
Bicicletta, musica nelle cuffie e via, verso la prossima consegna. Napoletano ventitreenne trapiantato a Milano, Gennaro Di Nola detto Genny, di professione rider, si diverte a indovinare il tipo di persona che gli aprirà la porta in base al cibo che ha ordinato. Quei pochi secondi in cui sbircia nella vita degli altri, fermo sul loro zerbino, sono per lui una tentazione irresistibile, ed è difficile che sbagli a tracciare un profilo. Una sera però, contro ogni pronostico, incontra Luca: dodici anni, capelli a spazzola con un po' di crestina, maglia del Napoli e un secchio grande di pollo fritto di Crispy World da mangiare da solo. La madre è uscita, il padre non c'è mai stato: è in un posto lontano a dar da mangiare alle balene, o almeno così gli è stato detto. Un'assenza che si riflette nei suoi occhi nerissimi e profondi, in cui Genny intuisce un dolore che li accomuna. Bastano poche battute perché il ragazzino riesca a convincerlo a entrare in casa per guardare insieme la Champions League in tv. Di partita in partita, nasce così un'amicizia tenera e un po' surreale, nonostante la diffidenza iniziale della madre di Luca, restia a fidarsi di uno sconosciuto. Finché Luca annuncia di voler andare a Napoli con Genny. Sarà una grande avventura e, al tempo stesso, un salto nel passato. Per poter finalmente andare incontro al futuro.
Due volte esule, dalla Russia comunista e dall'Europa nazista, negli Stati Uniti Nabokov insegnò per quasi vent'anni letteratura russa al Wellesley College e in seguito alla Cornell University. Erano lezioni memorabili in cui, con paziente tenacia, richiamava l'attenzione su oggetti o particolari che sembrano non avere alcuna rilevanza artistica: la borsa rossa di Anna Karenina; la fetta di cocomero che Gurov mangia rumorosamente in una stanza d'albergo nella Signora col cagnolino o il vestito «serpentino» di Aksin'ja in un altro racconto di ?echov, «artista perfetto»; la ruota del tondeggiante calesse sul quale, in Anime morte di Gogol', il tondo ?i?ikov, ipostasi dell'enfia volgarità universale, arriva nella città di NN. Maestro atipico, spericolato, Nabokov avrebbe voluto trasformare gli allievi in «buoni lettori», quelli che non leggono un libro per identificarsi con i personaggi, e tantomeno per imparare a vivere, giacché la vera letteratura - gioco sacro, superiore forma di felicità - non insegna nulla che possa essere applicato ai problemi della vita. Metteva in guardia contro il veleno ideologico del «messaggio» e contro ogni tentativo di cercare la famigerata «anima russa» nell'opera di giganti come Tolstoj, ?echov, Gogol' e il pur disamato Dostoevskij. Il professor Nabokov non ha alcun metodo, alcun approccio critico: con gli unici strumenti della passione e di una precisione infinita, si limita a scoprire la magia delle parole nelle loro più segrete combinazioni. E noi, come i suoi studenti, lo ascoltiamo incantati mentre va dritto al cuore di questo o quel capolavoro.
«Eravamo gli sgraditi, gli indesiderati, gli ignorati, invisibili a chiunque fuorché a noi stessi»: così comincia quest'opera. Protagonista del nuovo romanzo è ancora il giovane Capitano dell'esercito sudvietnamita che, nel "Simpatizzante", dopo la caduta di Saigon nel 1975, ripara negli Stati Uniti e, all'insaputa dell'amico e fratello di sangue Bon e del generale capo della Polizia Nazionale sudvietnamita, invia i suoi rapporti a Man, suo addestratore tra le fila Vietcong. Trascorsi gli anni americani nella condizione di estraneità e invisibilità propria di un rifugiato e di una spia comunista, agli inizi degli anni Ottanta, con in tasca il passaporto di un certo Vo Danh, il simpatizzante sbarca a Parigi in compagnia dell'inseparabile Bon. La Francia, il paese della lunga dominazione coloniale in Indocina, ha concesso ai due fratelli di sangue l'agognato diritto d'asilo. È l'occasione per entrambi di lasciarsi alle spalle le dolorose ferite del passato. Un'occasione da coltivare attraverso la più pura delle attività capitalistiche, offerta dal Boss vietnamita trasferitosi dal campo di Palau Galang a Parigi: lo spaccio e il commercio di droga. Per Bon rappresenta la possibilità di smettere d'essere un ospite sgradito. Per il simpatizzante, che ha trascorso buona parte della sua vita a credere in qualcosa nel cui cuore non c'era che il nulla, semplicemente un'altra possibilità data al nulla. Un nulla, questa volta, che rende Parigi una città dal fascino torbido e che fa degli intellettuali engagés della sinistra francese frequentati a casa della "zia" vietnamita, cui Man l'ha indirizzato, nient'altro che una fedele clientela delle sostanze del Boss. Un nulla che rende, infine, arduo realizzare il compito che alberga da sempre nell'animo del simpatizzante: la riconciliazione tra i fratelli di sangue di un tempo, Bon e Man, che la Storia, con le sue crudeltà e le sue cieche passioni e speranze, ha collocato su fronti opposti.
