attaccato da tutte le parti in causa. Le sue prefazioni alle edizioni dei Vangeli si muovono in questa situazione di precario equilibrio, e sono un fondamentale documento del clima di quegli anni. Oltre che un’ulteriore testimonianza della poliedrica bellezza della scrittura di Erasmo, in grado di cambiare registro secondo gli interlocutori mantenendo la stessa forza, la stessa brillantezza ed eleganza.
Nelle aree dell’Europa centrale che sarebbero diventate il terreno di radicamento della Riforma il complesso degli scritti di Erasmo incentrati nel Nuovo Testamento o ad esso connessi ebbero una enorme risonanza. Oltre 110 edizioni attestano il successo che singole parti, sezioni, o componenti, di quel corpus di scritti riscossero negli anni cruciali della diffusione delle idee di Lutero. Che essi preparassero il terreno al radicamento della Riforma è un dato accertato. Il ruolo preminente spetta alla Paraclesi. Nel giro di un biennio, 1520-1522, la Paraclesi ovvero esortazione allo studio della filosofia cristiana (Paraclesis id est exhortatio ad Christianae philosophiae studium) irrompe sul mercato di lingua tedesca in quattro traduzioni diverse, per un numero complessivo di dodici stampe e ristampe. (…) Erasmo compose altri appelli che invitano alla lettura della Bibbia, imprimendo loro un analogo fervore. Alcune edizioni “minori” del Nuovo Testamento – volumi leggeri, culturalmente meno esigenti, incomparabilmente meno costosi, rispetto alle maestose edizioni bilingui di Froben – si aprono con apostrofi che esortano il lettore ad abbeverarsi alle «purissime fonti» di Cristo. (…) Il volume che presentiamo riunisce le quattro composizioni a impronta programmatica e intonazione parenetica che corredano edizioni diverse del Nuovo Testamento nonché un’opera ad esso strettamente connessa.
Dall’introduzione di Silvana Seidel Menchi
«C’è chi non vuole che la gente semplice legga i testi sacri tradotti in volgare. Con costoro mi trovo in robusto dissenso: come se Cristo avesse insegnato cose cosí astruse da poter essere intese a malapena da tre o quattro teologi, o come se la tutela della religione cristiana consistesse nell’ignoranza della religione cristiana. I misteri dei re, quelli sí, sarà preferibile tenerli occulti; Cristo invece ha voluto che i suoi misteri avessero la massima diffusione. La mia aspirazione è che leggano i Vangeli tutte le donnette, che tutte leggano le lettere di San Paolo. E magari queste pagine fossero tradotte in tutte le lingue di tutti i popoli, cosí da essere lette e conosciute non solo dagli Scozzesi e Irlandesi, ma anche da Turchi e Saraceni. Conoscere è pur sempre un primo passo. Molti se ne farebbero beffe, lo ammetto; ma alcuni ne sarebbero conquistati. Vorrei che il contadino ne intonasse qualche versetto spingendo l’aratro, che il tessitore ne modulasse qualche passo manovrando le sue spole, che il viandante alleviasse il tedio del cammino con queste storie. Vorrei che tutti i discorsi che intercorrono tra tutti i cristiani ne fossero permeati. Noi siamo, in effetti, tali quali sono le nostre conversazioni quotidiane. Che ognuno capisca quel che può; che ognuno ne ricavi quel che può. Chi sta indietro non invidî chi è in testa; chi è in testa incoraggi chi viene dietro, non abbandoni la speranza. Perché restringiamo a pochi una professione di fede che è comune a tutti?»
Il commento dei Padri della Chiesa a due testi biblici – l’episodio del giovane ricco e la parabola del ricco stolto – consentono di comprendere in che modo le comunità cristiane dei primi cinque secoli elaborano il rapporto tra annuncio evangelico, beni terreni e istanze sociali.
Le dieci grandi figure che vengono qui convocate per comporre una ricca antologia di interpretazioni – Clemente, Origene, Cipriano, Ilario, Basilio, Gregorio Nazianzeno, Ambrogio, Giovanni Crisostomo, Agostino e Cirillo – offrono un quadro delle diverse concezioni presenti nel cristianesimo primitivo.
«Poiché i Padri sono gli uomini della Parola biblica – scrive Maria Grazia Mara –ci troviamo così a seguire una traccia di storia dell’esegesi: un’esegesi che, mentre esprime nei testi della letteratura cristiana di cinque secoli l’attenzione e la preoccupazione della comunità cristiana per i fatti sociali, economici e politici, non perde mai di vista la storia della salvezza».
"Una dolcezza gentile, una radiosa affettuosità e una vasta capacità di simpatia non sono le qualità che vengono abitualmente associate ai primi cisterciensi, e però sono esattamente queste le caratteristiche più spiccate di Aelredo di Rievaulx" (D. Knowles). Testimone e attore privilegiato di un periodo di profondi mutamenti sia per la Chiesa del XII secolo sia per la società civile del tempo, Aelredo nacque nel 1110 a Hexham, nel nord dell'Inghilterra; trasferitosi alla corte del re Davide di Scozia, ne guadagnò la stima tanto da ricevere la prestigiosa carica di intendente generale del regno. Ma, rinunciando a una sicura carriera politica o ecclesiastica, si fece monaco presso l'abbazia cisterciense di Rievaulx (Yorkshire), divenendo successivamente abate della nuova fondazione di Revesby (Lincolnshire) nel 1142, poi di Rievaulx nel 1146, dove morì il 12 gennaio 1166, attorniato da "centoquaranta monaci e cinquecento fratelli laici". Contemporaneo di san Bernardo, Aelredo, insieme con l'abate di Clairvaux, Guglielmo di Saint-Thierry e Guerrico di Igny, è considerato uno dei "quattro evangelisti" di Citeaux. La sua influenza sulla Chiesa d'Inghilterra e sull'ordine monastico in questo paese può essere paragonata a quella di san Bernardo su tutta la Chiesa. "La Vita Ailredi", racconto agiografico composto, poco dopo la morte di Aelredo, da Walter Daniel che fu suo segretario e infermiere. Editoriale di Azzolino Chiappini. Presentazione di Inos Biffi.
epistolario fra due personalita come edith stein e roman ingarden che ritrae, con grande abilita, anche lo sfondo politico culturale del tempo, mettendo in rapporto dialettico germania e polonia e facendo notare l incontro-scontro fra le due culture. Quando un epistolario coinvolge due personalita come quelle di edith stein e di roman ingarden puo`diventare l'abbozzo di un trattato di filosofia. Si presta, infatti, ad una serie di approcci e rivela possibilita di lettura straordinarie. L'epistolario, d'alt ra parte, e`una preziosa fonte di notizie perche`ci da una descrizione efficace dello sviluppo intellettuale dei protagonisti nell'elaborazione delle loro opere, ci informa sulla ricezione scambievole del loro pensiero e sull'accoglienza dei loro lavori da parte dei lettori. L'affresco non e`formato soltanto dai personaggi, ma ritrae con grande abilita lo sfondo politico e culturale del tempo, mettendo in rapporto dialettico germania e polonia, facendo notare l'inc ontro-scontro fra le due culture, proprio attraverso la difficolta di tradurre i concetti elaborati nella lingua polacca. Le lettere coprono l arco di ventunno anni dal 1917 al 1938, anni decisivi per la storia tedesca ed europea, spartiacque fra le due guerre mondiali, anni di crisi peer la germania che ha visto la nascita del nazismo e anni di crisi anche per la polonia in lotta per la sopravvivenza.