
L'estetica come disciplina filosofica nata a metà del Settecento si è caratterizzata in buona parte proprio per le sue esclusioni - conoscenza di ordine sensibile e non intellettuale, giudizio soggettivo privo di qualsiasi presa conoscitiva sull'oggetto, filosofia dell'arte e non della natura, contemplazione delle forme estranea a ogni interesse pratico, ... L'estetica di John Dewey si caratterizza invece proprio in termini "inclusivi". In che senso? Forse perché rivendica che gli aspetti estetici ineriscono alle nostre esperienze del mondo: dipendendo radicalmente da un ambiente per sopravvivere, innanzi tutto godiamo o patiamo per ciò che ci circonda
Atene e Gerusalemme rappresentano, fin dalla tarda antichità, le cifre emblematiche di due universi spirituali – la cultura greca e il messaggio biblico – profondamente differenti e distanti. La storia, com’è noto, li condusse ad incontrarsi, a scontrarsi e – talora loro malgrado – ad interagire in modalità riccamente articolate. Il presente volume si propone di ricostruire la comprensione che il «nuovo pensiero» di Franz Rosenzweig (1886-1929) elaborò del profilo complessivo dei due universi e di una loro possibile, feconda connessione reciproca. L’indagine si sviluppa su uno scenario tematico e problematico riccamente articolato, sullo sfondo del quale si stagliano diverse questioni di scottante attualità, come, ad esempio, quella dell’identità dell’Europa nello scenario della globalizzazione planetaria, quella del destino della religione e delle religioni nell’odierna cultura post-secolare e post-moderna, e infine quella del confronto e del dialogo fra culture profondamente differenti.
Saggio su Pico della Mirandola: analisi delle opere e alcuni temi significativi ricorrenti e caratteristici del suo pensiero.
Le lezioni di "Storia e filosofia dell'analisi infinitesimale" furono tenute da Ludovico Geymonat dal 1946 al 1949 per il corso di Storia delle matematiche all'Università di Torino e non sono mai state ristampate. Sono invece un documento importante per la valutazione dello sviluppo del pensiero di Geymonat: rappresentano il momento in cui - dopo il soggiorno in Germania prima della guerra, e dopo la guerra e la resistenza - Geymonat, nel tornare agli studi, si orienta decisamente alla matematica. Nell'esposizione si riconosce in atto il principio ispiratore del successivo percorso di riflessione di Geymonat, convinto che la disposizione della filosofia nei confronti della scienza debba essere quella di cogliere dall'interno del suo sviluppo effettivo gli aspetti di significato filosofico. Il testo di Geymonat, per quel che riguarda il periodo dell'Ottocento, riserva una rara e competente attenzione al movimento del rigore e alla nascita della teoria degli insiemi nell'alveo dell'analisi.
L’etica occupa finalmente i pensieri di molti. Ma non bisogna troppo gioirne. Solitamente, si parla molto della salute, quando non si sta bene. E noi, abitanti delle società tecnologicamente avanzate, non stiamo proprio bene. Abbiamo bisogno, appunto, di etica. L’etica è, in effetti, una sorta di dottrina della salute dell’esistenza umana nella sua interezza, ma anche una indicazione di quel che è opportuno fare per riacquistare la salute, se per avventura la si fosse persa. Perciò questa Introduzione all’etica vorrebbe essere anche una introduzione etica. Vorrebbe, cioè, orientare al senso della vita piena, attraverso la ricostruzione dei nodi fondamentali del dibattito morale della tradizione occidentale, a partire da una solida radicazione nel presente e con una proposta teorica mirata. La novità del libro non sta solo nel tentativo di coniugare teoria, prassi e storia, ma anche nel trattare e i temi dell’etica generale, nella prima parte, e i temi dell’etica applicata nella seconda parte, dando la parola a una serie di specialisti in grado di guidare il lettore con un discorso rigoroso, centrato sui nostri grandi «luoghi di prova» (il mondo naturale, la sessualità, l’attività produttiva, la comunicazione mediatica, gli scambi economici, le relazioni giuridiche, l’attività scientifica e tecnologica, ma anche il desiderio d’assoluto). La decifrazione di questi luoghi oggi molti chiedono all’etica, e giustamente. Il libro è stato scritto per loro.
