
Nessuno meglio di Annie conosce la magia di certi ingredienti. Nessuno meglio di lei sa che mescolando un pizzico di vaniglia, una spolverata di cioccolato, qualche fragola e la giusta quantità di zucchero si può cambiare una vita, far nascere un'amicizia, colmare un vuoto del cuore. È stata sua madre a insegnarglielo, è stata lei a passarle la ricetta segreta dei cupcake. Annie era solo una bambina, e si ricorda ancora di quelle sere passate a cucinare nella grande casa dei St Claire, a San Francisco, dove sua madre faceva la domestica. Quei dolci sono l'unico ricordo che le rimanga della madre, morta troppo presto. E di Julie, primogenita dei St Claire, quasi una sorella per lei. Ma la loro amicizia era finita a causa di un tradimento imperdonabile. Sono passati anni da allora. Annie ha lottato per affermarsi, si è ribellata alle convenzioni, ha studiato per fare della sua passione e del suo talento un lavoro. E ce l'ha fatta. Adesso è tornata a San Francisco e vuole realizzare il suo sogno: aprire una pasticceria. C'è una sola persona in grado di aiutarla: Julie. La ragazza, ormai avviata a una brillante carriera di donna d'affari, si sta per sposare, ma non ci pensa due volte. Aiuterà l'amica, e forse questa sarà la chance per farsi perdonare. Ma funesti e inspiegabili incidenti cominciano ad accadere, uno dopo l'altro. Qualcuno sta cercando di sabotare in tutti i modi il loro progetto. Perché i conti con il passato non sono affatto chiusi. E c'è un segreto che non è stato ancora svelato.
Sono stati molti gli scrittori in galera, finiti dentro a causa dei motivi più diversi - dalle rapine a mano armata all'assassinio della moglie (delitto, questo, molto diffuso tra i letterati, da Verlaine a Burroughs a Norman Mailer a Fallada). Addirittura tra galera e scrittura sembra correre una affinità: alcuni scrittori, come Jean Genet o Chester Himes, lo sono diventati dentro, altri, da Kleist a Giuseppe Berto, vi hanno potuto rinnovare ispirazioni e giustificazioni a creare, quasi tutti hanno trovato il modo di correggere la propria linea di scrittura. E come se dietro le sbarre i loro pensieri vietati trovassero nuove e più efficaci fantasie ("vi siete sbagliati - diceva Sade ai carcerieri -avete acceso la mia testa, mi avete spinto a creare fantasmi che dovrò realizzare"). Perché? Secondo quanto mostra l'autrice di questo erudito e divertente pellegrinare di cella di scrittore in cella di scrittore (in ordine cronologico, da quelle di Voltaire e Diderot, a quelle di Adriano Sofri e Goliarda Sapienza: e sono celle che coprono tutta la scala reclusoria, dalle galanti e libertine, tali quelle settecentesche, alle celle plumbee, quali quelle dei lager e dei gulag), è perché l'immaginazione, costretta, cresce e soprattutto cresce il desiderio. Le scrittrici, in particolare, confessano tutte che in carcere, affrancate dall'obbligo di accudire gli altri, sperimentano un'insolita forma di libertà: possono occuparsi di se stesse.
È un Leonardo Sciascia divertito osservatore del mondo cui non risparmia irriverenti ironie e grafitanti parodie, l'adolescente che ci viene incontro da questi ricordi di Stefano Vilardo (Delia, 1922, "Tutti dicono Germania Germania", Sellerio 2007, il suo libro più noto). Stefano gli fu compagno di banco dall'anno scolastico 1936-37 e poi per tutta la vita, conoscendone subito la passione letteraria, la cinefilia al limite dell'erudito e l'amore per le burle contro ogni superbia; e in questa intervista, raccolta da Antonio Motta (con Sellerio "Bibliografia degli scritti di Leonardo Sciascia", 2009), ne racconta la prima formazione, il precoce antifascismo libertario ed episodi cruciali della vita privata intellettuale.
