
"Splendi come vita" fa quello che fa la letteratura alla sua massima potenza: ridà vita a ciò che non c'è più, illuminando di riflesso la vita del lettore. Ma lasciamo che a parlarne sia l'autrice. «Splendi come vita è una lettera d'amore alla madre adottiva. È il racconto di una incolpevole caduta nel Disamore, dunque di una cacciata, di un paradiso perduto. Non è la storia di un disamore, ma la storia di una perdita. Chi scrive è una bambina adottata, che ama immensamente la propria madre. Poi c'è una ferita primaria e la madre non crede più all'amore della figlia. Frattura su frattura, equivoco su equivoco, si arriva a una distanza siderale fra le due, a un quotidiano dolore, a un quotidiano rifiuto, fino alla catarsi delle ultime pagine. Chi scrive rivede oggi la madre con gli occhi di una donna adulta, non più solo come la propria madre, ma come una donna a sua volta adulta, con la sua storia e i suoi propri dolori e gioie. Quando si smette di vedere la propria madre esclusivamente come la propria madre, la si può finalmente "vedere" come essere separato, autonomo e, per ciò, tanto più amabile» (Maria Grazia Calandrone).
L'esistenza di Bianca si è sbriciolata il giorno in cui, da bambina, ha perduto sua sorella. Stella era pura, onesta, e manteneva le promesse. Ecco perché la sua scomparsa ha macchiato il mondo di colpa. Con un ritmo magnetico, che travolge e sorprende, Nicoletta Verna scrive un romanzo familiare nel quale una giovane donna cerca ostinatamente una forma di redenzione. Menzione Speciale della Giuria Premio Calvino 2020. Bianca aveva sette anni quando un incidente dai contorni incerti ha innescato nella sua vita una reazione a catena, che non ha risparmiato nulla. Oggi sta con Carlo, cardiochirurgo di fama internazionale, e all'apparenza lo venera. Ma tanta devozione, in realtà, nasconde un piano macchinoso, folle: un progetto di rinascita in cui l'uomo è un mero strumento. Nel percorso che intraprenderà per realizzarlo, Bianca scoprirà una verità che nessuno avrebbe mai potuto sospettare.
Dalla dura lezione delle pandemie al razzismo, dal virus della corruzione alla tensione per l'innovazione, l'epopea di Roma - a saperla leggere - può scacciare il buio che spesso ci inghiotte, illuminare il nostro presente, edificare il nostro futuro.
Molti imperi scompaiono avendo lasciato dietro di sé un campo di sterminio, rovine, massacri e... niente altro. Roma ha lasciato una civiltà. Viviamo ancora nella sua legge, ci avvantaggiamo del suo sistema di comunicazione, delle poderose e geniali tecniche costruttive, parliamo la sua lingua, in tante e diverse parti del mondo. Alcuni dei popoli che sono stati interessati dalla dominazione romana non avrebbero poi avuto alcuna pietà quando, a loro volta, si sarebbero trovati nel ruolo degli invasori. Avrebbero distrutto, ucciso, saccheggiato: in questo, la storia del genere umano è tristemente quella che è. Gli "altri" non erano migliori. Una volta ancora la differenza è in ciò che rimane dopo. O che non rimane affatto. La narrazione storica rifugge illusorie classifiche morali, ma quel che è certo è che bisogna sentirsi orgogliosi della civiltà che l'antica Roma ci ha lasciato, orgogliosi di esserne, in tanti, eredi.
Scritto nel 1932, "Il mondo nuovo" è ambientato in un immaginario Stato totalitario del futuro, nel quale ogni aspetto della vita viene pianificato in nome del razionalismo produttivistico e tutto è sacrificabile a un malinteso mito del progresso. Il culto di Ford domina la società mentre i cittadini, concepiti e prodotti industrialmente in provetta, non sono oppressi da fame, guerra, malattie e possono accedere liberamente a ogni piacere materiale. In cambio del benessere fisico, però, devono rinunciare a ogni emozione, a ogni sentimento, a ogni manifestazione della propria individualità. Produrre, consumare. E, soprattutto, non amare. Un libro visionario, dall'inesausta forza profetica, sul destino dell'umanità. E sulla forza di cambiarlo. Al romanzo, qui per la prima volta accompagnato dalla fondamentale Prefazione che lo stesso autore scrisse nel 1946, segue la raccolta di saggi "Ritorno al mondo nuovo" (1958) nella quale Huxley tornò a esaminare le proprie intuizioni alla luce degli avvenimenti dei decenni centrali del Novecento.
