
Frutto di un viaggio in Giappone, il volume raccoglie le impressioni, le immagini, i ricordi di quell'esperienza scegliendo la forma poetica, come una sorta di "haiku occidentali". Nella loro brevità questi poemi possono stimolare nel lettore un lento e penetrante pensiero, a partire dall'essenziale che l'autore sceglie di trasmettere. "È un libro fascinoso e perturbante. Ci porta lontano, tra i giunchi e i crisantemi del Giappone e insieme scava nella nostra interiorità, ci provoca con le sue domande, con i suoi rovesciamenti di prospettiva, ci incanta con la magia del verso, con la danza turbinosa dei punti di vista" (dalla Prefazione di Lina Bolzoni).
Raccolta di poesie per l'ultimo giorno.
Voce fondamentale della letteratura svedese, nordica ed europea in generale, Lars Gustafsson è nato a Västeras nel 1936. Personalità fortemente eclettica, ha sviluppato numerosi talenti: musicista, pittore d'acquarelli, filosofo, logico, poeta e romanziere. Spirito inquieto e curioso, ha viaggiato e soggiornato in varie parti del mondo. Ha insegnato storia del pensiero europeo all'Università di Austin, in Texas, dalla fine degli anni '70 al 2006, quando ha deciso di tornare in Svezia.
Pierluigi Cappello, Umberto Valentinis, Ida Vallerugo, Giacomo Vit, quattro tra i poeti più conosciuti del Friuli, ci accompagnano nei luoghi della poesia. Quattro diversi incontri a testimoniare come la parola possa ancora svelare il forte legame tra l'umanità e il mondo. Quattro diversi incontri dove il ritmo della poesia si intreccia mirabilmente al tempo d'ascolto delle immagini.
Poeti cristiani latini dei primi secoli è un'ampia antologia della poesia cristiana, dal II al VI secolo dell'era cristiana. I testi sono tradotti da settanta poeti italiani contemporanei, ognuno dei quali ha tradotto in linguaggio poetico un autore dell'antichità sul modello di precedenti antologie curate per l'editore Bompiani (Lirici greci e Poeti latini) dallo scrittore e poeta Vincenzo Guarracino che ha coordinato il lavoro di tutti. Alcuni autori tradotti: Lattanzio, Damaso, Ilario, Ambrogio, Prudenzio, Paolino da Nola, Agostino, Claudiano, Boezio. Tra i traduttori : P.Bigongiari, M.Luzi, R.Sanesi, P.Ruffilli, R.Mussapi, I.A.Chiusano, V.Volpini, A.Parronchi, R.Crovi, C.Ruffato, B.Garavelli, M.Beck, C.Ferrari, E.Coco, P.Lucarini, G.Ferri, G.Finzi, R.Nigro, G.Oldani, St.Zecchi, T.Crivellaro, F.Manzoni, P.Maffeo, S.Raffo, G.C.Pontiggia, M.Santagostini, F.Dainotti, F.Panzeri, V.Magrelli, R.Minore, C.Greppi, T.Rossi, E.Salvaneschi, L.Fontanella, O.Rossani, M.Cucchi...
Questo libro nasce dal ritrovamento, dopo più di trent'anni, di una serie di fogli scritti da Alda Merini nel lungo periodo di internamento in ospedale psichiatrico, quasi un decennio a cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta. Si tratta di lettere, poesie, pagine di diario indirizzate in gran parte al dottor G, ovvero Enzo Cabrici, il neuropsichiatra che l'aveva presa in cura e che firma la prefazione al volume. L'esperienza del manicomio è stata centrale non solo nell'esistenza, ma anche per l'opera di Alda Merini la quale, dopo essere stata restituita alla sua famiglia e al suo mondo, ha avviato una riflessione sulla vita all'interno dell'istituto che ha prodotto liriche e prose di grande intensità. Le pagine contenute in questo testo - scritte di getto, su suggerimento degli stessi medici - illuminano invece il percorso di Alda Merini nell'intervallo in cui il processo creativo si era interrotto a causa della malattia: la sofferenza angosciosa, gli incubi prodotti dalle pesanti terapie, la nostalgia delle figlie, la gratitudine per i segni d'amore ricevuti da qualche compagno di sventura e soprattutto, la fiducia nell'uomo "dolce e romantico", vestito dal camice bianco, che le ha restituito il dono salvifico della poesia.
