
2004. Mentre papa Giovanni Paolo II è sempre più debole e il suo potere vacilla sotto l'incalzare della malattia, una misteriosa mostra viene allestita nei Musei Vaticani. Ma, una settimana prima dell'inaugurazione, il curatore viene assassinato nei giardini della residenza papale di Castel Gandolfo. Nelle stesse ore, in Vaticano, un malintenzionato si introduce nella casa in cui vivono il prete cattolico di rito greco Alex Andreou - consulente della mostra - e il suo figlioletto di cinque anni. I due crimini sono chiaramente collegati, ma la gendarmeria pontificia brancola nel buio, così Alex decide di portare avanti una sua indagine privata. Per trovare il killer, però, deve ricostruire la straordinaria scoperta del curatore della mostra: la più importante reliquia del Cristianesimo, il cui segreto è custodito all'interno dei quattro Vangeli e di un quinto, sconosciuto ai più, chiamato Diatessaron. Ma proprio quando padre Alex comincia a capire quali sconvolgenti conseguenze potrebbe avere una simile rivelazione sul futuro del mondo e della Chiesa, si ritrova braccato da qualcuno senza scrupoli, che segue ogni sua mossa. Stavolta, per sopravvivere, dovrà usare tutto il suo sapere e battere in astuzia chi vorrebbe metterlo a tacere.
C’è una linea immaginaria eppure realissima, una ferita non chiusa, un luogo di tutti e di nessuno di cui ognuno, invisibilmente, è parte: è la frontiera che separa e insieme unisce il Nord del mondo, democratico, liberale e civilizzato, e il Sud, povero, morso dalla guerra, arretrato e antidemocratico. È sul margine di questa frontiera che si gioca il Grande gioco del mondo contemporaneo. Questa soglia è inafferrabile, indefinibile, non-materiale: la scrittura vi si avvicina per approssimazioni, tentativi, muovendosi nell’inesplorato, là dove si consumano le migrazioni e i respingimenti, là dove si combatte per vivere o per morire. Leogrande ci porta a bordo delle navi dell’operazione Mare Nostrum e pesca le parole dai fondali marini in cui stanno incastrate e nascoste. Ci porta a conoscere trafficanti e baby-scafisti, insieme alle storie dei sopravvissuti ai naufragi del Mediterraneo al largo di Lampedusa; ricostruisce la storia degli eritrei, popolo tra i popoli forzati alla migrazione da una feroce dittatura, causata anche dal colonialismo italiano; ci racconta l’altra frontiera, quella greca, quella di Alba Dorata e di Patrasso, e poi l’altra ancora, quella dei Balcani; ci introduce in una Libia esplosa e devastata, ci fa entrare dentro i Cie italiani e i loro soprusi, nella violenza della periferia romana e in quella nascosta nelle nostre anime: così si dà parola all’innominabile buco nero in cui ogni giorno sprofondano il diritto comunitario e le nostre coscienze. Quanta sofferenza. Quanto caos. Quanta indifferenza. Da qualche parte nel futuro, i nostri discendenti si chiederanno come abbiamo potuto lasciare che tutto ciò accadesse. Quella parola indica una linea lunga chilometri e spessa anni. Un solco che attraversa la materia e il tempo, le notti e i giorni, le generazioni e le stesse voci che ne parlano, si inseguono, si accavallano, si contraddicono, si comprimono, si dilatano. È la frontiera.
I film di Hollywood raccontano le vicende degli indiani sconfitti. Ma ignorano la storia dell'unica tribù che non si arrese mai: i Seminole, una società matriarcale e pacifica, nemica della schiavitù, con protagonisti indimenticabili. Come John Horse, un nero scatenato capace di truffare i bianchi e di conquistare alla causa del suo popolo gli schiavi delle piantagioni facendo comizi-spettacolo. O come Mae Tiger, condottiera meticcia che organizzerà una decisa ed energica azione culturale. O James Billie, veterano seminole del Vietnam che dovrà affrontare, al ritorno in patria, il nemico più insidioso, la droga, e per difendere la sua gente sbaraglierà le truppe del narcotraffico. Un'incredibile storia di resistenza umana e comunitaria lunga secoli, dai primi insediamenti in Florida allo sbarco dei conquistadores spagnoli, alle battaglie contro le truppe inglesi e poi statunitensi, scritta come un romanzo da un grande ribelle del nostro tempo.
