
Nei momenti di difficoltà la realtà diviene sfuggente e il coro dei ben pensanti prova a districare la complessità del sociale attraverso discorsi astratti e razionali. Michel Maffesoli, invece, invita il lettore a riconciliarsi con il silenzio, abbandonandosi al mistero. Le parole non sono in grado di cogliere il reale, perché esso è fatto della potenza dei sogni, di fantasmagorie, di fantasie. Il reale è sfuggente, ineffabile e giunge a conoscibilità solamente quando prende corpo negli oggetti del quotidiano, nel "divino sociale". Attraverso la sua analisi erudita, l'autore tenta di comprendere il ritorno del "sacrale", ovvero del bisogno collettivo di una comunione emozionale, della condivisione e della scomparsa nell'Altro: l'altro della comunità, del cosmo, della deità.
Nel suo personale itinerario speculativo François Jullien alterna testi più lunghi e articolati a saggi brevi, intensi, privi di note e adatti anche a un pubblico di non specialisti in materia sinologica o filosofica. In questo scritto breve tocca la questione della presenza e della "vita a due", e del rischio che la presenza si assopisca e si banalizzi. Senza concentrarsi solo su un soggettivismo psicologico, Jullien rintraccia e inscrive quella faglia o cedimento all'interno dell'Essere stesso: la caduta nella monotonia di una presenza disattivata, smorzata, inerte non rappresenta semplicemente un rischio del soggetto; sprofondare nell'inerzia è una possibilità ontologica, è strutturale all'Essere. L'Altro assume allora un rilievo cruciale, perché è colui, o colei, che può riattivare la presenza e mantenerla viva - a patto di saperla accogliere, custodire e incentivare.
Tutti sappiamo che sulla matematica si basa l'obiettività della scienza. Cadendo però il postulato dell'oggettività della natura, tramite la teoria dei quanti, la conoscenza non è più oggettiva ma diviene soggettiva. Sorge quindi il problema di conoscere cosa è reale e cosa non lo è. L'impossibilità di giungere ad una visione oggettiva apre dunque la possibilità della credenza, dove la tolleranza verso le diverse posizioni può divenire la regola. In conseguenza della mancanza di una verità valida per tutti, sorgono i problemi dell'incommensurabilità dovuta a una molteplicità di visioni del mondo, nonché il complesso rapporto tra relativismo e oggettivismo.
L'intervista, dedicata al rapporto tra filosofia e cristianesimo nel Novecento, mostra tutta l'attualità del dialogo tra fede e pensiero. Accantonata la pretesa di un'autonomia assoluta, riemergono infatti negli ultimi anni i temi intorno ai quali la riflessione filosofica e il pensiero teologico si incontrano, scoprono originarie e profonde convergenze. In particolare la questione del senso e del suo rapporto con la verità e, ad essa strettamente legata, l'esigenza di una rinnovata comprensione dell'umano. Nel colloquio consegnato in queste pagine il lettore viene introdotto gradualmente nel vivo delle problematiche del nostro tempo, alla ricerca di una "causa comune" in cui ogni uomo e ogni donna possano sentirsi a proprio agio.
Tre motivi per leggerlo: perché è una lettera illuminante scritta da un filosofo più di tre secoli fa e ancora oggi essenziale. Perché è un manifesto contro la malinconia e l'eccesso di serietà. Perché è un inno alla leggerezza che è l'anticamera della libertà.
Se c'è una cosa che mi dispiace è che la trascrizione non consenta di ascoltare il suono della sua risata contagiosa né di mostrare l'espressione infantile dei suoi stupori. Risate e stupori di un filosofo, questo essere non completamente reale.
Fabio Anibaldi
Il volume di Carlo Sini e Fabio Anibaldi inaugura la nuova collana Palafitte delle Edizioni Gruppo Abele. Una collana fatta di dialoghi, pensieri, discussioni.
