
Nell’inverno del 1972, a New York, Nadia vive reclusa in una casa vuota, a fare i conti con la solitudine dopo un abbandono e con le difficoltà del suo mestiere di scrittrice. L’incontro di una sola notte con un giovane poeta cileno le cambierà la vita: lui decide di lasciarle in prestito i suoi mobili e di tornare in Cile, dove verrà inghiottito dalle carceri di Pinochet. A Nadia resta in eredità un’enorme scrivania, dotata di diciannove piccoli cassetti, uno dei quali impossibile da aprire. E quando dopo venticinque anni riceve la telefonata di quella che si presenta come la figlia del poeta, Nadia si rende conto di non volersi separare da qualcosa che è diventato parte integrante della sua identità.
Si tratta, forse, della stessa scrivania su cui da sessant’anni un antiquario di Gerusalemme sta cercando di mettere le mani, nel tentativo di ricostruire pezzo dopo pezzo lo studio di suo padre, saccheggiato dai nazisti a Budapest in una notte del 1944. E per un periodo sembra essere appartenuta anche a un’altra scrittrice, Lotte Berg, fuggita a Londra dalla Germania nazista: solo alla fine della loro vita insieme il marito di Lotte, un professore universitario inglese, capisce di non aver mai conosciuto a fondo la donna che ha amato di un amore struggente, e che proprio in quei cassetti nascondeva un terribile segreto.
Quella scrivania diventa il simbolo dell’intreccio fra destini lontani che inaspettatamente finiscono per collidere: con la sua ingombrante presenza e la sua insopportabile assenza incarna i ricordi, i rimpianti, le debolezze di chi l’ha posseduta e l’ha perduta, il peso opprimente di tutto ciò che riusciamo o non riusciamo a trasmettere alle persone che amiamo.
Con due interventi di Giovanni De Luna e Mariarosa Masoero.
Pubblicato per la prima volta nel 1960 in occasione del centenario dell’Unità, Le mille e una Italia è un racconto fantastico dedicato al nostro Paese, alla sua storia, alle sue tradizioni e ai suoi eroi.
Riccio Tumarrano, un ragazzo siciliano, parte per raggiungere il padre, minatore al traforo del Monte Bianco. Nel suo viaggio da Sud a Nord, lungo un percorso in cui gli spazi geografici si intrecciano con i tempi della storia, Riccio incontra figure e uomini illustri di ogni epoca (da Annibale a Garibaldi, da Savonarola a Machiavelli, a Galileo, da Cavour a Mussolini, ai Fratelli Cervi e al Beato Cottolengo), che lo aiutano a comprendere i tratti, spesso irrisolti e contraddittori, della nostra nazione. «Ma è un’Italia diversa da quella dei libri di scuola – scrive Arpino in una nota al testo – un’Italia imprevedibile e piena di speranza.»
La felicità di un’invenzione che si rinnova a ogni pagina, la leggerezza poetica e lo stile chiaro, sciolto e disinvolto, fanno di Le mille e una Italia un libro per tutti, godibilissimo e di grande attualità.
L'AUTORE
Giovanni Arpino (1927-1987) esordì nella narrativa con il romanzo Sei stato felice, Giovanni (Einaudi, 1952). Autore di romanzi, racconti, poesie, commedie e libri per ragazzi, si dedicò anche al giornalismo sportivo per i quotidiani «La Stampa» e «Il Giornale», contribuendo insieme con Gianni Brera a conferire al genere dignità letteraria. Ha vinto il premio Strega nel 1964 con L’ombra delle colline, il premio Moretti d’Oro nel 1969 con Il buio e il miele, il premio Campiello nel 1972 con Randagio è l’eroe e il Super Campiello nel 1980 con Il fratello italiano.
"Lei, caro il mio giovanotto, deve sapere che Pinin non è un artigiano..."
Perché di te mi fido come non mi sono mai fidato di nessuno. Perché dove ci sei tu c’è spazio anche per me. Perché sei calda, luminosa, nuova. Perché sei forte. Mi fai stare bene perché ho voglia di abbracciarti, sempre. Anche adesso.
EMANUELE FILIBERTO è nato a Ginevra nel 1972. Dal 2003 è potuto rientrare in Italia ed è divenuto un volto noto per il grande pubblico. Ha pubblicato Sognando l’Italia (1998), C’era una volta un principe (2009) e Maledetti Savoia, Benedetti Savoia (con Lorenzo Del Boca, 2010). Questo è il suo primo romanzo.
