
L'etica kantiana è stata di frequente vista - e criticata - come un'etica dell'interiorità. Diversa la prospettiva adottata in questo libro che, avvalendosi del contributo di studiosi italiani e stranieri, mette in relazione la riflessione etica del filosofo di Königsberg con il "mondo". Il volume si articola intorno ad alcuni nuclei principali: il problema del rapporto tra la libertà del volere e il mondo naturale dominato dalla necessità meccanica; la questione etica in senso stretto, sia nel processo di deliberazione morale sia nella concretezza dei doveri e degli oggetti della volontà; il ruolo del "mondo", secondo Kant, nell'orizzonte morale; infine, la concezione kantiana del tempo storico come tempo del progresso e del perfezionamento che indica la direzione di una "politica morale".
Il capolavoro di Marx, spietata e allo stesso tempo scientifica analisi della società capitalistica nelle sue profonde contraddizioni, è una lettura indispensabile per chi non voglia sentirsi estraneo al mondo contemporaneo. Pietra miliare nella storia del pensiero moderno in quanto fondamento dottrinale delle più importanti rivoluzioni politiche del Novecento, "Il capitale" getta ancor oggi una luce demistificante sugli alienanti rapporti sociali del presente. Il senso più genuino e il nucleo più duraturo dell'opera di Marx stanno tuttora nella sua rigorosa "critica dell'economia politica", una critica che definisce la storicità della società contemporanea.
"In un altro tempo il divino è stato parte integrante della vita umana". Da qui, e dalla difficoltà per l'uomo moderno di percepire questa intimità originaria, ha inizio la riflessione di Maria Zambrano sulla storia, sull'uomo, sul divino. Con una scrittura densa e suggestiva, più vicina al linguaggio poetico che non a quello filosofico, Maria Zambrano ripercorre le varie fasi della relazione tra l'uomo e il divino, a partire dalla nascita degli dèi greci e della filosofia, analizzando la peculiarità della religione cristiana, fino ad arrivare agli esiti nichilistici della tradizione occidentale. "L'uomo e il divino", scrive Vincenzo Vitiello nel suo saggio introduttivo, "è il libro più ricco e complesso di Maria Zambrano, il più importante e significativo dal punto di vista strettamente filosofico".
II libro muove da un'osservazione fulminante: nella nostra vita pubblica e privata l'idea stessa di conflitto è stata bandita. O, più precisamente, tendiamo a essere intolleranti verso qualunque forma di opposizione e conflittualità, rendendoci di fatto ciechi verso gli aspetti positivi, progressivi, di crescita sociale e individuale che il "conflitto" racchiude (come ben sanno, per esempio, gli psicologi). In questo libro Miguel Benasayag e Angélique del Rey esplorano le radici e gli effetti perversi della rimozione del conflitto dallo scenario contemporaneo: rifiutiamo il conflitto e ci lasciamo invadere dall'ideale della trasparenza, decisi a sradicare ogni ombra, ogni opacità nella nostra relazione con l'altro o con gli altri.
Il titolo di questo libro fa riferimento a un passo di Theodor Adorno, nei suoi "Minima moralia", là dove dice "Non si da vera vita nella falsa". In tutti i libri di Achenbach si ritrova il motivo costante di un essere umano che cerca di tornare in se stesso allontanandosi dal modo comune di pensare, che si sforza di agire secondo una serie di principi che hanno la funzione di indicargli la via verso la vita "vera"; di un individuo che vaga tra la folla (e le follie) del Moderno nel tentativo di evidenziarne gli errori e i punti deboli, aggrappandosi ai principi originari della filosofia come arma contro l'oblio e la rimozione che definiscono il contorno del nostro tempo. Achenbach affronta in questo libro i temi che riguardano ognuno di noi, per poi arrivare a definire il suo fine (che poi è il fine dell'esistenza): la "vera" vita (o la vita "giusta"), un'esistenza, cioè, che ha le sue radici nella capacità di saper vivere. Achenbach trasforma la filosofia in potenzialità pratica per l'esistenza, misurandosi con una sua effettiva e concreta applicazione alla vita nello sforzo di chiarificarla in tutte le sue sfumature.
