
Il 9 aprile 1953, in un'aula della corte d'assise di Milano, Emanuele Almansi, libraio-antiquario, compare davanti ai suoi giudici con l'imputazione di aver tentato di uccidere il proprio figlio Federico. Con la sua figura dimessa e antica nel suo abito scuro e lo sguardo distaccato e del tutto privo di vergogna, in quella fredda aula di tribunale Almansi non solo ammette ogni addebito, ma riconosce persino la premeditazione del suo tentato omicidio. Lo fa ricordando innanzi tutto la fatalità che sovrastava da tempo immemorabile la sua famiglia: il male che aveva offuscato l'esistenza di suo nonno e di suo padre, morto in manicomio; aveva ammantato periodicamente la sua vita di malinconia e depressione e si era, infine, crudelmente manifestato in Federico, il figlio amato, il precoce poeta quindicenne, amico di uno dei più grandi poeti italiani, Umberto Saba, diventato totalmente inabile al lavoro dopo i primi segni di schizofrenia. Il pensiero di Federico destinato a vivere in povertà, e a consumare i suoi giorni in un manicomio, era diventato così disperante e ossessivo per il libraio-antiquario che la decisione di uccidere se stesso e il figlio gli era apparsa come la sola, unica possibilità. Una possibilità restata tale, visto che l'omicidio non era stato portato a compimento, ma che, nell'aula della corte d'assise di Milano, attraversò la mente di ognuno nell'istante in cui fece la sua apparizione tra i testimoni Federico Almansi in persona...
Sembra un semplice caso di scomparsa, quello su cui l'ispettore Fredrik Beier, della polizia di Oslo, comincia a indagare. Certo, rischia di fare clamore, perché a sparire nel nulla è stata la figlia di un'esponente di primo piano del partito di governo. E perché la ragazza viveva all'interno di una setta cristiana, la "Luce di Dio". Ma il quadro si complica subito: nella villa che ospita la setta si consuma un massacro e nei sotterranei viene scoperto un laboratorio chimico all'avanguardia, del quale non è chiaro l'uso. C'è chi chiama in causa il terrorismo fondamentalista, chi soffia sul fuoco. Ma Beier, affiancato da una giovane e brillante agente musulmana, Kafa Iqbal, capisce che dietro al laboratorio, e alla strage, c'è una verità assai più complessa e che arriva ad affondare le sue radici fino a Vienna, negli anni del nazismo.
«È che lo sfigato è sfigato per natura. Magari perché è grasso, timido, balbuziente. Io ero sfigato per convinzione. Era accaduto per eccesso di sensibilità, avrebbe detto mia mamma. Ero stato fregato, avrei detto io».
Ironica, ruvida, sincera: è la voce di Lorenzo Baldacci, arrivato a Roma per svoltare e incagliato invece in una folla di personaggi esilaranti. E in Samia, la ragazza che attira gli sguardi di tutti, e per tutti resta un inaccessibile mistero. Quella che risplende per una breve, fulminea stagione.
Con sguardo aspro e comico, di giovanissimo provinciale toscano approdato nella capitale, Lorenzo Baldacci racconta una Roma marginale, vitalissima e mai cosí vera. Pony-pizza, badanti, professori in pensione, professori sfruttati, truffe, subaffitti, periferie e campi rom.
Una voce fresca e originale, un irriverente romanzo di formazione che è anche la piú classica e struggente delle storie d'amore.
Lorenzo ha 21 anni ed è approdato nella capitale per cercare di prendere finalmente il diploma in un liceo del «calcioinculo», uno di quelli privati in cui paghi e ti promuovono. A Roma si aspettava il «casino serissimo», invece si ritrova a dover sbarcare il lunario facendo il pony-pizza. Con la sua Vespa Primavera si rovina la schiena a ogni buca delle strade romane, e spia le persone, le loro vite, per cercare di afferrare la città, cambiare punti di vista, e finalmente capire. In questa schiera di personaggi indimenticabili, esasperati, commoventi, si imbatte proprio in Samia, e sembra non capirci nulla neppure di lei.
