
Credevamo di poter dimenticare tutto quello che abbiamo vissuto come cittadini italiani? Michele Serra si adopera perché nessuno debba, perché nessuno possa dimenticare cosa ci ha portato sin qui. Torna il Breviario umano, sociale e politico di Michele Serra. In una nuova edizione più vasta, più ricca, ancora più tragicamente comica.
Il libro
Di quando Berlusconi regalò alla regina d'Inghilterra un reggiseno di pizzo, pregandola di indossarlo in sua presenza. Di quando venne finalmente chiarito che "cariche dello stato" non si riferiva agli esplosivi usati durante la prima Repubblica. E di quando il Pd diede in affido i suoi elettori a chi garantiva di trattarli con umanità.
Torna il Breviario umano, sociale e politico di Michele Serra. In una nuova edizione più vasta, più ricca, ancora più tragicamente comica.
"…parliamo a voce bassa di donna Marina e di quello che aveva in cuore"
La protagonista indiscussa di questo grande romanzo d'amore e follia è la giovane, oscuramente affascinante, Marina Crusnelli di Malombra, ospitata dallo zio, il conte Cesare d'Ormengo, in una magnifica villa sul Lago di Como. Venuta in possesso di un autografo dell'antenata Cecilia, apparentemente portata alla morte dal marito, padre dell'attuale conte, si convince di esserne la reincarnazione e di avere l'obbligo di vendicarne l'assassinio. Quando alla villa giunge lo sconosciuto scrittore Corrado Silla, orfano di una cara amica del conte Cesare, i due giovani vengono subito travolti da un amore tormentato ma assoluto. Un amore destinato tuttavia, a causa della crescente pazzia di Marina, a essere trascinato verso un gorgo inevitabile. Un testo fondamentale dell'Ottocento italiano, uno straordinario romanzo romantico, molto amato anche da autori poeticamente distanti come Verga.
Ritorna la Romagna di Flamigni con la sua variegata e allegra galleria di personaggi che hanno conquistato i lettori di “Un tranquillo paese di Romagna” e di “Circostanze casuali”: Primo Casadei e la sua famiglia, gli amici Proverbio e Pavolone, alle prese l’uno con un ricovero in terapia intensiva, l’altro con il desiderio di mettere al mondo un figlio con l’amata Maite. E sono problemi che li pongono di fronte a questioni di morale - la fine della vita e il suo inizio - non facili da risolvere soprattutto perché oscurate da leggi mal scritte e mal interpretate. Gli affanni dei due amici si intrecciano con la trama principale del romanzo. Giuseppe, figlio di una delle tante cugine di Primo, giornalista in una emittente televisiva, arriva in Romagna per una inchiesta sul «Presidente», uno di quei potenti che si muovono con disinvoltura tra politica danaro e malaffare senza però sporcarsi le mani. La sua vita è all’insegna della discrezione per non dire della segretezza. Giuseppe ha colto al volo l’occasione dell’inchiesta anche perché la sua fidanzata ha deciso di presentarsi al concorso Belle e Brave che si svolge in Romagna proprio in quei giorni. Accompagnata dalla mamma insieme hanno capito quali sono le mosse giuste per avere successo. Giuseppe si muove con eccessiva disinvoltura, a tratti con ingenuità, alla ricerca di verità sul Presidente, e Primo, che ben conosce il mondo al confine tra lecito e illecito (nel suo passato c’è anche la prigione), lo mette in guardia e lo avverte di fermarsi.
Amy e Bob Withers vivono in una baracca fatiscente nella piccola città neozelandese di Weimaru e, nella grave depressione economica degli anni Trenta, riescono a malapena a sfamare i loro quattro bambini. Francie, la maggiore, a dodici anni è costretta a lasciare la scuola con la prospettiva di un misero impiego nel locale lanificio. Teresa, detta Chicks, Pulcino, è la più piccola e trotterella sporca dietro i fratelli, in perenne ricerca di una caramella o di un gesto d’affetto. Toby, l’unico maschio, soffre di epilessia e attende spaventato quei momenti in cui Dio gli butta sulla testa «un mantello scuro», e lui lotta per liberarsi «agitando in aria le braccia e le gambe». Daphne, infine, la fragile e introversa Daphne, fa suo ogni pensiero, ogni palpito del cuore, ogni gioia e dolore dei suoi fratelli.
