
La Settima lettera è l’unico testo in nostro possesso in cui Platone parla in prima persona, raccontando della propria formazione giovanile, della delusione verso la politica di Atene, la sua città, e del tentativo – grandioso ma fallimentare – di educare il giovane tiranno di Siracusa Dionisio II, nella speranza di convincerlo a mettere in atto un governo filosofico. La lettera è, prima di tutto, un testo problematico: Platone ne è davvero l’autore? A chi si rivolge e con quali scopi? La sezione filosofica del testo è coerente con il pensiero platonico? Questa nuova traduzione commentata, oltre a restituire la bellezza della lettera e la sua attenzione ai dettagli storici e filosofici, tenta di rispondere a tali domande, mostrando che ci sono ottime ragioni per affermare che il suo autore è proprio il grande filosofo ateniese. Se è così, abbiamo la fortuna di poter leggere il testamento umano e filosofico di Platone.
Ostica? Astratta? Astrusa, la filosofia? Non quando la si ama. Fra le molte ragioni per amare la filosofia l'autore ne propone qui sette, che, pur riconducibili ad aspetti tipici del filosofare, si possono applicare anche nella vita quotidiana. Eccole: 1) fare domande, come e quali; 2) usare parole per rispondere a queste domande; 3) addurre ragioni per giustificare le risposte; 4) apprezzare il dissenso, purché accompagnato da argomentazioni; 5) intrecciare rapporti con altre concezioni del mondo e con il sapere scientifico; 6) capire altre epoche, per fare tesoro dell'esperienza del passato; 7) aprirsi ad altri mondi, perché il pensiero non è prerogativa esclusiva dell'Occidente, tanto meno dei soli filosofi, ma trova espressione altrettanto complessa in altre realtà geografiche (come India, Cina e Giappone).
Un'introduzione alle grandi problematiche della filosofia che si rivolge a studenti, genitori e a tutti coloro che si interrogano sul senso del loro esistere, divisa in sette capitoli. Lunedì: riflettere ci può aiutare a essere felici? Martedì: bisogna rispettare le leggi? Mercoledì: perché la bellezza ci affascina? Giovedì: che cosa s'impara realmente a scuola? Venerdì: bisogna credere in Dio? Sabato: la democrazia è il miglior sistema politico? Domenica: come ci si prepara a morire? Prendendo spunto dall'attualità e dalla vita di tutti i giorni Pépin invita il lettore ad affrontare questi temi in maniera originale e lo sollecita, per ognuno di essi, alla ricerca di una sua personale risposta.
Il pensiero di Sergio Quinzio ha trovato in quattro direttrici fondamentali l'approfondimento ricercato: escatologia, senso della fede come critica del sacro, presenza della morte e superamento dei saperi tradizionali. Tali linee si intrecciano con il profilo biografico e con l'analisi delle diverse opere per abbracciare da più parti la scrittura religiosa quinziana. Sergio Quinzio (1927-1996) ha incarnato nella sua scrittura religiosa l'attualità del pensiero della fede ma anche la critica nei confronti di un mondo alla fine della storia. Autore che parla il linguaggio della filosofia e della teologia, dell'ermeneutica biblica e della sapienza ebraica, ha riportato l'attenzione sulle cose ultime per dare dei fatti una lettura escatologico-apocalittica, attraverso una polifonia di interessi e stili. Tra le sue pubblicazioni: "Diario profetico" (1958); "La fede sepolta" (1978); "La croce e il nulla" ( 1984); "Mysterium iniquitatis" (1995).
