Le "Vite dei filosofi" di Diogene Laerzio, compilate in base a fonti piuttosto eterogenee, e sunteggiate ancora in età bizantina e rinascimentale, comprendono dieci libri, di cui il III e il X dedicati interamente a un solo filosofo (rispettivamente Platone ed Epicuro). In genere espongono un resoconto biografico, le opere e le linee principali del pensiero di ciascun filosofo.
La vita di un pensatore si svolge su una pluralità di piani ed ha, perciò, molteplici aspetti: la vita privata, l'insegnamento, la vita pubblica. A volte, questi tre aspetti si intrecciano influenzandosi l'un l'altro. È così possibile rintracciare in una poesia della giovinezza i precorrimenti di un itinerario filosofico destinato ad esprimersi tanto nei corsi universitari, quanto nei pubblici discorsi; è altrettanto possibile rintracciare nelle opere e nei corsi universitari il riflesso di eventi che hanno caratterizzato la vita privata, e pubblica, del filosofo. Questo volume riunisce, accanto a tutti i discorsi pubblici tenuti da Martin Heidegger, testimonianze del suo cammino umano e filosofico.
Pubblicato in edizione francese (1938), e postumo in edizione russa (1951), 'Atene e Gerusalemme' condensa il frutto dell'intero itinerario filosofico di Lev Sestov.
Nel 1933 Heidegger aderì al nazismo e assunse la carica di rettore dell'Università di Friburgo con la convinzione di interpretare un preciso "destino" della Germania; si dimise deluso dopo meno di un anno, ma non cessò più di indicare nell'opera di Hölderlin il segno di quel "destino"; nello stesso tempo, ribadì come la sua eredità di pensiero fosse stata segnata in modo indelebile dal "colloquio pensante" con questo poeta d'eccezione sulla situazione storica dell'Occidente. I testi qui tradotti per la prima volta in italiano sono il frutto di un corso universitario su Hölderlin, in cui Heidegger fa esordire pubblicamente il suo colloquio con il poeta.
Le opere fondamentali del pensiero filosofico di tutti i tempi. In edizione economica, con testo a fronte e nuovi apparati didattici, le traduzioni che hanno definito il linguaggio filosofico italiano del Novecento. Testo originale nell'edizione dell'Accademia delle Scienze di Berlino, ricontrollato sulla prima edizione del 1797.
Le tesi filosofiche sostenute da Karl Popper sono state da lui stesso etichettate con la formula realismo critico ed esposte come "completamento del criticismo kantiano". Popper, inoltre, si è presentato anche come il teorico del fallibilismo. Il fallibilismo, ha scritto, "non è nient'altro che il non-sapere socratico". Infine, egli ha affermato di essere "sempre stato un filosofo del senso comune". I meriti del senso comune, secondo Popper, sono molteplici. Infatti, ad esempio, ha privilegiato il realismo, l'indeterminismo e la teoria e la teoria della verità come corrispondenza. "Il senso comune egli scrive - è in tutte le situazioni problematiche il consigliere più valido e più affidabile. Esso però non è sempre affidabile; e qualora si affrontino problemi di teoria della conoscenza è allora della massima importanza fronteggiarlo in modo seriamente critico". In breve, secondo Popper, la scienza e la filosofia hanno il loro punto di partenza nel senso comune e lo strumento di progresso è la critica. È la critica che consente, in ultima analisi, di passare dai pregiudizi del senso comune ai giudizi della filosofia e della scienza. Il punto di arrivo, dunque, è un senso comune più raffinato, più sofisticato.
L'interesse scientifico per le questioni sociali o politiche, scrive Popper, è "di pochissimo posteriore a quello per la fisica. Vi furono anzi periodi dell'antichità (penso alla teoria politica di Platone e alla raccolta delle Costituzioni di Aristotele) nei quali la scienza della società poteva sembrare più progredita della scienza della natura". Tuttavia, mentre le scienze della natura si sono sviluppate negli ultimi secoli con grande rapidità, la stessa cosa non può dirsi delle scienze sociali. E tale ritardo va attribuito, tra l'altro, al fatto che tra gli studiosi non c'è un accordo unanime sullo statuto epistemologico della sociologia e sui compiti che sono propri di questa disciplina. La tesi di fondo di Popper è che le scienze naturali e quelle sociali seguono lo stesso metodo. Tutte partono da problemi e avanzano sul sentiero delle congetture e delle critiche. Inoltre, il compito della sociologia non è, a detta di Popper, quello di predire direzioni o tendenze dello sviluppo sociale o, se si preferisce, di profetizzare gli sviluppi storici e politici, ma, più modestamente, di studiare le conseguenze inintenzionali delle azioni umane intenzionali.
Tutti gli uomini, secondo Karl R. Popper, sono dei filosofi. Tutti hanno se non dei giudizi almeno dei pregiudizi filosofici. Tuttavia a questa fame di filosofia non sempre i filosofi accademici hanno dato risposte adeguate. Essi, infatti, si sono ammalati di specialismo e di scolasticismo, hanno peccato di immodestia e di oscurità. Nelle opere di Popper sono contenuti giudizi severi nei confronti di molti filosofi del Novecento e anche dei secoli precedenti. Da Platone a Marx, da Hegel a Wittgenstein, da Eraclito ai francofortesi, da La Mettrie a Fichte. Ma ci si imbatte pure in dichiarazioni di sostanziale consonanza con le tesi di un nutrito gruppo di filosofi, per lo più dei secoli passati: da Senofane a Locke, da Antistene a Montaigne, da Hume a Kant, da Erasmo e Peirce, da Epicuro e Lucrezio a Russel. Nel presente volume sono raccolti alcuni saggi popperiani che aiutano a ricostruire, in modo sufficientemente dettagliato, il panorama delle sue amicizie e delle sue inimicizie nel campo della filosofia. Da queste pagine Popper si presenta come un indeterminista, un realista, un empirista, un razionalista critico e, quindi, come un filosofo che non ama esistenzialisti, e marxisti, nichilisti e relativisti, fenomenologi e idealisti, deterministi e utopisti, scientismi e storicismi, statalisti e filosofi del linguaggio.
I frammenti postumi del periodo compreso in questo volume mostrano come l'ostilità che gli ambienti accademici e la filologia ufficiale riservarono alla Nascita della tragedia, lungi dal confinare Nietzsche nel cerchio magico del mondo wagneriano, lo spingessero invece ad audaci riflessioni filosofiche da cui nacquero scritti rimasti inediti ma di importanza decisiva nello sviluppo del suo pensiero, quali "La filosofia nell'epoca tragica dei Greci" e "Su verità e menzogna in senso extramorale". Ma i frammenti mostrano anche il rinnovato interesse di Nietzsche per l'attualità scientifico-filosofica, che si rivela fra l'altro in originali elaborazioni filosofiche come la "teoria degli atomi temporali", nella quale è racchiusa una "teoria della percezione".
Nella dimora bucolica di Critone si incontrano due liberi pensatori, due semplici uomini di campagna, e uno spettatore silenzioso. Lungo una settimana di appassionate discussioni, polemiche, argomentazioni, due massimi sistemi vengono contrapposti l'uno all'altro: il razionalismo critico del libero pensiero e la difesa cristiana di una concezione religiosa della vita.