Che cosa lega tra loro i destini di due donne lontane nel tempo? Una, Catherine, ha solo diciannove anni quando viene rapita e fatta schiava dai corsari berberi nel luglio del 1625, l'altra, Julia, è una ragazza dei giorni nostri, con una complicata e dolorosa situazione sentimentale. Tra Inghilterra, Cornovaglia e Marocco, tra passato e presente, i percorsi di vita delle due donne sì incroceranno più vote, in modi inattesi e sorprendenti, cosi come sorprendente e inatteso è l'amore che cambierà per sempre le loro esistenze...
Isabelle ha la vita che ha sempre desiderato e per cui ha lottato. Un ottimo lavoro nel centro di Londra, un guardaroba pieno di abiti eleganti e tutto regolato da un ordine maniacale. Ma Isabelle non è sempre stata così. Un tempo era una bambina chiassosa e ribelle; nel tempo, però, ogni spinta vitale si è infranta contro il muro di dolore per la separazione dei genitori, due archeologi molto più interessati alle antichità che alla figlia, e per per l’abbandono del padre, partito quando lei aveva soltanto quattordici anni. Ed è proprio la morte del padre a sconvolgere l’ordine della vita di Isabelle, ora adulta di successo. Perché quello che Isabelle trova nella scatola lasciatale in eredità la cambierà, lentamente ma inesorabilmente, fino a spingerla a inseguire un sogno, una visione, un canto segreto che le invade la mente. Il canto della pioggia sulle dune.
In un’altra epoca e in un altro luogo una giovane donna traccia versi sulla sabbia di quelle stesse dune. Mariata, appartenente al fiero popolo dei tuareg, costretta a un matrimonio di convenienza, fugge nel deserto alla ricerca delle proprie radici e dell’amore perduto. Lo stesso viaggio tra le sabbie millenarie del Sahara che dovrà intraprendere Isabelle per dare un volto ai fantasmi che la perseguitano...
Pak Jun Do è figlio di una madre scomparsa, una cantante rapita e portata a Pyongyang per allettare i potenti della capitale, e di un padre influente, direttore di un orfanotrofio. Crescendo, si fa notare per lealtà e coraggio, tanto da convincere lo Stato a offrirgli una carriera molto rapida. E per lui comincia un percorso senza ritorno attraverso le stanze segrete della dittatura più misteriosa del pianeta. "Umile cittadino della più grande nazione del mondo", Jun Do diventa un rapitore professionista, costretto a destreggiarsi tra regole instabili e richieste sconcertanti da parte dei suoi superiori per sopravvivere. L'amore per Sun Moon, attrice leggendaria, lo porterà a prendere in mano la propria vita, con un sorprendente colpo di scena. Ambientato nella Corea del Nord dei nostri giorni, il libro di Adam Johnson descrive vita e accadimenti di un moderno Candido in un regime isolato e folle, un vero e proprio regno eremita in cui realtà e propaganda si sovrappongono fino a essere indistinguibili. Romanzo d'avventura, racconto di un'innocenza perduta e romantica storia d'amore, "Il signore degli orfani" è anche il ritratto di un mondo che fino a oggi ci è stato tenuto nascosto: una terra devastata dalla fame, dalla corruzione, da una crudeltà che colpisce a caso, dove esistono anche solidarietà, inaspettati squarci di bellezza, e amore.
Pak Jun Do è figlio di una madre scomparsa, una cantante rapita e portata a Pyongyang per allettare i potenti della capitale, e di un padre influente, direttore di un orfanotrofio. Crescendo, si fa notare per lealtà e coraggio, tanto da convincere lo Stato a offrirgli una carriera molto rapida. E per lui comincia un percorso senza ritorno attraverso le stanze segrete della dittatura più misteriosa del pianeta. "Umile cittadino della più grande nazione del mondo", Jun Do diventa un rapitore professionista, costretto a destreggiarsi tra regole instabili e richieste sconcertanti da parte dei suoi superiori per sopravvivere. L'amore per Sun Moon, attrice leggendaria, lo porterà a prendere in mano la propria vita, con un sorprendente colpo di scena. Ambientato nella Corea del Nord dei nostri giorni, il libro di Adam Johnson descrive vita e accadimenti di un moderno Candido in un regime isolato e folle, un vero e proprio regno eremita in cui realtà e propaganda si sovrappongono fino a essere indistinguibili. Romanzo d'avventura, racconto di un'innocenza perduta e romantica storia d'amore, "Il signore degli orfani" è anche il ritratto di un mondo che fino a oggi ci è stato tenuto nascosto: una terra devastata dalla fame, dalla corruzione, da una crudeltà che colpisce a caso, dove esistono anche solidarietà, inaspettati squarci di bellezza, e amore.