L'Appalachian Trail, che dalla Georgia al Maine taglia quattordici stati americani snodandosi per oltre 3400 chilometri, è il capostipite di tutti i sentieri a lunga percorrenza e dimora di una delle più grandiose foreste della zona temperata del globo. All'età di quarantaquattro anni Bill Bryson, in compagnia dell'amico Stephen Katz, decisamente sovrappeso e fuori forma, si cimenta nell'impresa di percorrere il leggendario sentiero. Nessuno di loro ha la minima cognizione delle norme elementari di sopravvivenza nella natura selvaggia, e l'escursione dei due cittadini, abituati a camminare nei civilizzatissimi spazi dei centri commerciali, si svolge all'insegna di una divertita incoscienza, tra spassosi contrattempi, bufere di neve, nugoli di insetti spietati, incontri con animali selvatici e con l'improbabile umanità che popola il sentiero. Scritto in una prosa lieve e spigliata, arricchito da documentate digressioni dell'autore e da un umorismo che talvolta sconfina nella satira di costume, "Una passeggiata nei boschi" è un originale libro di viaggio, nel segno della scoperta e del divertimento.
Non erano mercenari, né ladroni, coloro che nel decennio dal 1860 al 1870 impugnarono le armi per difendere Pio IX. Erano principi, conti, marchesi, duchi, baroni. Provenivano dalla Francia e dall'Austria, dalla Germania e dalla Spagna. Li univa un forte sentimento cattolico e una discreta avversione nei confronti della nuova Italia, secondo loro in mano alla massoneria. Poi c'erano soldati di ventura olandesi e tedeschi attratti dal discreto soldo, irlandesi venuti a Roma in odio all'Inghilterra protestante, canadesi obbligati dai vescovi. Dal 1860 al 1870 costituirono il nucleo principale dell'esercito del Papa. E nell'anno di porta Pia ne arrivarono un migliaio sicuri di ripetere le prodezze di Mentana. A loro si unirono tanti emiliani, toscani, marchigiani, laziali cementati da un odio profondo per l'unità d'Italia e convinti che l'unica forma di Paese accettabile potesse coagularsi sotto l'egida del pontefice.
Ernesto Ragazzoni avrebbe voluto che sulla propria tomba fosse scritto: "D'essere stato vivo non gli importa". Poeta dei buchi nella sabbia e delle "pagine invisibilissime", dell'arte giullaresca realizzata nella vita fuori dal testo, è in un certo senso il testimone di questo "dramma giocoso in tre atti". Come grottesco contrappasso, accanto a lui, bohémien anarchicheggiante e antimilitarista, agirà come in duetto un rigido ufficiale dei regi carabinieri. Siamo nel 1901, tempo di attentati (il re Umberto è stato appena ucciso), e a Pisa, terra di anarchia. Al Teatro Nuovo si aspetta il nuovo re, per una rappresentazione della Tasca di Giacomo Puccini. Le autorità sono in ansia: il tenore della compagnia "Arcadia Nomade", i cavatori di marmo carrarini convocati per alcuni lavori, gli stessi tecnici de teatro, sono tutti internazionalisti e quindi sospetti. E nell'ottusa paranoia dei tutori dell'ordine, perfino il compositore, il grande Puccini, è da temere tra i sovversivi. A scombinare ancor di più le carte è l'intervento di quello stravagante di Ragazzoni, redattore del giornale "La Stampa". Fatalmente l'omicidio avviene, proprio sul palcoscenico al culmine del melodramma, e non resta che scoprire se sia un complotto reazionario o un atto dimostrativo di rivoluzionari. O un banale assassinio...
È il 31 dicembre a Barcellona e Fernando, detto Fer, è seduto al tavolo della sala da pranzo di sua madre a piegare con cura i tovaglioli rossi. Amalia, la mamma, è nervosa e piena di gioia. Dopo tanti tentativi frustrati, tutti i suoi figli e parenti - il sangue del suo sangue - si siederanno a tavola per festeggiare l'ultimo dell'anno e brindare finalmente insieme.
