
In questi versi di Ingeborg Bachmann, postumi e pubblicati per la prima volta in Italia, rivivono, come in un caleidoscopico addio alla vita, tutte le migliori e più feconde tensioni della sua poesia, e si combinano in una sorta di viaggio disperatamente lirico che ci proietta ai confini della sua e della nostra esistenza. I testi si accumulano e si raggomitolano intorno a temi ripetuti in maniera ossessiva: la morte, il dolore dell'essere creato, il lutto per la poesia perduta, la critica ai mali della modernità.
Nella cultura araba la poesia riveste da sempre un ruolo preminente tra le varie forme di espressione artistica. Agli inizi degli anni Sessanta, Adonis e un gruppo di giovani intellettuali fondarono Shi'r (Poesia), una rivista che segnò un importante momento di rottura con gli schemi poetici classici e la metrica tradizionale, per esprimersi nelle nuove forme della prosa e del verso libero, pur rispettando la tradizione linguistica araba. Sono di questi anni le opere più innovative del poeta, tra cui "Singolare in forma di plurale", dove si definisce la sua personalità connotata da una grande capacità di scrittura, ricchezza di linguaggio e da una profonda analisi teorica. Questo testo accoglie il lettore con uno stuolo di interrogativi sin da subito, a partire dal titolo enigmatico. È un'opera che dissolve i confini, e non soltanto tra singolare e plurale, tra contingente e assoluto, ma anche tra soggettivo e storico, privato e pubblico, presente e passato, agito e pensato. Così, non appena il poeta comincia a tratteggiare le sue tante vite instabili e i loro mondi, compie un viaggio in cui si compenetrano l'immaginario soggettivo e quello altrui, l'immaginario del mondo e del passato con le sue tante stratificazioni, dove si confondono il tempo del borgo e quello privato, la filosofia e la semiologia, l'astronomia e la religione, le visioni dei veggenti e le rivolte dei contestatori, l'estasi del corpo erotizzato e l'ascesi del risveglio e della rinascita...
È una vicenda lunghissima quella del Natale cantato in poesia, una tradizione che gioca d'anticipo sull'evento storico della nascita di Gesù e che ancora oggi, a due millenni di distanza, non si è interrotta. Questa antologia vuole provare a muoversi su tre direttrici, che di frequente si articoleranno in snodi e scorciatoie. Troveremo le poesie dell'attesa, le poesie della festa e le poesie della nascita. Pur sentendosi fin d'ora autorizzato a sconfinare da una sezione all'altra, il lettore sappia che il percorso non è arbitrario. La concatenazione tra una poesia e l'altra è messa al servizio di un racconto nel quale ciascuno potrà riconoscere qualcosa di sé e della propria storia personale. Tra gli autori: Attilio Bertolucci William Blake, Mario Benedetti, Jorge Luis Borges, Giorgio Caproni, Dino Buzzati, Iosif Brodskij, Gilbert Keith Chesterton, Raffaele Crovi, Emily Dickinson, Danilo Dolci e ancora antiche liriche irlandesi, John Donne, Elio Fiore...
Nella lettera apostolica "Porta fidei" papa Benedetto XVI afferma: "La conoscenza della fede introduce alla totalità del mistero salvifico rivelato da Dio. [...] Per accedere a una conoscenza sistematica dei contenuti della fede, tutti possono trovare nel Catechismo della Chiesa Cattolica la loro sintesi sistematica e organica". Proprio dalla lettura e dalla meditazione del Catechismo nasce quest'opera poetica, che si sviluppa seguendo tutti gli argomenti: la professione di fede con i misteri della Trinità, i sacramenti, la vita sociale, i dieci comandamenti, la preghiera.
"Disputa cometofantica" di Lucio Saffaro è una narrazione in forma di poesia. Della narrazione ha tutte le caratteristiche: c'è una vicenda, c'è un paesaggio, ci sono dei personaggi. Il presente di Saffaro è il presente della parola creatrice. Non al cielo delle stelle fisse chiede di volgersi, ma, secondo la definizione agostiniana, all'eternità: "Hodiernum tuum aeternitas": il tuo oggi è l'eternità. L'eternità come presente della parola poetica, che permane come permane la forma del tempo in tutte le sue forme; quella forma che Mario Luzi chiama il "punto vivo, il punto pullulante dell'origine continua".
"Io sono uno degli altri" scrive Scotellaro nel frammento Autoritratto, e non stupisce che sia proprio questa l'idea che il poeta aveva di sé: un uomo come gli altri, un uomo inserito nella storia del suo tempo, del suo paese, nella vita di tutti i giorni. Spesso definito "poeta contadino", ha assunto per anni un ruolo marginale nel quadro della letteratura italiana del Novecento, rimanendo legato all'idea di cultura "popolare" e "tradizionale" della sua terra, la Lucania, e ricordato quindi come poeta lucano o poeta dei contadini. Ma Scotellaro è stato, ed è tutt'ora, poeta italiano.
Giuliana Morandini è nata a Udine e vive tra Venezia e Roma. Si è occupata del rapporto tra letteratura e psicoanalisi e di scrittura femminile con E allora mi hanno rinchiusa (1977) e La voce che in lei (1980). Ricordiamo poi i suoi romanzi di atmosfera mitteleuropea: I cristalli di Vienna (1978), Angelo a Berlino (1987), Sogno a Herrenberg (1991), Giocando a dama con la luna (1996); presso Marietti ha pubblicato Sospiri e palpiti (2001) Premio Speciale della Giuria -Premio Rapallo 2002.