
"Il Signore dei lupi" è un romanzo di Alexandre Dumas. È da tempo assente dagli scaffali e rappresenta una delle prime apparizioni della figura del lupo mannaro nella letteratura moderna, oltre a riuscire ad alternare l'orrore improvviso con momenti di gustosa commedia. L'ambizioso zoccolaio Thibault si trova a stringere un patto con il diavolo, che gli si presenta sotto forma di un immenso lupo nero: da quel momento in poi avrà la facoltà di far del male a chiunque, soltanto desiderandolo. Ben presto però il diavolo gli presenterà il conto da pagare: Thibault verrà così lentamente trasformato in un licantropo, capace di comunicare con i lupi della foresta e di servirsi di loro per le proprie malefatte. La guerra tra la gente del villaggio e Thibault, il terribile lupo mannaro, non potrà più essere rimandata.
Parigi in subbuglio nel secondo capitolo della saga di Dumas sulla Rivoluzione francese e l’ascesa di Napoleone.
Parigi, ottobre 1795: il Terrore è passato e la società parigina vede affermarsi nuove tipologie sociali, gli incredibili e le meravigliose, giovani seguaci di un lusso ostentato e stravagante. La Convenzione termidoriana che si è insediata dopo la caduta di Robespierre è minacciata da un’insurrezione popolare legittimista. Sembra non esserci speranza per la neonata Repubblica, ma il giovane Napoleone è il predestinato per cambiare le sorti della sommossa e del nuovo governo. Con Attacco alla Convenzione, secondo capitolo della saga de I Bianchi e i Blu, Alexandre Dumas racconta il periodo della Francia che precede la creazione del Direttorio mescolando personaggi noti e sconosciuti, storia e finzione, politica e complotti.
"È da una galoppata in senso stretto che ha origine la fortuna della Signora delle camelie e, successivamente, della Traviata di Giuseppe Verdi. Un giorno di settembre del 1844, infatti, di ritorno da una passeggiata a cavallo Alexandre Dumas figlio si recò al teatro parigino dei Variétés, frequentato soprattutto da 'un'aristocrazia della galanteria' composta perlopiù da giovani mantenute e dai loro ricchi protettori. In quel variegato ambiente, quella sera, Dumas figlio incontrò la donna che avrebbe segnato la sua vita e la sua fortuna di romanziere. 'Era alta e sottile, scura di capelli, il viso rosa e bianco. Aveva la faccia minuta, occhi allungati di smalto, come una giapponese, ma vividi e fieri, le labbra d'un rosso ciliegia, i più bei denti del mondo.' Si faceva chiamare Marie Duplessis, ed era conosciuta anche per la voracità con la quale dilapidava i patrimoni degli amanti, alcuni dei quali famosi, come ad esempio Franz Liszt" (dalla Postfazione di Cinzia Bigliosi). Alexandre si innamorò dal primo istante di quella giovane, che avrebbe ispirato la protagonista della Signora delle camelie: una grande storia d'amore senza tempo, un libro che sarebbe diventato in breve tempo un classico della letteratura romantica.
Scritto fra il 1863 e il 1865, quasi in contemporanea con la sua pubblicazione a puntate sul romanzo parigino "La Presse", "La Sanfelice" segna il ritorno di Dumas al successo popolare e costituisce un addio e un omaggio alla amatissima città di Napoli dove lo scrittore era arrivato al seguito del suo amico Giuseppe Garibaldi e aveva vissuto per quattro anni.
Georges Munier è un mulatto ricco e colto, un uomo che non si sente affatto inferiore ai bianchi. Nel corso degli anni trascorsi a Parigi egli è divenuto un autentico "gentleman", e al tempo stesso una sorta di superuomo in grado di dominare le proprie emozioni e deciso a piegare il mondo, le sue leggi e i suoi pregiudizi alla propria volontà. E quando, tornato nella sua isola, si vede rifiutare la mano di una donna bianca, Georges si mette alla testa di una rivolta di schiavi; ma fatto prigioniero, e condannato poi a morte, riuscirà infine a evadere insieme all'amata Sara.
È il 1570 e il buio sta calando sul Santa Caterina a Ferrara, uno dei conventi più rinomati della città che, con le elargizioni di ricche e nobili famiglie e i frutti del vasto podere ritagliato all'interno delle sue mura, provvede al sostentamento di un elevato numero di suore, otto o nove postulanti, alcune convittrici e venticinque converse.
Come ogni sera, la sorella guardiana fa il giro dei corridoi misurando lo scorrere del tempo fino a mattutino, due ore dopo la mezzanotte.
