
I "Pensieri" di Pascal sono pagine di confessioni e non coacervo di sillogismi; illuminazioni rapide e non discorsi filati di filosofica saggezza; più spesso vangate nel sodo per smuovere il terreno irto di cardi e di sterpi d'una inveterata albagia razionalista; talvolta crisalidi cui basta un'aria di tepore primaverile per mutarsi in svolazzanti e iridate farfalle, e quasi sempre grido di un'anima ora triste della "tristezza di non essere santi" (Bloy), ora gioiosa della letizia del cristiano in grazia.
Cosa c'è, per ognuno di noi, di più caro, di più importante, ma anche di più rischioso dell'io? Esso è già completo e si accompagna a noi dal momento della nascita, o è il risultato di un processo di formazione, elaborazione e consolidamento? A queste e ad altre domande, Dubuisson risponde consultando sul tema filosofi, letterati, antropologi, sociologi e uomini di fede di tutti i tempi. Differenti, piene d'interesse e spesso affascinanti, le varie posizioni vengono raccontate dall'autore. Posizioni che si possono raccogliere in due schieramenti contrapposti: da una parte chi non ha dubbi sull'esistenza sostanziale dell'io e sul suo stato di buona salute; dall'altra chi parla di "coscienza labile" pronta a smarrirsi, di "intermittenze del cuore", o di impermanenza e vacuità del soggetto. L'atteggiamento più giudizioso, secondo l'autore, sarà allora quello di ricostruire le tappe e i modi in cui l'uomo è giunto alla propria formazione: i maggiori contributi sono venuti dalle sapienze antiche e orientali, dalla spiritualità mistica cristiana; le moderne scienze umane hanno, invece, perso di vista l'individuo nella sua singolarità e nella sua problematica esistenziale.
Ci troviamo, oggi, dinanzi a un incredibile potenziamento dei mezzi a disposizione per comunicare, lavorare, produrre, incrementare, potenziare e migliorare la gamma delle nostre prestazioni. È come se, per la prima volta nella nostra storia, si facesse largo l'idea che in linea di principio non v'è più alcun ostacolo alla possibilità di disporre in modo incondizionato non solo del mondo, ma anche di noi stessi. Tuttavia, in questa sterminata proliferazione di dispositivi funzionali, qualcosa sembra paradossalmente non funzionare come dovrebbe. La "macchina" gira a una velocità inaudita, ma in questo vortice - che la nostra quotidianità subisce come un destino inevitabile - fatichiamo a trovare una collocazione capace di donare senso alle nostre azioni. Il disorientamento è totale. Cultura dell'effimero, iperattivismo sfrenato, comunicazione senza contenuti, sono alcuni dei fenomeni analizzati nelle pagine del libro, con l'obiettivo di disegnare il profilo dell'epoca in cui viviamo, e aiutarci a capire "dove siamo finiti". Ma anche da dove, forse, è possibile ricominciare. Il volume costituisce un'impietosa riflessione sull'ideologia contemporanea e sui suoi meccanismi di dissimulazione; da ogni pagina traspare l'insofferenza e il disagio nei confronti di una cultura rassegnata e opportunista, del tutto incapace di assumersi la responsabilità per una progettualità di lungo respiro.
Il libro esamina i grandi cambiamenti che le nuove tecnologie stanno approntando rispetto ai concetti di base dell'esistenza umana, ponendo in evidenza i più importanti fuochi di metamorfosi e gli slittamenti di significato inaugurati dalle prassi biomediche e dall'immaginario del virtuale. Termini come cyborg, morte cerebrale, intelligenze non umane, clone, avatar, identità mutante mettono a dura prova le tradizionali coordinate antropologiche e le cornici epistemologiche chiamate a interpretarli. Ci troviamo di fronte a una profonda rivoluzione culturale capace di affascinare taluni e atterrire altri, che richiede però un'attenta riflessione nei suoi prospetti paradigmatici e nei suoi innumerevoli risvolti. Non è possibile affrontare le grandi questioni di bioetica riferibili alla vita e alla morte, ai concetti di accanimento terapeutico ed eutanasia, agli scenari inaugurati dall'ingegneria genetica e dalle staminali senza comprendere le modifiche che la dimensione umana ha vissuto negli ultimi due decenni. La filosofia post-umanista offre delle risposte nuove rispetto agli scenari che si presentano, conoscerle vuol dire avere degli strumenti in più per affrontare le sfide del XXI secolo.
