
Mai come in questo momento, connotato da una minaccia sempre più pressante e diffusa, la richiesta di immunizzazione sembra caratterizzare tutti gli aspetti della nostra esistenza. Quanto più si sente esposta al rischio di infiltrazione e di contagio da parte di elementi estranei, tanto più la vita dell'individuo e della società si chiude all'interno dei propri confini protettivi. Tuttavia, questa opzione immunitaria ha un prezzo assai alto: come il corpo individuale, anche quello collettivo può essere «vaccinato» dal male che lo insidia soltanto attraverso la sua immissione preventiva e controllata. Ciò vuol dire che, per sfuggire alla presa della morte, la vita è costretta a incorporarne il principio. A sacrificare la «forma» del vivente alla sua semplice sopravvivenza biologica. Ormai questo meccanismo dialettico tra conservazione e negazione della vita sembra pervenuto a un punto limite: al di là del quale si apre la drammatica alternativa tra un esito autodistruttivo e una possibilità ancora inedita che ha al centro un nuovo pensiero della comunità.
"Tra noi," ovvero l'esplorazione dei percorsi del senso. Emmanuel Lévinas ritorna su ciò che costituisce il nucleo del suo pensiero: attraverso una serie di testi di rilievo che percorrono gli assi della sua riflessione, il filosofo definisce la natura della relazione etica che unisce ogni uomo al suo prossimo. Morale dell'amore, della sincerità, ma anche meditazione sulla saggezza e la responsabilità, considerazione sul ruolo della filosofia, riesame dei diritti dell'uomo: il lettore è invitato a un'immersione in profondità nella "relazione intersoggettiva". C'è però del mistero, dice press'a poco Lévinas, in questo legame del "tra-noi", ma ciò non significa che siamo presi in una realtà indecifrabile, né che il "tra-noi" sia uno spazio che resta per noi ostinatamente opaco. Nel corso delle pagine, il velo si alza. Il rapporto dell'uno all'altro si rivela nella trascendenza del per-l'altro e porta, così, a scoprire il "soggetto etico", dunque il "tra-noi".
Il percorso che Jean Soldini ci invita a fare prende le mosse da una frase di Péguy: "quasi certamente, negare il cielo non è pericoloso. È un'eresia senza avvenire. È così evidentemente grossolano. Negare la terra, invece, è allettante. Prima di tutto è distinto. Ed è questo il peggio. È dunque questa l'eresia pericolosa, l'eresia con un avvenire". Il pensiero, confrontato dal '500 con un rapporto via via più problematico con la realtà, si è preoccupato di salvaguardare la propria sovranità. Ha sacrificato l'anello più debole, cioè l'impatto col corpo sensibile delle cose. Alla capitolazione della terra, della trascendenza orizzontale, è seguita facilmente l'espulsione della trascendenza verticale a essa intimamente unita nel Cristianesimo.
Chi restituì la sapienza greca all’Occidente?
La controversa rivalutazione del ruolo dell’Islam nell’incontro tra Medioevo e cultura classica.
La cultura greca non tornò all’Occidente solo grazie all’Islam: a salvare dall’oblio i filosofi antichi sarebbe stato innanzitutto il lavoro dei cristiani d’Oriente, caduti sotto dominio musulmano, e dunque arabizzati. Questo sostiene il medievista francese Sylvain Gouguenheim ricordando come, prima delle traduzioni dall’arabo effettuate in Spagna, autori quali Giacomo Veneto avessero già messo mano alle opere aristoteliche. La civiltà islamica, inoltre, non avrebbe mai dimostrato un vero interesse per la sapienza greca: da parte musulmana si sarebbe trattato più che altro di un approccio selettivo, forte nei settori della logica o delle scienze della natura ma debole, per non dire inesistente, sul piano politico, morale o metafisico.
In un libro documentato e appassionatamente argomentato, che non ha mancato di suscitare violente polemiche tra gli specialisti, Gouguenheim ricostruisce il percorso dei greci e di Aristotele in particolare nel Medioevo. E riconsegna all’Europa il merito di uno sforzo culturale che solo in tempi recenti, anche per ragioni ideologiche, si è voluto ascrivere all’Islam.
L'autore osserva i profondi mutamenti della percezione del tempo nella società contemporanea in relazione alla perdita di significato del lavoro. Alla frantumazione della figura del lavoro salariato tradizionale corrisponde la trasformazione del significato sociale del tempo e l'esplosione del tempo libero nelle sue varie forme. E' il segno di un mutamento d'epoca, ma anche di una crisi della società che è paradossalmente in ritardo rispetto alle modalità delle sue organizzazioni pratiche.