«L'unica cosa importante in questo tipo di ritratti scritti e cercare la distanza giusta, che è lo stile dell'unicità». Così scrive Emanuele Trevi in un brano di questo libro che, all'apparenza, si presenta come il racconto di due vite, quella di Rocco Carbone e Pia Pera, scrittori prematuramente scomparsi qualche tempo fa e legati, durante la loro breve esistenza, da profonda amicizia. Trevi ne delinea le differenti nature: incline a infliggere colpi quella di Rocco Carbone per le Furie che lo braccavano senza tregua; incline a riceverli quella di Pia Pera, per la sua anima prensile e sensibile, cosi propensa alle illusioni. Ne ridisegna i tratti: la fisionomia spigolosa, i lineamenti marcati del primo; l'aspetto da incantevole signorina inglese della seconda, così seducente da non suggerire alcun rimpianto per la bellezza che le mancava. Ne mostra anche le differenti condotte: l'ossessione della semplificazione di Rocco Carbone, impigliato nel groviglio di segni generato dalle sue Furie; la timida sfrontatezza di Pia Pera che, negli anni della malattia, si muta in coraggio e pulizia interiore. Tuttavia, la distanza giusta, lo stile dell'unicità di questo libro non stanno nell'impossibile tentativo di restituire esistenze che gli anni trasformano in muri scrostati dal tempo e dalle intemperie. Stanno attorno a uno di quegli eventi ineffabili attorno a cui ruota la letteratura: l'amicizia. Nutrendo ossessioni diverse e inconciliabili, Rocco Carbone e Pia Pera appaiono, in queste pagine, come uniti da un legame fino all'ultimo trasparente e felice, quel legame che accade quando «Eros, quell'ozioso infame, non ci mette lo zampino».
Anno 724: Liutprando, re dei longobardi, decide di dare gloria al proprio regno promettendo ai suoi sudditi cristiani che farà trasportare il corpo di sant'Agostino da Cagliari a Pavia (dove oggi si trova, nella basilica di San Pietro in Ciel d'Oro). In Sardegna, infatti, la venerabile reliquia è esposta agli attacchi dei pirati saraceni provenienti dall'Africa. Inoltre, il santo non deve cadere nelle mani dei nemici bizantini, rivali dei longobardi in Italia. Accanto a veri personaggi storici (Liutprando e il duca di Cividale Pemmone), nel romanzo agiscono gli uomini di fiducia del re, incaricati della traslazione: tre soldati longobardi provenienti dal Friuli (Herfemar, Droctulf, Alakis) e un monaco benedettino dell'abbazia di Bobbio (Anastasio). Insieme i quattro affrontano un viaggio avventuroso - attraverso monasteri, città abbandonate, taverne, tempeste di mare - e ricco di personaggi (briganti, ufficiali bizantini, marinai, pellegrini, mercanti): uomini e donne che affrontano con forza il loro destino.
«Se non capisci tua madre, è perché ti ha permesso di diventare una donna diversa da lei». Questa è la storia di chi parte e di chi resta. Di una madre che va a prendersi cura degli altri, dei suoi figli che rimangono a casa ad aspettarla covando ambizioni, rabbie, attese. E un'incontenibile voglia di andarsene lontano. Dopo "Resto qui", Marco Balzano torna con un racconto profondo e tesissimo di destini che ci riguardano da vicino, ma che spesso preferiamo non vedere. Un romanzo che va dritto al cuore, mostrando senza mai giudicare la forza dei legami e le conseguenze delle nostre scelte. Daniela ha un marito sfaccendato, due figli adolescenti e un lavoro sempre più precario. Una notte fugge di casa come una ladra, alla ricerca di qualcosa che possa raddrizzare l'esistenza delle persone che ama - e magari anche la sua. L'unica maniera è lasciare la Romania per raggiungere l'Italia, un posto pieno di promesse dove i sogni sembrano più vicini. Si trasferisce così a Milano a fare di volta in volta la badante, la baby-sitter, l'infermiera. Dovrebbe restare via poco tempo, solo per racimolare un po' di soldi, invece pian piano la sua vita si sdoppia e i ritorni si fanno sempre più rari. Quando le accade di rimettere piede nella sua vecchia casa di campagna, si rende conto che i figli sono ostili, il marito ancora più distante. E le occhiate ricevute ogni volta che riparte diventano ben presto cicatrici. Un giorno la raggiunge a Milano una telefonata, quella che nessuno vorrebbe mai ricevere: suo figlio Manuel ha avuto un incidente. Tornata in Romania, Daniela siederà accanto al ragazzo addormentato trascorrendo ostinatamente i suoi giorni a raccontargli di quando erano lontani, nella speranza che lui si svegli. Con una domanda sempre in testa: una madre che è stata tanto tempo lontana può ancora dirsi madre? A narrare questa storia sono Manuel, Daniela e Angelica, la figlia più grande. Tre voci per un'unica vicenda: quella di una famiglia esplosa, in cui ciascuno si rende conto che ricomporre il mosaico degli affetti, una volta che le tessere si sono sparpagliate, è la cosa più difficile.
