
Franco Nembrini è un professore di liceo che con le sue lezioni di letteratura riempie i teatri, le parrocchie e i centri culturali di tutt'Italia - e anche fuori d'Italia: ha girato il mondo dalla Siberia al Brasile - trascinando giovani e adulti alla scoperta dell'opera che, a suo dire, riesce a tirar fuori le domande più profonde e più vere dell'uomo: la "Divina commedia". Con questo libro, che ripercorre la fortunata trasmissione televisiva da lui condotta su TV2000, Nembrini si inserisce in una gloriosa tradizione che, a partire da Vittorio Sermonti e Roberto Benigni, sottrae Dante al chiuso delle accademie per restituirne un'interpretazione popolare e attraente, permettendo così a noi lettori, grazie alla sua guida nell'immortale viaggio tra Inferno, Purgatorio e Paradiso, di riscoprire ancora una volta il fascino senza tempo del più bel libro che sia mai stato scritto.
Vent'anni fa, un'estate in Riviera, una di quelle estati che segnano la vita per sempre. Elio ha diciassette anni, e per lui sono appena iniziate le vacanze nella splendida villa di famiglia nel Ponente ligure. Figlio di un professore universitario, musicista sensibile, decisamente colto per la sua età, il ragazzo aspetta come ogni anno "l'ospite dell'estate, l'ennesima scocciatura": uno studente in arrivo da New York per lavorare alla sua tesi di post dottorato. Ma Oliver, il giovane americano, conquista tutti con la sua bellezza e i modi disinvolti. Anche Elio ne è irretito. I due condividono, oltre alle origini ebraiche, molte passioni: discutono di film, libri, fanno passeggiate e corse in bici. E tra loro nasce un desiderio inesorabile quanto inatteso, vissuto fino in fondo, dalla sofferenza all'estasi. "Chiamami col tuo nome" è la storia di un paradiso scoperto e già perduto, una meditazione proustiana sul tempo e sul desiderio, una domanda che resta aperta finché Elio e Oliver si ritroveranno un giorno a confessare a se stessi che "questa cosa che quasi non fu mai ancora ci tenta".
In Israele, nei pressi di Tel Aviv, si erge una tranquilla palazzina borghese di tre piani. Eppure, dietro quelle porte blindate, la vita non è affatto dello stesso tenore. Al primo piano vive una coppia di giovani genitori, Arnon e Ayelet. Hanno una bambina, Ofri, che occasionalmente affidano alle cure degli anziani vicini in pensione. Ruth e Hermann sono persone educate, giunte in Israele dalla Germania, lui va in giro agghindato in giacca e cravatta, lei insegna pianoforte al conservatorio e usa espressioni come «di grazia». Un giorno Hermann, che da tempo mostra i primi sintomi dell'Alzheimer, «rapisce» Ofri per un pomeriggio, scatenando una furia incontenibile in Arnon, inconsciamente e, dunque, irrimediabilmente convinto che dietro quel gesto, in apparenza dettato dalla malattia, si celi ben altro. Al secondo piano Hani, madre di due bambini e moglie di Assaf, costantemente all'estero per lavoro, combatte una silenziosa battaglia contro la solitudine e lo spettro della follia che, da quando sua madre è stata ricoverata in un ospedale psichiatrico, non smette mai di tormentarla. Un giorno Eviatar, il cognato che non vede da dieci anni, bussa alla sua porta e le chiede di sottrarlo alla caccia di creditori e malintenzionati con cui è finito nei guai. Hani non esita a ospitarlo e a trovare cosi un riparo alla sua solitudine. Salvo poi chiedersi se l'intera vicenda non sia un semplice frutto dell'immaginazione e dei desideri del suo Io. Dovrà, giudice in pensione che vive al terzo piano, avverte l'impellente bisogno di dialogare con il marito defunto e per farlo si serve di una vecchia segreteria telefonica appartenutagli. Sorto da una brillante idea narrativa: descrivere la vita di tre famiglie sulla base delle tre diverse istanze freudiane - Es, Io, Super-io -della personalità, "Tre piani" si inoltra nel cuore delle relazioni umane: dal bisogno di amore al tradimento; dal sospetto alla paura di lasciarsi andare. E dona al lettore personaggi umani e profondi, sempre pronti, nonostante i colpi inferti dalla vita, a rialzarsi per riprendere a lottare.
Una piccola città di provincia, un garage. Un gruppo di ragazzi che ogni martedì si incontra per giocare di ruolo. Per vent'anni, mentre fuori la vita va avanti, il mondo cambia, la provincia perde di senso e scopo. Desiderio di fuga o forma di resistenza? Quel continuo tessere mondi prende i contorni dell'opposizione a una forza centripeta che, come il "Nulla" della Storia infinita, divora il fuori, vaporizza la città, il paese, le relazioni, le vite. Un romanzo ibrido, tra il memoir e l'affresco sociale, per raccontare la storia di un passatempo nato esso stesso in un garage e arrivato a gettare le basi non solo di un immaginario divenuto egemone ma anche di una parte consistente della realtà che viviamo ogni giorno semplicemente usando Internet.
