
"Se la filosofia è una storia d'amore in cui l'oggetto del desiderio sono le idee, i concetti, la verità, è inevitabile che quando la filosofia parla dell'amore è come se si mettesse allo specchio per contemplare la propria immagine riflessa. In una famosa conferenza dal titolo Che cos 'è la filosofia?, il filosofo tedesco Martin Heidegger ha scritto che in un primo momento, ai tempi di Eraclito, l'amore della filosofia era da intendere come una forma di corrispondenza, senza nessuna connotazione amorosa in senso erotico. E solo in seguito, con Socrate e Platone, che l'oggetto della filosofia si è trasformato in oggetto del desiderio e l'amore filosofico in tensione amorosa, in eros. Non stupisce allora che i filosofi parlino tanto dell'amore: la filosofia non è altro che una forma di questo amore. O forse dovremmo dire, con Platone, che Eros è per natura filosofo."
Le emozioni possono essere penose, addirittura nefaste. Pensiamo per esempio alla paura, alla collera, all’odio, alla gelosia o al disprezzo. Simili emozioni sono spesso considerate negative. Ma cosa sono le emozioni negative e come si distinguono da quelle positive? Più in generale, che cosa implicano per la nostra comprensione delle emozioni? Quali sono concretamente i loro effetti sui nostri pensieri e sulla nostra vita? E come analizzare l’ambivalenza affettiva, quando si prova allo stesso tempo amore e odio, felicità e pena?
Riunendo i contributi su questo tema di importanti studiosi, Le ombre dell’anima propone originali risposte a tali interrogativi e getta le basi per una filosofia delle emozioni negative e della complessità dei sentimenti.
I curatori
Christine Tappolet insegna Filosofia all’Università di Montréal. Si occupa in particolare di etica, psicologia morale e teoria delle emozioni.
Fabrice Teroni lavora presso il Pôle de recherche national en sciences affectives dell’Università di Ginevra. I suoi principali ambiti di ricerca sono la filosofia dello spirito e l’epistemologia.
Anita Konzelmann Ziv insegna Filosofia all’Università di Ginevra. I suoi attuali progetti di ricerca vertono sulle emozioni condivise e la valutazione di sé.
Nella seconda metà del ‘900 l’idea di progresso subisce una drastica battuta d’arresto e la fede nel cambiamento si esprime in forme diverse. In campo economico e filosofico-politico il concetto viene sostituito da quello di «sviluppo», mentre oggi è «innovazione» la parola d’ordine dei sistemi di potere. Con un’ambiguità di grande rilievo, perché proprio l’innovazione rischia, nella sua forma ideologica, di allontanarsi dall’idea stessa di progresso. Il volume del filosofo Carlo Altini prende in esame le trasformazioni di un concetto fondamentale per la comprensione del mondo moderno.
Sommario
Introduzione. I. L’idea di progresso nel mondo classico. II. Storia sacra e storia profana. III. La concezione del tempo nel Rinascimento. IV. Modernità e progresso. V. Il Settecento. VI. Il secolo del progresso, l’Ottocento. VII. Un’idea in crisi. VIII. Sviluppi odierni.
Note sull'autore
Carlo Altini è professore associato di Storia della filosofia all’Università di Modena e Reggio Emilia e direttore scientifico della Fondazione Collegio San Carlo di Modena. Tra le sue pubblicazioni: Introduzione a Leo Strauss (Laterza 2009), Potenza come potere. La fondazione della cultura moderna nella filosofia di Hobbes (ETS 2012), Potenza/atto (il Mulino 2014), Progresso (Edizioni della Normale 2015). Per Marietti ha curato Leo Strauss, La città e l’uomo. Saggi su Aristotele, Platone, Tucidide (2010).
Cos’è il male? Come opera? Si può arrivare a sconfiggerlo?
Il secolo scorso ha fatto emergere forme sistematiche e globali di dominio, di menzogna, di violenza, tanto da diffondere la credenza che esso sia invincibile. Eppure è possibile pensare a un cammino di liberazione per uscire sia dalla rassegnazione sia dalla complicità.
