
«Per quanto mi riguarda non sono progressista ma neanche declinista. Il mondo è ancora fin troppo bello per me. Un lombrico non smette di stupirmi. E so che nessuna tecnologia mi permetterà mai di comprendere mia moglie, né di amarla di più. La mia resistenza al progressismo procede dal mio accogliere il mondo così com'è dato, con tutto il suo dramma. Non ho ancora imparato a costruire una casa, coltivare un orto, pensare come sant'Agostino, poetare come Dante, perché dovrei gettarmi su un casco con realtà aumentata? Non sono ancora abbastanza umano, perché dovrei cercare di diventare cyborg? Sarebbe, con la scusa di essere all'avanguardia, disertare il mio posto. Chi si meraviglia della nascita di un bambino è poco sensibile alla pubblicità dell'ultimo iPhone. Uno che sa ancora gridare per la nostra salvezza non è abbastanza credulone per votarsi all'intelligenza artificiale. A meno che l'intelligenza artificiale non l'aiuti a gridare di più e a stupirsi del lombrico». Novanta testi brillanti e profondi, in cui Fabrice Hadjadj si interroga sul futuro della nostra umanità sottoposta alla crescente influenza della tecnologia e del consumo. Rifiutando ogni discorso moralistico, attraverso il suo linguaggio festoso trasmette un'irresistibile gioia di vivere, mentre allo stesso tempo chiarisce le basi che ci permettono di rifondare la nostra relazione con l'economia e la politica.
«Dimmi la verità» cantava, nel 1971 John Lennon e il refrain è sempre in agguato in molti dei nostri rapporti interpersonali, anzi spesso ci accontentiamo almeno di una certezza e non solo sul piano individuale. E spesso certezza e verità si fondono e confondono, sicché è lo stesso orizzonte veritativo della comunicazione che diventa problematico. Certo quid est veritas non perde in alcun modo il fascino originario, ma è sempre più evidente che senza attenzione e cura, senza cautele e distinzioni diventa semplicemente un esercizio retorico che non aiuta a cogliere l’attuale stato del nostro modo di comunicare nella quotidianità. Ma la questione della verità sperimentata nella quotidianità è correlata con quella vissuta nell’ambito della società e della chiesa: sono atti di un’unica vicenda umana che ha portata assoluta e si colora dei tratti del nostro tempo. Di questo e solo di questo tratta questo denso volumetto redatto dal gruppo “Oggi la Parola” e che presenta scritti di Giuliano Pontara, Luigi Accattoli, Annamaria Testa, Giuseppe Goisis, Paolo Inguanotto, Pino Stancari, Lorenzo Biagi, Giannino Piana, Roberto Mancini, Domenico Massaro, Mario de Maio, Giovanni Montanaro, Giovanni Colombo, Ivo Lizzola, Beatrice Draghetti, Cristina Ricci, Fabrizio Valletti, Ettore Zerbino, Paolo Giuntella e Jean Louis Ska, nonché l’Apologia di Socrate nella versione di Giovanni Reale, adattata da Carlo Rivolta e Nuvola De Capua per lo spettacolo interpretato da Carlo Rivolta.
Questo libro rappresenta la terza tappa di una ricerca sui Fondamenti logici e ontologici delle scienze, condotta nell'ambito dell'Ist. Veritatis Splendor" (Bo) in collaborazione con l'Ist. Filosofico di studi tomistici (Mo). "
Le "conversazioni" di Jean Beaufret rappresentano una delle occasioni più limpide per ripercorrere il cammino seguito da Heidegger. Già destinatario nel 1946 della celeberrima Lettera sull'umanismo, Beaufret è stato infatti uno dei primi a misurare in tutta la sua ampiezza l'impatto della svolta rappresentata dal pensiero di Heidegger, instaurando con lui un dialogo nel quale la comune esigenza di comprensione trova suggello nell'esercizio del domandare. Divenuto nel corso di un trentennio l'interlocutore privilegiato del filosofo tedesco, Jean Beaufret ha saputo così corrispondere, nel pensiero e nella parola, nei suoi scritti e nel suo insegnamento, al compito oggi più che mai urgente di preparare la possibilità di una comprensione vera, profonda e senza equivoco possibile della filosofia heideggeriana. Questo libro, pubblicato nel 1983 a un anno dalla morte di Beaufret, può a giusto titolo essere considerato uno momento elevato di quella capacità di ascolto che ha reso possibile la nascita in Francia di una scuola di pensiero capace di mantenere viva la medesima trasparenza e fulmineità del colpo d'occhio del suo maestro.