Terribile e dolcissimo, enigmatico e sapiente: chi viene evocato in questo libro è il grande esiliato della coscienza contemporanea, il padre. In tutti i sensi in cui si voglia intendere questa figura così inattuale: il Dio Padre religioso, punto di riferimento di chiunque cerchi con ostinazione e umiltà il senso della propria vita; oppure il padre spirituale, àncora di conforto, confidenza, consiglio, quello che per Alda Merini fu la figura straordinaria di David Maria Turoldo, «un prete che diradava le tenebre, che accarezzava quelle carni rese putride dalla distanza, un prete che era la memoria». Il padre rappresenta simbolicamente l'origine e, nello stesso tempo, il Nulla a cui tutto tende. Lo cerchiamo senza saperlo, come ciechi o sonnambuli, a volte ce ne separiamo con rabbia e superbia, o lo dimentichiamo con insipiente vanità. Ma lui non ci lascia mai, e a noi non è concesso di lasciarlo, sembrano suggerirci questi versi, a tratti visionari e dolenti, ancora una volta di straordinaria potenza espressiva. Rovesciando i termini del rapporto filiale, la poetessa si chiede infatti: «Ma non è l¿uomo che sostiene Dio e , come un eterno Anchise, se lo porta sulle spalle e gli fa attraversare quel fondo di infinita solitudine che è la vita?» Quasi un destino che è impossibile sfuggire o esorcizzare. Un libro toccante che non consola né rassicura, ma interroga con muta insistenza le nostre coscienze di uomini moderni che credono di non avere più bisogno né di santità né, tantomeno, di un padre.
Quando ho cominciato a studiare poesia a Yale verso la fine degli anni Settanta, il primo nome di poeta che chiunque avrebbe nominato era John Ashbery. Era l’uomo del mo- mento, il poeta del quale bisognava aver letto i lavori più recenti se davvero si voleva conoscere lo stato dell’arte ed essere à la page. Quando qualche anno fa ebbi l’occasione di tornare a Yale, dopo un quarto di secolo, il poeta di cui più parlavano i giovani lettori, il cui ultimo libro era un passag- gio obbligatorio, il cui lavoro sembrava essere al centro del momento culturale, era ancora John Ashbery.
— Joseph Harrison, dall’introduzione
La grande innovazione delle poesie di Ashbery sta nel fatto che esse non spiegano né simbolizzano e nemmeno si riferi- scono a qualche esperienza che il poeta ha avuto, qualcosa che è fuori di loro e nel mondo, qualcosa di precedente. Le poesie non sono “su” nulla, sono loro a essere qualcosa, esse sono la loro stessa creazione, e sarebbe più giusto dire che il mondo è, invece, una loro chiosa, un saggio critico su di esse. Con tutta la sua modestia e amabilità, nondimeno questa è la grande asserzione simbolista di Ashbery: che il mondo esiste per finire in un libro.
Tratte dal libro di commenti al Vangelo Éclats d'Évangile, queste pagine accompagnano i testi biblici (citati rigorosamente in apertura di ogni lirica) fornendo un commento poetico a ciascuno di essi. È una poesia-preghiera quella di Muller-Colard, che nasce da "illuminazioni folgoranti" di fronte alla Parola meditata. Ma si tratta, come sa chi ben conosce l'autrice francese, di una preghiera spesso "laica", provocata dalla Bibbia e provocante nel quotidiano. La tradizione della poesia mistica vanta grandi nomi del passato, da Giovanni della Croce a Teresa di Lisieux; Marion Muller-Colard prova una strada nuova, originale, consapevole anche delle voci dei poeti più recenti. In un tempo in cui la poesia sembra ritrovare spazio anche sui banchi delle librerie, questo volumetto offre una chance a chi vuole meditare la parola di Dio in maniera originale, grazie alla voce non scontata di una delle più significative autrici spirituali di oggi.