L’opera propone un percorso a partire dalle teorie critiche della società e della condizione umana che, nel corso del Novecento, hanno lavorato a un’analisi organica del male storicamente prodotto: dalla Scuola di Francoforte a Freud, da René Girard a Michel Foucault, da Hannah Arendt a Martin Buber. L’originalità del testo è nella ricerca di un dialogo tra prospettive diverse in vista di una visione integrata e, comunque, aperta, che invece di cedere alla tentazione di arrivare a un’unica teoria definitiva rimanda piuttosto alla responsabilità personale come chiave della risposta al male.
Emerge l’umanità, nella sua forza e nella sua fragilità, capace di trovare nuove strade per non lasciare al male l’ultima parola: lucidità del pensiero, intelligenza della speranza, coraggio di agire con la creatività della nonviolenza.
Indice
Introduzione
1. L’idea di teoria critica
1. L’esperienza del male
2. Il risveglio della ragione
3. Un pensiero fedele
2. Il male nella natura: Sigmund Freud e la pulsione di morte
1. Guardare nel buio
2. Il dominio delle pulsioni
3. Ambiguità e inutilità dell’amore
4. La forza culturale della pulsione di morte
3. Il male nella razionalità: la Scuola di Francoforte e la critica
del dominio
1. L’autocritica dell’illuminismo
2. Nella luce della redenzione
3. La rinuncia alla felicità
4. Il compimento del sistema di dominio
4. Il male nella cultura: René Girard e la violenza civilizzatrice
1. In principio era la violenza
2. Il male come linguaggio
3. La vittima rivelatrice
5. Il male nel potere: Michel Foucault e i regimi della verità
1. Il discorso del potere
2. Dalla sragione alla follia
3. Le istituzioni totali
4. Liberalismo e biopolitica
6. Il male alla fine della coscienza: Hannah Arendt e il totalitarismo
che verrà
1. Vita e morte del pensiero
2. La disintegrazione come patologia moderna
3. La società dei morenti
7. Il male nell’anima: Martin Buber e l’autotentazione umana
1. L’esperienza dell’anima
2. Come ha inizio il male
3. L’enigma della scelta perversa
8. Verso una teoria critica integrata
1. Sulla conoscibilità del male
2. I criteri di compatibilità
3. Integrazione e fondazione
4. Progetti di ricerca
9. Teoria critica e rinascita etica
1. Il sistema di disintegrazione
2. L’etica come relazione maieutica
3. Un movimento per la giustizia intera
Conclusione
Da sempre l’umanità ha inventato rappresentazioni di Dei. Ma l’invenzione non è mai solo un prodotto della fantasia. L’inventare è sempre anche un trovare. Persino le più improbabili invenzioni sono costruite con spezzoni di ciò che si è trovato nell’esperienza effettiva. Che cosa c’è nella stessa esperienza che spinge a concepire qualcosa di “trascendente” che in teoria dovrebbe essere il contrario dell’esperienza? Questo libro delinea una prospettiva ispirata dall’insegnamento di Husserl e di Merleau-Ponty, ma anche di Hegel, di Deleuze e di Pareyson: autori certo non omologabili fra loro ma che in vario modo inducono a pensare il “trascendente” quale proprietà essenziale dell’esperienza, e non come l’“al di fuori” di essa. Giacché l’esperienza è il vissuto del tempo: essa riguarda gli eventi, che non sono semplici fatti perché l’apparire in superficie del fatto lascia trasparire uno sfondo inesauribile il cui spessore dipende dall’intenzione dell’osservatore di andarci a fondo. Il vissuto – in trasparenza – dello sfondo compreso nell’evento, la percezione della sua proprietà “trascendente”, suscita la costruzione di immagini che diventano, fra l’altro, le invenzioni di Dio. L’esperienza dell’evento è l’origine non religiosa della religione.
