
Tutto inizia con la telefonata in cui Giacomo, che ha sempre cercato di nascondere la sua omosessualità alla propria religiosissima famiglia, informa i genitori che è finalmente convolato a giuste nozze. Ma non con la fantomatica fidanzata, bensì con Miguel... In un carosello di situazioni a volte divertenti e a volte drammatiche, la difficoltà di confessare l'amore per una persona dello stesso sesso.
Un sessantenne esperto d'arte e battitore d'aste di grande fama, è un cuore gelido, l'unico affetto è quello che prova per gli sguardi scrutanti dei volti femminili della sua segreta e inestimabile raccolta di ritratti. Una giovane donna non esce di casa da anni, nessuno ha più visto il suo volto e vive circondata d'ombre, servita da un anziano portiere. L'incontro tra i due avviene in vista della vendita del patrimonio artistico contenuto nell'antico palazzo ereditato da lei. E tra di loro comincia un gioco torbido e insieme speranzoso che si potrebbe chiamare passione o liberazione. Introducendo questo suo racconto, da cui viene il film "La migliore offerta", il regista Giuseppe Tornatore racconta che nei suoi appunti riposavano da tempo "la figura di una ragazza molto introversa, che viveva reclusa in casa per paura di camminare lungo le strade e mischiarsi in mezzo agli altri" e "un uomo impegnato in un mondo che mi ha sempre attratto, quello dell'arte e dell'antiquariato, un battitore d'aste con la mania dei guanti". Due personaggi isolati che non toccavano la solidità di una storia, fin quando non accadde che, grazie al fluido misterioso della creatività, queste due figure iniziarono a interagire e "una volta innestate l'una nell'altra, la vicenda della ragazza agorafobica e quella del battitore d'aste hanno miracolosamente originato la completezza narrativa che da anni inseguivo e non trovavo".
La corrispondenza racconta di una studentessa universitaria che nel tempo libero fa la controfigura per la televisione e il cinema. La sua specialità sono le scene d'azione ed è abilissima nelle situazioni pericolose che, sullo schermo, si concludono fatalmente con la morte del suo doppio. Sembrerebbe una mania dettata dalla passione per il rischio, in realtà è l'ossessione in cui la ragazza s'illude di sublimare un orribile senso di colpa. Quello di ritenersi responsabile della tragica scomparsa del suo grande amore. Una ferita mai rimarginata, un conto sospeso, un'ombra che nessuna luce saprà mai dissolvere. Sarà il suo professore di astrofisica ad aiutarla nel ritrovare l'equilibrio esistenziale perduto. Il loro sarà soprattutto un rapporto epistolare tutto veicolato dalla rete, fatto di messaggi e posta elettronica, dove i confini tra virtuale e reale si fanno evanescenti, ambigui.
Sul filo della memoria e della nostalgia, Torelli chiama a raccolta le “battute” che il tempo e le occasioni hanno prodigato. Ne nasce quello che l’autore definisce un “teatrino di carta”, perché il lettore possa trarne qualcosa di più del semplice diletto. Lo stile inconfondibile di Torelli, “artigiano della parola”, si fonde con una riflessione ricca di sapienza sulla vita umana.
"Sono giornalista e ho un lungo sodalizio con gli aeroplani. I ricordi delle cose viste e sentite mi sono sempre stati compagni di rotta. Una certa notte, nella quiete azzurrata di un jet di linea, la Memoria s'è messa lungamente a raccontarmi storie su storie che qui rimetto in scena perchè l'accorto lettore (non si sa mai) voglia trarne qualcosa in più del diletto".
Dalla quarta di copertina
Questo libro è frutto dell'incontro fra due scrittori di razza (l'autore e Gold, al secolo Luca Goldoni, amico di sempre), si incontrano e decidono di scrivere un libro a due mani. Sono scintille. Di ricordi, di passioni, di amicizia. Un collage di fatti e volti incastonati nella memoria dei due protagonisti che nella circumnavigazione della vita hanno spesso incrociato le loro orbite per seguire la curiosità dell’uomo e quella del giornalista vero. Due amici a colloquio con se stessi in un dialogo sincero e a tratti intimo, che affidano all’amico libro le confidenze di tutta una vita.