Jaipur, 1955. La giovane Lakshmi Shastri si è lasciata alle spalle una vita di povertà e un marito violento per diventare una delle artiste dell'henné più richieste in città. Prima che arrivasse a Jaipur, per farsi decorare mani e piedi le sue clienti si rivolgevano a donne Shudra, che si limitavano a tracciare semplici puntolini, trattini e triangoli, quel poco che bastava per procurarsi i loro magri guadagni. Lakshmi offre invece una gamma di motivi assai più complessi, capaci di rispecchiare le storie delle donne alle quali sono destinati. I suoi vividi ghirigori color cannella non hanno mai deluso le sue clienti che, con il tempo, sono arrivate a convincersi che il suo henné abbia il potere di riportare nel loro letto un marito scapestrato, o di indurre il loro ventre a concepire un figlio. Ecco perché Lakshmi può pretendere una tariffa dieci volte più alta del prezzo richiesto dalle donne Shudra, e ottenerla. Con il tempo è arrivata perciò assai vicina a conquistare ciò che desidera: una casa tutta sua, con pavimenti di marmo, acqua corrente a volontà e una porta d'ingresso di cui essere la sola ad avere le chiavi. Un posto nel quale poter accogliere i genitori e chiederne il perdono per essere fuggita dal marito, rovinando così la loro reputazione. Un giorno, però, il passato bussa alla sua porta: suo marito è riuscito a rintracciarla, e ad accompagnarlo c'è una ragazzina sconosciuta, una tredicenne con gli occhi enormi, di un azzurro che vira al verde, iridescenti come le piume di un pavone. È Radha, sua sorella. Una sorella di cui la giovane donna ha sempre ignorato l'esistenza. Una sorella, soprattutto, destinata a portare uno scompiglio tale nella vita di Lakshmi da metterne a repentaglio carriera e reputazione. "L'arte dell'henné a Jaipur" è il vivace ritratto una donna che, nell'India degli anni Cinquanta, lotta contro antichi pregiudizi e convenzioni per conciliare la propria realizzazione personale con il rispetto e l'amore per la famiglia.
"Il lato fragile", "Il fatto viene dopo", "La regola dello svantaggio", "È solo un gioco". Sono le prime storie dell'irresistibile coppia di investigatori dilettanti siciliani Saverio Lamanna e Peppe Piccionello, nati e cresciuti nei racconti gialli inclusi nelle antologie a tema e riproposti in questa raccolta in occasione dell'imminente debutto in TV che li vedrà protagonisti su Rai 1 di una nuova serie con Claudio Gioè diretta da Michele Soavi. Quattro casi delittuosi in cui inciampano un po' per caso, un po' tuffandosi dentro come veri segugi. Conosciamo così Saverio, giornalista disilluso che rimasto senza lavoro è costretto, dalla Roma dei flirt occasionali e dei locali alla moda, a tornare nel suo scoglio siciliano e a rifugiarsi nella villetta di famiglia sul mare di Màkari. Qui Lamanna ritrova Peppe Piccionello, esemplare locale in mutande e infradito, carico di una saggezza pratica e antica, e conosce Suleima, laureanda in architettura che, durante la stagione estiva, lavora come cameriera nella locanda di Marilù. Per sostenersi inizia a scrivere gialli e accetta qualche lavoro atipico. Cominciano così le avventure investigative, i due compari sperimentano un metodo infallibile fatto di analisi irriverenti e schermaglie ironiche e affilate attraverso cui vivisezionano società e caratteri umani: Saverio, sarcastico e realista, e Peppe, spalla al suo umorismo senza sosta, fatto di battute dissacranti, allusioni e controsensi. E insieme, a fustigare tutti i luoghi comuni più pop e i pregiudizi che ruotano attorno alla Sicilia che in queste storie si fa metafora, specchio di un mondo di disuguaglianze e miserie.
