
Alcuni mesi prima del fatidico crollo mentale e fisico del gennaio 1889, Nietzsche inizia a raccontare la storia di Gesù di Nazareth nell'Anticristo, mentre, quasi contemporaneamente, progetta il suo autoritratto narrativo in Ecce Homo. Le trasformazioni in atto in questi ultimi testi così criptici sono sempre state analizzate dalla critica alla luce della pazzia incipiente. In questo libro Heinrich Detering legge invece le ultime opere nietzscheane secondo una via interpretativa di matrice narratologica e non solo filosofica, esplorando nuovi spazi per la discussione di alcuni dei testi più suggestivi e meno esplorati del pensatore tedesco.
Nel 1933 Heidegger aderì al nazismo e assunse la carica di rettore dell'Università di Friburgo con la convinzione di interpretare un preciso "destino" della Germania; si dimise deluso dopo meno di un anno, ma non cessò più di indicare nell'opera di Hölderlin il segno di quel "destino"; nello stesso tempo, ribadì come la sua eredità di pensiero fosse stata segnata in modo indelebile dal "colloquio pensante" con questo poeta d'eccezione sulla situazione storica dell'Occidente. I testi qui tradotti per la prima volta in italiano sono il frutto di un corso universitario su Hölderlin, in cui Heidegger fa esordire pubblicamente il suo colloquio con il poeta.
L’opera costituisce uno degli ultimi lavori filosofici di Sestov, e vide la luce prima in traduzione francese che in lingua originale. Essa è dedicata a una interpretazione dei motivi fondamentali della riflessione di Kierkegaard, autore che Sestov scoprì e studiò in età già avanzata su calda esortazione dell’amico Edmund Husserl; e secondo il giudizio di alcuni rappresenterebbe il libro migliore e più puntuale del pensatore russo. Tutte le categorie del pensiero kierkegaardiano vengono qui a trovare una specifica collocazione come modalità di espressione dell’unico e medesimo compito che fu fatto proprio anche da Sestov: la lotta contro la ragione e le sue verità. Se non è possibile rivalutare il senso dell’esistenzialità umana rimanendo sul terreno della necessità razionale, che per sé esige solo sottomissione, non resta che la lotta per l’Assurdo e per il paradosso; per ciò che precisamente definendosi come suprema “assenza-di-senso” può assicurare il senso della vita a una creatura libera.
Glauco Tiengo (Casale Monferrato, 1971) – specialista del pensiero filosofico-religioso ed esistenzialista russo del Novecento e in particolare di P. Florenskij, L. Sestov e V. Solov’ëv, già assegnista di ricerca presso l’Università “Roma III”, collabora con diverse Università e prestigiose Istituzioni sia in Italia che all’estero.
Enrico Macchetti (Biella, 1981) – dottore in filosofia presso l’Università del Piemonte Orientale “A. Avogadro” e cultore della tradizione filosofica russa, è attualmente impegnato in un approfondimento dello studio del legame tra senso dell’umanità e trascendenza nel pensiero russo tra Otto e Novecento. Entrambi, nella collana Bompiani “Il Pensiero Occidentale” hanno curato l’edizione di L. Sestov, Potestas clavium (2009).
Giovanni Reale è uno dei massimi studiosi del pensiero antico e autore di fondamentali contributi su Presocratici, Socrate, Platone, Aristotele, Seneca, Pirrone, Plotino, Proclo e Agostino. Ha composto una Storia della filosofia greca e romana (in dieci volumi, Bompiani 2004) che si è imposta come un punto di riferimento. Per una nuova interpretazione di Platone è la sua opera di maggior successo, come dimostra lo straordinario numero di edizioni, le traduzioni in varie lingue e i giudizi dati dagli studiosi a livello internazionale.