Ungheria, 1611. L'alba illumina l'imponente castello di Csejthe. Nella torre più alta, una donna completamente vestita di nero è sveglia da ore. Il suo sguardo austero è rivolto verso una feritoia nel muro che mostra solo un piccolo squarcio di cielo. Quello squarcio di cielo è l'unica cosa che scorgerà per il resto della vita. Murata viva in quella stanza fino alla morte: così ha decretato il conte palatino. Ma la contessa Erzsébet Báthory non ha nessuna intenzione di accettare supinamente il destino che le viene imposto. Non l'ha mai fatto nella sua vita.
Fin da bambina Erzsébet è stata una ribelle, innamorata solo dei libri e delle folli corse con il suo cavallo, sorda ai severi insegnamenti della madre sulle arti femminili. Ha solo sei anni quando, nella sua dimora tra i freddi monti della Transilvania, assiste ad atti di violenza indicibili. Atti che la segnano nel profondo e che non dimenticherà mai. Neanche quando, appena adolescente, è costretta a sposare l'algido e violento Ferenc Nádasdy. Un uomo sempre lontano, più interessato alla guerra e alle scorribande che a lei. Erzsébet è sola, la responsabilità dei figli e dell'ordine nel castello di Sárvár è tutta sulle sue spalle. Spetta a lei gestire alleanze politiche e lotte di potere. Lotte sanguinose, piene di sotterfugi e tranelli, che fanno emergere la parte più oscura della contessa, un'anima nera. Strane voci iniziano a spargersi sul suo conto. Sparizioni di serve torturate e uccise, nobildonne svanite nel nulla. Chi è davvero la donna imprigionata tra le gelide pietre di Csejthe? È solo vittima di una cospirazione per toglierle il potere? O il male è l'unico modo per Erzsébet di sopravvivere in un mondo dominato dagli uomini?
Un romanzo magistrale e potentemente evocativo. Venduto in tutto il mondo dopo agguerrite aste, La contessa nera si ispira alla figura della prima serial killer della storia, Erzsébet Báthory, la contessa sanguinaria. Padrona spietata, torturatrice di centinaia di giovani donne, assassina crudele. Questo è quello che dice la leggenda. Ma la verità è un'altra. È la verità di una donna fragile, inquieta, ribelle. Con tutte le sue debolezze, ma anche tutta la sua forza.
L'autobiografia di un ebreo che racconta la propria infanzia e le persecuzioni subite nella Francia occupata dai tedeschi duante la seconda guerra mondiale. Dalla fuga da Parigi alla ricerca di un rifugio fino alla salvezza definitiva avvenuta grazie all'intervento di un sacerdote cattolico, il coraggio di due fratelli disposti ad affrontare le situazioni più pericolose per salvarsi e le esperienze che li fanno maturare nonostante la giovane età. Età di lettura: da 10 anni.
"A cinque anni, una sera in cui i miei genitori erano andati al cinema, svegliandomi nel buio mi misi a gridare terrorizzato. Dopo pochi minuti, che a me sembrarono ore, venne in camera mia la fedele Cristina, una vecchia domestica afflitta da una leggera forma di demenza e che si credeva sposa di Gesù. Per calmarmi, mi raccontò una storia..." Nelle storie l'uomo nasconde la sua sapienza. Dentro dei semplici racconti incastona i suoi valori e i suoi insegnamenti, risponde ai suoi interrogativi più potenti. In questo libro Jodorowsky ha scelto il meglio delle favole di saggezza delle culture di tutto il mondo: sufi, mediorientale, ebraica, indù, cinese, buddhista... E con la sua lettura e la sua interpretazione ne ha tirato fuori gli aspetti più mistici, e quelli più quotidiani. Perché anche gli adulti, a volte, hanno bisogno di favole. "Ognuno dei racconti che riporto in questo libro mi ha aiutato a placare la mia fame e la mia sete. Sono tutti delle metà che ci vengono offerte dalla tradizione orale. Le altre metà abitano già nella nostra anima. Unendo ogni racconto con la sua interpretazione, plachiamo un poco la nostra fame."