Yoel Blum è un uomo realizzato. È marito, padre e nonno, nonché scrittore di fama internazionale, esponente di spicco della nuova letteratura ebraica. I suoi romanzi sono tradotti in tutto il mondo, i tour promozionali si susseguono, e lui non si risparmia, visitando ogni paese. Tutti, tranne uno. In Olanda, infatti, il luogo dove è nato, Yoel non ha più fatto ritorno da oltre sessant'anni, da quando è fuggito in Palestina sul finire della guerra, scampando alle deportazioni naziste e all'orrore della soluzione finale. Ha promesso alla madre che non sarebbe più tornato, e ha mantenuto la promessa. Almeno fino a oggi: all'interno di una sala buia del Museo Ebraico di Amsterdam, Yoel sta per incontrare il suo passato in un filmato d'archivio che mostra i volti sorridenti di suo padre Eddy, morto in un campo di concentramento, di sua madre Sonia e sua sorella Nettie... e di un bambino che non è lui. Ma allora chi può essere, e perché non l'ha mai visto prima? Comincia così un'avventura alla ricerca della verità, che porterà Yoel a mettere insieme, pezzo dopo pezzo, la sua storia e quella della sua famiglia. Ricostruendo le dinamiche interne di una delle più grandi comunità ebraiche di quei tempi, Emuna Elon offre una testimonianza autentica, ricca di profondità e tensione emotiva, e al tempo stesso sorretta da un meccanismo letterario perfetto. Un libro con una voce originale che solleva una domanda: cosa è giusto fare, quando tutto è sbagliato?
Il dolore è come l'amore, è una potenza creatrice. Quando si ama tanto si crea: una famiglia, un figlio, un dipinto, parole nuove... Il dolore fa lo stesso. Quando è troppo forte deve diventare qualcos'altro. Mariangela Tarì, madre di due figli colpiti entrambi da gravi malattie, l'ha visto accadere. Mamme e papà senza più figli che si aggirano negli ospedali, che creano associazioni, che lottano per leggi più eque. Genitori attraversati da un dolore troppo grande che scartano l'odio e piantano ancora margherite. In queste pagine impetuose, vitali, la sofferenza si trasforma in energia, progettualità, combustile da bruciare "perché quando si ammala un bambino tutti si ammalano, tranne il bambino. Lui non sa di essere malato". E allora non resta che alzarsi dal letto, andare nel mondo, sforzarsi di vedere la bellezza e fare spazio alla felicità. Sì, perché gli anni di lotta giornaliera contro la malattia, la burocrazia, la società hanno reso limpida in Mariangela la consapevolezza che la felicità è una scelta. Di più: l'esercizio di forzare la felicità alla lunga la rende possibile. Ed evidentemente anche contagiosa, perché leggendo questo libro sentiamo l'impulso a vivere di più, con più gioia, leggerezza, affrontando anche la paura e il rifiuto, e poi andando oltre. Un racconto catartico, che ha origine da una lettera scritta d'impulso a un quotidiano e pubblicata sulla prima pagina della "Repubblica" nell'ottobre del 2018, la prima scintilla di una fiamma che Mariangela Tarì tiene accesa insieme alla sua famiglia, agli amici, agli altri genitori e a tutti i caregiver, coloro che si prendono cura. Questa è una storia grande perché riguarda tutti, è un ponte lanciato tra chi vive la disabilità sulla propria pelle e chi la sfiora soltanto.
