
Il volume mette a confronto analiticamente le opere fisiche di Aristotele con i dialoghi platonici sulle stesse tematiche (in particolare con il Timeo), per ricostruire la complessa articolazione del concetto di physis, dal cosmo alla considerazione degli esseri viventi. La via critica seguita, e indicata dai testi stessi, permette di ricostruire un percorso che si configura sempre come bifronte: le innegabili e, in alcuni casi, fondamentali divergenze tra Aristotele e Platone si innestano su comuni tematiche e domande, per cui, lì dove si segna una distanza, si deve anche riconoscere un punto di accordo. Il rapporto tra Aristotele e Platone va delineandosi in queste pagine nella cifra distintiva di un movimento di vicinanza/lontananza, che rende possibile cogliere il senso e l'effettivo valore della critica aristotelica.
L'occasione dello scritto qui reso in italiano con il titolo "La nostra epoca" fu l'uscita, nel 1845, della novella anonima "Due epoche", verso la quale Kierkegaard mostrò interesse letterario. Parallelamente alla stesura della Postilla conclusiva non-scientifica alle "Briciole filosofiche", iniziò a scriverne una recensione nel 1846, pubblicandola poi accresciuta di una riflessione conclusiva dove abbandona la finzione letteraria per la realtà, la critica estetica per la filosofia politica, e il riferimento alla novella per privilegiare il tempo storico. Un testo, successivamente ripreso in Germania con il titolo "Kritik der Gegenwart" (1914), che rappresenta una profetica analisi dell'età moderna, e pare destinato a essere un seme fecondo non solo per la Kierkegaard-Renaissance ma per la stessa cultura europea.
Per tutte le discipline che studiano il cervello umano la coscienza è la grande sfida ancora in corso, il territorio dove il rigore della scienza fa i conti con le pulsioni spirituali dell'uomo. In che modo, e soprattutto per quale motivo, entità fisiche quali siamo noi generano e provano sensazioni così impalpabili, così poco fisiche? Domande sfuggenti, come sfuggente è l'oggetto che si cerca di costringere in una risposta netta e definitiva. Tra le tante voci spicca quella di Nicholas Humphrey, che pone la coscienza in un'ottica darwiniana - si tratterebbe di un vantaggio evolutivo dell'uomo - e per capirne la magia non ha paura di scomodare una parola tabù per scienziati e psicologi: l'anima, il luogo in cui ognuno di noi vive e sperimenta la propria meravigliosa unicità.
Le età del mondo - qui nelle versioni del 1811 -1813 -1815 e nei frammenti preparatori- indubbiamente non è soltanto l'opera alla quale Schelling si dedicò più intensamente e che avrebbe dovuto essere la sintesi perfetta del suo pensiero, ma è anche una delle più oscure paraboli del tardo idealismo.
L'opera di Unamuno, che presenta tutti i tratti di organicità e sistematicità, non sarebbe comprensibile pienamente se non se ne evidenziassero le basi filosofiche e le preoccupazioni teologiche. È infatti alla luce di una filosofia della religione che le ricerche incentrate sull'unico problema, quello dell'ansia immortale di immortalità dell'uomo concreto, pervengono ad una prospettiva coerente ed unitaria anche se ciò non esclude un'evoluzione intellettuale ed esistenziale. Unamuno è un autentico uomo religioso che ha vissuto una struggente quanto tragica ansia di eternità, di sete di Dio, pur non avendo abbracciato totalmente nessun credo religioso positivo, giacché egli ha sempre reagito con veemenza contro ogni tentativo di volerlo incasellare. Unamuno è fautore di una religione poetica, issata sull'esperienza della parola creatrice, mediante la quale non soccombe alla tentazione del nulla. I nuclei fondamentali della riflessione unamuniana ruotano intorno a due temi, i quali rappresentano, per così dire, due facce della stessa medaglia: l'ansia per il destino umano e la preoccupazione per la personalità, da non intendersi in senso psicologico, ma etico-esistenziale, come emerge sia nell'opera sul "Sentimento tragico della vita" (1913) sia nei celebri poemi dove ribadisce che "Il fine della vita è di farsi un'anima".
"Dall'esistenza a Dio" è lo spregiudicato tentativo di rispondere alla domanda più importante di tutte: esiste Dio? È possibile dimostrarlo? Fin dagli albori della speculazione filosofica, gli uomini hanno cercato di costruire argomenti che, a partire dai dati più disparati, conducessero all'esistenza di un Essere sommo. La proposta di Miller è insieme antica e nuova: antica perché si rifa esplicitamente a due giganti del pensiero quali Avicenna e Tommaso d'Aquino; nuova perché non esita a dispiegare l'arsenale della logica moderna, dell'analisi linguistica e del rigore argomentativo tipico dell'odierna filosofia analitica. Il suo punto di partenza è l'esistenza di semplici oggetti materiali, il suo approdo è una causa incausata di tutto l'universo; la sua rivoluzione filosofica è la riabilitazione dell'esistenza come una proprietà di primo livello, cioè di individui, dopo le critiche durissime di Kant, Frege, Russell e Quine. Ma anche al di là dei suoi meriti intrinseci, il lavoro di Miller può essere considerato come un altro grande frutto della lezione di metodo di Tommaso d'Aquino: cercare la verità, senza pregiudizi, considerando i problemi discussi nel nostro tempo, "per lavorare ad una soluzione in grado di fare una sintesi di tutte le intuizioni valide".
