
Nel 1935, quando "Gli Huligani" viene pubblicato in Romania, Mircea Eliade ha solo 28 anni, ma nel suo paese è già molto celebre. Il romanzo ottiene immediatamente un grande successo e diviene un caso editoriale. La critica reputa impudica l'intraprendenza delle ragazze di buona famiglia che animano il racconto, ma in realtà la ragione dello scandalo andrà ritrovata altrove. Attraverso la descrizione lucida e ironica della giovane borghesia romena affascinata dall'ideologia fascista e intossicata da un mito collettivo, Eliade dà un volto agli huligamn, quella generazione della barbarie nouvelle che vuole affermare se stessa costruendo l'uomo nuovo, l'unico - degno e coraggioso - del quale la Romania potrà andare fiera. L'accattivante impianto narrativo e le multiformi sfaccettature dei personaggi e dei loro sentimenti creano un'atmosfera che molto più di qualsiasi saggio prelude alle tragedie che incombono sull'Europa.
Nel febbraio del 2015 Andrea Caschetto parte per un lungo viaggio. Non ha bussole con sé, segue l'arcobaleno. Il bagaglio è leggero: nello zaino, con gli indumenti necessari per il caldo e il freddo, ci sono una strana macchina per fare le bolle di sapone più grandi del mondo, qualche giocattolo semplice, musica, matite colorate e, soprattutto, un naso rosso da clown. Serve per far sorridere i bambini che non sanno più come si fa. Sono i bambini randagi, che vivono nelle strade e negli orfanotrofi, e senza padre né madre fanno famiglia a sé. Andrea ha avuto un tumore alla testa a quindici anni. Dopo l'intervento la sua memoria è diventata fragile, a sprazzi, come lo schermo di un vecchio televisore in bianco e nero che dopo un po' perde il segnale. I ricordi svaniscono subito, restano invece i sorrisi. Quelli dei bambini e quelli della mamma, una donna fantastica. Non del padre, che ha rinunciato a crescerlo. Succede, e in questi casi cresce il bisogno di amore. Darlo e riceverlo diventa necessario. Attraversando l'Asia, il Sudamerica, l'Africa, Andrea ha giocato con i bambini, ha raccolto storie terribili e tristi, ma anche dolcissime e ricche di speranza. Ha conosciuto brava gente e orchi senza cuore, sognatori e viandanti, preti buoni e preti ingordi, e quello che doveva essere un viaggio è diventato il viaggio al centro di sé, un tuffo nel mare dei sorrisi che rimarrà per sempre nella nuova memoria da riempire.
Certi incontri hanno una forza quasi magica, perché dilatano lo sguardo lasciando affiorare le nostre paure più profonde. A volte sono persone, altre idee, altre ancora solo voci. Ma tanto basta. Non saremo più gli stessi. È quello che ci racconta Anna Marchesini in questo suo ultimo romanzo. Due vite, due donne, due storie vicine e lontane: una creatura che sta per venire al mondo e un'orfana che del mondo conosce solo l'indifferenza. Un prima e un poi legati a doppio filo dalla stessa presenza: il passaggio dell'arrotino che deposita le sue orme sulla polvere, lo specchio di tutto quello che nella vita temiamo e amiamo. In bilico tra il sorriso e la lacrima, queste pagine sono un inno alla gioia e alla libertà, il dono più bello di una delle più grandi artiste italiane degli ultimi anni.