La filosofia, anche in Italia, ha conosciuto in questi ultimi anni un significativo e forse inaspettato "revival". Questa temperie culturale potrebbe indicare le ragioni più immediate della grande attenzione di cui gode il pensiero di Emanuele Severino. Non mancano studi sulle varie tematiche che sono state affrontate dal filosofo bresciano, da quelle più squisitamente metafisiche, alle raffinate analisi rivolte ad avvenimenti e questioni più terrene. Mancava ancora, però, un libro che fosse in grado di raccordare gli scritti di Severino rivolti al grande pubblico con quelli di carattere più specialistico, e riuscisse ad indagare il loro più ampio contesto filosofico e religioso. Il libro colma questa lacuna, avvalendosi anche di documenti assolutamente inediti come le lezioni tenute da Severino all'Università Cattolica negli anni '60.
Gli ultimi avvenimenti hanno rilanciato il tema della laicità. Letterati, sociologi, politici e teologi lo affrontano in saggi, articoli e convegni con significati ogni volta diversi. Il libro s'inserisce nel dibattito proponendo un percorso di ricerca per l'elaborazione di un nuovo modo d'intendere la laicità, senza però abbandonare la questione del rapporto tra Stato e Chiesa, tra scienza e fede. Dopo l'analisi del processo storico, che in Occidente ha visto nascere, svilupparsi ed entrare in crisi la laicità, il volume analizza il senso del cosiddetto "ritorno del religioso", si misura con i quesiti posti all'etica e alla politica dalla manipolazione genetica da un lato e dalla crisi della democrazia dall'altro. Che effetto ha tutto ciò sui cristiani e la loro fede? Si metteranno in discussione o continueranno a farsi rappresentare da chi proclama i "diritti" dell'embrione, emargina le donne, discrimina gli omosessuali e demonizza l'eutanasia?
Un libro di battaglia, di polemica e di satira contro l'avanzata dei nuovi farisei, di coloro che vorrebbero far tornare l'Italia al clima bigotto e opprimente dei primi anni della Repubblica, quella che Gaetano Salvemini definì icasticamente la "repubblica monarchica dei preti" e che Ernesto Rossi e Guido Calogero descrissero in modo cosi brillante e corrosivo. I nuovi farisei, che talvolta si dichiarano perfino atei, dicono di voler difendere la libertà della Chiesa cattolica dalle prevaricazioni del laicismo e dalla disgregazione del relativismo. In realtà, a nessuno come al laico sta a cuore la libertà religiosa, poiché egli sa benissimo che la libertà religiosa è il fondamento di ogni altra libertà. Questa libertà, però, coincide necessariamente con l'autonomia della coscienza individuale e con la separazione rigorosa della società civile dalla società religiosa. Laico non è il contrario di credente, ma l'opposto di clericale ed essere laici vuoi dire, molto semplicemente, rifiutare la pretesa di utilizzare la religione o una qualsivoglia ideologia come strumento di governo. Il volume, nel ricordo di alcuni autentici maestri di laicità, vuoi mettere in guardia contro questa pretesa che attenta alla nostra libertà di uomini e di cittadini.
Vi è mai capitato di stare svegli tutta la notte, assillati da pensieri del tipo: come facciamo ad essere sicuri della realtà del mondo esterno? Forse non siamo altro che cervelli senza corpo, fluttuanti in una vasca, in balìa dei capricci di qualche scienziato pazzo… Questo tormentoso interrogativo e i tanti altri ad esso simili – dal problema dell’esistenza di altre menti alla nave di Teseo, dal rasoio di Ockham al paradosso del barbiere – sono stati oggetto di riflessione e congetture filosofiche da Platone a Putnam. Attraverso 50 brevi saggi, accessibili nel con tenuto e brillanti nella scrittura, Ben Dupré introduce e spiega questioni cruciali relative a co noscen za, coscienza, identità, etica, giustizia, lin guag gio, senso ed estetica: si tratta di questioni che hanno sempre animato il dibattito filosofico, dagli antichi Greci ad oggi.