Il romanzo inglese, con la sua varietà di forme, linguaggi, generi e sottogeneri, costituisce una delle principali ricchezze del patrimonio letterario europeo. Questo libro aiuta il lettore a orientarsi con sicurezza all'interno di questa amplissima produzione letteraria, dai 'fondatori' del Settecento agli scrittori contemporanei. Un efficace invito alla lettura delle opere di Defoe e Fielding, di Dickens e George Eliot, delle sorelle Brontë e Hardy, di Joyce, Woolf, le Carré e molti altri.
"Quasi niente" ha il sapore antico delle storie narrate un tempo davanti al focolare. Storie che intrattenevano liberando sapienze semplici ed essenziali, di cui oggi si sente la mancanza. In quest'epoca frenetica dominata dai miti del successo, della vittoria a ogni costo e dell'arricchimento, Corona e Maieron portano un contributo diverso e spiazzante. Parlano di sconfitta, fragilità, desiderio, pace interiore, lealtà, radici, silenzio, senso del limite, amore, rievocando personaggi leggendari come Anna, Silvio, Menin, Tituta, Tacus, Orlandin, Cecilia, Tin, il trio Pakai e molti altri. Uomini e donne che non hanno trovato spazio nei libri di storia ma hanno saputo lasciare un messaggio illuminante, che può trasformare le nostre vite. "Quasi niente" nasce dall'incontro tra due grandi amici che, in una conversazione appassionata e godibilissima, alternano delicatamente storie, aneddoti, riflessioni e citazioni regalandoci un piccolo e prezioso gioiello. Una filosofia minima e pratica che al linguaggio gridato preferisce l'arte di sussurrare, in cui l'etica del fare ha sempre la meglio sull'estetica dell'apparire. Una filosofia che proviene da un passato rievocato senza nostalgie. Un tempo in cui i valori erano vissuti concretamente non per moralismo ma perché aiutavano a stare meglio. È l'ultima traccia di un mondo ben diverso da quello in cui viviamo oggi. Un mondo duro, feroce, ma che ha ancora molto da insegnarci.
In una calda giornata del luglio del 1967, Odelle Bastien sale i gradini di pietra della Skelton Gallery di Londra, ma non sa che molto presto la sua vita cambierà per sempre. Ora è pronta a cominciare un nuovo lavoro come dattilografa, sotto la guida dell'enigmatica e fascinosa Marjorie Quick. Un giorno alla galleria arriva un misterioso quadro portato da un ragazzo invaghitosi di Odelle: il dipinto, di cui si erano perdute le tracce per anni, getta la signora Quick in una strana inquietudine. Riaffiorano in lei i fantasmi del suo passato che, ora, investono anche Odelle e la sua storia d'amore. In effetti, la verità che il quadro nasconde risale al momento della sua creazione, nel 1936, in una grande casa di campagna in Spagna, dove Olive Schloss, la figlia di un famoso commerciante d'arte, fantastica sul suo futuro come pittrice. Nel suo fragile e rassicurante paradiso, piomba Isaac Robles, affascinante artista e rivoluzionario, che accenderà in Olive una passione capace di sbaragliare ogni sua timida previsione sul destino che l'aspetta, legando inestricabilmente la sua sorte a quella di un quadro e ai potenti segreti che nasconde. Sarà proprio quel quadro, a decenni di distanza, a unire le vite delle due straordinarie protagoniste, Odelle e Olive.
Daniel ha una passione bruciante per un videogioco online, "Hyperversum", che trasporta la sua fantasia nella storia. Dentro la realtà virtuale ha imparato a essere un perfetto uomo del Medioevo e conosce tutte le astuzie per superare ogni livello di gioco. Una sera, Daniel gioca con alcuni amici e mentre vivono tutti insieme la loro avventura virtuale nel Medioevo vengono sorpresi da una tempesta che li tramortisce: i ragazzi si ritrovano così in Fiandra, nel bel mezzo della guerra che vede contrapposte Francia e Inghilterra. Si apre quindi per loro una nuova vita, nuove strade, un nuovo amore.
Tutto ha inizio con un piccolo favore tra madri. «Puoi passare tu a prendere Nicky?» chiede Emily alla sua migliore amica, Stephanie. E Stephanie, mamma di Miles, è felice di dare una mano, guidata dall'urgenza di essere utile, di sentirsi in qualche modo importante per gli altri. Quel giorno però Emily non torna a prendere suo figlio, e non risponderà alle telefonate, né ai messaggi. Stephanie, preoccupata, smarrita, si avvicina al marito della sua amica, Sean, gli sta accanto e si prende cura di lui e del bambino. E col passare dei giorni si innamora. Poi la notizia. Un corpo è stato ritrovato nelle acque del lago, e la polizia conferma: si tratta di Emily. Suicidio, il caso è chiuso. Ma è davvero così? Presto, Stephanie si renderà conto che niente è come sembra, e dietro l'amicizia, l'amore, o anche la semplicità di un piccolo favore, si nascondono invece una mente subdola e un disegno perverso e diabolico. Un piccolo favore è un thriller psicologico ad alto tasso adrenalinico, ricco di imprevisti e colpi di scena, denso di segreti e rivelazioni, che scivola tra amore e lealtà, morte e vendetta. Qui Darcey Bell ci presenta due figure femminili opposte, eppure per certi versi affini, di cui il lettore capirà presto di non potersi fidare.
