
“Se, guardando retrospettivamente l’intero cammino, devo riassumere quello che mi ha mosso nella mia volontà di conoscenza […], allora posso dire che all’inizio fu tale il passato in quanto degno di essere reso presente nel sapere, poi il presente che è da sempre attuale, ossia la vita nella sua permanente costituzione e nel suo significato che può essere compreso solo se si parte da lei stessa; infine il futuro come oggetto di preoccupazione in quanto da un lato è una minaccia da stornare, dall’altro una realtà minacciata da preservare."
Il Testo
E’ il 1965 quando il giovane Philippe Lacoue-Labarthe scrive un testo sul tema dell’angoscia per la morte come angoscia per la scomparsa: scomparsa del mondo, per chi muore, e scomparsa dell’altro e del suo mondo per chi resta.
Vicino alla fine della sua vita, l’autore si ricorda di questo testo della sua giovinezza e si propone di riprenderlo. Ma è troppo tardi, riuscirà a scrivere solo una postfazione assolutamente sconvolgente.
L’Autore
Philippe Lacoue-Labarthe (1940-2007) è stata una tra le più importanti figure del panorama filosofico francese del Novecento. Tra le sue opere tradotte in italiano ricordiamo: La finzione del politico, il melangolo, 1991; L’imitazione dei moderni, Palomar, 1995; Il ritratto dell’artista, in generale, il melangolo, 2006. Insieme a Jean-Luc Nancy ha scritto: Il titolo della lettera, Astrolabio, 1981; Il mito nazi, il melangolo, 1992.
Remo Bodei, Achille Bonito Oliva, Massimo Cacciari, Adriana Cavarero, Gianni Celati, Michele Ciliberto, Piero Coda, Umberto Curi, Roberta De Monticelli, Massimo Donà, Felix Duque, Andrea Emo, Roberto Esposito, Maurizio Ferraris, Bruno Forte, Umberto Galimberti, Aldo Giorgio Gargani, Romano Gasparotti, enrico ghezzi, Giulio Giorello, Sergio Givone, Antonio Gnoli, Eugenio Lio, Giacomo Marramao, Jean-Luc Nancy, Salvatore Natoli, Piergiorgio Odifreddi, Mario Perniola, Giovanni Reale, Franco Rella, Pier Aldo Rovatti, Emanuele Severino, Carlo Sini, Corrado Sinigaglia, Gianni Vattimo, Vincenzo Vitiello, Franco Volpi, Italo Zannier, Stefano Zecchi. Ritratti fotografici di Raffaella Toffolo
a cura di Massimo Donà
Nicolaj Berdjaev, Maurice Blanchot, Sergej Bulgakov, Albert Caraco, René Daumal, Benjamin Fondane, Manfred Frank, Roger Gilbert-Lecomte, Mecislas Golberg, Martin Heidegger, Jeanne Hersch, Alexandre Kojève, Hanif Kureishi, Antonio Machado, Kazimir Malevic, Merab Mamardachvili, Thomas Mann, Dionys Mascolo, Carson McCullers, George Oppen, Georges Palante, Jean Paulhan, Raymond Quéneau, Georges Ribemont-Dessaignes, Reiner Shürmann, Lev Svestov, Peter Sloterdijk, Leo Strauss, Paul Valéry
a cura di Roberto Di Vanni
The 17th century science-religion relationship is by all means one of the most intriguing topics of the history of modern culture, which not by chance has been receiving increasing attention from the science, theology and culture historians. Though undoubtedly representing a key-figure in the modern history of science, unaccountably few if any studies have been hitherto devoted to a thorough illustration of the science-faith relationship in the life and works of the Dane Nicho-las Steno (1638-1686), one of the greatest anatomists of his century, founder of geology and crystallography, who, once in Tuscany, recanted his previous Lutheran faith for Catholicism, took the Holy Orders and was finally beatified by Pope John Paul II. Close friend of Viviani, Redi and Magalotti, in contrast with Borelli, he was fully inserted in the Galilean heritage of the Cimento Academy. Yet, unlike Galileo, he never was at odds with the religious hierarchies, nor did he perceive any substantial clash between his philosophy and his theology. Renewed inquiries made in the Floren-tine libraries and archives, as well as in Steno’s published texts, show how relevant, both scientifically and religiously, was his relationship with the Medici family and Cosimo III in particular. Endowed with a deeply Christian conscience, this «spiritual son of Florence» (as he considered himself) tried to conciliate science and faith through a life path that, even if not always consistent, by all means remains an emblem of the Scientific Revolution.
Concetti fondamentali della filosofia di Rafael Ferber intende offrire agli studenti di filosofia come al pubblico piú in generale una piccola e originale scuola di pensiero filosofico.
Questo primo volume introduce il lettore, in un linguaggio accessibile ma sempre rigoroso, alle parole-chiave dell'universo filosofico quali Filosofia, Linguaggio, Conoscenza, Verità, Essere e Bene.
I contenuti, i metodi e le ambizioni della disciplina vengono presentati e discussi filosoficamente in modo da condurre il lettore in un'ideale passeggiata filosofica in compagnia dei principali esponenti delle varie epoche e attraverso le piú importanti correnti della storia del pensiero.