Quando due persone si incontrano e ragionano insieme, nasce qualcosa di nuovo e vitale
Posto di fronte ai problemi del nostro tempo - a partire da quella crisi che emerge ormai come un redde rationem per l'intero Occidente - un filosofo mostra in concreto cosa significhi fare filosofia. Non solo riflettere sulle "cose", ma chiedersi a quali condizioni sia possibile farlo. Da quale luogo parliamo? E che valore di verità hanno analisi che pretendono di parlare del mondo come se non fossero anche loro eventi del mondo? Il pensiero di Carlo Sini porta questa riflessione alle estreme conseguenze. Ed è perciò - ribadisce Sini - un esercizio etico prima che teoretico. Denunciare i paradossi delle scienze "oggettive" significa mettere in dubbio la nostra stessa consistenza di "soggetti". Esercizio certo perturbante ma salutare, perché capace di aprire l'esistenza individuale alla coscienza della vita anonima che sempre ci abita: vita di tutti e di nessuno, libera dall'ipoteca dell'identità e dalle sue funeste ansie di possesso
Carlo Sini ha insegnato per oltre trent'anni filosofia teoretica presso l'Università Statale di Milano. Ha scritto una quarantina di libri. Tra i più recenti L'uomo, la macchina, l'automa (Bollati Boringhieri, 2009), Del viver bene (Jaca Book, 2011), Il sapere dei segni (Jaca Book, 2012). Presso Jaca Book è in corso la riedizione delle sue opere.
Fabio Anibaldi è stato condirettore di Narcomafie e responsabile dell'ufficio stampa del Gruppo Abele. Ha pubblicato La quiete sotto la pelle (Frassinelli, 1996)
...ma l’ottimo pranzetto di quel giorno, come molte cose terrene, è presto terminato. Vogliamo allora provare anche stavolta a parlare un po’ di alcune Divine Verità che, al contrario, non hanno termine, che non tramontano né tramonteranno mai...
L’educazione è relazione tra persone che tentano di trarre fuori il vero Sé dell’altro, la parte più autentica, la zona intima, il cuore del talento affettivo e attitudinale. Questo libro restituisce al loro più autentico significato le parole legate al processo educativo e applicabili a qualsiasi altro ambito relazionale. Educare è scegliere di vivere nel profondo, guardando gli altri non con un buonismo sentimentalista o con rigore accademico, ma per voler andare oltre e imbattersi nella «grande bellezza» di ciascuno di noi.
"Nell'attraversare quella stanza, nell'aprire quella finestra, nel rigovernare quel letto e quella cucina, il soggetto viene investito da ricordi, sensazioni, sentimenti, e così, senza averlo propriamente deciso, si trova a rivivere e ripensare, a immaginare e a fantasticare, come se egli fosse accolto da un flusso di emozioni e parole che gli rivela come quella stanza e quella finestra, nel letto e quella cucina non sono mai stati dei semplici oggetti a sua disposizione o dei meri spazi da occupare, essendo piuttosto il proprio luogo, la "propria casa" senza proprietà".
"Se la filosofia è una storia d'amore in cui l'oggetto del desiderio sono le idee, i concetti, la verità, è inevitabile che quando la filosofia parla dell'amore è come se si mettesse allo specchio per contemplare la propria immagine riflessa. In una famosa conferenza dal titolo Che cos 'è la filosofia?, il filosofo tedesco Martin Heidegger ha scritto che in un primo momento, ai tempi di Eraclito, l'amore della filosofia era da intendere come una forma di corrispondenza, senza nessuna connotazione amorosa in senso erotico. E solo in seguito, con Socrate e Platone, che l'oggetto della filosofia si è trasformato in oggetto del desiderio e l'amore filosofico in tensione amorosa, in eros. Non stupisce allora che i filosofi parlino tanto dell'amore: la filosofia non è altro che una forma di questo amore. O forse dovremmo dire, con Platone, che Eros è per natura filosofo."