Questa introduzione schiude le porte del complesso mondo della fenomenologia a chi si avvicina ad essa per la prima volta, ma offre anche una valida e chiara esposizione della materia a chi vi è già avvezzo. Il libro passa in rassegna le principali teorie fenomenologiche in modo chiaro e brillante, facendo uso abbondante di esempi. Vengono analizzati e spiegati i principali concetti della fenomenologia come l'intenzionalità, la temporalità, l'evidenza e l'intuizione e viene la natura della filosofia.
Scienza, etica, filosofia e diritti umani nel dibattito filosofico odierno.
Chiedersi che cos'è l'uomo è diventato difficile in un'epoca come la nostra, caratterizzata da una visione scientista del mondo. La scienza moderna si è, infatti, proposta di considerare ogni realtà naturale semplicemente come oggetto per poter così sottomettere ogni cosa al potere dell'uomo. Ma dopo aver tolto alla natura ogni somiglianza con l'umano, lo scientismo pretende di dire all'uomo che anche lui non è altro che una parte di quella stessa natura: "Così parlare di sé come di un uomo finisce per apparire all'uomo stesso come una caduta nell'antropomorfismo". In questa situazione Robert Spaemann vuole tornare a porre la domanda sull'uomo rifiutando il riduzionismo scientista ma senza accontentarsi neppure di un'antropologia filosofica che ne ignori semplicemente la sfida. La chiave di un'antropologia adeguata sta per Spaemann in un'idea di natura che ne colga il carattere teleologico e in un'idea di ragione che non dimentichi il rapporto che c'è tra questa e la natura. Sono queste le idee sviluppate nei quattro saggi che costituiscono il presente volume. Dopo aver riflettuto nel primo saggio sul modo in cui la nozione di natura umana può sfuggire al sempre risorgente dualismo di "natura" e "spirito", l'autore nel secondo saggio rivolge la sua attenzione alla teoria dell'evoluzione. Confrontarsi con questo tema appare infatti necessario per un'antropologia che accetta il dialogo con la scienza.
Partendo dall'analisi storica dei due paradigmi dell'azione, aristotelico e cartesiano, e del loro influsso su alcuni filosofi della modernità e postmodernità, l'autore di questo saggio scopre il ruolo che alcune tesi del paradigma moderno dell'azione, come la riduzione dell'agire a pura produzione, hanno assunto sull'attuale modo di concepire la persona e i rapporti interpersonali. Nel proporre un terzo paradigma dell'azione, quello cioè della comunicazione di perfezione, l'autore cerca delle soluzioni ai paradossi e alle contraddizioni della nostra civiltà tecnologica.
Il presente volume è un'introduzione all'antropologia di Robert Spaemann, una figura importante nel panorama filosofico attuale, capace di ricollegarsi alla tradizione classica pur conoscendo bene la filosofia moderna. Nato a Berlino, il nostro autore appartiene a quel movimento di pensiero, sorto in Germania nella seconda metà del XX secolo, che si è proposto di riabilitare il paradigma aristotelico della riflessione. Il testo presenta, nella prima parte, un approccio al problema dell'antropologia filosofica, evidenziando le difficoltà di una considerazione teorica unitaria dell'essere umano e confrontando la posizione di Spaemann con quella di Joseph de Finance e Paul Ricoeur.