La funesta profezia del 21 dicembre 2012 è solo un esempio. L'ultimo, se i Maya avevano ragione. Il fatto è che periodicamente l'umanità si prepara a sloggiare dal pianeta Terra. Millenarismi di ogni tipo per secoli hanno alimentato la credulità popolare, e ogni scampato pericolo è sempre servito solo come carburante per la profezia successiva. In particolare, però, è la generazione di noi contemporanei quella che sta coltivando con maggiore convinzione l'idea di essere l'ultima della storia del mondo. Dopo di noi, il diluvio: e pazienza per i posteri, fossero anche i nostri figli. Potrà essere un collasso finanziario, oppure un drammatico stravolgimento climatico, forse un'ondata migratoria devastante, uno tsunami di spazzatura, una guerra mondiale, la fine delle risorse petrolifere. Oppure tutte queste cose assieme, senza escludere i classici del cinema: impatto con un meteorite o invasione di extraterrestri. Se pure i Maya avessero torto, un'apocalisse sembra davvero alle porte se non altro la fine dei mondo così come siamo abituati a viverlo da qualche secolo a questa parte. Ecco lo specifico contemporaneo: ci sentiamo talmente sicuri di un'imminente apocalisse (una qualsiasi apocalisse) che ci siamo convinti di non poter fare nulla per fermarla. Se ne ricava la più classica delle profezie che si auto verificano: siccome la fine del mondo ci sarà, ci sarà la fine del mondo.
Siamo arrivati in nove. In apparenza, siamo uguali a voi: vestiamo come voi. parliamo come voi, viviamo come voi. Ma non siamo affatto come voi. Siamo in grado di fare cose che voi non potete neanche sognare. Abbiamo poteri che voi non riuscite neanche a immaginare. Siamo più forti, più veloci e più abili di qualsiasi essere vivente del vostro pianeta. Avete presente i supereroi dei fumetti e quelli che ammirate al cinema? Una cosa del genere, però con una grossa differenza: noi siamo reali. Ci siamo rifugiati sulla Terra e ci siamo divisi per prepararci: dovevamo allenarci, scoprire tutti i nostri poteri e imparare a usarli. Poi ci saremmo riuniti, tutti e nove, e saremmo stati pronti. A combatterli. Ma loro hanno scoperto che siamo qui e adesso ci stanno dando la caccia. Vogliono eliminarci, l'uno dopo l'altro. Così siamo costretti a scappare, a spostarci in continuazione, ad avere paura della nostra stessa ombra. Attualmente mi faccio chiamare John Smith, e mi nascondo a Paradise, in Ohio. Credevo di essere al sicuro, ma ho commesso un errore gravissimo: mi sono innamorato di una mia compagna di scuola. E non potevo scegliere un momento peggiore. Perché loro hanno preso il Numero Uno in Malesia. Il Numero Due in Inghilterra. Il Numero Tre in Kenya. E li hanno uccisi. Io sono il Numero Quattro, lo sono il prossimo...
Le affascinanti profondità marine celano tesori e misteri meravigliosi e inimmaginabili, che sfidano il tempo e la memoria. Nessuno lo sa meglio di Dirk Pitt, direttore della Numa, e del suo braccio destro Al Giordino, che al mare hanno dedicato la vita e la professione. Ma questa volta c'è un inspiegabile filo rosso che lega una galera romana affondata nel Mediterraneo da un attacco di pirati nel 327 a.C. e una nave da guerra britannica, misteriosamente scomparsa nel 1916 al largo delle isole Orcadi. Un filo rosso di sangue che porta fino ai giorni nostri, a una serie di violenti attentati a danno di moschee al Cairo e a Istanbul, che rischiano di far precipitare la situazione già molto tesa del Medio Oriente. A chi appartiene la mano omicida che muove le fila di questo terribile disegno di morte? Solo Dirk Pitt può venirne a capo, aiutato dai suoi figli Dirk jr e Summer, in un'avventura senza respiro che li porterà dai vicoli di Gerusalemme ai castelli della campagna inglese, allo splendido palazzo del Topkapi, in fuga da un'oscura e terribile organizzazione capeggiata da un criminale sadico che cova un folle sogno di grandezza. Fino a una scoperta sensazionale, che potrebbe rimettere in discussione la storia e le sue verità. Ma il prezzo da pagare per gli eroi della Numa sarà molto alto.