Il luogo preferito dai piccoli Withers è la discarica dei rifiuti, il posto dove si cercano i tesori, dove Toby e Daphne trovano libri di fiabe mangiucchiati dai vermi e dove Francie può liberamente raccontare i suoi sogni di adolescente che si farà strada nel mondo, andrà a ballare con i ragazzi e i loro cuori batteranno insieme.
Ma il futuro per chi nasce segnato non prevede alcuna realizzazione dei sogni. Passano gli anni e i fratelli Withers non trovano tesori sulle loro strade: Francie presto paga con una tragica fine il suo desiderio di evasione e trasgressione; Toby diventa un emarginato che si attacca ossessivamente a quel po’ di denaro che riesce a guadagnare e a un rapporto morboso con la madre; Chicks si allontana dalla famiglia per sposarsi e cercare disperatamente un’esistenza agiata, che si rivela però fragilissima. E Daphne, la debole e indifesa Daphne, vive rinchiusa in un ospedale psichiatrico dove è sottoposta a ripetuti e dolorosi elettroshock. Dalla sua «camera morta» accompagna con il suo canto, il suo grido, la sua poesia, le vite dei genitori e dei fratelli.
Opera prima di Janet Frame, che ne rivelò l’immenso talento lirico e narrativo, Gridano i gufi è un romanzo corale che parla di amore, abnegazione, dolore e speranza, gioie e lutti con una scrittura ricca di pathos e commozione tra le più alte della narrativa femminile di tutti i tempi.
Sono gli anni che precedono la seconda guerra mondiale e l’eccentrica famiglia inglese dei Durrell vive oziosamente sull’isola greca di Corfù. Gerald, il più piccolo, è un bambino di dieci anni con uno spirito di osservazione acuto e ricco di arguzia. Ha un’immensa passione per il mondo naturale e soprattutto per ogni genere di animali, e dal suo punto di vista la fertile Grecia assomiglia a un paradiso terrestre. Ogni giorno ci sono nuovi insetti da collezionare, nuovi pesci da studiare, nuove esplorazioni da compiere in groppa alla paziente asinella Sally e accompagnato da quel brontolone del cane Roger. La natura entusiasma Gerry molto più di quanto facciano mamma e fratelli, l’altra singolare fauna che il ragazzo non manca di osservare con disincanto e ironia. Margo, la sorella, è in perenne lotta con il suo aspetto fisico e cerca strampalate vie per curare sovrappeso e acne. Il fratello Leslie è un patito delle armi da caccia e, sdraiato all’ombra, passa il suo tempo a leggere trattati di balistica, senza grandi velleità di concretizzare alcunché. Larry, il fratello maggiore e futuro scrittore di successo, trascorre le sue giornate a deridere i famigliari con caustiche battute, salvo poi invitare a casa gli amici più stravaganti e improbabili. E mamma è una svampita vedova che adora i suoi figli e governa con levità e tolleranza in quella grande villa piena di stanze.
Attorno ai Durrell c’è il mondo dei greci, quel mondo fatto di dura fatica tra gli ulivi, le viti e il mare sotto il cocente sole mediterraneo, e la piccola comunità degli espatriati per i quali il rombo dei cannoni che si stanno preparando nel cuore dell’Europa è lontano anni luce.
In mezzo a questa umanità di cui racconta esilaranti aneddoti di vita quotidiana, Gerald trova il suo mentore nel dottor Stephanides, un medico e scienziato che lo prende a cuore e lo guida a un apprendimento più sistematico della zoologia. A dargli le maggiori soddisfazioni è però sempre l’incanto della natura: un’emozionante pesca al polipo a mezzanotte, un bianco barbagianni o una famiglia di porcospini da accudire come animali domestici, la magia dell’accoppiamento delle lumache, gli svolazzi del gufo Ulisse che tutte le sere torna a casa per cena riempiono le giornate del piccolo naturalista con un entusiasmo e una curiosità che, pagina dopo pagina, contagiano il lettore.