Giovanni Reale (1931), uno dei massimi studiosi del pensiero antico, insegna presso l’Università Vita-Salute del San Raffaele di Milano. La sua sterminata produzione scientifica spazia lungo tutto l’arco del pensiero greco e latino: gli autori a cui ha dedicato specifiche monografie sono i Presocratici, Parmenide, Melisso, Socrate, Platone, Aristotele, Teofrasto, Pirrone, Seneca, Plotino e Proclo. Con Elisabetta Sgarbi ha pubblicato: I misteri di Grünewald e dell’Altare di Isenheim (2006), Le nozze nascoste o la Primavera di Sandro Botticelli (2007) e Il pianto della statua (2008). I suoi scritti sono attualmente tradotti in quindici lingue.
Durante l'invasione tedesca della Francia nel 1940, Lévinas, ebreo, è prigioniero di guerra; viene trasferito in un campo in terra tedesca vicino ad Hannover e lì, segregato in speciali baracche per prigionieri ebrei ai quali era proibita qualunque forma di culto, rimane fino alla fine della guerra. "I Quaderni della prigionia" mettono l'accento soprattutto sulla sofferenza dei prigionieri degli stalag, mentre la rimanente parte di inediti (redatta durante gli anni '50) riporta le ricerche e le direzioni del pensiero che, come noto, metteranno capo alle grandi opere apparse a partire dagli anni '60. Scritti a mano su quaderni, biglietti, schede e successivamente raccolti e classificati dall'autore stesso, questi scritti restituiscono un clima culturale, ma più ancora testimoniano una passione del pensiero che ha trovato pochi eguali e che, proprio in virtù della sua forza, esige una lettura sempre nuova e altrettanto appassionata.
Quale idea abbiamo del mondo? Se pensiamo al nostro mondo personale, oppure al mondo circostante, all'intero orbe terracqueo o all'universo tutto, ci accorgiamo di averne numerose e differenti. Qual è, allora, l'essenza vera "del" mondo" o di "un" mondo? Dall'antichità classica fino alla modernità degli ultimi quattro secoli si sono intrecciate o distinte molteplici teorie del mondo, coinvolgendo fisica e metafisica, geografia e storia, astronomia e astrologia, scienze sociali e religione, ecologia ed economia, filosofia e arte. Ma le interpretazioni del mondo, via via costruite, decostruite e ricostruite, quale forma del mondo hanno potuto evocare? Il libro di Mario Gennari, attraverso il tempo e lo spazio, porta le tre domande sull'idea, l'essenza e la forma del mondo verso ciò che le riassume: "L'eidos del mondo". Questo fa da titolo al libro, conducendo il lettore oltre il labirinto delle cosmologie, delle poetiche e delle enciclopedie, fino a giungere al duplice rispecchiamento tra la formazione del mondo e il mondo della formazione.
La "Rhetorica ad Alexandrum" è l'unico testo conservato integralmente all'interno di una vasta produzione di 'technai rhetorikai', cui fanno più volte accenno sia Platone sia Aristotele, e il primo di una serie di trattati sistematici, di manuali pratici, in Grecia e a Roma. La sua lettura apre uno spiraglio di osservazione sulla vita sociale e politica, sul diritto greco, sulla retorica e sull'eloquenza nello stadio intermedio fra i primi retori e Aristotele. Nel trattato si dà rilievo alle potenzialità dell'argomentazione, volta ad assicurare la vittoria all'oratore: oltre che come mezzo di persuasione, la retorica si configura essenzialmente come teoria della comunicazione linguistica nello spazio costituito e controllato della polis, in cui si assegna istituzionalmente un ruolo preminente alla parola 'pubblica', che traduce in dibattito i possibili conflitti, sia privati sia pubblici. L'opera fa parte del "Corpus Aristotelicum" ed è collocabile nel IV secolo a.C, escluse alcune sezioni. La paternità aristotelica è stata messa in dubbio in epoca moderna: alcuni commentatori ed editori hanno attribuito il trattato ad Anassimene di Lampsaco, storico e retore del TV secolo a.C. Alla sua conoscenza e alla sua diffusione, a partire dal Quattrocento, ha contribuito la traduzione latina di Francesco Filelfo.