Nelle pagine della letteratura gialla si nasconde un eroe insospettabile e sfuggente: il detective bibliofilo. Esordisce nelle vesti di un raffi nato gentiluomo britannico con l’hobby delle indagini, diventa un elegante borghese americano che bada al sodo, assume le sembianze di investigatori privati al verde ma animati da nobilissimi ideali, si fa libraio a Parigi e cacciatore prezzolato di preziosi volumi in giro per l’Europa, riluttante e coltissimo inquisitore francescano, commissario di pubblica sicurezza votato ai libri per amore e infine ladro per passione e antiquario per copertura. Perché una figura non molto diffusa nella realtà infesta l’immaginario noir?
MARIO BAUDINO (1952), giornalista della “Stampa”, ha pubblicato romanzi e saggi, tra i quali ricordiamo Voci di guerra (Ponte alle Grazie 2001), Il mito che uccide (Longanesi 2004), Per amore o per ridere (Guanda 2008) e Il gran rifiuto (Longanesi 1991, ripreso da Passigli nel 2009).
Alla fine degli anni Cinquanta, un giovane italiano di buone letture e nessun pregiudizio passa una stagione a Harvard e un’altra a Broadway. Dunque, corsi e lezioni e incontri importanti nella prestigiosa università: H. Kissinger, A. Schlesinger, J.K. Galbraith, D. Riesman, J. Burnham... Poco dopo, nella capitale dello spettacolo, sensazionali musicals e commedie con leggendari mostri sacri tuttora in scena: Ethel Merman, Mary Martin, Charles Boyer, Claudette Colbert, Lotte Lenya, Paul Newman, Geraldine Page, Lauren Bacall, Elizabeth Taylor, fra Tennessee Williams, Jerome Robbins, Gene Kelly, Woody Allen, Gypsy, Redhead, West Side Story... Intanto, letture e conversazioni coi protagonisti della letteratura: da Edmund Wilson e Saul Bellow e Mary McCarthy a Saul Steinberg e Truman Capote e Jack Kerouac... Incubi e tormentoni metropolitani. Nuovi perbenismi nei suburbia. Gli scapestrati «sabati del Village». Negli anni Sessanta, su e giù per la California, lungo la mitica Highway 101. Soggiorni e scoperte fra San Francisco e Los Angeles, Stanford e Berkeley e Hollywood. Da Alfred Kazin a George Cukor. Panorami e vedute. I primi movimenti dei «figli dei fiori» e le «contestazioni» poi passate più violente in Europa. Quindi, «off-off». Affermazioni vigorose ed effimere delle tendenze e strutture alternative, soprattutto nel cinema e nel teatro controcorrente. Mentre lo spettacolo più convenzionale si abbassa a livelli sempre più infantili e turistici. Visite cool a vari luoghi leggendari, frattanto: New Orleans, New Mexico, Taos, Key West, Cape Cod, Fire Island, Arizona, Disneyland, Honolulu.
Alberto Arbasino è nato a Voghera nel 1930, e ha pubblicato il suo primo racconto nel 1955, su «Paragone». Era Distesa estate, che sarebbe entrato a far parte della raccolta Le piccole vacanze, del 1957. Membro del Gruppo '63, collaboratore di alcune importanti riviste come «L'illustrazione italiana», «Officina», «Il Mondo», «Tempo presente», «Il Verri», e in seguito del quotidiano «la Repubblica», Arbasino ha scritto numerosi saggi, pamphlet e opere di narrativa, che vengono ripubblicati in questi anni da Adelphi (L'Anonimo lombardo, 1959 e 1996; Parigi o cara, 1960 e 1995; Fratelli d'Italia, 1963, 1976 e 1993; Super-Eliogabalo, 1969 e 2001; Specchio delle mie brame, 1974 e 1995; Lettere da Londra, 1997) insieme a nuovi testi (Mekong, 1994; Passeggiando tra i draghi addormentati, 1997; Paesaggi italiani con zombi, 1998; Le Muse a Los Angeles, 2000; Marescialle e libertini, 2004; Dall'Ellade a Bisanzio, 2006). Matinée (1983) è invece, come recita il sottotitolo, Un concerto di poesia.