La formazione dell'identità europea è caratterizzata, secondo Mattéi, dalla nascita di uno sguardo che si distanzia dal proprio oggetto e, declinandosi all'infinito, permette di illuminare e preservare la verità di quanto osserva, anche dell'"altro" più remoto. Tracciare la storia della nascita di tale sguardo, a partire dall'incrocio fra mito, letteratura e filosofia, significa stabilire la specificità di quello che è l'unico elemento in grado di definire propriamente l'identità europea. Senza rinnegare le radici stesse da cui è nata l'Europa, Jean-François Mattéi cerca di "tenere la rotta" di una valorizzazione della cultura europea che renda giustizia alla sua storia mediterranea, ai contributi originari del mito e della religione, del pensiero artistico e filosofico, ma, soprattutto, alla dimensione della trascendenza, costitutiva di ogni esperienza artistica, spirituale e teoretica. Come già mostrava Walter Benjamin, senza di essa, ai cittadini europei pare essere rimasta solo la possibilità di muoversi nel mondo dell'economia e delle merci come automi dallo "sguardo vuoto".
Il percorso intellettuale di Paul Ricoeur considerato dal punto di vista etico con una particolare attenzione alla psicoanalisi di Freud. Il confronto tra Ricoeur e Freud consente di individuare il luogo piu adeguato in cui l'esperienza etica puo venire a parola: la tragedia. In essa possono confluire le componenti piu importanti dell'agire: i sentimenti, la storia personale e comunitaria, l'identita narrativa, la dimensione poetica dell'esistenza, il rapporto alle istituzioni, ma anche l'esigenza di superare il livello del dovere aprendosi alla dimensione piu profonda e misteriosa dell'agire come l'amore, il desiderio, il dono e il perdono. Il filo rosso della proposta etica di Ricoeur e il suo carattere estetico" teso a rilevare la bellezza di una vita buona, animata dal desiderio di realizzare le proprie possibilita nell'incontro con l'altro."
Il testo, qui presentato in traduzione italiana, pone problemi ancora rilevanti, e a volte dimenticati, di filosofia della mente, a cominciare dalla problematicità del significato della domanda che chiede se “le macchine possano pensare”. Il test dell’“imitazione” ideato da Turing vuole appunto essere un approccio, privo di pregiudizi e libero da concezioni aprioristiche, alla scottante e tutt’oggi inquietante questione. Prendendo spunto dal testo e da uno dei problemi più pressanti che il matematico attribuisce a menti umane distinte da possibili intelligenze artificiali, quello del “solipsismo”. Il saggio di Cimmino propone una serie di passi argomentativi che affrontano infine la questione solipsista – dalla discussione dell’idea che l’emulazione dell’intelligenza umana possa essere considerata un passo decisivo per l’identità mente/macchina, alle difficoltà del naturalismo riduzionista, fino alla natura dell’intenzionalità e il suo rapporto con il tempo. Proprio il carattere intrinsecamente temporale della mente permette secondo l’autore di indicare una prospettiva che, oltre a chiarire alcune delle tante difficoltà che gravano sulla “mente intenzionale”, sembra in grado di evitare l’imbarazzante questione del solipsismo.
Affermare una teoria e vivere il contrario è una contraddizione, una menzogna, una libertà? E se un genio, maligno, animasse la produzione dei grandi pensieri? Rousseau scrive un trattato sull’educazione, non malgrado, ma grazie all’abbandono dei suoi cinque figli. Kierkegaard redige i suoi testi religiosi mentre vive da libertino. Simone de Beauvoir fonda la filosofi a del femminismo pur godendo di una relazione servile con il suo amante americano. Foucault celebra il coraggio della verità e organizza il segreto della sua malattia... Nessuna compensazione, ma scissione di un pensiero che nutre le sue idee con la forza del diniego. Chi siamo quando pensiamo? Molteplici, senza dubbio. Invece di denunciare le loro ipocrisie, François Noudelmann mostra come i grandi filosofi possano creare le loro personalità multiple grazie alle loro teorie. Analizza la menzogna più complessa, quella che si dice a se stessi, attraverso le angosce, le fughe e le metamorfosi di questi filosofi dal doppio io.
Il concetto di libero arbitrio è essenziale per le nostre relazioni interpersonali e le pratiche morali e giuridiche. Se risultasse che nessuno è mai libero e moralmente responsabile, che cosa vorrebbe dire per la società, la moralità, la vita di tutti i giorni? Daniel Dennett e Gregg Caruso presentano le loro argomentazioni pro e contro l'esistenza del libero arbitrio e ne discutono le implicazioni. Dennett sostiene che il genere di libero arbitrio richiesto per la responsabilità morale è compatibile con il determinismo. Caruso è di parere opposto: per lui, quel che siamo e ciò che facciamo rappresentano, in ultima analisi, il risultato di fattori che sono al di là del nostro controllo, e per questo non siamo mai moralmente responsabili delle nostre azioni nel senso che ci renderebbe davvero meritevoli di biasimo o di lode, di punizione o di ricompensa. "A ognuno quel che si merita" introduce i concetti centrali del dibattito sul libero arbitrio e sulla responsabilità morale mediante un dialogo filosofico coinvolgente, rigoroso e talvolta acceso tra due eminenti pensatori.