
Attraversando tutta l'opera di Shakespeare, da una commedia giovanile poco frequentata dalla critica quale "I due gentiluomini di Verona" a opere capitali come "Il sogno di una notte di mezza estate" e "Giulio Cesare", fino agli esiti tardi e supremi della "Tempesta" e del "Racconto d'inverno", Girard ha ritrovato in tutti i suoi ingannevoli meandri la drammaturgia del conflitto mimetico, che ha al suo centro il peccato più inconfessabile: l'invidia. Alla fine il risultato è duplice: da una parte la teoria di Girard si riveste del sontuoso tessuto della parola shakespeariana; dall'altra il testo di Shakespeare dà una grossa prova della sua inesauribilità, rivelando scorci, strutture e prospettive sconvolgenti.
In questo saggio Girard prende per mano il lettore e illumina il meccanismo della persecuzione e del sacrificio. In particolare colpiscono per la loro radicale novità le interpretazioni di parabole ed episodi dei Vangeli. Vediamo qui compiersi quell'oscillazione decisiva per cui la vittima sacrificale non consente più alla colpa che le viene attribuita ma diventa l'innocente che come tale si rivendica. Così il capro espiatorio si trasforma nell'agnello di Dio. Tale modifica non arresterà la persecuzione che potrà assumere proporzioni inaudite, come testimonia la storia contemporanea.
In ciascuno dei suoi libri Girard si sforza di stringere più da vicino l'essenziale. Negli oltre 20 anni passati da "La violenza e il sacro", l'essenziale è stato per lui un pensiero: il meccanismo del capro espiatorio. Pensiero che ha una prodigiosa capacità di espansione e investe tutti i piani della vita. Nelle sue opere più recenti, Girard ha cercato di mettere a fuoco tale meccanismo, nel tentativo costante di gettar luce su un punto cruciale: l'unicità della rivelazione cristiana, il perché del suo opporsi a tutte le precedenti. Sfida quanto mai ardua, che Girard accetta fino in fondo: "il carattere irriducibile della differenza giudeico-cristiana può essere dimostrato. E' tale dimostrazione che costituisce l'essenza di questo libro".
A più di un trentennio dall'uscita del suo libro capitale, il filosofo e antropologo francese riassume e proietta in avanti i fondamenti della propria visione in un testo composito il cui cuore pulsante è una serrata intervista con Maria Stella Barberi. Il testo risponde a obiezioni che vengono da tempo rivolte all'autore, trattando argomenti poco affrontati nei precedenti scritti. Tra questi, spicca l'analisi del terrorismo considerato come conflitto mimetico o l'esplorazione del cosiddetto "etnocentrismo" della cultura occidentale. Non privo di punte polemiche - la più acuminata contro Lévi-Strauss - questo volume rappresenta per Girard un modo di fare il punto sullo stato attuale delle ricerche che lo impegnano da più di quarant'anni.
"Il titolo intende riferirsi alla voce che per tutta la vita mi sono sforzato di ascoltare e trascrivere" spiega René Girard. E quella voce - rimasta sempre coperta dal "nostro coro unanime" e dalle "mode tiranniche" dell'antropologia - è l'urlo del capro espiatorio, vittima del "linciaggio fondatore". La "realtà" sarebbe dunque quella svelata da una teoria di poderosa forza ermeneutica, che si erge come un monolito sulla cultura degli ultimi decenni e pervade l'intera opera di Girard: "una teoria che non capisco se sia stato io a creare o se non mi abbia piuttosto creato lei: la teoria denominata mimetica". E ispirati dalla teoria mimetica sono anche gli scritti raccolti in questo volume, in cui il pensiero di Girard si addensa e al tempo stesso si espande con eccezionale vigore in quei territori catacombali dove è impossibile distinguere tra filosofia, antropologia, letteratura e religione.
I rovinosi contagi dei terrorismi e dei fondamentalismi del nostro tempo epoca di ostilità totale e imprevedibile, in cui gli avversari mirano al reciproco annientamento - testimoniano in modo definitivo, afferma René Girard, che la violenza "mimetica" è la legge dei rapporti umani. Una legge che trovò inopinatamente la sua più radicale formulazione, poco tempo dopo la caduta di Napoleone, in un ufficio della Scuola Militare di Berlino, dove Carl von Clausewitz lavorava alla stesura di un trattato sulla guerra destinato a vedere la luce dopo la sua morte. Nel desiderio di affrontare l'argomento in modo più razionale rispetto agli strateghi che l'avevano preceduto, il generale prussiano arrivò in realtà a toccare il nucleo di un fenomeno assolutamente irrazionale: quello di uno scontro fatalmente portato all'estremo. Ma indietreggiò di fronte alla sua folgorante intuizione. "Che cosa succede quando si arriva alle estreme conseguenze, di cui Clausewitz intravede la possibilità prima di dissimularla dietro considerazioni strategiche?". Questa è la domanda che bisogna porsi oggi. "Dobbiamo dunque" dice René Girard "portare Clausewitz all'estremo, andando fino alla fine del tragitto che lui stesso ha interrotto". Girard lo fa nella forma dinamica di un lungo colloquio con Benoît Chantre, volgendosi anzitutto "a testi che nessuno sembra più leggere, in primo luogo quello di Clausewitz, quindi gli scritti apocalittici".