Due libri, nella seconda metà dell'Ottocento, hanno scoperchiato la pentola dei rapporti sessuali e sentimentali con una immediatezza inaudita: "La sonata a Kreutzer" di Tolstoj e "L'arringa di un pazzo" di Strindberg, cronaca surriscaldata, irta, lacerante dell'attrazione-repulsione fra un uomo, Strindberg stesso, e sua moglie Siri von Essen. È l'autore, del resto, ad affermare "Questo è un libro atroce" sin dalla prima riga della sua Prefazione, che concluderà chiedendo al lettore di essere lui a emettere la sentenza, una volta che avrà acquisito una esatta "conoscenza dei fatti" quella che gli sarà fornita dalle pagine che seguiranno: una fervida arringa, appunto, che è insieme feroce atto di accusa e veemente autodifesa. I "fatti" esposti sono una esaltata passione amorosa, prima, e un inferno matrimoniale, poi, indagati e ricostruiti con ossessiva precisione, e con furibonda impudicizia. Questo libro, in cui il rapporto fra i sessi viene narrato e anatomizzato come una lotta a morte per la sopraffazione - e la cui prima edizione a stampa, per quanto edulcorata e smussata dal traduttore tedesco, subì un processo per oscenità -, non ha perso un grammo del suo carattere estremo, urtante, angosciosamente veritiero.
Che ci racconti del "truco", grazie al quale i giocatori, dimesso l'io abituale, diventano "criollos" che "vogliono spaventare la vita a grida"; o di coltelli che cercano i sentieri della morte e del Chileno, signore dell'insolenza, che si dissangua a terra; o dell'origine del tango, la cui patria sono gli angoli delle case rosate dei sobborghi, la protervia domenicale del guappo e il chiasso delle popolane sui portoni; o di una notte serena capace di rivelare miracolosamente il "senso reticente o assente dell'inconcepibile parola eternità"; o della felicità, che "non è meno sfuggente nei libri che nella vita"; o del metodo insospettabile e segreto con il quale Cervantes suscita nel lettore "una reazione di compassione e perfino di collera di fronte alle infinite iniquità che affliggono l'eroe"; o, infine, delle differenze fra lo spagnolo degli spagnoli e quello della conversazione argentina, il Borges di questo libro giovanile, ripudiato e ora finalmente ritrovato, è già, inconfondibilmente, il grande Borges. E solo apparente è l'"aria enciclopedica e guerrigliera", giacché tre direzioni cardinali lo governano: "La prima è un sospetto, il linguaggio; la seconda è un mistero e una speranza, l'eternità; la terza è questo godimento, Buenos Aires".
"Citati segue con impressionante precisione la progressiva caduta nel buio delle due farfalle, come prima la loro ascesa nella luce sfolgorante. Penetra a fondo nell'animo dei Fitzgerald, nell''incrinatura' che in lui si fa sempre più profonda, nella molteplicità e nella metamorfosi dello scrittore: nelle crisi di lei, nella complessità e tenacia del loro rapporto. Il ritratto che disegna della malattia mentale di Zelda, rapido e ritardato, pieno di particolari ma sovrastato dall'incombente Dümmerung, è un'opera al nero di prima grandezza che fa venire i brividi." (Piero Boltani)
Il libro contiene 52 brevi apologhi attraverso i quali l'autore stimola il lettore a guardare dentro e fuori di sé, riscoprendo il gusto poetico della fiaba, alla ricerca di scintille di spiritualità evangelica.
"Partita d'impulso, da sola, in una spedizione autunnale, colei che narra in prima persona entra di soppiatto in un altro giardino incantato, quello mitico della sua infanzia: un eden dal quale, ci dice, fu espulsa alla morte di suo padre. Ora, mentre si aggira di soppiatto per quei luoghi, badando a non farsi sorprendere, la clandestina incontra alcuni fantasmi del passato, o meglio, rievoca alcune figure della sua fanciullezza legate a esso: un nonno severo e atteggiato; un padre complice ma non disposto a compromessi; una comica istitutrice. Infine incontra, magica e inquietante presenza in carne e ossa, una bambinetta saccente e indipendente chiamata proprio Elizabeth..." (dalla prefazione di Masolino d'Amico)
"Bibbia pagana" è la mitologia in forma di romanzo. Invece di sviluppare il racconto attraverso tante storie indipendenti una dall'altra e che hanno per protagonisti una volta Zeus, un'altra Afrodite o Ulisse, Giorgio Dell'Arti si cimenta in un'impresa mai tentata prima da nessuno: assemblare in un vero romanzo - che ha un inizio, uno sviluppo e una fine - i vari miti. Il risultato è un racconto forte, scritto in un linguaggio completamente nuovo per la letteratura italiana, popolare e colto insieme, e una narrazione incontenibile, complessa ma anche immediata come tutti i miti, piena di luci e colori, che descrive una società primitiva, selvaggia e bellicosa, in cui gli dèi e gli uomini si mescolano tra di loro, combattendo e facendo l'amore. Si comincia in un'epoca lontanissima, in cui non sono ancora stati scoperti né il grano né il vino, e in cui si praticano ancora i sacrifici umani nella convinzione che il sangue delle vittime sia utile per fertilizzare i campi. E si finisce in una notte di 3500 anni fa, quando Elena e Paride, di nascosto, fuggono dal palazzo di re Menelao.