Nata da una costola della filosofia, la scienza ha percorso un lungo cammino prima di emanciparsi e assumere una propria identità. I suoi successi sono sotto i nostri occhi ogni giorno e si può ben dire che la modernità è segnata dal trionfo della scienza su ogni altro tipo di conoscenza, compresa quella filosofica. Eppure, oggi più che mai, ci accorgiamo di come non si possa fare a meno della filosofia per ragionare e riflettere sulla scienza. Quali sono, se ci sono, i limiti oltre i quali la scienza non è in grado di spingersi nella conoscenza dell'Universo? In che modo la scienza modifica l'ambiente in cui viviamo e quanto è legittimata a farlo? E quali sono le implicazioni etiche di ricerche e trattamenti che indagano sui meccanismi più profondi della vita umana? In termini chiari e accessibili, questo libro tratta temi e problemi filosofici che sono basilari per comprendere la natura e la pratica della scienza: apparenza e realtà, conoscenza e dimostrazione, razionalismo ed empirismo, realismo e antirealismo, metafisica, utopia, intelligenza artificiale e tanto altro ancora.
Su un punto, decisivo per l'antropologia fenomenologica, aveva richiamato l'attenzione Merleau-Ponty nel suo ultimo libro, osservando che toccare un altro uomo è toccarne il corpo, sentirsi toccarlo, e tuttavia mai sentire il sentirsi toccato di lui, mai dunque toccare non il suo corpo ma lui stesso. Non si esiste, se non si sente di esistere, ma il sentirsi dell'altro mai io potrò sentirlo, così come nessun altro potrà sentire il mio sentirmi. Il sentirsi, l'arcisenso, è l'intoccabile. Alla luce di questa sottile ma inoppugnabile consapevolezza, si scopre alle radici dell'esistenza la fondamentale dialettica della solitudine. L'io, costituitosi nella relazione con altri, presto si accorge che essa non può attuarsi pienamente, come intimità autentica, trasparenza senza opacità. Allora, corrottosi il desiderio di relazione nell'antagonismo sociale, l'io tende ad abbandonarsi all'odio o cedere alla castrante paura dell'intimità. D'altra parte, paradossalmente, è per l'impossibilità della relazione che il teatro del mondo vive, drammatica pluralità di attori: l'insuperabile solitudine d'ognuno assicura la non riducibilità dei molti a esistenziali fusioni e li oppone al totalitario dominio dell'uno.
La seconda edizione, riveduta e ampliata, di un agile strumento di lavoro che ha la piccola ambizione di servire per lo studio della lingua di Kant, Fichte, Schelling, Hegel, Marx, Herbart, Nietzsche, Heidegger, Wittgenstein… e per la lettura delle loro opere. Questo Dizionarietto si rivolge a chi intende cimentarsi per la prima volta con testi filosofici in tedesco, ma è pensato anche per chi si avvicina alla loro terminologia specifica, pur essendo pratico della lingua, o, in una traduzione, deve scegliere la soluzione migliore. Nella compilazione si fornisce una scelta ampia di termini, accompagnati dalla versione italiana, tenendo conto del loro uso ormai consolidato. In alcuni casi, oltre alla traduzione del lemma, se ne illustra il significato sia all’interno dell’opera di un singolo filosofo sia sottolineando il differente uso che dello stesso termine fanno pensatori diversi.
Renato Pettoello insegna Storia della filosofia presso l’Università degli Studi di Milano. Tra le sue pubblicazioni: Leggere Kant (La Scuola 2014). Ha curato diverse edizioni di classici della filosofia tedesca, tra queste: E. Cassirer, Il concetto di sostanza e il concetto di funzione (Morcelliana 2018); G.W.F. Hegel, Rapporto dello scetticismo con la filosofia: esposizione delle sue diverse modificazioni e confronto di quello più recente con l’antico (con E. Colombo, Scholé 2018); Georg Simmel, Kant e l’estetica moderna (Morcelliana 2018).
Nadia Moro è Assistant Professor di filosofia presso la National Research University Higher School of Economics di Mosca. Con M. Anacker ha curato il volume Limits of Knowledge. The Nineteenth-Century Epistemological Debate and Beyond (Mimesis 2016).