Natale e il "classico" per eccellenza, forse l’ultimo in quest’epoca post-moderna. Un appuntamento al quale nessuno si sente ancora di poter mancare.
E anche Giorgio Torelli nella veste di grande cultore di ricordi e, quindi, di Natali, fa riaffiorare in questo libro dal sapore semplice e antico, gli incontri, le facce, i ricordi e gli "effetti" che il Natale suscita nell’animo di tutti noi.
Appuntamenti con il Bambin Gesù, nei posti più disparati, nelle circostanze più strane ai quali ognuno si sente di non mancare, anche se a volte… arriva un po’ in ritardo.
L’intento di Giorgio Torelli è quello di raccontare “usi, costumi, ingegno e solitudine” di Giovannino Guareschi, e per fare questo l’autore fa ricorso ai propri ricordi personali (conobbe e frequentò assiduamente l’autore di Don Camillo), ma anche a quelli dei figli Alberto e Carlotta, che hanno reso disponibile molto del materiale per la realizzazione di questo libro. L’opera è costruita come un album di ricordi, episodi, aneddoti, in cui testo e disegni (molti dello stesso Guareschi) contribuiscono a dipingere con verità quel mondo così ricco di umanità e per questo sempre di moda.
Dopo avere lasciato l’esercito, Hector Cletwide- Tolbot – Eck per gli amici – accetta un’offerta di lavoro dal suo vecchio commilitone Bilbo, il quale gli affida il settore investimenti della sua compagnia hedge fund. In realtà Eck ne capisce poco o nulla di finanza e tutto quello che deve fare è fornire a Bilbo contatti interessanti tra i suoi numerosi amici e conoscenti della buona società inglese. Al resto – ovvero convincerli a investire ingenti somme di denaro – penserà Biblo. In breve tempo Eck si ritrova ricco e soddisfatto, anche se all’orizzonte cominciano a profilarsi le nubi di un’imminente crisi economica. Durante un viaggio nella Francia del Sud dedicato al golf e agli affari in compagnia del suo raffinato e benestante amico Henry, Eck fa la conoscenza di Charlie Summers, un uomo affascinante e allo stesso tempo improbabile, che si sta nascondendo in Francia in seguito a un “equivoco” con l’ufficio britannico delle tasse. Charlie vive di espedienti e progetti campati in aria e questa sua eccentricità diverte i due amici che lo invitano ad andarli a trovare qualora si trovasse a passare nel Gloucestershire. Poco tempo dopo, Charlie si presenta a casa di Henry chiedendo un posto dove stare e un po’ di soldi per lanciare in quella zona il suo ultimo progetto: una linea giapponese di cibo per cani. I destini di Eck e di Charlie Summers a questo punto si incrociano di nuovo in un modo assolutamente inaspettato. Per Eck è anche l’occasione per domandarsi se lui e Charlie, impegnati in lavori così volatili, siano poi davvero così diversi…
John Elliott è il parroco della chiesa inglese di San Giuseppe d’Arimatea, un edificio fatiscente con una congregazione di appena sedici fedeli. La scelta di John è stata guidata dalla volontà di seguire le orme del padre e dalla necessità di trovare un’occupazione, più che da un fervente spirito religioso, e negli ultimi anni è stata messa alla prova da una lunga catena di insuccessi. Tuttavia, spinto dal proprio senso di responsabilità, continua insieme alla moglie a provare a risvegliare l’interesse della comunità nei confronti della sua chiesa, organizzando cene di raccolta fondi ed eventi di beneficenza… Fino al giorno in cui Theo (il piccolo protagonista di Una luce nella foresta), cadendo con le mani su un cumulo di neve, lascia due impronte di sangue. Le ferite che mostra, circolari e perfettamente al centro dei palmi, si rimarginano ancor prima che il parroco abbia modo di chiamare aiuto. In seguito si viene a scoprire che il bambino mostra simili segni anche sui piedi e sul torace, segni che fanno pensare a chiodi e croci in legno e che da qualche tempo appaiono per svanire misteriosamente subito dopo. Di cosa si tratta? Qualcuno commette violenze sul ragazzo o la congregazione, e con essa il reverendo John Elliott, dovrebbe gridare al miracolo? E perché il precedente parroco è finito in un ospedale psichiatrico? In questa sua opera lo scrittore inglese ci regala ancora una volta la sua irresistibile ironia, al servizio di una storia macabra, velata di fede e di mistero.