Ci sarà lui, Fer, con Max, l'alano che dorme con la testa in una perenne pozza di bava, regalo d'addio che il suo ex compagno Andrés gli ha lasciato, giusto per non sentirsi in colpa per essersi innamorato di un altro.
Ci sarà Silvia, la figlia maggiore, che, dopo aver perduto la bambina che portava in grembo, mastica rabbia e nicotina, ed è come una pentola a pressione sempre sul punto di scoppiare.
Ci sarà Emma, la figlia più piccola, il disordine in persona, colei che ha sempre qualcosa che non va. E Olga, la sua compagna - l'"aggiunta" come la chiama Silvia-: naso all'insù, perle, tacchi, borsa di Louis Vuitton, e l'aria supponente di chi ripete come un mantra "lascia che ti dica.
Ci sarà, infine, l'eccentrico zio Eduardo, che l'anno prima si è presentato vestito da babbo natale e completamente ubriaco.
È un giorno importante, e Amalia non nasconde la sua gioia e le sue paure.
Silvia saprà stare al suo posto e non litigherà con Olga? E lo zio Eduardo non racconterà nessuna delle storie schifose dei suoi viaggi? E non busserà alla porta nessun vicino del palazzo, com'è accaduto anni prima, quando è comparso sulla soglia il signor Samuel in compagnia di una povera mulatta cubana mezza svestita?
Con un ritmo serrato e un impianto "teatrale" Alejandro Palomas mette in scena una memorabile cena di Capodanno in cui ciascuno vuole, dal suo angolo di vita, scacciare ogni pesantezza e trascorrere una serata leggera. Ma si sa, le feste in famiglia svelano puntualmente cose ignote, verità non ancora rifinite che affiorano improvvise, come la luce che sale dal mare all'alba del nuovo anno.
È il 22 marzo 1921. Davanti alle Piramidi d'Egitto tre turisti occidentali posano per una foto a dorso di un cammello. I primi due sono gli inglesi più famosi del XX secolo: il ministro delle Colonie, Winston Churchill, e lo scrittore paladino del nazionalismo arabo, Thomas Edward Lawrence. Il terzo è l'archeologa, poetessa, linguista e maggiore dell'esercito Gertrude Bell. Chi è quella donna così influente e talentuosa da essere paragonata a Elisabetta I? E perché ha scelto di "competere a condizioni maschili nel mondo maschile" delle imprese eroiche mediorientali di inizio Novecento? Dopo la laurea in Storia a Oxford, Gertrude rinuncia agli agi della vita in una delle famiglie più ricche d'Inghilterra e parte a esplorare i territori dell'Impero Ottomano. Ci vuole poco a capire di che pasta è fatta. Per prima cosa dice sempre quello che pensa e poi ha un'inesauribile sete di conoscenza e di giustizia, e detesta sentirsi vincolata a un unico luogo. Naturale, perciò, che l'ingresso nel controspionaggio inglese e la richiesta di Churchill di far parte del gruppo di "orientalisti" che traccerà il nuovo assetto del Medio Oriente, per lei non sia ancora abbastanza. Gertrude vuole afferrare le complesse contraddizioni di quella terra assolata. Parte alla volta della Palestina, visita la Turchia e la Grande Siria, finché, nel 1917, l'esercito britannico le ordina di stabilirsi a Baghdad nelle vesti di "segretaria orientale", dove rimane dieci anni, fino alla notte in cui morirà per un'overdose di farmaci...
Nel 1895 Heinrich Vogeler, giovane artista tedesco di belle speranze, compra una villetta a Worpswede nel nord della Germania, intenzionato a farne la sua personale dimora e un centro di ritrovo per artisti a lui affini. Vogeler battezza la casa Barkenhoff, la villetta delle betulle, dopo aver piantato nel giardino antistante l'edificio numerose betulle.
