
Jacques Derrida si interroga su una certa internazionalizzazione in corso della filosofia, del suo insegnamento come delle sue pratiche, ricerche o esperienze. Quali sono a questo riguardo le responsabilità di ogni filosofo, attraverso la sua lingua, la sua tradizione, la sua nazionalità? Appare indispensabile una riflessione sulla filosofia, e in particolar modo sulla filosofia del diritto che fonda istituzioni quali l'ONU, l'UNESCO, etc. Derrida inscrive le sue riflessioni preliminari sotto il segno di un testo celebre e singolarmente "attuale" di Kant (Idea per una storia universale dal punto di vista cosmopolitico, 1784), che richiede al contempo il rispetto, la rilettura e alcune domande.
Intorno a un tema quanto mai controverso, antico e pur sempre attuale, quale quello della menzogna, si affrontano in questo volume due grandi filosofi che rappresentano anche due differenti scuole di pensiero, l'una pienamente radicata nella Francia del dopo-rivoluzione, l'altra che proviene invece dalla vicina Germania. L'occasione è data da un breve trattato scritto nel 1797 dall'allora trentenne Benjamin Constant, che, sotto il titolo "Delle reazioni politiche" disquisisce intorno alla possibile legittimità, in precisi contesti, della menzogna. L'intervento di Constant è centrato sulla necessità che i princìpi universali, per essere accettati anche sul terreno concreto, debbano a loro volta fondarsi su princìpi definiti "intermedi" tali cioè da permetterne la concatenazione con la realtà effettiva. Ma Constant, mentre cerca di definire questa sua teoria, critica la riflessione di Immanuel Kant che "persino di fronte a degli assassini che vi chiedessero se il vostro amico, che loro stanno inseguendo, si sia rifugiato in casa vostra, la menzogna sarebbe un crimine". E il "filosofo tedesco" (così lo definisce, un po' sbrigativamente, Constant), chiamato in causa, risponde da par suo con "Su un presunto diritto di mentire per amore dell'umanità" nel quale ribatte punto su punto al "filosofo francese". E così che questo confronto acquista oggi, un significato emblematico, e anche al di là del tema, pur sempre centrale, che costituisce l'oggetto di questa querelle di fine Settecento.
I saggi raccolti in questo volume, scritti da Bachelard tra il 1942-1962, testimoniano il suo ininterrotto percorso di ricerca di una sintesi tra pensiero razionale e immaginazione. da un lato, si colloca lascineza, realizzazione progressiva della ragione: dall'altro, vi sono gli ostacoli che la frenano, conferendo al progresso un carattere discontinuo. L'immaginazione costrituisce appunto uno di questi ostacoli, espressione del sentimento, dell'irrazionalità, dell'istinto. Bachelard, figura emblematica dell'epistemologia francese, si presenta in questo libro non come un filosofo, ma come un pensatore che si concede il diritto di sognare. Il suo obiettivo dichiarato è di trasmettere l'intensità del mondo, restituende la filosofia alle sue visioni primitive. A questo scopo, fa riferimento anzitutto alle sue personali passioni: la letteratura, la poesia e l'arte.
"I discepoli di Sais" è un romanzo filosofico composto da Novalis fra il 1798 e il 1799 e mai completato, in cui traspaiono le idee chiave della filosofia romantica sull'uomo e sulla natura. Nel saggio introduttivo di Alberto Reale vengono esaminati tutti i concetti fondanti dello scritto e se ne studiano il significato e le fonti.
Con questo volume s’intende mettere a disposizione del lettore italiano una parte poco conosciuta dell’opera di Michel Foucault, quella scritta per giornali e riviste e che Foucault stesso ha definito il suo “giornalismo filosofico”.
I testi qui presentati spaziano dal problema della vita e del vivente, a quello della nascita del biopotere e degli effetti della medicalizzazione della società; dalla questione del crimine e della punizione a quella della società disciplinare e dei dispositivi di controllo e sicurezza; dai temi filosofici della verità e dell’identità al problema della sessualità e della soggettività che si forma o si sfalda nel punto d’intersezione e di conflitto tra desiderio e piacere.
A questi interrogativi si intreccia sempre la domanda che sin dall’inizio ha accompagnato il lavoro di Foucault, a volte esplicitamente, altre volte in segreto: quella sul ruolo e sulla funzione dell’intellettuale.
A cura di Mauro Bertani e Valeria Zini
GLI AUTORI
MICHEL FOUCAULT (Poitiers, 1926 – Parigi, 1984) è stato uno dei grandi pensatori del XX secolo. Tra i suoi testi più importanti ricordiamo: Storia della follia nell'età classica (Milano, 1963); Le parole e le cose (Milano, 1967); L'ordine del discorso (Torino, 1972); e i tre volumi sulla Storia della sessualità: La volontà di sapere (Milano 1978), L'uso dei piaceri (Milano 1984), La cura di sé (Milano 1985).