I Quaderni neri presentano una forma che, secondo le sue caratteristiche, risulta oltremodo singolare non solo per Heidegger, bensì in generale per la filosofia del XX secolo. Tra i generi testuali di cui solitamente si fa uso i Quaderni sarebbero anzitutto da paragonare a quello del “diario filosofico”. In essi gli eventi del tempo vengono sottoposti a considerazioni critiche e messi continuamente in relazione con la “storia dell’Essere”. Dal “tentativo” di Heidegger di riconoscere la “storia dell’Essere” nei suoi segni quotidiani nasce un manoscritto che, dall’inizio degli anni trenta fino all’inizio degli anni settanta, interpreta anche i due decenni più oscuri della storia tedesca e l’eco che ne seguì.
Il poema filosofico di Parmenide "Sulla natura" si impone come un punto di riferimento irrinunciabile se si vuole intendere il pensiero occidentale. Da questo testo dipendono, infatti, non solo i filosofi immediatamente successivi, ma perfino Platone e Aristotele. Platone ha addirittura presentato un punto chiave della sua filosofia come una sorta di "parricidio di Parmenide", riconoscendo dunque in lui, in qualche modo, un suo padre spirituale. Di fatto la stessa cosa ha fatto Aristotele nella elaborazione della sua teoria dell'essere. Del poema ci è pervenuto per intero soltanto il prologo, quasi tutta la prima parte, scarsi frammenti della seconda. Ma il pensiero del poema è ricostruibile pressoché per intero.
"L'opera d'arte nel tempo della sua riproducibilità tecnica'' è il saggio di filosofia dell'arte più importante del XX secolo. Ne esistono cinque differenti versioni, a vario livello di incompiutezza, elaborate da Walter Benjamin tra il 1935 e il 1936: quattro in tedesco, una in francese (l'unica a essere pubblicata con l'autore in vita). La presente edizione propone per la prima volta il "Kunstwerkaufsatz" di Benjamin in una forma radicalmente innovativa, che coniuga il rigore storico-filologico nella ricostruzione genetica dell'opera con l'interrogazione teoretica, aperta e problematica, delle cinque versioni del saggio. Il nucleo centrale del volume è costituito dalla collazione del testo tedesco, a cura di Vincenzo Cicero, e dalla traduzione italiana, curata da Salvatore Cariati e Luciano Tripepi: l'intento è di offrire, finalmente in una visione sincronica, la collazione critica di tutti i passi e di tutte le varianti significative delle cinque versioni, graficamente riconoscibili nella loro autonomia, disposte come innesti comparativi sul testo base dell'ultima redazione. La premessa gnoseocritica e la nota editoriale tratteggiano rispettivamente la prospettiva speculativa e redazionale entro cui è sorto il progetto di rimontaggio dell'opera. L'introduzione e la cronologia della vita e delle opere di Benjamin ricostruiscono il contesto della sua genesi e delle sue varie redazioni sulla base della più recente edizione critica tedesca. Infine, la struttura degli apparati, in gran parte bilingui, comprende le varianti testuali più ampie, la sinossi delle cinque versioni, una significativa selezione di paralipomeni, alcuni momenti epistolari essenziali, le note ai testi, i registri terminologici e gli indici. Un'edizione, dunque, che si pone come una novità nel panorama internazionale degli studi su Benjamin.
È accaduto, e sta accadendo nei nostri anni, che l'Europa, proprio nel momento in cui giungeva alle soglie dell'unità politica ed economica, si scoprisse in preda a spinte opposte, centrifughe, a resistenze di ogni tipo - teoriche e pratiche - come se il segno dell'unità fosse innanzitutto in questo acuto sentimento di crisi. Come si spiega tutto ciò? Nietzsche scrisse una volta che l'Europa è un malato, anzi un malato incurabile. E da qui prende le mosse l'itinerario di Cacciari.