Di tutte le cose che le donne possono fare nel mondo, parlare è ancora considerata la più sovversiva. Se si è donna, in Italia si muore anche di linguaggio. È una morte civile, ma non per questo fa meno male. È con le parole che ci fanno sparire dai luoghi pubblici, dalle professioni, dai dibattiti e dalle notizie, ma di parole ingiuste si muore anche nella vita quotidiana, dove il pregiudizio che passa per il linguaggio uccide la nostra possibilità di essere pienamente noi stesse. Per ogni dislivello di diritti che le donne subiscono a causa del maschilismo esiste un impianto verbale che lo sostiene e lo giustifica. Accade ogni volta che rifiutano di chiamarvi avvocata, sindaca o architetta perché altrimenti «dovremmo dire anche farmacisto». Succede quando fate un bel lavoro, ma vi chiedono prima se siete mamma. Quando siete le uniche di cui non si pronuncia mai il cognome, se non con un articolo determinativo davanti. Quando si mettono a spiegarvi qualcosa che sapete già perfettamente, quando vi dicono di calmarvi, di farvi una risata, di smetterla di spaventare gli uomini con le vostre opinioni, di sorridere piuttosto, e soprattutto di star zitta. Questo libro è uno strumento che evidenzia il legame mortificante che esiste tra le ingiustizie che viviamo e le parole che sentiamo. Ha un'ambizione: che tra dieci anni una ragazza o un ragazzo, trovandolo su una bancarella, possa pensare sorridendo che per fortuna queste frasi non le dice più nessuno.
In questa raccolta, molte fra le più amate e apprezzate scrittrici italiane raccontano altrettante «muse»: donne sfrontate e bellissime o, al contrario, miti e riservate che, per lo spazio di una notte o per l'esistenza intera, hanno stretto relazioni complesse (e pericolose) con uomini di successo. Muse non sempre «gettate» ma per lo più misconosciute - dando così corpo all'odioso detto secondo cui «dietro ogni grande uomo c'è una grande donna» - che tornano dunque, finalmente, al centro del palcoscenico letterario. Le pioniere della psicanalisi e Kate Moss dalle cento copertine, Kiki regina di Montparnasse per una notte e Maria Callas la Divina per sempre, Nadia Krupskaja che lavora a realizzare il socialismo, Rosalind Franklin che scopre la struttura del DNA, le ispiratrici di pittori, musicisti, scrittori, filosofi: spaziando fra epoche e luoghi diversi, destini felici e infelici, Musa e getta giunge al cospetto di leggende viventi, persino sbarcate su Instagram, come Amanda Lear. Sedici autrici di prim'ordine svelano qui altrettante donne meravigliose, offrendo a lettrici e lettori uno sguardo nuovo sul rapporto tra i sessi, l'identità femminile, la lotta per l'emancipazione. Le scrittrici: Ritanna Armeni, Angela Bubba, Maria Grazia Calandrone, Elisa Casseri, Claudia Durastanti, Ilaria Gaspari, Lisa Ginzburg, Chiara Lalli, Cristina Marconi, Lorenza Pieri, Laura Pugno, Veronica Raimo, Tea Ranno, Igiaba Scego, Anna Siccardi, Chiara Tagliaferri. Le muse: Lou Andreas-Salomé, Luisa Baccara, Maria Callas, Pamela Des Barres, Zelda Fitzgerald, Rosalind Franklin, Jeanne Hébuterne, Kiki de Montparnasse, Nadia Krupskaja, Amanda Lear, Alene Lee, Dora Maar, Kate Moss, Regine Olsen, Sabina Spielrein.
Mentre sta lavorando al restauro di un'antica chiesa di Donostia, Marta Arbide trova un manoscritto antico dietro un falso muro. È il diario di Jean de la Croix, un monaco medievale al quale, mille anni prima, fu affidata una missione: portare al sicuro una misteriosa reliquia, nascondendola ai sicari che, per ordine di papa Innocenzo III, volevano impossessarsene. Il contenuto di quelle pagine è così sconvolgente che Marta decide di far luce sulla storia di Jean, aiutata nelle ricerche da un sacerdote dal passato oscuro, Iñigo Etxarri. Insieme intraprenderanno un viaggio a caccia di indizi sopravvissuti ai secoli, che li condurrà fino alle abbazie e alle foreste del sud della Francia, ai monasteri di San Millán e Santo Domingo de la Calzada, ai resti dell'antica Sanctus Sebastianus. Perché Jean de la Croix era in fuga? Qual era il potere dello strano oggetto che portava con sé? Un mistero il cui disvelamento conduce indietro nel tempo, fino all'anno 33, a poche ore prima della morte di Gesù... Un manoscritto rimasto nascosto per secoli cela un segreto in grado di riscrivere la storia della Chiesa...