È una sera particolarmente agitata questa. I singhiozzi della novizia appena arrivata si odono per tutto il convento. È stata ribattezzata Serafina e avrà quindici o sedici anni. Appartiene a un'illustre famiglia milanese. Per dimostrare il proprio attaccamento alla città di Ferrara, con la quale intrattiene affari lucrosi, il padre ha deciso, come recita la sua nobile missiva, di donare all'insigne monastero la sua figlia «illibata, nutrita dall'amor di Dio e con una voce da usignolo». In realtà, ha ubbidito a un comportamento diventato legge nell'Europa della seconda metà del sedicesimo secolo, in cui le doti si sono fatte così dispendiose da costringere l'aristocrazia a maritare una sola figlia e a spedire le altre in convento. La giovane, avvenente Serafina fa parte appunto di quella metà delle nobildonne milanesi costrette a prendere i voti, non necessariamente di buon grado.
Mentre la novizia strepita nella sua cella, in un'altra stanza suor Benedicta sta componendo il graduale per l'Epifania. Le melodie nella sua testa sono così prepotenti che non può evitare di cantarle ad alta voce. Nessuno, però, la sgriderà all'indomani, poiché le sue composizioni fanno onore al convento e attirano i benefattori.
In una cella non lontana suor Perseveranza è asservita, invece, alla musica della sofferenza. Sta stringendo con forza una cintura irta di chiodi che si spingono a fondo nella carne. Le sue grida, in cui la sofferenza si mescola col godimento, si confondono con i singhiozzi di Serafina.
Nella stanza sopra l'infermeria, infine, suor Zuana, la monaca speziale, prega a modo suo, scrutando le pagine del grande libro delle erbe di Brunfels. Figlia unica di un cultore dell'arte medica, è lei che accoglie le fanciulle che entrano in convento. È lei che si recherà tra breve nella cella di Serafina per somministrarle uno dei suoi miracolosi intrugli e calmarla. Tra le due giovani donne si stabilirà un rapporto speciale che non impedirà, tuttavia, che lo scompiglio, generato dall'arrivo di Serafina, si diffonda per tutto il convento come un fuoco che minaccia di inghiottirlo.
«Le gioie e i dolori, la frustrazione e la rabbia, la ribellione e la fede di un piccolo gruppo di suore del XVI secolo... in un romanzo notevole».
The Washington Post
«Sarah Dunant mescola magistralmente fatti storici e invenzione letteraria fornendo un ritratto unico dell'Italia del XVI secolo».
Daily Telegraph
Sacco di Roma, 1527: tra le fiamme del saccheggio, la bellissima cortigiana Fiammetta Bianchini pensa di ingraziarsi gli invasori mettendo a disposizione la sua casa, ma due megere luterane la sfregiano orribilmente e le rasano i capelli. E così, insieme al fedele servitore nano Bucino, Fiammetta ingoia una manciata di gioielli e fugge dalla città eterna, riparando a Venezia, meta cosmopolita di mercanti, viaggiatori e avventurieri. Ritrovato il suo splendore con l'aiuto di una guaritrice cieca dai misteriosi poteri, la giovane donna inaugura con Bucino un bordello dove offre le proprie grazie a facoltosi clienti appartenenti alla nobiltà cittadina. Ma l'amore di Fiammetta per un aristocratico diciassettenne farà vacillare il bizzarro sodalizio con il servitore, mettendo a rischio la fortuna faticosamente ricostruita. Sullo sfondo della Venezia del Cinquecento, dove poeti licenziosi e grandi artisti, aristocratici lussuriosi e spietati avventurieri si danno convegno, si snoda una storia avvincente in compagnia di un indimenticabile personaggio femminile e di illustri figure della storia dell'arte e della letteratura, come Tiziano e Pietro Aretino.
Paul Michel è unanimemente riconosciuto come l'enfant terrible della letteratura francese: cinque romanzi, un Goncourt, molotov contro i poliziotti nel '68, arresto come presunto terrorista nel 1970. Il fascino di Paul, bello, omosessuale, ha superato le frontiere e un giovane inglese, ricercatore di letteratura francese a Londra, nutre una vera e propria passione per la sua opera, tanto da recarsi in Francia per andare a trovare il suo eroe, ricoverato in una clinica psichiatrica. Tra lo scrittore e lo studente l'attrazione è così fatale e così forte da sconfinare nella follia di un triangolo amoroso. Questo è il romanzo d'esordio di Patricia Duncker, di cui Neri Pozza ha già pubblicato "Lo spazio mortale che ci divide".