ALDO MAGRIS è professore di Filosofia teoretica all’Università di Trieste. Presso la Morcelliana ha pubblicato: Il manicheismo. Antologia dei testi (2000); La filosofia ellenistica. Scuole, dottrine e interazioni col mondo giudaico (2001); Nietzsche (2003); Il mito del Giardino di ‘Eden (2008); Trattati antichi sul destino (2009); La logica del pensiero gnostico (2011, 2a ed. riveduta e ampliata); Destino, provvidenza, predestinazione. Dal mondo antico al cristianesimo (2016, 2a ed. riveduta). Ha inoltre curato il volume Confutazione di tutte le eresie di Ippolito (20162).
Nel 2013 ricorre il bicentenario della nascita di Søren Kierkegaard, uno dei più grandi pensatori dell’età moderna, e, secondo alcuni, il più grande testimone della modernità. Kafka ha affermato che dai suoi scritti “emana tanta luce della quale ne arriva un po’ in tutti gli abissi”. Fra le due guerre mondiali, mediante la Kierkegaard-Renaissance, egli è diventato il padre dell’esistenzialismo, in quanto ha espresso la centralità del soggetto umano, ossia del “singolo”, contro l’idealismo. Le sue opere più diffuse sono quelle che egli ha pubblicato con pseudonimi, che hanno valore estetico e grande portata filosofica. Tuttavia le sue opere più profonde sono le ultime di carattere religioso, in cui sale a livelli come quelli raggiunti da Agostino, da Pascal e da Dostoevskij. Quelli che presentiamo in quest’opera sono i più grandi scritti filosofici e religiosi, nella classica traduzione di Cornelio Fabro, con la sua magistrale monografia introduttiva, con una prefazione di Giovanni Reale e la bibliografia aggiornata a cura di Vincenzo Cicero. Questa raccolta in un solo volume dei capolavori di Kierkegaard costituisce un unicum a livello nazionale e internazionale, che onora nel modo migliore il bicentenario della nascita del grande filosofo. Nato da un ricco commerciante, Søren Kierkegaard (1813-1855) visse la quasi totalità della sua esistenza a Copenaghen, dove nacque e morì. La sua filosofia prese corpo da un doppio rifiuto, ossia il rifiuto della filosofia hegeliana e l’allontanamento dal vuoto formalismo della Chiesa danese. Secondo Kierkegaard la dimensione esistenziale dell’uomo è segnata dall’angoscia, dalla disperazione e dal fallimento o scacco esistenziale. La disperazione nasce da un rapporto serio dell’uomo con se stesso, mentre l’angoscia nasce dal confronto dell’uomo con il mondo, e consiste nel senso di inadeguatezza legato all’impossibilità dell’uomo di essere autosufficiente senza Dio. La filosofia di Kierkegaard è caratterizzata da due elementi: l’individualità, che caratterizza tutte le forme di esistenzialismo, e il rapporto con Dio, che è tipico di tutte le forme religiose di esistenzialismo.
Søren Kierkegaard
Giovanni Reale è uno dei massimi studiosi del pensiero antico, autore di fondamentali contributi sui Presocratici, Aristotele, Seneca, Pirrone, Plotino, Proclo e Agostino. La sua opera che si è imposta come punto di riferimento è la Storia della filosofia greca e romana, in dieci volumi, Bompiani 2004, che sarà publicata in volume unico anche in questa collana. Grande eco ha avuto anche l’opera Per una nuova interpretazione di Platone (Bompiani, 2010), come dimostrano lo straordinario numero di edizioni (22 in italiano), le traduzioni in varie lingue e i giudizi dati dagli studiosi a livello internazionale. Con Dario Antiseri ha pubblicato Il pensiero occidentale dalle origini a oggi, di notevole diffusione e successo. Ha pubblicato varie opere su pittori e scultori interpretati dal punto di vista dell’ermeneutica, in collaborazione con i film artistici di Elisabetta Sgarbi sugli stessi temi. Suoi scritti sono tradotti o in corso di traduzione in ventidue lingue. Per i suoi contributi alla cultura è stato nominato “Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana” dal Presidente Giorgio Napolitano.