Sullo sfondo di questioni di grande rilevanza - terrorismo religioso, stigmatizzazione del diverso - René Girard indaga alle radici del rapporto tra religione e violenza: nelle religioni arcaiche e, a partire da queste, nelle Scritture e nei Vangeli, fino a risalire all'uso moderno della forza. Mette così in luce la necessità di tale rapporto e, articolando la propria riflessione, presenta una panoramica delle teorie confluite nella sua "antropologia fondamentale": il desiderio mimetico, la violenza contro le vittime, il meccanismo del capro espiatorio, l'apocalisse e le divergenze nelle pratiche rituali e nei dogmi religiosi. Sapientemente incalzato dal teologo Wolfgang Palaver, curatore del libro, Girard introduce nel suo pensiero questioni di stringente attualità.
Il percorso del desiderio non è affatto rettilineo: imbocca tangenti, disegna triangoli, si avvita in circoli viziosi. La coquette, il masochista, il seduttore, tutti si lasciano coinvolgere in un balletto affascinante la cui coreografia sfugge loro. René Girard rilegge alla luce di questa fondamentale intuizione i personaggi della letteratura, mostrando che i più grandi scrittori sono dei "geometri del desiderio". In Dante (Paolo e Francesca), Shakespeare (Giulietta e Romeo) e altri, il gioco dell'amore ubbidisce alle leggi implacabili del desiderio mimetico, secondo le quali c'è un terzo termine nell'equazione amorosa: il modello che l'amante segue, che tenta di imitare e che rende desiderabile l'oggetto del suo desiderio. Un nuovo straordinario tassello che Girard aggiunge alla sua analisi dell'amore nella letteratura e nella storia dell'Occidente.
L'autore affronta in questo libro temi sociologici e antropologici oggi molto attuali: il dilagare dell'anoressia e dei disordini alimentari, l'angoscia della solitudine, l'invidia, e in particolare il risentimento, la necessità umana di fondare l'ordine sociale, le apparenze culturali e religiose attraverso l'esclusione di capri espiatori. Secondo l'autore, l'uomo agisce sempre desiderando di essere un altro, che è ad un tempo modello e rivale: ecco il fuoco dell'invidia e del risentimento, ecco le prime micce della violenza e dell'esclusione. Girard mette in luce lo specifico delle interazioni sociali della società contemporanea e ne mostra le forme perverse e spesso esasperate.
René Girard prende per mano il lettore e affronta, da un nuovo punto di vista, il grande tema da sempre al centro della sua opera: il meccanismo della persecuzione e del sacrificio. La sua analisi interroga la più potente riflessione religiosa sul processo sacrificale, quella dell'India vedica, comparandola alla tradizione della Bibbia e del Vangelo e mostrando come i tratti comuni nelle due tradizioni consentano di far luce sulla pratica e sul rito del sacrificio.
«Perché l’anoressia colpisce alcune donne piuttosto che altre? Gli individui sono più o meno rivalitari, e il caso della magrezza non è differente da molti altri ambiti. Le donne anoressiche vogliono essere campionesse della loro categoria. Lo stesso accade nel mondo della finanza. La differenza consiste nel fatto che il desiderio di essere più ricco degli altri non è ritenuto patologico. Al contrario, il desiderio di essere più magro, se viene spinto all’estremo, possiede degli effetti funesti visibili sul piano fisico. Ma una volta che una ragazza ha scelto di diventare anoressica, ciò significa che essa ha scelto questo ambito di concorrenza, ed è molto difficile abbandonare la gara prima della vittoria, cosa che implicherebbe una rinuncia al titolo di campionessa. Il risultato finale è tragico nei casi estremi, ma ciò non deve farci perdere di vista il fatto che l’ossessione per la magrezza caratterizza tutta la nostra cultura, e non è in nessun modo un tratto distintivo di queste giovani ragazze. […] L’imperativo che spinge queste donne a lasciarsi morire di fame proviene da tutta la società. È un imperativo unanime. Da questo punto di vista, quindi, è strutturato come un sacrificio. E il fatto che sia qualcosa di inconscio dimostra in modo piuttosto inquietante che nel nostro mondo vi è una sorta di ritorno alla cultura sacrificale arcaica.»
René Girard
L'AUTORE
René Girard è nato ad Avignone il 25 dicembre 1923. Critico letterario e antropologo, dal 1981 al 2005 è stato professore di letteratura comparata presso l’università di Stanford. La sua opera complessiva – incentrata su una critica radicale del pensiero moderno da una esplicita prospettiva cristiana – costituisce uno dei contributi filosofici e intellettuali più significativi del XX secolo. Il 17 marzo 2005 Girard è stato eletto membro dell’Académie française.
RECENSIONI
da «Diva e Donna», 5 maggio 2009
«Non lasciatevi spaventare dal titolo […]: è uno stupendo pamphlet in cui il grande filosofo sviscera con stupefacente maestria i meccanismi dei disturbi alimentari, facendo di questo male lo specchio di un’intera società.»
"La decifrazione della mitologia e del rito è una questione che pertiene alla storia della nostra abilità di riconoscere fenomeni di persecuzione. Quello che ci prefiggiamo di raggiungere è un punto al di là dell'ultimo traguardo raggiunto cento anni fa, quando gli ultimi resti del pensiero magico vennero liquidati. In quel momento la nostra cultura raggiunse una soglia oltre la quale tutti i testi mitici e religiosi dell'umanità divengono materiali da demistificare o "decostruire", allo stesso modo dei processi alle streghe e di altre forme di persecuzione collettiva. Sono ormai cinquecento anni che indugiamo su quella soglia, senza mai trovare il coraggio di oltrepassarla. La teoria mimetica del capro espiatorio è il passo oltre quella soglia".