"Il vino della solitudine" è il più autobiografico e il più personale dei romanzi di Irene Némirovsky: la quale, pochi giorni prima di essere arrestata, stilando l'elenco delle sue opere sul retro del quaderno di "Suite francese", accanto a questo titolo scriveva: "Di Irene Némirovsky per Irene Némirovsky". Non sarà difficile, in effetti, riconoscere nella piccola Hélène, che siede a tavola dritta e composta per evitare gli aspri rimproveri della madre, la stessa Irene; e nella bella donna che a cena sfoglia le riviste di moda appena arrivate da Parigi in quella noiosa cittadina dell'impero russo - e trascura una figlia poco amata per il giovane cugino, oggetto invece di una furente passione - quella Fanny Némirovsky che ha fatto dell'infanzia di Irene un deserto senza amore. Hélène detesta la madre con tutte le sue forze, al punto da sostituirne il nome, nelle preghiere serali, con quello dell'amata istitutrice, "con una vaga speranza omicida". Verrà un giorno, però, in cui la madre comincerà a invecchiare, e Hélène avrà diciott'anni: accadrà a Parigi, dove la famiglia si è stabilita dopo la guerra e la rivoluzione di ottobre e la fuga attraverso le vaste pianure gelate della Russia e della Finlandia, durante la quale l'adolescente ha avuto per la prima volta "la consapevolezza del suo potere di donna". Allora sembrerà giunto alfine per lei il momento della vendetta. Ma Hélène non è sua madre - e forse sceglierà una strada diversa: quella di una solitudine "aspra e inebriante".
"Personaggio buffo e melanconico, Marcovaldo è il protagonista d'una serie di favole moderne" scrisse Italo Calvino, segnando, come in un suo bloc-notes, avvenimenti impercettibili nella vita di una grande città industriale, quali possono essere il passaggio di una nuvola carica di pioggia o l'arrivo mattutino di uno sbuffo di vento. Un'edizione illustrata da Sto che vuole essere un omaggio a due grandi del nostro Novecento. Età di lettura: da 9 anni.
«Una storia minima raccontata con singolare grandezza»
El País
«Mio padre è francese e se n'è andato a Parigi un anno fa quando io, terminati gli studi di magistero alla Escuela Normal, sono tornato a Contulmo.
Io scendevo dal treno e lui ci saliva.
Mi ha baciato disperatamente sulle guance e mia madre è venuta fin sulla banchina vestita a lutto. Il mio ritorno a casa non ha mai rimpiazzato l'assenza di mio padre. Cantava J'attendrai, Les feuilles mortes e C'est si bon.
E poi sapeva fare un buon pane croccante, la baguette, diverso dagli sfilatini e dalle pagnotte della zona. Inoltre, portava arance e limoni al mercato.
Tutti i giorni passava a prendere la farina al mulino e lí è cominciata l'amicizia con il padrone. Quando papà se n'è andato io non ho saputo riprodurre la sua arte della baguette, ma sono diventato amico del mugnaio.
Ne sa piú lui di me, di papà.
Ne sa piú lui di papà della mia stessa madre».
Kim Lange sa benissimo di essere un'arrivista disposta, per la carriera, a sacrificare tutto, marito e figlia compresi. D'altra parte, così facendo, è arrivata a condurre il più noto talk-show televisivo di Berlino ed è all'apice del successo. Ma il destino è sempre in agguato, ed ecco che un assurdo incidente pone fine alla sua vita. O no? Kim non si sta divertendo per niente: ha preso una gran botta in testa e le sembra di sprofondare in un immenso buco nero. Quando riemerge dal blackout, si sente strana, il suo corpo non è quello di sempre, ha una testa gigantesca... un addome assurdo... sei gambe... Orrore! È diventata una formica! La sua vita mal spesa deve essere espiata, e questa è la punizione. Per di più, con i suoi nuovi occhietti da insetto, finisce nel giardino della sua ex casa, dove assiste impotente alle manovre della ex migliore amica che gira attorno, smorfiosa, al suo ex marito. Ora, per la ex Kim, c'è un solo modo per correre ai ripari: rimontare al più presto nella scala delle reincarnazioni per tentare la difficile risalita da insetto a essere umano. Ma la strada purtroppo è lunga, e non c'è più molto tempo. Attraverso quante altre orribili forme animali dovrà passare? Molte: da porcellino d'India a verme, da scoiattolo a vitello, fino a rinascere in una docile cagnetta, e in ciascuna di queste reincarnazioni verrà messa alla prova per dimostrare che il suo sciagurato cattivo carattere è cambiato.