Carmelo Vigna è ordinario di Filosofia morale presso l’Università di Venezia, dove ha diretto il Dipartimento di Filosofia e T. d. S. e ha fondato e attualmente dirige il Centro Interuniversitario per gli Studi sull’Etica (CISE). Tra i suoi scritti: Ragione e religione (Milano 1971); Filosofia e marxismo (Milano 1974); Le origini del marxismo teorico in Italia (Roma 1977); Invito al pensiero di Aristotele (Milano 1992); Il frammento e l’Intero (Vita e Pensiero, Milano 2000). In collaborazione con altri: Antonio Gramsci. Il pensiero teorico e politico, la «questione leninista» (Roma 1979; 2 voll.); La politica e la speranza (Roma 1999); L’enigma del desiderio (Cinisello Balsamo 1999).
Diversi sono i percorsi e diversi i temi che convengono in questo volume: dalla finitudine dell’esistenza all’incontro col sacro, dalla declinazione drammatica del tempo agli argomenti risolutivi della metafisica, dalla concettualità speculativa al linguaggio dell’analogia e della metafora, dall’identità della coscienza religiosa al suo confronto con i moduli più propri del sapere filosofico. Tuttavia la molteplicità dei percorsi obbedisce a un’unica intenzione speculativa, che per se stessa poteva, appunto, dispiegarsi solo per lati e per approcci concentrici. I principi della tradizione classica vengono così a coniugarsi con i metodi che la modernità, da Cartesio a Husserl, ha via via affinato. Ritorna in tal senso l’analisi della vita coscienziale, orizzonte invalicabile in cui si decide del senso stesso dell’essere. Ma proprio risalendo alle condizioni ultime della coscienza, la ricerca di Melchiorre giunge al versante più alto della domanda filosofica, dove la fenomenologia si traduce in metafisica, dove da ultimo si fa presente il richiamo dell’originario, del primo Principio dell’essere. L’asserto del Principio deve poi incrociarsi con la finitudine e con la storicità dei linguaggi: la sua dizione trapassa, infine, nei modi della concettualità analogica o in quelli dell’espressione poetica, nella ricerca dei rigori logici e insieme nel circolo delle letture ermeneutiche. L’incontro col sacro resta dialetticamente teso fra parola e silenzio. Ed è, insieme, sempre approdo e rinvio, contemplazione e distanza.
Virgilio Melchiorre è nato a Chieti nel 1931. Ha insegnato Filosofia morale presso l’Università di Venezia e presso l’Università Cattolica di Milano, ove ora insegna Filosofia teoretica. Ha iniziato le sue ricerche con alcuni studi su Kierkegaard, volgendosi poi a Kant, Hegel, Marx, Gramsci, Mounier, Maritain, Husserl, Heidegger, Maréchal. Sul piano teoretico la sua ricerca è volta a coniugare il metodo della fenomenologia trascendentale con i grandi temi della metafisica classica. In questa direzione ha approfondito le costituzioni del pensiero moderno portandole alla possibilità di fondare sia una nuova interrogazione ontologica, sia una rinnovata concezione antropologica. Fra i suoi scritti più recenti si possono ricordare: "Essere e parola", Vita e Pensiero, Milano 1993 (4a ed. integrata e ampliata); "Corpo e persona", Genova 1987; "Studi su Kierkegaard", Genova 1998 (2a ed. ampliata); "Analogia e analisi trascendentale. Linee per una nuova lettura di Kant", Milano 1991 (opera insignita del Premio Mursia per la cultura e la ricerca scientifica); "Figure del sapere", Vita e Pensiero, Milano 1994; "La via analogica", Vita e Pensiero, Milano 1996; "Creazione, creatività, ermeneutica", Brescia 1997; "Al di là dell’ultimo", Vita e Pensiero, Milano 1998; "I segni della storia", Ghezzano La Fontina 1998; "Sulla speranza", Brescia 2000; "Ethica", Genova 2000.