"Da molto tempo l'arte di vivere è il tema di cui mi occupo, non perché la possieda, ma perché ne ho bisogno". Nessuno può insegnarci come vivere né come invecchiare con serenità. E questo di certo non è l'intento del libro che avete tra le mani. Piuttosto, Schmid suggerisce "dieci passi per raggiungere la serenità, che possono emergere dalle nostre osservazioni, dalle nostre esperienze e da ciò a cui siamo sopravvissuti". Se l'ars vivendi implica la consapevolezza della propria mortalità, accettarla porta ad abbracciare la vita nella pienezza delle sue stagioni. Primavera, estate, autunno, inverno. Infanzia, giovinezza, maturità e vecchiaia. Come un moderno Montaigne, con la leggerezza dei grandi pensatori, l'autore ragiona sul concetto principe della filosofia occidentale: la serenità. Da Epicuro in poi i filosofi si sono interrogati sul principio dell'atarassia, stella polare che orienta l'uomo nel suo cammino. Oggi questo cammino è diventato una corsa senza meta, dominata dalla brama di un successo irraggiungibile, di un futuro che non è mai presente. La vecchiaia è una minaccia, non il coronamento di un'esistenza piena. Dobbiamo riappropriarci della serenità per riconquistare la joie de vivre e, per farlo, un primo passo è pensare le diverse fasi della vita come tappe di un viaggio di cui la vecchiaia è il capitolo finale, cui affidarsi "con la maggiore tranquillità possibile". Vivere non è morire, ma affinare l'arte di saper invecchiare.
Una modernissima rappresentazione delle inquietudini dell'uomo contemporaneo, in un dialogo sorprendente che rivela un approccio psicanalitico ante litteram. "L'insostenibile leggerezza" del vivere, gli pseudobisogni che ci alienano, il sottile inappagamento di chi sperimenta continui cambiamenti ma non riesce a colmare il vuoto interiore. La riflessione, l'autoanalisi, la conoscenza di sé: è questa la via per raggiungere la serenità, come ci insegna il più grande filosofo della latinità.
Proclamarsi atei oggi non è più uno scandalo, e sempre più spesso le risposte alle grandi domande della vita sono cercate senza ricorrere a Dio. Questo libro argomenta come e perché una forma di ateismo non dogmatico possa essere la migliore concezione complessiva per condurre una vita sensata ed eticamente apprezzabile. Anche senza Dio si possono dunque trovare criteri per costruire società aperte al pluralismo religioso e culturale, e per immaginare istituzioni o regole pubbliche che facciano leva su una comune tendenza degli esseri umani a venire coinvolti dai piaceri e dalle sofferenze dei loro simili.
Come vivere, agire, lottare, morire quando si può contare solo su se stessi? È la sfida cruciale per un nuovo Illuminismo, inteso non solo come difesa di fronte al dispotismo, ma come compagno di strada anche per coloro che ancora avvertono il bisogno d'amore a cui un tempo si dava il nome di Dio. Da "ateo protestante", l'autore di questo libro non mira a dimostrare che Dio non c'è ma a definire l'orizzonte di un'esistenza senza Dio. Una vita, quindi, che prescinda da qualsiasi forma di sottomissione al divino, rifiutando rassegnazione e reverenza, ritrovando il piacere della sperimentazione nella scienza e nell'arte, e riscoprendo infine il gusto della libertà, soprattutto quando essa appare eccessiva alle burocrazie di qualsiasi "chiesa". Un ateismo non dogmatico che può essere utilizzato persino da ogni credente stanco della furia dei vari fondamentalismi che hanno sostituito al dono della Grazia del Signore il paesaggio desolato della repressione e dell'intolleranza.
Come vivere, agire, lottare, morire quando si può contare solo su se stessi? È la sfida cruciale per un nuovo Illuminismo, inteso non solo come difesa di fronte al dispotismo, ma come compagno di strada anche per coloro che ancora avvertono il bisogno d’amore a cui un tempo si dava il nome di Dio.
Da «ateo protestante», l’autore di questo libro non mira a dimostrare che Dio non c’è ma a definire l’orizzonte di un’esistenza senza Dio. Una vita, quindi, che prescinda da qualsiasi forma di sottomissione al divino, rifiutando rassegnazione e reverenza, ritrovando il piacere della sperimentazione nella scienza e nell’arte, e riscoprendo infine il gusto della libertà, soprattutto quando essa appare eccessiva alle burocrazie di qualsiasi «chiesa». Un ateismo non dogmatico che può essere utilizzato persino da ogni credente stanco della furia dei vari fondamentalismi che hanno sostituito al dono della Grazia del Signore il paesaggio desolato della repressione e dell’intolleranza.