Diana Blanco, brillante poliziotta venticinquenne, è la miglior “esca” della polizia di Madrid: agisce in modo che i criminali la scelgano come preda, per poterli poi “agganciare” e mettere in atto le sofisticate tecniche che ha studiato per incastrarli. Il lavoro di esca si basa sulla teoria dello Psinoma, secondo cui che la personalità di un individuo è determinata dal suo desiderio e dal modo di soddisfarlo, teoria risalente addirittura ai tempi di Shakespeare e presente in tutte le sue opere. Le esche, infatti, vengono addestrate in veri e propri teatri, dove si esercitano a mettere in scena le “maschere” che serviranno a manipolare il desiderio e controllare gli animi umani. Diana sta indagando al complicatissimo caso dell’omicida seriale chiamato Spettatore, le cui vittime sono giovani donne, in prevalenza prostitute e straniere, brutalmente uccise e fatte a pezzi. Quando scopre che sua sorella Vera è il prossimo obiettivo dello Spettatore, Diana inizia una lotta contro il tempo per catturare il mostro, in un emozionante gioco di sospetti e di colpi di scena. Niente è come sembra e lei non può fidarsi di nessuno, neanche di chi le è più vicino.
Nulla mi ha fatto tanto piacere nella vita come passare mesi e anni a costruire una storia, dal suo incerto sbocciare, quell’immagine che la memoria aveva salvato da una qualche esperienza vissuta, che si trasforma in inquietudine, in entusiasmo, una fantasia germinata poi in un progetto, fino alla decisione di cercare di tramutare quella nebbia popolata da fantasmi in una storia. «Scrivere è un modo di vivere», scrisse Flaubert. Sí, certamente, un modo di vivere con entusiasmo e allegria e con un fuoco scoppiettante nel cervello, battagliando con le parole ribelli fino ad addomesticarle, esplorando il vasto mondo come un cacciatore in cerca della preda desiderata per alimentare la finzione in embrione e placare quel vorace appetito di ogni storia che, crescendo, vorrebbe inglobare tutte le storie.
Mario Vargas Llosa, Elogio della lettura e della finzione
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Ventotto anni dopo l’assegnazione del Nobel per la letteratura a García Márquez, nel 2010 l’Accademia di Stoccolma ha premiato un altro autore sudamericano, Mario Vargas Llosa, per «la sua cartografia delle strutture del potere e per la sua acuta immagine della resistenza, della rivolta e della sconfitta dell'individuo».
Con il discorso pronunciato in occasione della premiazione e riproposto in Elogio della lettura e della finzione, Vargas Llosa ci regala un capitolo inedito della sua autobiografia: la storia di un bambino curioso e intelligentissimo, che trova il suo «paradiso dell’infanzia» nella casa di famiglia a Cochabamba:
... in compagnia delle mie cugine e dei compagni di scuola potevamo giocare a rappresentare le avventure di Tarzan e di Salgari, e nella prefectura di Piura, dove nei sottotetti si annidavano i pipistrelli, ombre silenziose che riempivano di mistero le notti stellate di quella terra rovente. In quegli anni, scrivere fu come giocare un gioco che si svolgeva in famiglia, un piacere che faceva meritare applausi.
Cresciuto nella convinzione di essere orfano di padre, il bambino Vargas Llosa custodisce sul comodino la foto di un bell’uomo in uniforme, e ogni sera, prima di dormire, la bacia e le rivolge una preghiera. Ma un giorno la favola dell’infanzia si sgretola e fa spazio alla solitudine, alla paura, alla scoperta dell’autorità e della vita adulta.
Una mattina piurana, da cui tuttavia credo di non essermi ancora ripreso, mia madre mi rivelò che quel signore, in realtà, era vivo. E che quello stesso giorno saremmo andati a vivere con lui, a Lima. Io avevo undici anni e, da quel momento, cambiò tutto.
Da quel momento, racconta Vargas Llosa nell'Elogio, anche il suo rapporto con la letteratura «diventa grande». Se leggere è il rifugio, la nuova favola in cui vivere avventure esaltanti e sentirsi libero e ancora felice, scrivere è l’azione speculare, non di fuga ma di partecipazione.
... scrivere, di nascosto, come chi si concede a un vizio inconfessabile, a una passione proibita. La letteratura smise di essere un gioco. Si trasformò in un modo di resistere all’avversità, di protestare, di ribellarmi, di scappare dall’intollerabile, la mia ragione di vita.