"Mi chiamo Alice Allevi e ho un grande amore: la medicina legale. Il più classico degli amori non corrisposti, purtroppo. Ho imparato a fare le autopsie senza combinare troppi guai, anche se la morte ha ancora tanti segreti per me. Ma nessun segreto dura per sempre. Tuttavia, il segreto che nascondeva il grande scrittore Konrad Azais, anziano ed eccentrico, è davvero impenetrabile. E quella che doveva essere una semplice perizia su di lui si è trasformata in un'indagine su un suicidio sospetto. Soltanto Clara, la nipote quindicenne di Konrad, sa la verità. Ma la ragazza, straordinariamente sensibile e intelligente, ha deciso di fare del silenzio la sua religione. Non mi resta che studiare le prove, perché so che la soluzione è lì, da qualche parte. Ma studiare è impossibile quando si ha un cuore tormentato. Il mio Arthur è lontano, a Parigi o in giro per il mondo per il suo lavoro di reporter. Claudio, invece, il mio giovane superiore, il medico legale più brillante che conosca, è pericolosamente vicino a me. Mi chiamo Alice Allevi e gli amori non corrisposti, quasi più delle autopsie, sono la mia specialità."
"Dormono, dormono, dormono tutti quanti sulla collina." Duecentoquarantatré lapidi nel cimitero di Spoon River raccontano altrettante vite, inchiodando ciascun personaggio all'attimo decisivo della sua esistenza. Ricordi, paesaggi, immagini, gesti sono riassunti in un breve rosario di parole, richiamati in vita dalle voci che parlano dalle tombe. "Vite di uomini non illustri" si potrebbe definire questa grande commedia di caratteri, questo esemplare catalogo di ruoli, quest'ironica, commovente e universale enciclopedia di dolori, rimpianti ed emozioni.
La felicità è una bomba a orologeria e il mondo un luogo disseminato di candele profumate, lucine difettose e prese elettriche sovraccariche pronte a far divampare un incendio. O perlomeno questo è il mondo dei personaggi di Palahniuk, che non cede mai al sorriso di plastica del pagliaccio americano e nemmeno al grande sogno degli eroi venuti dalla provincia. Ma scava più a fondo e vede la desolazione dietro le coppie felici, l'astuzia perversa dei bambini, la crudeltà dei figli e l'egoismo dei genitori, le bugie che cementano i matrimoni più di qualsiasi promessa nuziale. I suoi adolescenti sono compulsivi consumatori di show televisivi a premi dove il pubblico succhia LSD da francobolli di Hello Kitty e i partecipanti possono vincere tutto fino a morire. Sono ragazzini disturbati che provano un nuovo tipo di sballo, l'elettroshock con defibrillatore, oppure desiderano raggiungere il padre morente solo per potergli raccontare un'ultima barzelletta crudele. Sono adulti grassi che sposano modelle ritardate, lavoratori dalle personalità di scimmia o coyote, e donne che sposano uomini che non sono una cima "con lo stesso spirito con cui si può assumere un dipendente a tempo indeterminato".