La diagnosi di una complessità sempre maggiore del mondo, della vita, dei fenomeni che toccano la nostra esistenza, e hanno la possibilità di deciderne il futuro, è ormai divenuta un luogo comune e con ciò ha perso la sua forza di allerta, di sfida e invito al pensiero. Quasi mimando i dati di fatto, anche il sapere si è scomposto e parcellizzato generando l'illusione che la specializzazione, accanita nella sua frammentazione, possa essere l'unico antidoto per riuscire a rimanere a galla nei mari inesplorati del nostro tempo. In questo modo la questione vitale dell'umano si giocherebbe sul piano della "quantità", dell'accumulo, e il problema rimarrebbe solo quello del semplice intreccio di una massa enorme di dati. Così facendo, però, sfugge all'attenzione il fatto cruciale, cioè che non disponiamo di un linguaggio e di un pensiero in grado di esprimere la realtà che le teorie vanno elaborando. Eppure quelle teorie pongono questioni e aprono orizzonti che dovrebbero essere cari all'esercizio di una ragione, tanto critica quanto appassionata, per il destino dell'uomo così come ci è stato consegnato dallo spirito umanistico della cultura europea.
Che cosa significa parlare oggi di "etica civile"? Ed in quali orizzonti essa si colloca? Attorno a queste due domande ruotano gli interventi, raccolti nel volume, di due protagonisti della riflessione contemporanea. L'antropologo Marc Augé ripensa il significato dell'etica per la convivenza in una città sempre più esposta al rischio di diventare "non-luogo". La filosofa Laura Boella, da parte sua, ne illumina il radicamento in quel tessuto relazionale che ci rende le persone che siamo.
Una introduzione storica e concettuale alle principali tematiche della filosofia della religione. La religione è una risposta a un bisogno dell'uomo, un'esperienza del sacro, una visione del mondo o tutto questo insieme? Quale plausibilità razionale presenta la credenza religiosa e quale senso assume il termine "Dio" al di fuori di essa? Come conciliare l'esistenza di un Dio buono e onnipotente con la presenza del male e della sofferenza? La pretesa di verità delle religioni è portatrice di conflitti o un'aspirazione legittima? Qual è il senso del "ritorno alla religione" in società sempre più secolarizzate? I grandi interrogativi dell'esperienza religiosa, presentati con una lettura chiara, rispettosa della complessità dei problemi affrontati e aggiornata rispetto alle nuove ricerche europee e americane.
Questo libro costituisce una delle ricerche più originali sulla natura e la storia dell'età preromantica e romantica, intesa come epoca che si conclude a Novecento inoltrato, dopo la "frattura" operata da Nietzsche. Prendendo in esame gli scritti e le posizioni teoriche di Hamann, Herder, Friedrich Schlegel, Novalis, Hölderlin, Schelling, Creuzer, Görres, i fratelli Grimm, Bachofen, Nietzsche, Spengler, Klages e Baeumler, l'autore ricostruisce le vicende degli intricati rapporti tra lo Sturm und Drang, il Romanticismo di Jena e quello di Heidelberg, tra idealismo e romanticismo, facendo emergere l'immagine duplice di un secolo, l'Ottocento, attraversato tanto da sistemi di filosofia della storia quanto da una concezione della storia di tipo simbolico. Una dialettica, mito/storia, infranta dal pensiero di Nietzsche e divenuta tema centrale nel Novecento, in particolare nel cosiddetto Mythos Debatte degli anni Ottanta. Ad emergere, dalla storia e dalla poesia del romanticismo tedesco qui scandagliati, è un concetto di natura radicalmente diverso rispetto a quello settecentesco, quale orizzonte enigmatico e alternativo al pensiero nichilistico affermatosi in Europa.
La giustizia ha essenzialmente a che fare con l'altro, ed ognuno di noi è l'altro del suo vicino. Si resta affascinati frequentando il pensiero di Tommaso d'Aquino, in esso traspare acutezza speculativa, modernità, applicazione pratica, che sovrasta ogni tempo, che mai esaurisce il suo servizio d'ausilio per ogni epoca, ancor più per questa nostra, anelante senso compiuto di giustizia.L'Aquinate vive il suo tempo ma illumina anche il nostro, richiama alla comprensione della virtù della giustizia, evidenzia come il compito primario di essa sia ordinare l'uomo nei rapporti verso gli altri, edificando se stesso per edificare il prossimo, al fine di costruire un sano bene comune, un rigenerato umanesimo.
Maestro della scuola filosofica di Milano, Carlo Sini ha formato le menti di diverse generazioni di giovani che gli devono la passione per la bella fatica del pensiero. In questo libro denso di teoria e poesia Sini spiega l'essenza di ogni riflessione. Il pensiero è carne e forma di se stesso. La distinzione tra il contenuto e il metodo della riflessione filosofica è artificiosa, oltre che dannosa. In un percorso a tutto tondo nella filosofia, da Platone a Nietzsche, Sini fa toccare con mano le alte vette della teoresi, dove l'aria pungente diventa la materia stessa del pensiero. Un itinerario che ci restituisce a noi stessi, cresciuti e forti della capacità di pensare con mente indipendente.