Nel giro di qualche anno Barkenhoff diviene uno dei centri artistici più vitali e noti in Germania, il luogo dove vive e crea un'originale colonia di artisti bohémien che ha al suo centro Heinrich Vogeler e Rainer Maria Rilke, il giovane poeta il cui talento è già noto nei maggiori salotti letterari europei. Ospite della casa, dei concerti e delle feste che vi si svolgono, è spesso anche Thomas Mann.
Nel 1905 Heinrich Vogeler è al culmine del successo e della fama. In giugno riceve uno dei maggiori premi artistici tedeschi per un quadro che gli ha richiesto cinque anni di lavoro, intitolato Il concerto a sera d'estate a Barkenhoff. Celebrata come un capolavoro, l'opera è in realtà, per Vogeler, il risultato di una triplice disfatta: la disfatta del suo matrimonio con Martha, della sua consapevolezza d'artista, della sua amicizia con Rainer Maria Rilke. Rilke e Vogeler sono ormai due estranei quando Vogeler dipinge Il concerto a sera d'estate a Barkenhoff. E l'opera finita lo mostra perfettamente: il posto di Rilke, tra le donne che egli ama, è vuoto. L'amore, l'arte e la politica hanno diviso i due.
Durante il viaggio per ritirare il premio, Vogeler ricorda l'intera vicenda : la nascita di Barkenhoff, la magia del primo incontro con Rilke a Firenze, le figure di Paula e Clara, le donne cui Rilke era legato in uno scandaloso triangolo.
Magnifico romanzo sulla nascita di un capolavoro, Concerto di una sera d'estate senza poeti illumina un'epoca di grandi passioni e amori.
Genitori che faticano a diventare adulti, figli che faticano a crescere. È la famiglia adolescente. Nessuno vuole emanciparsi, nessuno sembra volerlo davvero, perché la famiglia adolescente ha natura vischiosa e il distacco è molto più complesso che nel passato. Si mangia tutti assieme, insieme si guarda la tv. I nostri figli ci seguono quando viaggiamo, quando si va fuori con gli amici. Discutiamo di fronte a loro di quasi ogni argomento e, talvolta, li coinvolgiamo nei nostri contrasti coniugali. Condividiamo con loro i modi di vestire, i gusti, i comportamenti. Li difendiamo con i professori, parliamo con loro delle prime esperienze amorose e sessuali. A prima vista sembra una condizione ideale. Ma siamo proprio sicuri che sia così? Uno dei più importanti psicanalisti italiani racconta i nuovi rapporti tra genitori e figli.
Un aviatore in volo sopra al deserto è costretto ad un atterraggio d'emergenza in mezzo al nulla. Improvvisamente una voce lo sorprende: "Disegnami una pecora!"
A parlare è un bambino, il principe del lontano asteroide B612 su cui viveva in compagnia di tre vulcani e una rosa.
Inghilterra, 1554: Jane Grey, sovrana per appena nove giorni, si aggira nella dimora di Master Partridge, il carceriere della Torre di Londra. In quell'edificio che si affaccia sulla Tower Green, dove fu giustiziata anni prima Anna Bolena, è tenuta prigioniera insieme alle sue dame di compagnia, dopo essere stata giudicata colpevole di alto tradimento e condannata, poco più che sedicenne, a essere bruciata viva a Tower Hill, o decapitata, secondo il volere della regina Maria. Ha un'unica possibilità per salvarsi, stando almeno alla promessa dell'anziano abate di Westminster: se abiurerà la fede riformata, Maria Tudor, da poco impossessatasi del trono con la ferma intenzione di restaurare nel regno la religione cattolica, le concederà la grazia. Lady Jane, tuttavia, è pronta a riconoscere le sue colpe - aver indossato una corona non sua e avere, così, permesso che il suo cuore e la sua volontà fossero influenzati dalle brame di potere altrui -, ma non può tradire il proprio credo e barattare la vita eterna con quella terrena. Sono anni difficili quelli che precedono il tragico esito della giovane vita di Jane Grey. Tra la fine del regno di Enrico VIII e l'avvento di Elisabetta I le tensioni tra cattolici e protestanti, a lungo sopite, esplodono, e il loro scontro si consuma alla luce dei roghi degli eretici; la Corona è al centro di una fitta rete di intrighi, accordi sotterranei e inaspettati tradimenti...