«E allora mi viene in mente, mentre i coattoni seguono la bella ragazza per bulleggiarla e sfotterla dicendole cose sozze, che posso andarmene all'altro mondo se do una lezione a tutti quei facching bastardi. Ma sono nato morto e non ho manco un briciolo di paura.» Liborio parla così. Ed è così che pensa. A sedici anni ha dovuto lasciare il Messico, una terra che non gli ha dato nulla se non pena e istinto di sopravvivenza, in seguito a una rissa in cui, puro incidente, ha ucciso qualcuno. È fuggito sulla rotta seguita da tanti altri, superando a nuoto il Rio Bravo, e dal quartiere gringo nel quale è precipitato ora ci racconta la sua avventura. In questo romanzo d'esordio Aura Xilonen inventa una lingua nuova e potentissima per tratteggiare una storia in cui non c'è nulla di inventato: veri sono i problemi sociali, vera la solitudine, vera la miseria dei migranti in un paese dove sempre e sempre di più sono costretti ai margini; ma veri sono anche l'amore, gli incontri, i piccoli miracoli cui vanno incontro. Liborio è un concentrato di tutto questo, ed è nel suo vernacolo colorato e vivacissimo, pungente, efficace che ci descrive i vuoti e le infelicità dell'infanzia, l'arrivo nella «terra promessa» e il primo impiego clandestino in una piccola libreria che lo nutre di parole incomprensibili e stupende al tempo stesso. Fino all'incontro con Aireen. E per lei, oltre che per se stesso, che Liborio vuole resistere, e saranno i pugni e i guantoni a indicargli la strada: lì, sul ring, il campione è lui.
Nel momento in cui la Romania ancora socialista, in base a un accordo internazionale poco pubblicizzato, lo "vende" alla Germania Federale in quanto cittadino di supposte origini sassoni (ad onta delle varie versioni del suo cognome, che sembrano rimandare piuttosto all'area mediterranea), il nobile spiantato e ingegnere Ponzio Capodoglio, allampanatissimo, viene preso da un'insana mania: vuole conoscere, a tutti i costi, le proprie origini. Comincia così - in compagnia dell'enorme moglie Sieglinde e del gatto Fiocchetto di Neve, e inseguito (e talvolta preceduto) dall'ambiguo spione-letterato Negrescu -una quantità di viaggi ed esplorazioni che lo portano ai quattro angoli del mondo: rimedierà delusioni, arresti, sguaiate derisioni, espulsioni, bastonate, denunce. E alla fine concluderà che quello dell'origine altro non è che un mito maligno, foriero solo di guai. Appoggiandosi parodisticamente al "Don Chisciotte" cervantino (ma anche a Rabelais, a Sterne, a tutta la gloriosa tradizione del romanzo parossistico), Giorgio Pressburger dà vita a un romanzo turbinoso, folle e divertentissimo, nel quale sono allegramente spedite gambe all'aria tutte le convenzioni romanzesche.
«'Il Re delle Due Sicilie', abbreviato nell'uso in 'Le Due Sicilie', era il nome di un reggimento di ulani dell'esercito austroungarico» scrive Sciascia in un'appassionata recensione a questo romanzo «e coloro che vi appartenevano erano "Sizilien-Ulanen", ulani siciliani». Al crollo dell'impero, quel reggimento non esiste più, e il colonnello Rochonville, cinque ufficiali e un sottufficiale sono i soli sopravvissuti. Ma durante un ricevimento nella Vienna decaduta del 1925 uno di loro, Engelshausen, viene trovato prono, la faccia rivolta al soffitto e il collo torto «come notoriamente fa il diavolo quando viene a prendersi qualcuno»: un enigma per i suoi compagni e per la polizia. Altre morti non meno misteriose e all'apparenza irrelate scuoteranno Vienna, e sempre a essere colpiti nei modi più sofisticati e bizzarri saranno gli ultimi dragoni del reggimento «Due Sicilie». Scambi di persona, avventurose vicende parallele, visioni apocalittiche: è il materiale principe per Lernet-Holenia, e lo si trova qui in una versione che spinge questi tratti all'estremo. Thriller di audace architettura e sapienti depistaggi, ora onirico e poetico ora intriso di nostalgia per un mondo inabissato, Due Sicilie ha per Sciascia «un che di labirintico, affascinante e insieme vertiginoso» - una sua «diabolica essenza». E sa calarsi «dentro una conoscenza del cuore umano, dentro introspezioni e descrizioni, di eccezionale acutezza e delicatezza», attingendo uno dei punti più alti dell'epos di Lernet-Holenia.