L'etica è la branca della filosofia che si occupa dei problemi morali che ciascuno di noi è chiamato ad affrontare sia nei passaggi cruciali della propria esistenza sia nella vita quotidiana. L'autore illustra venti grandi temi rappresentativi di questa disciplina partendo da esempi concreti, esperimenti mentali e suggestioni tratte dalla letteratura, dal cinema e dalla cronaca. Con una narrazione coinvolgente e un linguaggio accessibile, Baggini porta gradualmente il lettore a familiarizzare con l'analisi filosofica di questi temi e con le posizioni assunte dai grandi pensatori del passato. L'intento dell'autore non consiste nel dare risposte preconfezionate, ma piuttosto nel fornire i necessari strumenti per aiutarci a riflettere consapevolmente e a compiere scelte migliori da un punto di vista etico.
Dal modello classico all'estetica dell'assenza di regole: la storia dell'idea di bellezza è segnata dal progressivo disgregarsi del paradigma armonico di un perfetto ordine cosmico in cui il bello si collega al vero e al bene. Se in età moderna si fa esperienza del molteplice e dell'individuale, a fine Settecento si approda a una netta rivincita del sublime e del brutto. Ma è soprattutto il Novecento che rivendica il valore estetico della deformità e delle dissonanze come generatori di ordini sconosciuti. Malgrado il discredito che in alcune teorie colpisce oggi il concetto di bello, sorprendentemente esso continua a rinnovarsi, sottraendosi a qualunque definizione univoca e conclusiva.
"Le età della vita" - qui tradotto integralmente - è una delle opere più fortunate di Romano Guardini. La sua popolarità è dipesa dal felice connubio di molteplici fattori: la capacità con la quale Guardini riesce a delineare, con pochi essenziali tratti, ciascuna età della vita in un modo che consente a tutti di ritrovarsi; la maturità dello sguardo frutto di una trentennale esperienza di docente, di educatore, di pastore d'anime in costante confronto con le tappe e le crisi della vita; l'approccio insieme distaccato ed empatico con il quale vengono còlti con nettezza sia i tratti positivi presenti in ogni età, sia quelli che destano inquietudine; non da ultimo, l'affabilità dello stile espressivo che lascia trasparire una fondamentale dimensione orale, una parola rivolta e ascoltata che rende così vicino il testo. Un vademecum per la vita in cui ogni lettore può riconoscere, e accettare, se stesso.
Le età della vita è il tema che due autori, Erich Erikson e Romano Guardini, hanno trattato secondo diversi approcci: psicologico evolutivo il primo, filosofico, teologico il secondo. Ad accomunare le riflessioni dei due autori la prospettiva della "vita come vocazione". L'esistenza dell'individuo, compresa come passaggi di età in età, è il contesto esperienziale della risposta responsabile a un progetto, insito nella vita stessa. Ogni individuo è chiamato ad agire secondo libertà, dando luogo a una propria istanza morale ed etica. Proprio nella ricerca della risposta si attua il processo di formazione dell'identità, il "chi sono", nella quale sono coinvolte tutte le dimensioni della persona: psicologica, sociale, morale e religiosa. Il confronto tra i due autori permette di definire le età della vita, secondo prospettive ermeneutiche proprie. L'esistenza di ogni individuo diventa il contesto di risposta «a ciò che non è ancora», plasmando l'identità propria. In Erikson l'identità coincide con la personale realizzazione secondo un'etica universale; in Guardini lo sviluppo dell'identità corrisponde alla definizione di "persona", secondo una visione antropologica cristiana.
Le età del mondo - qui nelle versioni del 1811 -1813 -1815 e nei frammenti preparatori- indubbiamente non è soltanto l'opera alla quale Schelling si dedicò più intensamente e che avrebbe dovuto essere la sintesi perfetta del suo pensiero, ma è anche una delle più oscure paraboli del tardo idealismo.