
Il Vangelo di Giovanni, da molti considerato il più bello, da altri il più complesso e profondo, letto, spiegato e commentato passo dopo passo da Papa Francesco. Cos'è, cosa rappresenta per noi la Luce che viene nel mondo, che scende a rischiarare le tenebre? Come dobbiamo fare per riconoscere ogni giorno il Verbo negli altri uomini, negli ultimi, in tutta la creazione? Francesco riflette sul grande mistero che sta al cuore della fede e, con semplicità, ne attualizza il significato per le nostre vite, in un'epoca in cui è apparentemente difficile trovare le tracce del divino nel mondo. Il Papa esorta a mettere le Scritture, e in primo luogo la Parola di Gesù, al centro del cammino spirituale di ogni cristiano e le propone alla ricerca del senso di una società in crisi, esortando ognuno a non scoraggiarsi e a cercare, con gioia, lo Spirito di Dio in tutte le cose.
La decisione e la scelta si collocano al cuore d spiritualità di Ignazio di Loyola. Il santo spagnolo propone una via di crescita interiore che si compie in primo luogo nell'azione, intesa come reazione della volontà di Dio in terra. "Cercare e trovare Dio in tutte le cose", fondamento di questa visione, vuol dire per Ignazio non recintare la dimensione religiosa in uno spazio di ritualità più o meno esteriore, ma vivere e soprattutto agire nella vita quotidiana in costante rapporto con il divino. Prendere una decisione diventa così una vera e propria forma di preghiera. Ignazio elabora, nel corso della sua vita, un modello di discernimento e deliberazione che assume una valenza universale, unendo l'indagine intima alla rigorosità logica, la razionalità a una profonda tensione mistica. Gli scritti qui raccolti, in un percorso che va dalle celebri pagine degli Esercizi spirituali sulla decisione fino agli esempi concreti della vita di Ignazio, possono costituire un vero e proprio "manuale spirituale" per prendere una decisione.
I Vangeli letti da Papa Francesco. In quattro volumi, tutti i Vangeli commentati, passo dopo passo, ripercorrendo tutte le tappe della vita e della predicazione di Gesù dai diversi angoli di visuale proposti dagli evangelisti Marco, Matteo, Luca e Giovanni. Un modo per avvicinarsi al nucleo decisivo della Parola cristiana mettendolo in rapporto con i problemi, i dubbi, le aspettative del mondo di oggi. Una lettura per ogni giorno, per i momenti decisivi della vita, per le pause di meditazione. Un’opera utile per chi è alla ricerca, per chi vuole affrontare per la prima volta i Vangeli, per chi vuole capire meglio il magistero del Papa, per la lectio di ogni fedele cristiano e per i sacerdoti.
La figura della Madre di Dio nelle parole di papa Francesco. All'interno dei Vangeli, rifulge la presenza discreta e silenziosa di Maria di Nazaret, che accoglie e accompagna la vita del Figlio con la forza della sua tenerezza e la profondità della sua fede. Il Pontefice, commentando i pochi passi biblici a lei dedicati, presenta il delicato ritratto di una madre capace di parlare al cuore degli uomini e delle donne di oggi. Madre del silenzio, che custodisce il mistero di Dio e ci libera dall'idolatria del presente; Madre della bellezza, che ci permette di tornare alla freschezza delle origini; Madre della tenerezza, avvolta di amore e pazienza, che ci fa riscoprire la gioia di una Chiesa umile e fraterna.
Le lettere dell'Apostolo delle Genti lette e commentate, passo dopo passo, da Papa Francesco. Nelle parole del Pontefice torna attuale il dialogo costante di Paolo con le sue comunità, che vivono una quotidianità segnata da entusiasmi, problemi, contrasti. Ad esse l'Apostolo, generoso e impulsivo, forte e tenero al contempo, testimonia il segno indelebile lasciato nella sua vita dall'incontro con Gesù Cristo: l'incontro con la grazia. Un'occasione capace di trasformare, di rendere liberi, di mutare la debolezza in forza. Le sue comunità non sono diverse dalle nostre. Francesco invita così ogni uomo a riconoscere di essere chiamato all'esaltante e impegnativo compito di essere il portatore del tesoro della grazia di Dio nel vaso di creta delle proprie fragilità.