Un testo toccante e appassionato, che mescola le riflessioni agli aneddoti e si muove tra storia e ricordo, presentandoci la letteratura come il luogo in cui convergono il desiderio di fuga e la volontà di cambiamento, l’incanto del sogno e la caparbietà dell’impegno civile. Oggi a parlare non è più un bambino: è un grande scrittore. Ma leggere e scrivere, per Vargas Llosa, hanno ancora lo stesso significato: «protestare contro le ingiustizie», e «dimostrare che la vita così com’è non è sufficiente a soddisfare la nostra sete di assoluto».
L’arrivo di una misteriosa giovane donna suscita immediatamente la curiosità dei cittadini di Southport: chi è e da dove viene Katie, la ragazza bellissima e riservata che lavora al ristorante di Ivan? Per un po’ lei non parla con nessuno, non fa amicizia, non esce la sera: c’è qualcosa nel suo passato che la riempie di paura e la spinge a nascondersi. Ma dopo qualche tempo non può resistere al calore della piccola comunità marina, alla simpatia del suo vicino di casa Jo, e soprattutto alla dolcezza di Alex, che è rimasto vedovo con due bambini ed è capace di offrirle l’amore e la sicurezza di una famiglia. Una sicurezza che il suo misterioso passato rischierà di compromettere.
Anno Domini 1654. I dogmi sono il fondamento della supremazia della Chiesa. Sono e devono restare inattaccabili. L’Inquisizione vigila e con le sue lunghe mani ha mandato di perquisire i più nascosti recessi del mondo per impedire che neppure il più piccolo dubbio si insinui nelle coscienze.
Per questo, quando in un piccolo villaggio della Provenza vengono alla luce ossa di enormi dimensioni, che non appartengono a nessuna specie conosciuta, le stanze del Vaticano tremano. Tutte le spiegazioni contrastano con la Bibbia, soprattutto quella che a un certo punto si diffonde: che si tratti delle ossa di Satana. Perché se così fosse, se il diavolo fosse morto, a chi attribuire la colpa dei mali del mondo se non a Dio stesso?
Lavorel, famoso studioso esperto di gigantologia, arriva sul posto, insieme a un suo allievo, Zenone, medico ateo e illuminato, trafugatore di cadaveri a fini di studio, e per questo in fuga da Parigi e tacciato di eresia. Zenone non ci vede nulla di ultraterreno in quelle ossa, e cerca di dimostrarlo. A suo rischio, perché una soluzione razionale spaventa la Chiesa non meno di una soprannaturale.
Insieme alla bellissima Agnese, esperta di erbe e sospettata di stregoneria, Zenone affronterà mille pericoli e il giudizio dell’Inquisizione per arrivare alla verità.
In un’epoca di superstizione, in cui la scienza si muove sul filo del rasoio, tra interrogatori, roghi e tentativi di mettere a tacere, si consuma una insidiosa lotta tra fede e ragione.
Sanford Clark ha tredici anni e vive in Canada nella metà degli anni ’20. È un bravo ragazzino, senza troppi grilli per la testa e francamente non capisce per quale motivo sua madre Winnie insista perché si trasferisca in California con il fratello di lei, lo zio Stewart, intenzionato ad avviare un’attività di allevamento di polli. Sanford parte a testa bassa, con le parole di sua madre che ancora gli frullano nella mente: «Vedrai che sarà un’avventura, andrai a scuola, ti divertirai…». Ma la California non sarà per lui la terra promessa, solo un luogo solitario e ostile, dove il vero volto dello zio Stewart, attraente come un divo di Hollywood, rivelerà la sua natura deviata. Sanford diventa uno schiavo costretto a lavorare senza sosta. Maltrattato, sottoposto a ogni sorta di sofferenze e umiliazioni, si dovrà confrontare con il cuore nero e violento dello zio. Un essere dall’animo guasto e degenerato che lo rende complice di brutali atti di ferocia. Il ranch diventa per Sanford una prigione fisica e mentale, dove senso di colpa, abbrutimento e sopraffazione non gli danno tregua.
In fuga da un destino che pare segnato, riuscirà ad affrancarsi dal passato. Dimostrando che un’anima può mantenersi candida anche attraversando le fiamme dell’inferno.
Walter e Patty erano arrivati a Ramsey Hill come i giovani pionieri di una nuova borghesia urbana: colti, educati, progressisti, benestanti e adeguatamente simpatici.
