
Con questo volume s’intende mettere a disposizione del lettore italiano una parte poco conosciuta dell’opera di Michel Foucault, quella scritta per giornali e riviste e che Foucault stesso ha definito il suo “giornalismo filosofico”.
I testi qui presentati spaziano dal problema della vita e del vivente, a quello della nascita del biopotere e degli effetti della medicalizzazione della società; dalla questione del crimine e della punizione a quella della società disciplinare e dei dispositivi di controllo e sicurezza; dai temi filosofici della verità e dell’identità al problema della sessualità e della soggettività che si forma o si sfalda nel punto d’intersezione e di conflitto tra desiderio e piacere.
A questi interrogativi si intreccia sempre la domanda che sin dall’inizio ha accompagnato il lavoro di Foucault, a volte esplicitamente, altre volte in segreto: quella sul ruolo e sulla funzione dell’intellettuale.
A cura di Mauro Bertani e Valeria Zini
GLI AUTORI
MICHEL FOUCAULT (Poitiers, 1926 – Parigi, 1984) è stato uno dei grandi pensatori del XX secolo. Tra i suoi testi più importanti ricordiamo: Storia della follia nell'età classica (Milano, 1963); Le parole e le cose (Milano, 1967); L'ordine del discorso (Torino, 1972); e i tre volumi sulla Storia della sessualità: La volontà di sapere (Milano 1978), L'uso dei piaceri (Milano 1984), La cura di sé (Milano 1985).
La genesi e gli sviluppi della modernità sono segnati dal grande tema della libertà culturale e politica del soggetto; Augusto Del Noce (1910-1989) lo afferma già nei suoi primi studi, subito intuendo il rischio implicito nell’identificare libertà e creatività. Una particolare interpretazione filosofica della nozione ebraico-cristiana di creazione ha innescato un processo che si condensa nella formula: non c’è Dio se non è creatore; non c’è creatore che non sia persona; non c’è persona se non sono io. Si giunge così al solipsismo, affermazione teoreticamente insostenibile dell’io come unica realtà, ma traducibile esistenzialmente in solipsismo vissuto, in egocentrismo attivistico, ossia nella forma di degenerazione dei rapporti interpersonali che corrode dall’interno la società occidentale. L’intuizione di Del Noce, che risale agli anni Trenta, è qui presa come chiave per interpretare la realtà contemporanea e per rileggere uno dei più discussi e stimolanti pensatori del Novecento.
GLI AUTORI
ANDREA PARIS ha conseguito il dottorato in Storia delle dottrine politiche e filosofia politica presso l’università “La Sapienza” di Roma. Ha affiancato all’insegnamento di storia e filosofia nei licei statali le collaborazioni con la cattedra di Filosofia politica e con la Fondazione Ugo Spirito. Ha curato alcuni volumi di storia per Laterza e pubblicato diversi saggi sul pensiero di Del Noce e sulla filosofia italiana contemporanea.
Le sole norme giuridiche e le regole formali della democrazia non bastano a tenere assieme una società e a regolarne i processi. D'altra parte l'irriducibile pluralismo etico che caratterizza le società contemporanee sembra rendere impossibile l'imporsi di un unico sistema di valori come collante sociale e come riferimento identitario. Il solo terreno normativo capace di dare uno stabile fondamento alle democrazie contemporanee va perciò individuato in quell'etica che è già operante e incorporata nelle istituzioni dello Stato e che per questo motivo è già alla base del vincolo sociale fra i cittadini. È questo il significato fondamentale della teoria hegeliana dell'eticità.
L'estetica come disciplina filosofica nata a metà del Settecento si è caratterizzata in buona parte proprio per le sue esclusioni - conoscenza di ordine sensibile e non intellettuale, giudizio soggettivo privo di qualsiasi presa conoscitiva sull'oggetto, filosofia dell'arte e non della natura, contemplazione delle forme estranea a ogni interesse pratico, ... L'estetica di John Dewey si caratterizza invece proprio in termini "inclusivi". In che senso? Forse perché rivendica che gli aspetti estetici ineriscono alle nostre esperienze del mondo: dipendendo radicalmente da un ambiente per sopravvivere, innanzi tutto godiamo o patiamo per ciò che ci circonda
Atene e Gerusalemme rappresentano, fin dalla tarda antichità, le cifre emblematiche di due universi spirituali – la cultura greca e il messaggio biblico – profondamente differenti e distanti. La storia, com’è noto, li condusse ad incontrarsi, a scontrarsi e – talora loro malgrado – ad interagire in modalità riccamente articolate. Il presente volume si propone di ricostruire la comprensione che il «nuovo pensiero» di Franz Rosenzweig (1886-1929) elaborò del profilo complessivo dei due universi e di una loro possibile, feconda connessione reciproca. L’indagine si sviluppa su uno scenario tematico e problematico riccamente articolato, sullo sfondo del quale si stagliano diverse questioni di scottante attualità, come, ad esempio, quella dell’identità dell’Europa nello scenario della globalizzazione planetaria, quella del destino della religione e delle religioni nell’odierna cultura post-secolare e post-moderna, e infine quella del confronto e del dialogo fra culture profondamente differenti.