Sul finire dell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento si sviluppò in Germania un intenso dibattito intorno ai rapporti tra pensiero ed esperienza che, a partire dalla teoria dei due mondi di Lotze, coinvolse la corrente psicologista, il neokantismo, Dilthey, Lask e la fenomenologia. Attraverso le analisi husserliane, Heidegger poté abbozzare un programma di superamento delle contraddizioni contenute in tale discussione, in particolare riflettendo sulle condizioni di possibilità dell’intenzionalità, che riconducevano a un contesto finito costituito dall’apertura di un mondo. Si sviluppa così una prospettiva teoretica che riconduce il giudizio e il significato al mondo, inteso come totalità governata da regole di coerenza. In questo modo, i pensieri cessano di essere fatti coscienziali, poiché vengono resi possibili da un certo contesto di esperienza, la quale, tuttavia, non si contrappone al linguaggio in generale, ma solo all’uso che del linguaggio viene fatto nel giudizio. Di conseguenza, l’esperienza da cui procede il pensiero è costituita dagli enunciati d’azione, che si radicano nella vita del mondo. Heidegger delinea dunque una prospettiva che da un lato considera i significati qualcosa di ‘oggettivo’, poiché essi non sono relativi ai soggetti, e dall’altro evita di ritenerli ‘intemporali’, dato che i mondi all’interno dei quali essi possono apparire si danno temporalmente. Dal punto di vista della questione della verità, si avanza così l’ipotesi che l’impostazione heideggeriana, pur mantenendosi distante e critica verso una concezione soggettivista della verità, indichi tuttavia una posizione fondamentalmente antirealista.
Vincenzo Costa (San Cono, CT, 1964) insegna Storia della filosofia contemporanea presso la sede piacentina dell’Università Cattolica. Si è occupato della filosofia tedesca a cavallo tra Ottocento e Novecento, della filosofia francese contemporanea e della fenomenologia, alla cui analisi ha contribuito con numerosi saggi. Ha tradotto le “Lezioni sulla sintesi passiva di Husserl” (Milano 1992) e curato “Il problema della genesi nella filosofia di Husserl di J. Derida” (Milano 1992), il “Libro dello spazio” (Milano 1996) e le “Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologia” (Torino 2002) di Husserl. Ha pubblicato “La generazione della forma” (Milano 1996), “L’estetica trascendentale fenomenologica. Sensibilità e razionalità nella filosofia di Edmund Husserl” (Vita e Pensiero, Milano 1999) e (con P. Spinicci e E. Franzini) “La fenomenologia” (Torino 2002).
La riflessione etica è davvero separabile da un’indagine sulla natura dell’uomo, come ritiene gran parte della filosofia morale contemporanea? Non è questa l’opinione di Charles Taylor, uno dei più importanti filosofi contemporanei: in questo volume, che riunisce per la prima volta in traduzione italiana un’ampia selezione degli scritti di etica e di antropologia filosofica, lo studioso canadese chiarisce come i due piani del discorso – quello etico e quello antropologico – si intersechino e si combinino costantemente e fruttuosamente. Da questo intento principale trae origine una riflessione ricca di spunti e temi in cui trovano spazio questioni filosofiche fondamentali come la comprensione dell’agire umano, la definizione di persona, la relazione tra emozioni e ragione e tra la natura umana e il linguaggio, le aporie dello scetticismo e del relativismo etico, la diversità dei beni umani, i limiti dell’utilitarismo e delle etiche procedurali. Il tutto in uno stile di pensiero originale che unisce il rigore dell’approccio analitico e l’ampiezza di orizzonti della filosofia continentale.
Charles Taylor (Montreal, 1931) è professore di Filosofia e Diritto alla Northwestern University di Chicago e professore emerito di Filosofia e Scienze politiche alla McGill University di Montreal. È autore, tra l’altro, di Hegel e la filosofia moderna (Bologna 1984), Radici dell’io (Milano 1993), Il disagio della modernità (Roma-Bari 1994), La modernità della religione (Roma 2004), Modern Social Imaginaries (Durham 2004).
Paolo Costa (Milano, 1966) è dottore di ricerca in Antropologia filosofica. Svolge attività di ricerca presso l’Istituto per le Scienze Religiose di Trento. È autore, tra l’altro, di Verso un’ontologia dell’umano. Antropologia filosofica e filosofia politica in Charles Taylor (Milano 2001) e ha curato l’edizione italiana di La modernità della religione.
Questo volume si inserisce nel panorama di un vivace, recente interesse per l'opera di Alessandro di Afrodisia, autore assai significativo nella storia del pensiero filosofico, e tuttavia relativamente poco frequentato fuori dalla cerchia degli "addetti ai lavori". Esso propone una serie di puntuali studi sul commento di Alessandro, e dello pseudo Alessandro, alla Metafisica di Aristotele, ai quali si aggiunge un saggio sulla critica alla metafisica avanzata dal pirronismo antico. Giancarlo Movia, autore del saggio, è professore ordinario di Storia della filosofia antica e docente di storia della filosofia medioevale nell'Università di Cagliari.