Il libro degli "Atti degli apostoli" letto da Papa Francesco. Un affresco della fisionomia della prima comunità cristiana, dell'itinerario di diffusione del messaggio di salvezza di Gesù risorto da Gerusalemme fino a Roma, delle persecuzioni, della missione evangelizzatrice di san Paolo. Una comunità reale e umanissima, con le sue debolezze e il suo dirompente bisogno di annunciare con coraggio la buona novella del vangelo. Un modello e uno stimolo che le parole del pontefice additano all'oggi della nostra vita ecclesiale.
Il libro del profeta Isaia letto da Papa Francesco. Il Pontefice ne ripercorre e attualizza l'intenso messaggio di pace e di speranza, l'accorata esortazione alla solidarietà e alla giustizia, la promessa di una salvezza per sempre. Nelle visioni profetiche e nel canto poetico di quello che è stato definito «il Dante della letteratura ebraica» risuona l'annuncio di gioia, di pace e di speranza: il "lieto messaggio" di un Padre che ama, educa, sorregge, consola, corregge i suoi figli. Ora come tremila anni fa.
Scritto durante l'esilio londinese, il saggio muove da una riflessione critica sulla parola "persona" che aveva fondato la corrente del personalismo di Emmanuel Mounier. Il testo è però molto più che l'espressione di una rivendicazione semantica: è una luminosa meditazione filosofica sulla nozione di "diritto", di "democrazia", di "giustizia", di "male" e di "bellezza". Weil riflette sul fondo nascosto, impersonale, di ciascuno di noi, da cui risale la domanda: "Perché mi si fa del male?", l'unica in grado di dare fondamento al rispetto dovuto a ogni essere umano e alla sua esigenza di giustizia. Il "grido muto" che riaffiora in queste pagine, nella sua semplice immediatezza, smantella i cardini dell'intera riflessione politica dell'Occidente: il primato dei diritti individuali, il culto delle idee astratte, il predominio del linguaggio razionale su qualsiasi altro.
Per la prima volta in un volume monografico le riflessioni sul sentimento dell’amicizia del grande pensatore, matematico e mistico russo.
«L’amicizia è la visione di sé negli occhi dell’altro», e in questo riconoscersi, nella condivisione totale della gioia e del dolore dell’esistenza, incomincia la rivelazione della Verità. Per Pavel Florenskij – il filosofo che ha saputo unire la poesia e la scienza nella fede – l’amicizia è la più elevata forma di conoscenza. Una conoscenza che si attua nell’azione, che vive di fedeltà assoluta e che rappresenta, sulla Terra, l’emanazione della forza di Dio che ama.
L’amicizia è l’undicesima delle dodici lettere contenute nel trattato La colonna e il fondamento della verità, uscito per la prima volta nel 1914 e summa del pensiero del filosofo russo. La scelta della forma epistolare non è un espediente retorico, ma una necessità profonda nella quale il vissuto di Florenskij e la sua riflessione teoretica si riflettono l’uno nell’altra.
Il “tu” a cui sono rivolte le lettere è infatti il genero Sergej S. Troickij, tragicamente morto anni prima. Tutto il testo, nella sua ricchezza enciclopedica e nei suoi vertici di lirismo, è allora anche il frammento di un dialogo ininterrotto con l’amico perduto, eppure, per sempre presente.
«L’amicizia come nascita misteriosa del Tu è il luogo nel quale incomincia la rivelazione della Verità […]. Questa rivelazione si compie nell’amore personale e sincero di due persone, nell’amicizia, quando a chi ama è concesso in forma previa, di distruggere l’autoidentità, di abolire i confini dell’Io, di uscire da se stesso e di trovare il proprio Io nell’Io dell’altro».