Sud Italia, un'estate sulla Costiera amalfitana. A causa di un guasto alla loro imbarcazione, un gruppo di giovani americani si ritrova a soggiornare in un hotel frequentato da attempati turisti poco inclini al divertimento. Lì conoscono Raúl, personaggio riservato e imperscrutabile, sempre seduto in disparte con il suo taccuino. Finché un giorno si avvicina al loro tavolo: accortosi che Mark soffre visibilmente a una spalla, gli posa una mano sul punto dolorante, alleviandone il fastidio. Non contento, procede rivelando dettagli personali, anzi intimi, su tutti i presenti, informazioni che nessuno avrebbe mai potuto conoscere... Per vincere la diffidenza dei giovani, spiazzati dalle sue scomode verità, decanta loro le meraviglie della zona: una zona che frequenta d'estate fin da quando era bambino, piena di risonanze legate al mondo della mitologia, come i Lugentes Campi, i campi del pianto, dove gli amanti infelici errano ricordando le loro pene d'amore. L'unica del gruppo che non sembra lasciarsi ammaliare dal suo fascino e dalla sua retorica è Margot, che Raúl inizialmente aveva chiamato con quello che secondo lui doveva essere il suo vero nome di battesimo, Maria. Ma con il passare delle ore e dei giorni, dopo un pranzo condiviso e lunghe camminate sulla spiaggia, Margot comincia a fidarsi di lui, ad aprirsi... E Raúl la condurrà in un viaggio indietro nel tempo, verso un passato che li lega molto da vicino. Prenderà corpo una storia d'amore e di mistero, nel segno di quella delicata profondità nel raccontare i sentimenti che è un marchio inconfondibile di André Aciman.
Tutti la chiamano Willy, ma lei si chiama Antonia come ha voluto la donna che l'ha messa al mondo e subito abbandonata in un istituto di Rotterdam, in Olanda. Siamo agli inizi del Novecento e la famiglia che l'ha adottata si trasferisce negli Stati Uniti in cerca di fortuna. A New York, Antonia viene indirizzata giovanissima alla carriera sicura di dattilografa da una madre adottiva assai poco amorevole. Ma le sue mani, che battono rapide sulla tastiera, nascondono ben altre doti. Perché nella Terra delle grandi opportunità, anche Antonia ha un sogno da realizzare: diventare una direttrice d'orchestra. E quando lascia l'ufficio, corre al suo secondo lavoro di maschera in una sala da concerti, per pagarsi le lezioni di pianoforte. Nel 1926, dopo un durissimo esame di selezione, Antonia viene ammessa (unica donna) al più maschile dei corsi di una maschilissima istituzione: la classe di direzione d'orchestra al Conservatorio della città. E sarà solo l'inizio di un percorso solcato da innumerevoli ostacoli e pregiudizi. L'incontro fortuito con il rampollo di una famiglia di aristocratici non le sarà d'aiuto, ma le dischiuderà le vette e gli abissi dell'amore. Quando però perde il lavoro e la madre la caccia di casa, si trova davanti a una scelta molto difficile. Partire per l'Europa e dedicarsi completamente alla carriera musicale, o restare negli Stati Uniti insieme all'uomo che ama? In un viaggio fra Vecchio e Nuovo Mondo, nel pieno fermento di un'epoca dove tutto sembrava possibile, seguiamo la vita avventurosa di Antonia fra mille peripezie. E ci emozioniamo davanti al coraggio e alla dedizione, alle lotte e alla caparbietà di una donna che rappresenta un vivido (e attualissimo) esempio anche a un secolo di distanza.