Ci sono Natalie e David, in America, che per adottare un bambino sono pronti a volare dall'altra parte dell'oceano, in un orfanotrofio che mette in esposizione i bambini su internet. Ci sono Annalisa e Fausto, in Italia, che invece per un'adozione devono attraversare un interminabile e umiliante percorso burocratico. C'è Andrea, che frequenta una palestra dove si predica la risurrezione dei corpi e vive in un appartamento da single che comincia a stargli stretto. Poi ci sono Laura e Carlo, che abitano la stessa casa ma vivono due mondi incompatibili. Lui non può rinunciare ai suoi wargames con gli amici, lei non riesce a stare un giorno senza Andrea. Ma i "piccoli animali" in cerca di qualcuno che si prenda cura di loro sono ovunque in questa storia, e partendo da secoli e continenti diversi si ritrovano all'incrocio dei desideri più profondi. Stalin, padre del comunismo e della capricciosa Svetlana, a forza di attenzioni costringe la figlia prediletta a meditare la fuga. Il cadavere di Lenin riposa in un mausoleo sotto la piazza Rossa, e viene costantemente accudito dagli imbalsamatori. Maurizio Torchio costruisce una storia in cui i legami si intrecciano e si moltiplicano all'infinito, un romanzo di idee e sentimenti che dimostra come tutti, in modi diversi, sognano di essere adottati da qualcuno.
Quello che scorre in cella d'isolamento è un tempo puro, svuotato di eventi. Tanto da far sembrare i giorni di chi può vedere la luce del sole - seppure attraverso le sbarre - come un luogo di libertà, fantasticato per sentito dire. Il mondo di fuori è più evanescente ancora, più irreale del passato, o dei sogni. Cresce allora la tentazione di chiamare il carcere casa, e farlo abitare dai ricordi: "Se ti svegli con il batticuore, per fortuna la prigione è li che ti aspetta. Ti tiene sollevato, separato da terra, inchiodato con la branda nel muro. Sente i tuoi movimenti. Mentre dormi, la prigione trattiene il fiato per ascoltare il tuo respiro". L'orizzonte si restringe un istante dopo l'altro, ma anche i desideri cambiano forma: l'amore per chi si prende cura di te - non importa quanto crudelmente - dà l'innesco a una Sindrome di Stoccolma universale. Un incrocio di solitudini che accomuna carcerati e carcerieri, fino a estendersi all'intera prigione, compreso chi è apparentemente escluso da ogni società e gerarchia. "Cattivi" è un romanzo di parole e sentimenti compressi, storpiati dalle cattività che li restringono. Ma anche una storia di sopravvivenza in condizioni estreme. Dando fiato a una voce che finisce per diventare l'essenza stessa della reclusione, Maurizio Torchio è riuscito nel miracolo di descrivere, senza mai giudicare, i fili invisibili che legano carnefici e vittime...
Che cosa succede quando qualcuno il cui compito è quello di fare il bene è segretamente malvagio? Virginia è un medico affermato, di quelli a cui ci si rivolge con fiducia in momenti particolarmente delicati e importanti della vita come la nascita di un figlio. Virginia, però, nasconde in sé un enorme segreto, una rabbia che sfocia in comportamenti fuori dal comune e nella passione per il bondage. Forse è il frutto di un passato difficile, forse è qualcosa di più. Questo lato, nascosto a chi la conosce solo nelle vesti di medico, si trasforma in una rabbia lucida e pericolosa quando si convince che una donna non merita di diventare madre. La maternità, il bene e il male sono al cuore di "Non fare male", un'romanzo che porta il lettore negli angoli più nascosti dell'animo umano, che svela le ragioni del male, le cause della follia.