Il libro cerca di dire l'essenziale in modo chiaro, semplice e non gergale. Tuttavia l'autore non si è astenuto dal prendere anche una propria posizione. Soprattutto i capitoli sulla conoscenza, la verità e il bene offrono spunti che possono interessare anche i filosofi di professione
Concetti fondamentali della filosofia di Rafael Ferber intende offrire agli studenti di filosofia come al pubblico piú in generale una piccola e originale scuola di pensiero filosofico.
Questo secondo volume circoscrive e analizza le cinque parole-chiave dell'antropologia filosofica: Uomo, Coscienza, Corpo e Anima, Libero arbitrio e Morte.
Scritto in uno stile limpido e semplice, ma di livello teoretico sempre elevato, il libro si confronta con le problematiche filosofiche connesse a questi concetti fondamentali, riservando una particolare attenzione ai temi di dibattito piú caratteristici della nostra epoca e disegnando un quadro filosofico d'insieme dell'essenza dell'uomo.
Anche in questo volume, l'autore non si è astenuto dall'esprimere una propria posizione filosofica, riconducibile da un lato alla filosofia analitica, ma ancor piú profondamente legata alla tradizione della filosofia occidentale, la cui immagine dell'uomo contiene una irriducibile componente spirituale.
Vi è mai capitato di stare svegli tutta la notte, assillati da pensieri del tipo: come facciamo ad essere sicuri della realtà del mondo esterno? Forse non siamo altro che cervelli senza corpo, fluttuanti in una vasca, in balìa dei capricci di qualche scienziato pazzo… Questo tormentoso interrogativo e i tanti altri ad esso simili – dal problema dell’esistenza di altre menti alla nave di Teseo, dal rasoio di Ockham al paradosso del barbiere – sono stati oggetto di riflessione e congetture filosofiche da Platone a Putnam. Attraverso 50 brevi saggi, accessibili nel con tenuto e brillanti nella scrittura, Ben Dupré introduce e spiega questioni cruciali relative a co noscen za, coscienza, identità, etica, giustizia, lin guag gio, senso ed estetica: si tratta di questioni che hanno sempre animato il dibattito filosofico, dagli antichi Greci ad oggi.
In breve
Tutto è per sempre. Oggi tutto è scritto, tutto si può ritrovare. L’esplosione della scrittura svela l’essenza del legame sociale, la documentalità. Perché è necessario lasciar tracce: altrimenti non ci sarà niente nessuno in nessun luogo mai.
Questo libro parla di oggetti come i soldi e le opere d’arte, i matrimoni, i divorzi e gli affidi congiunti, gli anni di galera e i mutui, il costo del petrolio e i codici fiscali, il Tribunale di Norimberga e le crisi finanziarie. Sono gli oggetti sociali, cioè le iscrizioni che affollano il nostro mondo decidendo se saremo felici o infelici. Queste scartoffie le detestiamo eppure facciamo la fila per averle, e si accumulano nelle nostre tasche, nei portafogli, nei cassetti, nei telefonini, nei computer e negli archivi di ogni sorta che ci circondano, nel mondo reale e in quello virtuale. Ecco il motivo per cui questa teoria del mondo sociale si intitola Documentalità: la società della comunicazione è in realtà una società della registrazione e della iscrizione. Lo è sempre stata, ma lo è a maggior ragione oggi, con l’esplosione della scrittura e degli strumenti di registrazione, che svela come meglio non si potrebbe l’essenza del mondo sociale. Un mondo in cui persino i media, quelli che dovrebbero darti la vita in diretta, sono i massimi produttori di spettralità. Un mondo in cui la profezia di Warhol secondo cui un giorno ognuno di noi avrà i suoi quindici minuti di notorietà significa anzitutto: ognuno di noi sarà uno spettro per almeno quindici minuti, su YouTube o da qualche altra parte.
