
L'intervista, dedicata al rapporto tra filosofia e cristianesimo nel Novecento, mostra tutta l'attualità del dialogo tra fede e pensiero. Accantonata la pretesa di un'autonomia assoluta, riemergono infatti negli ultimi anni i temi intorno ai quali la riflessione filosofica e il pensiero teologico si incontrano, scoprono originarie e profonde convergenze. In particolare la questione del senso e del suo rapporto con la verità e, ad essa strettamente legata, l'esigenza di una rinnovata comprensione dell'umano. Nel colloquio consegnato in queste pagine il lettore viene introdotto gradualmente nel vivo delle problematiche del nostro tempo, alla ricerca di una "causa comune" in cui ogni uomo e ogni donna possano sentirsi a proprio agio.
Tre motivi per leggerlo: perché è una lettera illuminante scritta da un filosofo più di tre secoli fa e ancora oggi essenziale. Perché è un manifesto contro la malinconia e l'eccesso di serietà. Perché è un inno alla leggerezza che è l'anticamera della libertà.
Se c'è una cosa che mi dispiace è che la trascrizione non consenta di ascoltare il suono della sua risata contagiosa né di mostrare l'espressione infantile dei suoi stupori. Risate e stupori di un filosofo, questo essere non completamente reale.
Fabio Anibaldi
Il volume di Carlo Sini e Fabio Anibaldi inaugura la nuova collana Palafitte delle Edizioni Gruppo Abele. Una collana fatta di dialoghi, pensieri, discussioni.
Quando due persone si incontrano e ragionano insieme, nasce qualcosa di nuovo e vitale
Posto di fronte ai problemi del nostro tempo - a partire da quella crisi che emerge ormai come un redde rationem per l'intero Occidente - un filosofo mostra in concreto cosa significhi fare filosofia. Non solo riflettere sulle "cose", ma chiedersi a quali condizioni sia possibile farlo. Da quale luogo parliamo? E che valore di verità hanno analisi che pretendono di parlare del mondo come se non fossero anche loro eventi del mondo? Il pensiero di Carlo Sini porta questa riflessione alle estreme conseguenze. Ed è perciò - ribadisce Sini - un esercizio etico prima che teoretico. Denunciare i paradossi delle scienze "oggettive" significa mettere in dubbio la nostra stessa consistenza di "soggetti". Esercizio certo perturbante ma salutare, perché capace di aprire l'esistenza individuale alla coscienza della vita anonima che sempre ci abita: vita di tutti e di nessuno, libera dall'ipoteca dell'identità e dalle sue funeste ansie di possesso
Carlo Sini ha insegnato per oltre trent'anni filosofia teoretica presso l'Università Statale di Milano. Ha scritto una quarantina di libri. Tra i più recenti L'uomo, la macchina, l'automa (Bollati Boringhieri, 2009), Del viver bene (Jaca Book, 2011), Il sapere dei segni (Jaca Book, 2012). Presso Jaca Book è in corso la riedizione delle sue opere.
Fabio Anibaldi è stato condirettore di Narcomafie e responsabile dell'ufficio stampa del Gruppo Abele. Ha pubblicato La quiete sotto la pelle (Frassinelli, 1996)
...ma l’ottimo pranzetto di quel giorno, come molte cose terrene, è presto terminato. Vogliamo allora provare anche stavolta a parlare un po’ di alcune Divine Verità che, al contrario, non hanno termine, che non tramontano né tramonteranno mai...
L’educazione è relazione tra persone che tentano di trarre fuori il vero Sé dell’altro, la parte più autentica, la zona intima, il cuore del talento affettivo e attitudinale. Questo libro restituisce al loro più autentico significato le parole legate al processo educativo e applicabili a qualsiasi altro ambito relazionale. Educare è scegliere di vivere nel profondo, guardando gli altri non con un buonismo sentimentalista o con rigore accademico, ma per voler andare oltre e imbattersi nella «grande bellezza» di ciascuno di noi.
"Nell'attraversare quella stanza, nell'aprire quella finestra, nel rigovernare quel letto e quella cucina, il soggetto viene investito da ricordi, sensazioni, sentimenti, e così, senza averlo propriamente deciso, si trova a rivivere e ripensare, a immaginare e a fantasticare, come se egli fosse accolto da un flusso di emozioni e parole che gli rivela come quella stanza e quella finestra, nel letto e quella cucina non sono mai stati dei semplici oggetti a sua disposizione o dei meri spazi da occupare, essendo piuttosto il proprio luogo, la "propria casa" senza proprietà".
"Se la filosofia è una storia d'amore in cui l'oggetto del desiderio sono le idee, i concetti, la verità, è inevitabile che quando la filosofia parla dell'amore è come se si mettesse allo specchio per contemplare la propria immagine riflessa. In una famosa conferenza dal titolo Che cos 'è la filosofia?, il filosofo tedesco Martin Heidegger ha scritto che in un primo momento, ai tempi di Eraclito, l'amore della filosofia era da intendere come una forma di corrispondenza, senza nessuna connotazione amorosa in senso erotico. E solo in seguito, con Socrate e Platone, che l'oggetto della filosofia si è trasformato in oggetto del desiderio e l'amore filosofico in tensione amorosa, in eros. Non stupisce allora che i filosofi parlino tanto dell'amore: la filosofia non è altro che una forma di questo amore. O forse dovremmo dire, con Platone, che Eros è per natura filosofo."
Quest'opera è apparsa in prima edizione nel 1943 e consiste nella rielaborazione del testo di una conferenza tenuta nel 1930. Questo documento segna la cosiddetta "svolta" nell'itinerario speculativo di Heidegger e costituisce una via d'accesso privilegiata al cuore del pensiero di uno dei maggiori e più influenti filosofi del novecento.
Partendo dalle macerie di Ground Zero e dalle sue implicazioni culturali, politiche e sociali, René Girard, uno dei più influenti pensatori oggi viventi, analizza gli eventi attuali e i fatti del nostro tempo - il fondamentalismo religioso, il cosiddetto scontro di civiltà, la minaccia nucleare, la crisi ecologica - come segni evidenti di un'imminente apocalisse, o meglio, della circostanza immanente che stiamo vivendo in tempi apocalittici. Per Girard l'unico modo di leggere, interpretare e capire a fondo questi segni è tornare all'origine della loro evoluzione storica: il nucleo anti-sacrificale del cristianesimo che ha prodotto la modernità e liberato la capacità autodistruttiva dell'uomo. In una prospettiva più filosofica, l'epistemologo francese Jean-Pierre Dupuy, analizza ulteriormente questi temi proponendo una metafisica alternativa in cui la nostra volontà si combina con una versione particolarmente severa del futuro della realtà, proponendo "una forma illuminata di catastrofismo", una "profezia secolare", attraverso la quale possiamo davvero prevenire l'apocalisse solo osservando il nostro tempo con gli occhi di un futuro prevedibile in cui l'apocalisse è già "realmente" accaduta. Due riflessioni esemplari, speculari l'una all'altra e dalle implicazioni sorprendenti, su uno dei momenti più incerti della storia dell'uomo.
Il punto di partenza è un gustoso paradosso: qui Derrida immagina il giorno in cui Dio convoca Abramo per il sacrificio di Isacco. Data la delicatezza dell'"incarico", la prima preoccupazione è che la cosa non assuma i toni di una notizia di cronaca: "Mi raccomando Abramo: questa volta niente giornalisti!". E da qui tutta una tirata polemica e divertita sul fatto che le cose serie della vita e del pensiero non possono né essere divulgate dai giornali, né raccontate ai tanti consiglieri e confessori di cui è piena la vita moderna.