Nel 1941 Anna Levin ha ventitré anni, lavora come assistente in un asilo, ama dipingere e provvede da sola alla famiglia. Dopo la morte della madre ha dovuto crescere il fratello Koljia, mentre il padre Michail, scrittore inviso al regime, si è lasciato andare alla passività . Quando, in settembre, Leningrado è accerchiata dai carri armati tedeschi, nessuno può immaginare che sia l'inizio dell'assedio più cruento ed estenuante che la Storia ricordi. Mentre Anna lotta disperatamente per la sopravvivenza dei suoi cari, due persone trovano rifugio in casa sua: Marina Petrovna, un'affascinante attrice di teatro che in passato è stata l'amante di Michail, e Andrej, un giovane medico siberiano innamorato di Anna. Le due storie d'amore si intrecciano, mettendo a confronto due mondi e due generazioni, mentre l'inverno avanza impietoso e la città isolata è drammaticamente a corto di viveri. Gli assediati si trovano costretti così a settimane di sacrifici e di stenti, a bruciare i mobili e i libri per resistere al gelo o a masticare cuoio per ingannare i tormenti della fame. Sospettano gli uni degli altri. Superare l'inverno e preservare la propria umanità in mezzo alla disperazione estrema è la sfida che ciascuno si trova ad affrontare. Grande romanzo storico e toccante storia dei sentimenti, L'assedio è stato paragonato a un Via col vento russo in cui la straordinaria capacità narrativa di Helen Dunmore ha saputo dar vita alla figura di una vera eroina, Anna, animata dal coraggio e dalla tenerezza, e a un dramma familiare che scava nell'animo dei personaggi rendendoli emblematicamente universali.
Helen Dunmore
Helen Dunmore è nata nello Yorkshire nel 1952, seconda di quattro figli. Dopo l’infanzia trascorsa in una famiglia molto estesa, ha studiato letteratura, insegnato inglese in Finlandia, prima di dedicarsi alla poesia e alla scrittura in genere. È autrice di romanzi, racconti, libri per ragazzi e raccolte di versi. Con A Spell of Winter ha vinto la prima edizione del prestigioso Orange Prize, che, insieme al premio Whitbread per il miglior romanzo, ha avuto L’assedio tra i suoi finalisti. Helen Dunmore collabora alle pagine culturali del Times e dell’Observer ed è curatrice da diversi anni di programmi radiofonici dedicati all’arte. Già presidente della Society of Authors per gli anni 2005 e 2006, è oggi membro della Royal Society of Literature.
Figlio di un ubriacone violento e di una madre provata dalle continue gravidanze, Farrell ha vissuto una giovinezza tormentata. Quando incontra e sposa Grace, bella, fragile, raffinata, l'illusione di un amore duraturo sembra a portata di mano. Ma il confronto ancora irrisolto con l'autorità paterna, che si riflette nei conflitti con il padre di Grace, le diversità tra i due sposi e i fantasmi che continuamente emergono dal loro passato sono ostacoli troppo grandi da superare. Sconfitto da ragazzo Farrell non può sopportare l'idea di perdere il controllo della sua vita e delle persone amate e ciò porterà a conseguenze imprevedibili.
Due donne, due destini, un incidente in comune: l'amore. Per Calista, di buona famiglia irlandese, arriva molto presto, a diciassette anni, ha il volto di Alexandros, trentenne cipriota bellissimo e sicuro di sé, e la conduce a una nuova vita in un Paese straniero. Per Pilar, figlia di contadini spagnoli, l'amore invece è un vortice imprevisto che in un attimo ribalta un progetto inseguito per dieci anni: lasciarsi alle spalle la miseria e l'ignoranza per diventare un'altra. Calista dovrà imparare nel modo più difficile a essere moglie e madre, mentre il suo matrimonio naufraga sugli scogli della violenza e dell'inganno, e su Cipro si addensa l'ombra di un colpo di Stato. Pilar, rimasta sola in una Madrid indifferente, sarà costretta alla più dura delle rinunce, e a un viaggio in quel passato che ha rinnegato. Finché un'estate le storie delle due donne convergono nel fragore di un evento senza scampo: un omicidio che ha radici più antiche di quanto possano immaginare.
Elizabeth, lasciata la famiglia e l'Irlanda per vivere una vita più autonoma, deve ritornare a Dublino perché la madre è morente. La donna non può parlare, e scrive lettere alla figlia nel tentativo di riprendere il colloquio con lei interrotto anni prima. Elizabeth le legge a poco a poco, superando gli antichi dissidi, riscoprendo un intenso legame affettivo che la legava alla madre e ritrovando al tempo stesso un dialogo commosso con il fratello. Alla fine, quando la madre morirà, fratello e sorella decideranno di conservare la vecchia casa di famiglia come simbolo di una memoria ancora viva e di sentimenti profondamente radicati.