
Questo libro è il risultato di un lavoro iniziato 31 anni fa. Il desiderio di mettere in forma poetica i sentimenti, le riflessioni, la straordinarietà della vita quotidiana fa di questa raccolta una testimonianza raffinata e nello stesso tempo uno strumento di meditazione per tutti quelli che vogliono spendere un po' del loro tempo con la loro intimità, meditando sul loro vissuto per dare voce e consistenza alla loro speranza. Il titolo della raccolta, Sapori dell'Uomo, vuole essere un invito a riconsiderare una caratteristica che si è spenta, persa o forse semplicemente abbandonata; quella della genuina relazione tra l'umano e Dio. Gli intervalli di tempo tra blocchi di poesie - che l'autore chiama "pause danzanti" - vengono considerati come un segno di rispetto al tocco poetico che, libero ed indipendente da tutto, arriva e se ne va senza preavvisi. Se non c'è una continuità tra una poesia e l'altra (perché ognuna nasce dal libero esperessarsi dell'anima che non fa altro che tradurre e contestualizzare sentimenti e pensieri in parole scritte) c'è, però, un filo conduttore comune rappresentato da una parola che ricompare molto spesso; Silenzio, quasi ad indicare la necessità di questo atteggiamento ed una linea invisibile che riunisce tutte queste poesie che è quella della unità nella diversità. Senza pretese ed in modo molto semplice questa raccolta poetica vuole fornire delle tracce per ricordarci che il sapore della nostra umanità va ricercato in una permanente Presenza, fatta di dolce e amaro, felicità e sofferenze, comprensibile ed incomprensibile, che ognuno di noi ha la possibilità di scoprire durante il proprio cammino terreno e che può aprirci la porta verso un Infinito che per molti già si manifesta qui sulla terra.
Dal silenzio di una vita umile, dal duro lavoro nelle cucine dei ristoranti, dalle strade che spazzava come netturbino, è sorta la prosa poetica di Jean Marie Kerwich, con I giorni semplici e L'angelo che zoppica, scritti con un linguaggio di semplicità francescana. Da un uomo delle periferie, da un marginale sconosciuto ai più, da un invisibile della società fiorisce la delicatezza del tratto di queste pagine.
Il libro raccoglie poesie inedite di Alda Merini, scritte in quasi vent'anni, scelte e introdotte da Alberto Casiraghy. Vi sono tutti i temi della grande poetessa milanese: l'amore e la passione, l'amicizia e la pazzia. E forse mai come in questa raccolta c'è anche una vena ironica che corrisponde alla gioia che le dava il suo migliore amico.
Frutto di un viaggio in Giappone, il volume raccoglie le impressioni, le immagini, i ricordi di quell'esperienza scegliendo la forma poetica, come una sorta di "haiku occidentali". Nella loro brevità questi poemi possono stimolare nel lettore un lento e penetrante pensiero, a partire dall'essenziale che l'autore sceglie di trasmettere. "È un libro fascinoso e perturbante. Ci porta lontano, tra i giunchi e i crisantemi del Giappone e insieme scava nella nostra interiorità, ci provoca con le sue domande, con i suoi rovesciamenti di prospettiva, ci incanta con la magia del verso, con la danza turbinosa dei punti di vista" (dalla Prefazione di Lina Bolzoni).
Durante il percorso di questa breve striscia di tempo, si stabiliscono tra gli uomini dei legami, che come ogni cosa, sono destinati a "finire", perché niente dura in eterno, tutto passa, invecchia e muore. Eppure ci sono delle ‘emozioni" che sopravvivono all’'uomo: sono Legami senza tempo. Questa raccolta di poesia si propone di stabilire dei legami di questo genere, non soltanto tra i due autori, Vincenzo ed Emanuel, ma tra tutti coloro che si lasciano affascinare da questa raccolta: semplice, romantica, culturale, ma anche profonda nella sua essenzialità, custodendola in un libro che sopravviva alle varie mode dei tempi.
"Per Edgar Allan Poe (Boston 1809 - Baltimora 1849) la musica è l’arte che più efficacemente eccita ed eleva l'anima, permettendole di accedere al regno etereo della bellezza. Attraverso la sonorità e il ritmo del verso, che spesso assomiglia a una ballata e non di rado presenta una lunghezza variabile, vuole produrre un effetto immediato, incantatorio, vuole coinvolgere il lettore emotivamente, più che indurlo a una riflessione o a una elaborazione concettuale. La sua poesia non si basa infatti su una molteplicità di livelli stratigrafici da indagare in profondità con il pensiero, ma sulla capacita di creare atmosfere suggestive, da un punto di vista tanto scenografico quanto psicologico. Mi auguro che, nel non facile esercizio di trasposizione da una lingua all'altra, sia riuscita a preservare la forza evocatrice dell'autore, che, con estrema originalità (al di la delle posizioni da lui stesso espresse nei suoi saggi, e dei distanziamenti professati), riassume nella sua scrittura diverse sottocorrenti: onirismo, simbolismo, romanticismo, gotico nordico, misticismo, decadentismo". Raffaela Fazio
"il corvo è ovviamente al centro anche di questa antologia di traduzioni delle poesie di Poe, realizzata da Raffaela Fazio, che si segnala per la completezza e insieme per il lavoro linguistico ambizioso e meticoloso. La traduttrice raccoglie coraggiosamente le sfide sonore e ritmiche dell'autore e ci restituisce, con più fedeltà rispetto alle versioni classiche, il battito, la "partitura" della lingua di Poe: rime, assonanze, la cantilena suadente del verso, un certo tono magniloquente eppure accessibile. L'architettura delle poesie viene più compiutamente alla luce, il tono e il registro emergono con più esattezza. E così l'espressivita". Leonardo Guzzo
"I tre drammi che qui si presentano ci portano al centro delle preoccupazioni dello Yeats maggiore, mostrando quanto in esse vi é€ di irrisolto e persino farraginoso ma anche l'ampiezza del suo orizzonte metafisico, speculativo e soprattutto poetico. Dalle grandi sistemazioni mitiche egli passa agli uomini che sbagliano e si tormentano: un torvo vecchio — senza alcuna classica gentilezza — davanti a una casa diroccata.
