
Nato nel cuore della Bielorussia e suddito dell'Impero russo, Oscar Vladislas de Lubicz-Milosz non cessò mai di rivendicare l'antico lignaggio lituano; la sua lingua madre era il polacco, ma questo non gli impedì di diventare un grande poeta cosmopolita di lingua francese. Benché annoverato fra i simbolisti francesi tardivi, Milosz (così scelse di firmare i suoi libri) si sottrae a qualsiasi classificazione. E mentre ovunque si imponevano le Avanguardie e trionfavano gli esperimenti più bizzarri e le innovazioni più disperate, egli scelse di allontanarsi da quella che definiva una "pericolosa deviazione", destinata a suscitare tra il poeta e la "grande famiglia umana" una "scissione" e un "malinteso". Scissione e malinteso che hanno invece, troppo a lungo, oscurato la sua solitaria ricerca, così refrattaria alle curiose ricerche dell'io e così "appassionata del Reale", e oggi più che mai meritevole di uscire dalla ristretta cerchia degli iniziati.
Silloge poetica e raccolta di pensieri a carattere filosofico. L'autore si interroga sull'uomo, sui suoi limiti, sulle sue miserie, ma anche sulle sue innumerevoli potenzialità.
L’opera presenta – nella prima traduzione italiana con testo a fronte – una scelta di poesie di Rowan Williams, arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione Anglicana. I temi affrontati dall’autore sono vari: la morte (in generale e in particolare – dei genitori, di cari amici, di grandi personaggi), il ricordo di alcuni luoghi visitati a Gerusalemme, le impressioni suscitate da alcuni dipinti della tradizione pittorica dell’est europeo, il mondo celtico.
Nel segno di un sano ecumenismo la prefazione del volume è stata curata dal padre gesuita Antonio Spadaro, critico letterario de "La Civiltà Cattolica".
La presente antologia raccoglie le composizioni poetiche di autori nati neglli anni Settanta, ciascuno con un proprio stile ed una propria sensibilita'. Che cosa li accomuna? Una stessa idea del fare poetico.
Raccolta di poesie.
Raccolta di poesie in dialetto veronese. Rime zoppe e ritornelli. Storie dimenticate e segreti sfuggiti, paure e sentimenti a buon mercato, raccontati per sbaglio, senza troppi complimenti, senza alcuna prudenza, senza tante pretese. "El balo de la sèngala": Gira la còtola/tacola gitana/anguàna straòlta/bàtola e 'scolta/volta par volta/volta gabàna/ (la te scapa e la te ciama) Gira la ràcola/strolica butina/regina pitòca/col cor su la boca/bala e strabùca/vola e camìna/ (la se alsa e la se inchina).
Dimore, termine più profondo di casa, abitazione casamento. Termine più nobile e, di contro, meno aulico di magione. Le dimore che il titolo menziona sono nobilitate dal velo delicato del ricordo e della nostalgia, dal riemergere di antiche emozioni e affetti.

