
Quest'opera è apparsa in prima edizione nel 1943 e consiste nella rielaborazione del testo di una conferenza tenuta nel 1930. Questo documento segna la cosiddetta "svolta" nell'itinerario speculativo di Heidegger e costituisce una via d'accesso privilegiata al cuore del pensiero di uno dei maggiori e più influenti filosofi del novecento.
Partendo dalle macerie di Ground Zero e dalle sue implicazioni culturali, politiche e sociali, René Girard, uno dei più influenti pensatori oggi viventi, analizza gli eventi attuali e i fatti del nostro tempo - il fondamentalismo religioso, il cosiddetto scontro di civiltà, la minaccia nucleare, la crisi ecologica - come segni evidenti di un'imminente apocalisse, o meglio, della circostanza immanente che stiamo vivendo in tempi apocalittici. Per Girard l'unico modo di leggere, interpretare e capire a fondo questi segni è tornare all'origine della loro evoluzione storica: il nucleo anti-sacrificale del cristianesimo che ha prodotto la modernità e liberato la capacità autodistruttiva dell'uomo. In una prospettiva più filosofica, l'epistemologo francese Jean-Pierre Dupuy, analizza ulteriormente questi temi proponendo una metafisica alternativa in cui la nostra volontà si combina con una versione particolarmente severa del futuro della realtà, proponendo "una forma illuminata di catastrofismo", una "profezia secolare", attraverso la quale possiamo davvero prevenire l'apocalisse solo osservando il nostro tempo con gli occhi di un futuro prevedibile in cui l'apocalisse è già "realmente" accaduta. Due riflessioni esemplari, speculari l'una all'altra e dalle implicazioni sorprendenti, su uno dei momenti più incerti della storia dell'uomo.
Il punto di partenza è un gustoso paradosso: qui Derrida immagina il giorno in cui Dio convoca Abramo per il sacrificio di Isacco. Data la delicatezza dell'"incarico", la prima preoccupazione è che la cosa non assuma i toni di una notizia di cronaca: "Mi raccomando Abramo: questa volta niente giornalisti!". E da qui tutta una tirata polemica e divertita sul fatto che le cose serie della vita e del pensiero non possono né essere divulgate dai giornali, né raccontate ai tanti consiglieri e confessori di cui è piena la vita moderna.
La favola e il mito mentono? E cosa c'è dietro il concetto greco di Phantasma, "apparizione", "ombra"? La menzogna fa parte strutturalmente della cultura umana? E quali sono le sue ragioni profonde? Per esempio, molti animali si travestono, si mimetizzano, cacciano con sotterfugi e inganno, ma solo l'uomo è in grado di architettare, dal profondo della mente creativa, quella costruzione verosimile, efficace e terribile che è la menzogna.
Se non sapessimo fare elenchi non potremmo ordinare il mondo, conoscere la Natura, il passato e il presente, contare, fare delle scelte. Ma se dovessimo fare elenchi completi la gente si addormenterebbe, i discorsi si farebbero infiniti e noiosi. La mente umana ha inventato un piccolo marchingno, che consiste, fatte le prime considerazioni, nel dire "e così via, eccetera". In questo libro il filosofo Derrida si diverte a spiegare quanto è stato importante, per il pensiero filosofico di tutti i tempi, avere a disposizione questa congiunzione.
Un’attenta riflessione sul nostro rapporto con la terra e il creato, sollecitati dalle tematiche indicate da papa Francesco nella sua enciclica Laudato Si’. Uso responsabile delle risorse, rispetto, armonia, uguaglianza: tanti i temi sottesi alla parola “Terra”. Una trattazione affascinante ed evocativa, nello stile del grande scrittore, che sollecita tutti a narrare il proprio rapporto originale con la Terra (con la lettera maiuscola), origine e fonte del nostro esistere.
Come ragione e fede debbono convivere nell'esperienza religiosa del cristiano? Come possono cooperare in quell'essenziale compito che consiste nell'incarnazione della Parola entro la vicenda storica, che è costituita non solo dai grandi eventi, ma anche dalla quotidianità, dai gesti, dalle decisioni, dalla testimonianza di ogni giorno? Come può attuarsi oggi la fatica della mediazione tra fede e storia di fronte alle questioni scottanti della crisi della democrazia, della globalizzazione, della convivenza di culture e fedi diverse nell'ambito di una società che è stata definita "multiculturale"? Quali lo spazio e quali i limiti della tolleranza, quale il rapporto tra Stato e mercato in una dinamica dell'economia che non può più essere contenuta nell'ambito dei confini nazionali? Quale significato è attualmente possibile conferire a termini come "vocazione", "responsabilità", "testimonianza"?
Sono questi alcuni degli interrogativi che questo libro affronta, invitando alla riflessione e al confronto tra quanti sono intenzionati a ricercare una forma giusta di coabitazione, sia nel nostro Paese, sia in quel
complesso e pluralistico luogo che è diventato il mondo.
Tratto da Imaginary Conversations, questo ipotetico incontro/scontro mette sul tavolo le diverse ma non inconciliabili visioni del mondo e dell'uomo di due grandi filosofi della Grecia classica: Platone (Atene 427-347 a.C.) e Diogene detto il Cinico (Sinope 413-323 ca a.C.). L'ottimismo del primo e il pessimismo cosmico del secondo danno vita a una breve ma serissima commedia, non esente da insulti e imprecazioni più degne di due irascibili carrettieri che di due famosissimi intellettuali.
Il presente testo è un sussidio alla studio dell'antropologia filosofica scaturito dalle lezioni tenute in questi anni presso la Pontificia Facoltà teologica San Bonaventura. Esso non ha dunque il carattere del manuale ma semmai è uno strumento laboris che lo studente potrà adoperare per facilitare lo studio di una materia così affascinante e importante qual è l'antropologia filosofica. Molte volte, quindi, gli argomenti sono appena accennati con lo scopo di suscitare il dialogo durante la lezione poiché siamo consapevoli del fatto che suscitare domande è più importante che dare delle risposte. Lo scopo, non certo facile, delle pagine che seguono è quello di guidare, di spronare il pensiero, di incamminarsi insieme alla ricerca della "radice", che ogni uomo, in quanto persona, possiede in sé. Così, se lo studente, avrà la bontà di seguire il nostro percorso, capirà che tutte le questioni che riguardano l'uomo sono al centro di quell'antropologia adeguata che è via della Chiesa e che oggi rimane la strada privilegiata per riscoprire la verità sulla persona.
Il lettore che cercasse in questo scritto di Cassirer uno studio sulla linguistica, passando alla lettura ne resterebbe sconcertato. Si tratta piuttosto, indirettamente, come suggerisce per ironia socratica la citazione di Platone presente nel testo, di ricordare ai linguisti lo statuto filosofico di questioni che ancora si pongono alla loro attenzione e, con un movimento complementare, di chiarire ai loro occhi i considerevoli spostamenti filosofici che gli sviluppi contemporanei delle scienze sociali, compresa evidentemente la linguistica, hanno apportato.