Con questo volume s'intende mettere a disposizione del lettore italiano una parte poco conosciuta dell'opera di Michel Foucault, quella scritta per giornali e riviste e che Foucault stesso ha definito il suo "giornalismo filosofico". I testi qui presentati spaziano dal problema della vita e del vivente, a quello della nascita del biopotere e degli effetti della medicalizzazione della società; dalla questione del crimine e della punizione a quella della società disciplinare e dei dispositivi di controllo e sicurezza; dai temi filosofici della verità e dell'identità al problema della sessualità e della soggettività che si forma o si sfalda nel punto d'intersezione e di conflitto tra desiderio e piacere. A questi interrogativi si intreccia sempre la domanda che sin dall'inizio ha accompagnato il lavoro di Foucault, a volte esplicitamente, altre volte in segreto: quella sul ruolo e sulla funzione dell'intellettuale.
La vita di un pensatore si svolge su una pluralità di piani ed ha, perciò, molteplici aspetti: la vita privata, l'insegnamento, la vita pubblica. A volte, questi tre aspetti si intrecciano influenzandosi l'un l'altro. È così possibile rintracciare in una poesia della giovinezza i precorrimenti di un itinerario filosofico destinato ad esprimersi tanto nei corsi universitari, quanto nei pubblici discorsi; è altrettanto possibile rintracciare nelle opere e nei corsi universitari il riflesso di eventi che hanno caratterizzato la vita privata, e pubblica, del filosofo. Questo volume riunisce, accanto a tutti i discorsi pubblici tenuti da Martin Heidegger, testimonianze del suo cammino umano e filosofico.
Il Discorso sul metodo di René Descartes, un classico del pensiero filosofico, è qui presentato con l’ampio Commento, anch’esso un classico della storiografia filosofica, di Étienne Gilson. Il Commento di Gilson costituisce tuttora lo studio analitico più ampio dedicato al Discorso sul metodo.
L’interesse per le fonti del pensiero di Cartesio, per il rapporto, di continuità o di rottura, con la filosofia del passato, costituisce uno dei contributi maggiori di questo volume al Discorso sul metodo e segna una svolta nella ricerca sulla filosofia cartesiana e sull’identità del pensiero moderno.
Il testo del Discorso sul metodo è qui presentato con la traduzione italiana a fronte. In appendice è riprodotta la traduzione latina, autorizzata dallo stesso Cartesio, cui il Commento di Gilson fa spesso riferimento. Nel volume: Saggio introduttivo, di Emanuela Scrivano; Introduzione, di Étienne Gilson; Cronologia cartesiana; Nota bibliografica; Dissertatio de Metodo; Indice tematico e Indice dei nomi.
René Descartes (La Haye, Touraine, 1596 - Stoccolma 1650). Formatosi nel collegio dei gesuiti di La Flèche, conseguì la licenza in diritto all’Università di Poitiers nel 1616. Maturò l’idea di una rifondazione della scienza universale; il suo progetto di una grande opera di fisica, intitolata Le Monde, ou Traité de la lumière, fu interrotto a causa della condanna di Galileo, che indusse il filosofo a ripiegare prudentemente sulla pubblicazione, nel 1637, di risultati parziali, meno compromettenti, della sua ricerca matematica e fisica. Si trattò dei tre saggi sulla diottrica, le meteore e la geometria, preceduti dal celebre Discours de la Méthode. Pubblicò numerose altre opere, tra cui le Meditationes de prima philosophia (1641) e i Principia Philosophiae (1644). È riconosciuto universalmente come uno dei massimi filosofi della Modernità.
Étienne Gilson (Parigi 1884 - Cravant 1968). Insegnò a Lilla, a Strasburgo, alla Sorbona, al Collège de France e a Toronto. Esperto di filosofia medievale, fondò le «Archives d’histoire doctrinale et littéraire du moyen-âge» e l’«Institute of Medieval Studies» a Toronto. Pubblicò numerose opere, tra cui La philosophie au moyen-âge (1922), Héloïse et Abélard (1938). Fu uno dei massimi esperti del pensiero di Descartes, su cui pubblicò, oltre al Commento sul Discours, qui presentato, numerose altre opere, tra cui un Index scholastico-cartésien (1913). Pubblicò inoltre opere di carattere teoretico, tra cui Réalisme thomiste et critique de la connaissance (1939), L’être et l’essence (1948), Éléments de philosophie chrétienne (1960).
Emanuela Scribano insegna Storia della filosofia all’Università di Siena. La sua ricerca si è svolta nell’ambito della filosofia moderna. Tra le sue pubblicazioni: Natura umana e società competitiva. Studio su Mandeville (1980), Da Descartes a Spinoza. Percorsi della teologia razionale nel Seicento (1988), L’esistenza di Dio. Storia della prova ontologica da Descartes a Kant (1994), Guida alla lettura delle «Meditazioni metafisiche» di Descartes (1997).
"E avendo osservato che in "Penso, dunque sono" non vi è nulla che mi assicuri che sto dicendo la verità, se non che vedo molto chiaramente che per pensare bisogna esistere, ritenni che potevo assumere come regola generale il fatto che le cose che concepiamo molto chiaramente e molto distintamente sono tutte vere, ma che s'incontra qualche difficoltà soltanto nel decidere quali siano quelle che concepiamo distintamente".