È nell'ambiente di lavoro che il disagio, anche non necessariamente patologico, si fa sentire più forte che mai. Incomprensioni tra colleghi, incomprensioni con il datore di lavoro, discussioni interminabili non fanno altro che aumentare il malessere dell'uomo alle prese con la quotidianità. Nelle aziende aumenta il mal di stomaco e diminuisce il dialogo. Come migliorare la situazione? Eugénie Vegleris propone di provare con la consulenza filosofica. Perché attraverso la filosofia il manager scoprirà che occorre risvegliare la curiosità e la creatività, imparare a staccarsi da ciò che è contingente, apprezzare quanto a prima vista può apparire inutile e non produttivo e decidere che è importante dare tempo e spazio al dialogo, a un dialogo autentico in cui le varie parti possano confrontarsi invece di scontrarsi. Non si tratta solo di "valorizzazione delle risorse umane" espressione ormai ampiamente abusata nelle aziende - ma di intuire come occorra interrogare in modo nuovo e filosoficamente avvertito la realtà lavorativa in cui ci si trova.
Tutti sappiamo che sulla matematica si basa l'obiettività della scienza. Cadendo però il postulato dell'oggettività della natura, tramite la teoria dei quanti, la conoscenza non è più oggettiva ma diviene soggettiva. Sorge quindi il problema di conoscere cosa è reale e cosa non lo è. L'impossibilità di giungere ad una visione oggettiva apre dunque la possibilità della credenza, dove la tolleranza verso le diverse posizioni può divenire la regola. In conseguenza della mancanza di una verità valida per tutti, sorgono i problemi dell'incommensurabilità dovuta a una molteplicità di visioni del mondo, nonché il complesso rapporto tra relativismo e oggettivismo.
Quanti di noi hanno sentito parlare del principio di non-contraddizione? Ma che cos'è questa nozione? Primo di una trilogia, questo volume si rivela un testo interessante che, disquisendo sulla "teoria degli oggetti" di Alexius Meinong dischiude una prospettiva inedita che consente di considerare l'impossibile come qualcosa di paradossalmente possibile.
L'autore, a seguito di esperienze personali sostanziate da una profonda ricerca bibliografica, ha sviluppato una ricerca volta a distinguere il creato (l'esistenza) dal non creato (la non esistenza). Lo scopo di questo lavoro consiste nel rispondere a domande quali: che cos'è il non creato? È possibile trascendere dal creato al non creato? E poi, ammesso che sia possibile vivere una simile esperienza, in cosa consiste un contatto con il non creato e quali cambiamenti comporta? Dalla risposta a questi ed altri interrogativi è nata un'attenta riflessione sull'esperienza dell'illuminazione. L'autore ha cercato di individuarne le caratteristiche e analizzarne le fasi, mettendole in relazione con la psicologia junghiana e la filosofia orientale. La forma semplice e chiara con la quale sono presentati i vari concetti, consente anche al lettore che si avvicina per la prima volta a questi argomenti di intraprendere un viaggio nel proprio universo interiore: un viaggio volto a conoscere qualcosa in più di se stessi.
Questa introduzione fornisce gli elementi-chiave per comprendere l'estetica e i compiti che essa si propone. Pur organizzati intorno a una serie di nozioni centrali per lo studio della disciplina, i diversi capitoli non trascurano di affrontare tutte le maggiori correnti dell'estetica - estetica filosofica classica, estetica come storia dell'arte, estetica analitica contemporanea né di evocare l'apporto degli autori classici, da Platone a Goodman, passando per Kant e Hegel. In modo innovativo l'autore sceglie inoltre di riferirsi, nella misura del possibile, a tutte le arti e non solo a quelle tradizionalmente privilegiate come poesia e pittura.
Il naturale e l'artificiale, il biologico e il culturale. Ciò che preesiste alla venuta dell'uomo, e che ne è del tutto indipendente, e ciò che invece dall'uomo è fabbricato e che è il risultato di un progetto e di mani che lavorano. Due poli, quelli di natura e tecnica, che nel corso del tempo sono stati avvertiti come contrapposizione, progressivamente sempre meno netta, e come relazione, come dialogo, come un continuo e proficuo intrecciarsi. È questo il presupposto dal quale ha preso le mosse lo studio di Annabella D'Atri. A una prima sezione espositiva, che indaga teoricamente il rapporto tra natura e tecnica nella storia del pensiero filosofico occidentale, corrisponde una seconda parte che antologizza i brani più significativi nei quali questo legame è stato analizzato dai più grandi pensatori di tutti i tempi.