La scena nuda dell’umanità".Massimo Bagigalupo.
Alcune delle parole di Yeats girano intorno alla figura del Cristo, e alle "cose cui, stando alla teologia cattolica, andremo incontro al termine della vita: la morte, il giudizio, i luoghi-stati della mente che chiamiamo inferno, purgatorio e paradiso. Nei drammi cristici, ce ne sono certe che danno il turbamento di una verità cantata. Parole che insegnano come si poeta col martello, o che, più semplicemente, suonano come girotondi intorno a domande da bambino sfacciato". Massimo Morasso.
Il lirismo di Amanda Gorman, la più giovane poetessa ad aver recitato una poesia alla cerimonia di insediamento presidenziale e autrice bestseller prima in classifica sul «New York Times», riesce a trasformare un momento di naufragio in un canto di speranza e guarigione. Nei suoi versi, ciò che sembra impossibile emerge con forza e ci porta in una dimensione altra, in cui tutto è più chiaro e vivido. In "Chiamateci per quello che siamo", l'autrice esplora la storia, il linguaggio, l'identità e la cancellazione attraverso una raccolta fantasiosa e intima. Sfruttando il dolore collettivo inferto da una pandemia globale, queste poesie illuminano il momento della resa dei conti e rivelano che Amanda Gorman è diventata il nostro messaggero dal passato, la nostra voce per il futuro.
La poesia può tutto. Nonostante il flusso degli eventi, nonostante l'accelerazione dei fatti che portano a una tragica fine, la poesia può risalire al prima, al momento in cui l'omicidio non è ancora avvenuto, e ha il potere di cristallizzare con le parole un attimo che rischia di andare perduto. Perché quando il dramma segna la fine di un'esistenza, non vogliamo che solo quello sia il carico della nostra memoria. Nonostante tutto.
«Il lettore di questa raccolta del sommo poeta mistico persiano Jalal al-D?n Rum?» scrive il curatore Alessandro Bausani, il grande e compianto studioso della civiltà islamica «avrà il privilegio di conoscere - e mi auguro di condividere - un'esperienza spirituale di un'altezza, di una vastità, di una profondità a cui forse la letteratura mistica occidentale non ha saputo giungere. In questi mirabili versi l'ebbrezza mistica, che infonde tutto l'universo - anche l'acqua, l'aria, la terra e il fuoco, la mente e il cuore -, coincide con la più assoluta lucidità intellettuale. La fuga verso Dio, di cui il verso poetico diviene lo specchio fedele, coincide con l'accoglimento delle apparenze più violente e paradossali del mondo; il salto oltre la terra conduce al di là del bene e del male; la stasi spirituale coincide con la più labile e vertiginosa mobilità della fantasia poetica. A questo riguardo, un'ultima, doverosa avvertenza: la poesia, per quanto alta come quella di Rum?, è solo la parte emersa, la minima forse, dell'iceberg del mistico».
«Abbiate cura di impazzire per un abbraccio». Un libro intenso, pieno di luce, del piú antico fra i poeti contemporanei italiani. Con la sua lingua asciutta e lirica, sacrale e domestica, in cui c'è sempre uno scarto, uno slittamento inatteso, una sottile sensualità, Franco Arminio fotografa il corpo spaventato dalla morte e infiammato dall'amore. Non soltanto l'amore carnale, ma quello che ci conferma di esistere: l'amore per un figlio e quello per un angolo di paese, l'amore per una strada e quello per la madre, l'amore per un amico e per chi ci è ancora sconosciuto, al punto da scavare in noi il languore del desiderio. Nei suoi versi l'incontro erotico, sentimentale, è sempre un viatico verso Dio, raggira la morte e la corteggia, è miracolo ed epifania. Arminio dedica poesie e prose commoventi anche agli amori - vissuti o mancati - di altri scrittori e poeti, da Kafka a Pasolini, da Susan Sontag ad Amelia Rosselli, trovando una voce nuova per indagare il coraggio di essere fragili che ognuno di noi ha sentito innamorandosi, «il mistero di raggiungere nello stesso tempo il corpo di un altro e il nostro». «Uno dei poeti piú importanti di questo Paese» (Roberto Saviano). «Gli basta una manciata di sillabe, connesse da un gioco sapiente di rime ed assonanze, e un intero destino si staglia nettamente sul bianco della pagina. Come accadeva in certi indimenticabili epigrammi composti in vecchiaia da Giorgio Caproni» (Emanuele Trevi). «Poesia delicata, volatile, breve, ma esatta e lavorata giorno dopo giorno» (Valerio Magrelli). «Leggere Arminio è un'esperienza indimenticabile» (Marco Belpoliti). «Arminio è uno scrittore raro: scrive con tutto il corpo e si accorge di tutto quello che succede ai corpi altrui, di dentro e di fuori» (Domenico Scarpa).