Nei villaggi delle Alpujarras è esploso il grido della ribellione. Stanchi di ingiustizie e umiliazioni, i moriscos si battono contro i cristiani che li hanno costretti alla conversione. È il 1568. Tra i rivoltosi musulmani spicca un ragazzo di quattordici anni dagli occhi incredibilmente azzurri. Il suo nome è Hernando. Nato da un vile atto di brutalità - la madre morisca fu stuprata da un prete cristiano -, il giovane dal sangue misto subisce il rifiuto della sua gente. La rivolta è la sua occasione di riscatto: grazie alla sua generosità e al coraggio, conquista la stima di compagni più o meno potenti. Ma c'è anche chi, mosso dall'invidia, trama contro di lui. E quando nell'inferno degli scontri conosce Fatima, una ragazzina dagli immensi occhi neri a mandorla che porta un neonato in braccio, deve fare di tutto per impedire al patrigno di sottrargliela. Inizia così la lunga storia d'amore tra Fatima ed Hernando, un amore ostacolato da mille traversie e scandito da un continuo perdersi e ritrovarsi. Ma con l'immagine della mamma bambina impressa nella memoria, Hernando continuerà a lottare per il proprio destino e quello del suo popolo. Anche quando si affaccerà nella sua vita la giovane cattolica Isabel...
Bombay, anni Ottanta. Shuklaji Street è un reticolo febbrile di stanze, stanze per il sesso, stanze per Dio, stanze segrete che si riducono di giorno e si espandono di notte. Corre da Grant Road a Bombay Central, e percorrendola a piedi, tra auto, camion, risciò, biciclette, rifiuti, escrementi e poveri che barcollano coperti di stracci, si fa il tour dei luoghi della perdizione della città, i luoghi del piacere e dell'ebbrezza. La croce copta dei cristiani siriani al collo, l'aria di chi è stato rispedito in India dopo essere finito nei guai a New York, Dom Ullis si è rifugiato nel bel mezzo di Shuklaji Street, nella stanza d'oppio di Rashid, la fumeria più rinomata della strada con le sue autentiche pipe cinesi. Nel locale, pregno dell'odore di melassa, sonno e malattia, si è accolti dal proprietario, braccia e ventre cosi grassi da rendere striminzita ogni camicia. La fumeria, però, è per ogni habitué innanzi tutto il regno di Dimple. E lei che, scuotendo i capelli che le cadono davanti agli occhi, prepara, con mano esperta ed elegante, le pipe. Quando era appena un ragazzo, Dimple fu condotto in un bordello di Bombay. Gli diedero una sari rossa e del whisky e poi, con l'aiuto di un sottile, tagliente bambù, fecero di lui una splendida hijra, un eunuco. Con i suoi amanti e ospiti Dimple discute di Dio e del sesso, dell'amore e del significato dell'esistenza, della crudeltà della vita e... del Pa-tar Maar, l'assassino di pietra che gira di notte nei quartieri dei poveri di Bombay.
Il manoscritto di "Soggiorni" fu il regalo che Martin Heidegger fece alla moglie per il suo settantesimo compleanno. Heidegger era partito nella primavera del 1962. A lungo frequentata attraverso le parole dei pensatori, il canto dei poeti antichi e i versi di Hölderlin, la Grecia diventava finalmente la meta di un viaggio reale. Lo stile di queste pagine è insolito per un pensatore di cui conosciamo la scrittura densa e pregnante, scevra di riferimenti alla biografia e alle vicende personali. Ma il suo è anche un viaggio "di pensiero", di ricerca, intrapreso sull'impulso di un interrogativo preciso, che ritorna costantemente formulato nelle parole dei tragediografi e dei poeti. E quella Grecia delle origini che inizialmente sembra negarsi, affondata, lontana, sfigurata dal progresso e dalla tecnica, alla fine si rivela, e giunge il momento in cui il viaggio si trasforma in un "soggiorno".