Quattro coppie, una cucina. La solita, tranquilla serata tra amici che si trasforma in una girandola di menzogne, tradimenti, confessioni... e squilli di campanello. Quando il capitano Ferrazza si ritrova davanti la furiosa, scarmigliata e stravolta compagine che il brigadiere Nardone e l'appuntato Lojacono hanno trascinato in commissariato, non ha ancora idea di cosa abbia spinto quelle persone a darsele di santa ragione nel bel mezzo della strada. Dovrà ricostruire l'intera vicenda attraverso le testimonianze dei protagonisti che di volta in volta gli sfileranno davanti, ognuno con la propria versione dei fatti. Perché sappiamo tutti qualcosa l'uno dell'altro... solo che ognuno sa una cosa diversa.
Travolgente, tenera e un pizzico amara, "Queenie" è la commedia inglese più cool del momento. Queenie è l'unica ragazza di colore in un giornale londinese zeppo di gente con la puzza sotto il naso. Così, quando il fidanzato bianco la scarica in malo modo, la sua autostima già precaria tracolla del tutto. Per capire che senso dare alla propria vita, dovrà infilarsi in una sfilza di guai e in una relazione più sballata dell'altra. Ma alla fine, tra gruppi WhatsApp di sole donne, liste di irrealizzabili buoni propositi e illuminanti sedute di psicanalisi, persino lei, incasinatissima, esuberante e irresistibile, riuscirà a farcela. Libro dell'anno e debutto dell'anno ai British Book Awards, finalista al Women's Prize For Fiction e al Costa First Novel Award. «Freschissimo, autentico, Queenie è davvero speciale». (Jojo Moyes)
È la sera del ventitreesimo compleanno di Salvo. Luigi osserva il fratello mentre stringe tra le mani due palloncini argentati e si rende conto di non averlo mai visto tanto felice. È così che si chiude nella sua camera, le cuffie sulle orecchie, la testa piena di musica e pensieri. E inizia a scrivere. Una lunga lettera d'amore per il fratello. Perché Salvo è la persona che ha cambiato tutto. Fin dal giorno in cui è nato, quel bambino speciale, con un cromosoma in più, è diventato il suo migliore amico, il suo compagno di viaggio, il suo maestro di vita. Il professore, così lo chiama Luigi. Certo, le cose non sono sempre state facili: l'infanzia passata tra un ospedale e l'altro, e poi il bullismo, i pregiudizi, le ingiustizie. Salvo e Luigi ne hanno passate tante, ma non si sono mai arresi. La loro storia è un'avventura meravigliosa: quella di due fratelli, cresciuti nella provincia siciliana, che si tengono per mano e lottano contro tutto e tutti a favore dell'inclusione. Un libro che è un inno alla vita, al coraggio e all'amore fraterno. Perché, se c'è una cosa che Salvo e Luigi hanno imparato, è che bisogna essere in due per fare un fratello.
Il Bestiario moralizzato "di Gubbio", tràdito dal manoscritto VE 477, propone 64 sonetti anonimi dedicati agli animali le cui caratteristiche sono associate a vizi o virtù. Unico bestiario in versi della letteratura italiana delle Origini, la raccolta riprende le caratteristiche animali già presenti sin dall'epoca classica. La lingua dell'unico testimone di quest'opera singolare risulta talora problematica dal punto di vista grafico, fonetico e morfologico. Malgrado tale difficoltà, giunge intatto al lettore l'intento didattico-morale che soggiace all'apparente semplicità della descrizione fisiologica di ciascun animale, dietro il quale si cela, puntualmente, un vizio o una virtù squisitamente umani. Il tutto avviene nell'ottica di una concezione del mondo nella quale gli animali sono stati messi al servizio dell'uomo da Dio stesso.
La struggente storia d'amore fra un gentiluomo francese e una ragazza procidana che l'autore conosce durante il suo primo soggiorno napoletano, nel 1811. Lamartine ha ventun anni e resta colpito dalla bellezza del golfo di Napoli e in particolare dell'isola di Procida. Il libro è anche un'accorata rievocazione del tempo della giovinezza. Lamartine parla di sé, delle sue giovanili passioni politiche e letterarie, delle finalità dell'arte romantica, e nello stesso tempo descrive luoghi e situazioni legate alla vita dei pescatori. Ne ammira la semplicità, e s'innamora di una giovane fanciulla dagli occhi neri e dalle lunghe trecce: Graziella. Lei, figlia di pescatori, corrisponde quel tenero amore che ben presto viene interrotto dalla partenza improvvisa di lui per la Francia. Alphonse lascia la sua amata con una promessa: tornerà presto, ma non mantiene la promessa e lei, nella vana attesa, si ammala. Prima di morire, la giovane spedisce al suo amato una lettera contenente una treccia dei suoi capelli. Alphonse conserverà per tutta la vita quella lettera e quella treccia, insieme al ricordo di quell'amore che non riuscirà più a trovare in nessun'altra donna. Da Graziella sono stati tratti diversi film e uno sceneggiato televisivo, nel 1961, con, fra gli altri, Corrado Pani e Luca Ronconi. Il libro è anche stato oggetto di diversi adattamenti teatrali e musicali. Moltissime le edizioni italiane. Prefazione 'La vita e le opere' e apparati a cura di Caterina D'Agostino.