Il Leviathan, sgangherato carrozzone dal pittoresco equipaggio, si aggira per un’Europa fuori dal tempo, devastata da guerre e carestie, spettacolari miracoli e allucinazioni collettive. Alla guida c’è Wulferio, teatrante istrione che vaga mettendo in scena il suo spettacolare “teatro delle crudeltà”. Wulferio ha una meta precisa, un lontano convento dove lo attende una monaca che si dice abbia scritto i drammi piùallucinati mai messi in scena. Attraverso avventure tragiche e irriverenti, pericoli e colpi di scena, Wulferio riuscirà a raggiungere la monaca ormai in punto di morte e giurerà di mettere in scena l’intera sua opera. Senza sapere che quel giuramento lo consegna a un pericolo più grande: quelle estreme rappresentazioni chiedono infatti un tributo di sangue sempre nuovo e Wulferio si troverà ad attraversare territori selvaggi alla ricerca di giovani vittime per il suo crudele teatro, braccato dalle milizie mercenarie dello spietato Doppio Sombrero, fi no a una conclusione grandiosa e visionaria quanto le sue rappresentazioni... La storia, raccontata dal giovane monaco Brendano, fedele testimone del delirio di Wulferio, ha la forza di un romanzo d’avventura e il fascino di una meditazione pericolosa sul Male e la sofferenza umana.
Inghilterra, 1910. Bessie Mundy ha trentatre anni, vive sola e sembra non avere più alcuna prospettiva di sposarsi.
Fa la dama di compagnia ed è economicamente indipendente dalla famiglia, che resta assai sorpresa quando, di punto in bianco, Bessie annuncia di voler sposare un uomo appena conosciuto. Il matrimonio avviene in tutta fretta e lo sposo sollecita la donna a farsi consegnare la quota che le spetta dell'eredità paterna. Con una parte del denaro la coppia affitta una casa all'80 di High Street, a Herne Bay, e vi fa installare una moderna vasca da bagno. Dopo pochi giorni Bessie viene trovata annegata in quella vasca nuova di zecca. Vicino al cadavere non c'è nessuna traccia di lotta e il medico conclude che la donna è rimasta vittima di un attacco epilettico. Il marito organizza un funerale al risparmio, seppellisce Bessie in una fossa comune e quindi scompare.
Un anno dopo, più o meno la stessa sorte tocca a una infermiera nubile di nome Alice Burnham. Il copione si ripete: una donna non più giovane, non particolarmente bella, non particolarmente ricca, decide improvvisamente di sposarsi, chiede alla famiglia di liquidarle tutti i suoi averi, si reca con il neosposo in una stazione balneare inglese, affitta una stanza con una vasca da bagno e muore annegata. L'anno successivo è la volta di Margaret Lofty.
Cinque anni dopo l'ispettore Arthur Neil sospetta la possibilità di un collegamento tra i due ultimi casi e, indagando, riesce a individuare un presunto colpevole, un uomo che, sotto diverse identità, ha sposato prima Alice e poi Margaret.
Nel giro di pochi giorni gli viene attribuita anche la morte di Bessie.
In una Londra minacciata dalle bombe degli Zeppelin, il processo riesce a guadagnarsi le prime pagine dei giornali e a catturare per giorni l'attenzione dell'opinione pubblica anche per merito di un personaggio che fa il suo primo ingresso nei tribunali dell'epoca: il patologo forense. Con i casi delle spose annegate nella vasca da bagno, il patologo diventa per la prima volta figura centrale per valutare l'innocenza o la colpevolezza di un imputato e ruba la scena al Principe del foro.
Bernard Spilsbury è un patologo di grande esperienza e di numerosi pregi: è alto oltre il metro e ottanta, è molto elegante, ha lineamenti raffinati, una parlantina sciolta e un mento volitivo. E soprattutto conosce il suo mestiere. Spilsbury è dedito in maniera quasi ossessiva alla professione e sacrifica ogni momento della sua giornata al difficile compito di sezionare e analizzare i cadaveri. Usando seghe, martelli, esperimenti scientifici e una vasta conoscenza dei veleni, diventa un beniamino dei giornali dell'epoca meritandosi presto il titolo di: «padre della medicina legale moderna», «perfetto prototipo del detective della narrativa moderna». E viene applaudito come il vero «Sherlock Holmes».