Indice
Matrimoni e anni di galera - Istruzioni per l’uso - 1. Catalogo del mondo 1.1. Esemplari - 1.2. Soggetti - 1.3. Oggetti - 2. Ontologia ed epistemologia 2.0. Dagli atomi alle multe - 2.1. Fallacia trascendentale - 2.2. Differenze ontologiche - 2.3. Teoria dell’esperienza - 3. Oggetti sociali 3.0. Testualismo e oggetti sociali - 3.1. Epistemologia sociale - 3.2. Realismo e testualismo - 3.3. Oggetti, atti, iscrizioni - 4. Icnologia - 4.0. Sulle tracce dello spirito - 4.1. Registrazione e imitazione - 4.2. Scrittura, archiscrittura, pensiero - 4.3. Genesi e struttura delle iscrizioni - 5. Documentalità - 5.0. Scienze della lettera - 5.1. Documenti - 5.2. Opere - 5.3. Fenomenologia della lettera - 6. Idiomi - 6.0. Lasciar tracce - 6.1. Che cosa significa una firma? - 6.2. Le style c’est l’homme - 6.3. Epilogo: undici tesi - Note - Nota al testo - Indice dei nomi
La condizione dell'uomo della società postmoderna è segnata da alcuni elementi di fondo: ripiegamento su di sé e su quel che, per sé, nel presente si può ottenere; atteggiamento di semplice spettatore nei confronti del male del mondo; crisi dell'idea di doveri assoluti verso se stessi e verso gli altri; riduzione dell'altruismo a gesto sporadico e non impegnativo; precarizzazione e frammentazione delle condizioni di esistenza e di lavoro e conseguente difficoltà di definire momenti comuni di lotta contro le ingiustizie e le disuguaglianze esistenti; attenuazione o blocco della coscienza critica per effetto dell'azione dei mezzi di comunicazione di massa orientati da ben determinate forze economiche e sociali; progressivo venir meno delle tutele e garanzie dello Stato sociale ecc. In questa stessa società si affacciano, tuttavia, processi e movimenti, sia teorici che pratici, in controtendenza rispetto al carattere dominante dell'epoca: una certa ripresa dell'impegno politico o, in ogni caso, di interesse per le questioni pubbliche, movimenti ecologisti e animalisti, crescita del volontariato, iniziative dell'economia solidale ecc. Essi ripropongono, in particolare, il tema della responsabilità dell'uomo verso l'altro, intendendosi, questa volta, per "altro", non solo l'altro uomo, ma anche - e si tratta di un mutamento epocale dal punto di vista etico - il mondo naturale non umano.
Ceruti M.
Il vincolo e la possibilità
Presentazione di Heinz von Foerster
Il libro
Un classico della filosofia della scienza, tradotto in molte lingue e ora riproposto con una nuova introduzione dell’autore.
Il vincolo e la possibilità è il testo che più ha contribuito a riformulare i linguaggi di numerose scienze umane in una prospettiva sistemica e complessa: dalla psicologia alla psicoterapia, dalle scienze della formazione alla pedagogia, dalla bioetica alla biologia, dalla sociologia all’urbanistica.
L'autore
Mauro Ceruti, uno dei protagonisti del pensiero della complessità, è professore ordinario di Filosofia della scienza all’Università di Bergamo. Tra i suoi libri pubblicati nelle nostre edizioni, Solidarietà o barbarie (con G. Bocchi, 1994) e Educazione e globalizzazione (con G. Bocchi, 2004).
Un classico del pensiero filosofico contemporaneo, sia per il significato epocale degli interrogativi estetici, religiosi e filosofici che pone, sia per il suo originale carattere teoretico. Bloch affronta in queste pagine la dimensione utopica del pensiero, delineando una "ontologia del non ancora" segnata dal marxismo e dalle avanguardie artistiche del Novecento. Dall'incontro con il sé al valore dell'ornamento, dalla filosofia della musica alla forma "incostruibile" dei problemi, si sviluppa una sorprendente concezione della storia contemporanea. E chiamando a raccolta gli antichi maestri, da Kant a Marx, da Schelling a Hòlderlin, individua nella forza della tradizione una possibilità ancora tutta da realizzare.
Un'opera fondamentale per comprendere il pensiero di Bachelard e insieme il ritratto di uno dei più misteriosi poeti del XIX secolo
Lautréamont, pseudonimo di Isidore Ducasse (1846-1870), è l’autore - rimasto a lungo senza biografia - dei Chants de Maldoror, opera dirompente e visionaria che dal suo primo apparire eserciterà il suo fascino su simbolisti e surrealisti e catturerà l’attenzione di poeti, letterati, critici, soprattutto nei momenti di rottura culturale o di crisi nella concezione della lingua. Il Lautréamont di Gaston Bachelard produce una svolta nella letteratura critica: abbandona le chiavi di lettura della follia, dell’alienazione, della biografia, del formalismo e ripercorre il testo dei Chants attraverso tutta la simbologia che lo attraversa, giudicandone il bestiario, le metamorfosi animali, misurandone la distanza da Kafka, Leconte de Lisle, Eluard, Wells, cogliendone i complessi della vita animale e della cultura che organizzano il testo e dando avvio a quella teoria dell’immaginazione dinamica che troverà piena tematizzazione nelle opere successive. Lautréamont è, al tempo stesso, un’opera articolarmente significativa per comprendere il pensiero di Bachelard negli anni in cui, a partire dalla Psicoanalisi del fuoco, la produzione epistemologica viene abbandonata e, attraverso le opere della rêverie degli elementi - fuoco, acqua, aria e terra - e poi delle poetiche, affiora l’interesse verso l’asse soggettivo della conoscenza. Interpellando senza tregua la nostra lettura, Bachelard mostra come la «poesia dell’eccitazione, dell’impulso muscolare» di Lautréamont sia «un’accumulazione di istanti decisivi» che attraversa il testo delineando una strategia dell’umano che è incessante trasformazione di sé, innesto dei valori intellettuali nell’arbitrario bruciarsi delle immagini, conversione del valore naturale in un’oltranza che si proietta incessantemente al di là di se stessa. Introdotto da Francesca Bonicalzi, il testo si avvale dei contributi critici di Aldo Trione e Filippo Fimiani.