Pavel A. Florenskij
(Evlach, 1882 – Leningrado, 1937) Filosofo, teologo, matematico, inventore e religioso russo. La recente riscoperta della sua opera, dopo la fine del regime sovietico, lo ha collocato tra i massimi pensatori del Novecento. Laureato in matematica e fisica, si iscrive all’accademia di teologia e viene in seguito ordinato sacerdote. Nel 1933 viene accusato di attività controrivoluzionaria e condannato ai lavori forzati, dove continua tuttavia a scrivere e a brevettare invenzioni fino alla fucilazione, avvenuta l’8 dicembre 1937 nei pressi di Leningrado. Nei suoi scritti ha toccato, e intrecciato tra loro, i domini dell’arte, della fede, della scienza , della poesia e dell’esperienza intima; ricordiamo: Le porte regali (Adelphi, 1977), Il simbolo e la forma (Bollati Boringhieri, 2007), La colonna e il fondamento della verità (San Paolo, 2010) e Non dimenticatemi. Lettere dal gulag (Mondadori, 2000).
Il Papa si è dimesso. Il 28 febbraio – dopo quasi otto anni dalla sua elezione – Benedetto XVI lascia il pontificato spiegando di non farcela più. Stanco e malato, Joseph Ratzinger ha portato a termine la missione che si era posto: fare un po’ di pulizia e scrivere il canovaccio su come sarà la Chiesa cattolica negli anni a venire. Il conclave che eleggerà il nuovo Papa, infatti, lo ha disegnato lui, creando sempre meno cardinali occidentali e scegliendo i Principi della Chiesa nelle fila del Terzo mondo. Il primo pontefice dimissionario in tempi moderni, che nell’ultima parte del suo mandato ha dovuto affrontare gli scandali e le incomprensioni interne alla Curia romana. Sebbene le vicende del Vatileaks abbiano scosso i più stretti collaboratori, Ratzinger non ha mai perso di vista l’obiettivo di traghettare la Chiesa cattolica fuori dagli schemi del potere temporale. Benedetto XVI non ha trascinato le folle ma ha risvegliato le passioni intellettuali dei più attenti osservatori del mondo cattolico e, all’interno della comunità ecclesiale, la sua azione e il suo pensiero hanno messo in risalto sempre più lo scollamento fra le gerarchie e i fedeli. Molto per un Papa eletto per essere «di passaggio» e che, al contrario, ha avuto la capacità di pensare una Chiesa post apocalittica.
Lucia Visca
è giornalista. Già collaboratrice di «Paese Sera», ha lavorato nelle redazioni di diversi quotidiani del Gruppo Espresso. Attualmente dirige le testate elettroniche «Atlante», «Technet» e «Geopolitica». Per Castelvecchi ha pubblicato Pasolini, una morte violenta.
Bernardo di Chiaravalle dedicò questi consigli a Eugenio III, suo discepolo e Papa dal 1145 al 1153, in un periodo estremamente difficile per la Chiesa di Roma. Gli scandali, la diffusione delle eresie e il malcontento popolare, guidato dalla predicazione del riformatore Arnaldo da Brescia, costrinsero più volte il Pontefice all'esilio. In questo clima di incertezza spirituale e instabilità politica, una situazione di emergenza che aveva strappato il monaco dalla vita contemplativa, Bernardo mette in guardia l'ex-discepolo su coloro che lo circondano e sull'ambiente che si troverà ad affrontare: "Puoi mostrarmene uno che abbia salutato la tua elezione senza aver ricevuto denaro o senza la speranza di riceverne? E quanto più si sono professati tuoi servitori, tanto più vogliono spadroneggiare". Mescolando sapientemente intelligenza politica ed esortazione spirituale, Bernardo non si limita alla critica dei mali della Chiesa, ma richiama il nuovo Papa ai suoi doveri, ad essere sempre pronto a eseguire la volontà di Dio, ad assomigliare agli angeli, nei quali "la contemplazione e l'azione coesistono in maniera armonica e complementare".
"Al di sopra delle istituzioni, destinate a tutelare il diritto, le persone, le libertà democratiche, bisogna inventarne altre destinate a discernere e a eliminare tutto ciò che nella vita contemporanea schiaccia le anime sotto il peso dell'ingiustizia, della menzogna e della bassezza. Bisogna inventarle, perché sono sconosciute, ed è impossibile dubitare che siano indispensabili".