Fuggivano dalla generazione dei padri e dai loro quartieri residenziali, dalle nevrosi e dalle scelte sbagliate in mezzo a cui erano cresciuti: Ramsey Hill (pur con certe residue sacche di resistenza rappresentate, ai loro occhi, dai vicini poveri, volgari e conservatori) era per i Berglund una frontiera da colonizzare, la possibilità di rinnovare quel mito dell'America come terra di libertà «dove un figlio poteva ancora sentirsi speciale». Avevano dimenticato però che «niente disturba questa sensazione quanto la presenza di altri esseri umani che si sentono speciali».
E infatti qualcosa dev'essere andato storto se, dopo qualche anno, scopriamo che Joey, il figlio sedicenne, è andato a vivere con la sua ragazza a casa degli odiati vicini, Patty è un po' troppo spesso in compagnia di Richard Katz, amico di infanzia del marito e musicista rock, mentre Walter, il timido e gentile devoto della raccolta differenziata e del cibo a impatto zero, viene bollato dai giornali come «arrogante, tirannico ed eticamente compromesso».
Siamo negli anni Duemila, quelli della presidenza Bush e dell'operazione Enduring Freedom, anni in cui negli Stati Uniti (e non solo...) la libertà è stata come non mai il campo di battaglia e la posta in gioco di uno scontro il cui fronte attraversa tanto il dibattito pubblico quanto le vite delle famiglie. Che si combattano guerre imperiali o guerre domestiche, in gioco c'è sempre la libertà e il senso da dare a questa parola.
Nove anni dopo Le correzioni, Jonathan Franzen torna con un romanzo spietato e divertente, un vasto affresco storico capace di un'umanissima, malinconica attenzione per il dettaglio: una riflessione sulla libertà e sulle cose cui siamo disposti a rinunciare per essa, sull'ambiguità di un diritto che a volte si fonda sulla sopraffazione dell'altro, sulle catene che ci imprigionano e su quelle che in realtà ci rendono più liberi. Ma questo è anche un romanzo sul matrimonio, su ciò che ci lega a un'altra persona, e sulla politica, che è ciò che ci lega a tutti gli uomini. Sul desiderio e il risentimento, sull'invidia che fonda le amicizie, sul conformismo della società di massa e sulle aspettative deluse: tutte cose che, a ben vedere, sono modi diversi di pensare la libertà.
Dal blog “Maestrapiccola”, alle pagine di questo libro, l’autrice Cristina Petit, maestra bolognese di una scuola primaria, ci guida tra i pensieri e le parole di un diario quotidiano.
Da settembre a giugno, giorno dopo giorno, le storie di un intero anno scolastico prendono vita sulla carta. Una parte dei post, i più belli, i più toccanti, i più importanti sono diventati questo libro. Sono piccoli racconti che ci fanno sorridere, commuovere, divertire o anche arrabbiare. E a poco a poco emerge il ritratto della scuola di oggi, così com’è davvero, con i nonni baby-sitter, i precari arrabbiati, i genitori confusi, i ministri lontani, la scuola dei tagli e delle finte riforme.
Ma soprattutto, e al di sopra di tutto, il libro si concentra sullo “stato di salute” dei bambini nella realtà di oggi, considerando l’impatto sottile ma evidente di alcuni fattori chiave sul loro comportamento, il loro linguaggio, le emozioni e le modalità relazionali: la pubblicità, la moda, la TV, i videogiochi. Fattori fuori da ogni controllo, spesso sottovalutati, in grado di annullare ogni distanza tra i bambini e gli adulti, anche nella loro identità di consumatori.
Se i bambini sono la cartina al tornasole dello stato di salute degli adulti e della società proposta, allora è lecito e doveroso un grido d’allarme e una reazione collettiva. I bambini ci insegnano a diventare grandi: dallo sguardo attento di una maestra, da un punto di osservazione privilegiato, quale è il laboratorio-scuola, l’invito a reagire, a prendere consapevolezza e, soprattutto, a iniziare ad avere cura di noi stessi e della realtà circostante, partendo dalla difesa dei bambini e del loro diritto di esserlo.
Una voce e una presa di posizione appassionata, ironica e autentica da parte di chi la scuola la vive dall’interno e la difende con ogni sforzo ogni giorno. Lontano da ogni intento retorico e moralistico, lo stile e la scrittura di Cristina Petit sono “lievi” e leggeri: la leggerezza propria di ogni sguardo intelligente e aperto, curioso, ironico e ostinatamente partecipe della realtà, nella sua accezione più semplice e umana.