Saggio su Pico della Mirandola: analisi delle opere e alcuni temi significativi ricorrenti e caratteristici del suo pensiero.
Le lezioni di "Storia e filosofia dell'analisi infinitesimale" furono tenute da Ludovico Geymonat dal 1946 al 1949 per il corso di Storia delle matematiche all'Università di Torino e non sono mai state ristampate. Sono invece un documento importante per la valutazione dello sviluppo del pensiero di Geymonat: rappresentano il momento in cui - dopo il soggiorno in Germania prima della guerra, e dopo la guerra e la resistenza - Geymonat, nel tornare agli studi, si orienta decisamente alla matematica. Nell'esposizione si riconosce in atto il principio ispiratore del successivo percorso di riflessione di Geymonat, convinto che la disposizione della filosofia nei confronti della scienza debba essere quella di cogliere dall'interno del suo sviluppo effettivo gli aspetti di significato filosofico. Il testo di Geymonat, per quel che riguarda il periodo dell'Ottocento, riserva una rara e competente attenzione al movimento del rigore e alla nascita della teoria degli insiemi nell'alveo dell'analisi.
Più di altri sommi filosofi del Novecento nei quali la vulgata ci ha abituati a contrapporre una "prima" e una "seconda" maniera, Ludwig Wittgenstein è finito ingessato nella discontinuità tanto conclamata dai suoi esegeti. Fra il Tractatus logico-philosophicus, unico libro pubblicato in vita, e la massa degli scritti postumi su cui svettano le Ricerche filosofiche, si è instaurato uno schema oppositivo che talora appanna, invece di illuminare, lo sviluppo e gli esiti di una riflessione di enorme presa sul pensiero contemporaneo. Anthony Kenny, che di Wittgenstein è finissimo conoscitore, preferisce movimentare questo quadro interpretativo: compie una ricognizione che entra in ogni aspetto dell'opera filosofica, ne discrimina le fasi, gli stili concettuali contrastanti, le ascendenze, gli spostamenti speculativi dall'atomismo logico ai giochi linguistici, dalla natura del linguaggio al suo rapporto con gli stati mentali e le forme di vita -, e riesce nell'intento di elucidazione delle sostanziali differenze anche grazie a una lettura continuista, che rileva i capisaldi mai abbandonati. Innanzi tutto la concezione della filosofia non come insieme di teorie o di risposte ai grandi quesiti esistenziali, bensì come attività di chiarimento delle proposizioni non filosofiche intorno al mondo, per prevenire gli sviamenti del linguaggio ordinario. Un compito terapeutico, la cui finalità è sciogliere i "nodi del nostro pensiero che noi stessi abbiamo intrecciato procedendo per non-sensi".
L’etica occupa finalmente i pensieri di molti. Ma non bisogna troppo gioirne. Solitamente, si parla molto della salute, quando non si sta bene. E noi, abitanti delle società tecnologicamente avanzate, non stiamo proprio bene. Abbiamo bisogno, appunto, di etica. L’etica è, in effetti, una sorta di dottrina della salute dell’esistenza umana nella sua interezza, ma anche una indicazione di quel che è opportuno fare per riacquistare la salute, se per avventura la si fosse persa. Perciò questa Introduzione all’etica vorrebbe essere anche una introduzione etica. Vorrebbe, cioè, orientare al senso della vita piena, attraverso la ricostruzione dei nodi fondamentali del dibattito morale della tradizione occidentale, a partire da una solida radicazione nel presente e con una proposta teorica mirata. La novità del libro non sta solo nel tentativo di coniugare teoria, prassi e storia, ma anche nel trattare e i temi dell’etica generale, nella prima parte, e i temi dell’etica applicata nella seconda parte, dando la parola a una serie di specialisti in grado di guidare il lettore con un discorso rigoroso, centrato sui nostri grandi «luoghi di prova» (il mondo naturale, la sessualità, l’attività produttiva, la comunicazione mediatica, gli scambi economici, le relazioni giuridiche, l’attività scientifica e tecnologica, ma anche il desiderio d’assoluto). La decifrazione di questi luoghi oggi molti chiedono all’etica, e giustamente. Il libro è stato scritto per loro.
Carmelo Vigna è ordinario di Filosofia morale presso l’Università di Venezia, dove ha diretto il Dipartimento di Filosofia e T. d. S. e ha fondato e attualmente dirige il Centro Interuniversitario per gli Studi sull’Etica (CISE). Tra i suoi scritti: Ragione e religione (Milano 1971); Filosofia e marxismo (Milano 1974); Le origini del marxismo teorico in Italia (Roma 1977); Invito al pensiero di Aristotele (Milano 1992); Il frammento e l’Intero (Vita e Pensiero, Milano 2000). In collaborazione con altri: Antonio Gramsci. Il pensiero teorico e politico, la «questione leninista» (Roma 1979; 2 voll.); La politica e la speranza (Roma 1999); L’enigma del desiderio (Cinisello Balsamo 1999).