Aaron, giovane vedovo ancora sconvolto dalla perdita della moglie Dorothy, comincia a riceverne le visite. Per strada, al mercato, al lavoro, Dorothy lo affianca silenziosa nei mesi del lutto. Per Aaron, balbuziente, leggermente zoppicante, soffocato per tutta la vita dalle attenzioni di donne troppo premurose - dalla madre apprensiva alla sorella invadente, alle fidanzate votate più ad assisterlo che ad amarlo - l'incontro con Dorothy era stato una liberazione. Finalmente una donna diretta, pratica, quasi asociale ma per nulla sentimentale e soprattutto refrattaria a ogni pietismo, una donna che lo trattava come un uomo e non come un bambino da accudire. Insieme si erano costruiti un rifugio, vivendo in una simbiosi assoluta che portava ciascuno a coltivare le proprie idiosincrasie e ad amplificare quelle dell'altro. Ma ora che lei non c'è più, tranne che nelle sue brevi apparizioni, Aaron è costretto ad avventurarsi di nuovo in un mondo dove i vicini di casa lo foraggiano ogni giorno con abbondanti provviste di cibo; la sorella insiste per ospitarlo; i colleghi fanno di tutto per rendergli la vita più facile e qualcuno già cerca di combinargli un incontro con una giovane vedova altrettanto sola e bisognosa d'affetto. Con tono leggero e divertito, e la consueta capacità di tratteggiare i personaggi, Anne Tyler descrive il percorso tortuoso che dallo smarrimento della perdita conduce alla scoperta di nuove, infinite possibilità, sfociando in un inno alla vita e alla sua stupefacente varietà.
"Mi accingo a scrivere della mia vita; a partire dalla mia prima fanciullezza via via anno per anno fino a quella svolta fatale in cui, circa otto anni fa, mi trovai subitamente impegolato in una crisi che chiamerò 'aurea' e dalla quale non ho mai potuto districarmi." Zio di Caligola, marito dell'infedele Messalina, padre adottivo e vittima di Nerone, l'imperatore Claudio inizia il racconto della sua vita, scritto proprio di suo pugno, e non affidato, com'era costume a quei tempi, a un oscuro segretario o a un annalista adulatore. Immaginaria autobiografia del grande imperatore, "Io, Claudio" rievoca i fasti, i costumi e la potenza della Roma imperiale, ma anche gli episodi grotteschi e le tragiche avventure di colui che, tra i dodici Cesari, ebbe la vita più movimentata. Primo "generalissimo" dell'impero, seguiremo Claudio nell'instaurazione della dominazione permanente della Britannia, nei palazzi dei deserti libici, per le strade di Roma, negli accampamenti dei Balcani, addirittura ad Antiochia in una casa infestata dagli spiriti.
Il parigino Antoine è seduto in un ospedale di provincia in attesa del responso: sua sorella è sotto i ferri, non si sa se ce la farà. Ha avuto lui l'idea di portare Mélanie nella casa della loro infanzia per festeggiare i quarant'anni di lei, una casa che avevano abbandonato dopo la morte della madre trent'anni prima. Quanti ricordi ha messo in moto questo breve weekend, quante cose taciute, quante sorprese, fino all'ultima rivelazione che sua sorella stava per fargli quando ha perso il controllo dell'auto... Mentre aspetta Antoine fa un bilancio della sua vita: la moglie che l'ha lasciato, i figli adolescenti e incomprensibili, il padre anziano che lo tiranneggia e poi il grande interrogativo sul segreto di Mélanie. Soffocato da un passato dal quale non riesce a liberarsi, Antoine riceve un aiuto del tutto inaspettato da una donna che incontra in ospedale, bella, vitale e con un mestiere molto particolare: l'imbalsamatrice. Anche lei ha dei segreti che l'hanno portata a fare un lavoro così insolito. E grazie a lei, che con la morte ha un rapporto quotidiano, Antoine imparerà a vivere di nuovo.