
"Che cosa vuol dire veramente 'amare'? È dedizione, crescita, esplorazione, conoscenza, passione, condivisione? L'amore è quel sentimento che più di tutti ci aiuta a capire il significato del tempo, e non perché duri per sempre forse solo l'amore per un figlio si può considerare 'eterno' - ma semplicemente perché ci consente di avere una diversa percezione della durata della nostra vita. Se mettiamo a confronto una giornata trascorsa in solitudine con una in compagnia della persona amata, nel primo caso avremo la sensazione che le ore scorrano più lentamente; ci sembrerà che il tempo a nostra disposizione sia infinito, ma probabilmente saremmo un po' tristi perché non abbiamo qualcuno con cui condividerlo. Nel secondo caso, il tempo sembrerà volare. Come ho scritto tempo fa, da sempre gli uomini studiano come allungare la vita, mentre bisognerebbe allargarla. In fondo, il tempo non è altro che un'emozione, e l'amore ci aiuta a rendere i suoi attimi più larghi." (Luciano De Crescenzo)
Anche Luciano De Crescenzo, come tutti i comuni mortali, un giorno decide di imbiancare casa, con quel che ne consegue: sgombrare, riordinare, eliminare, inscatolare, in breve mettere ordine nel caos accumulato negli anni. "A darmi una mano" racconta "è stata mia figlia Paola. A un certo punto, tra le tante scatole ne ho ritrovata una che avevo messo da parte un po' di tempo fa, e in cui avevo conservato vecchie fotografie. 'Paola, vieni a vedere come sono belle queste foto! Ma chi l'ha fatte?' E lei: 'Chi può averle fatte se non tu!' 'Ora che mi ci fai pensare, forse fanno parte di quella serie di foto su Napoli che ho scattato negli anni Sessanta... Lo vedi com'era bella la nostra città? Paole', sient' a me , ogni luogo del mondo avrebbe bisogno di un po' di Napoli, perché Napoli non è una semplice città, ma uno stato d'animo!' La scrittura non è stata la mia prima passione... Prima di ricorrere alle parole, la Napoli dei quartieri, quella dei panni stesi al sole, dei numeri al Lotto, dei misteri, l'ho raccontata con la macchina fotografica. Il primo problema che mi ritrovai ad affrontare era come fotografare le persone senza bisticciare. Di solito fingevo di essere uno straniero, e per la precisione un tedesco. I napoletani sono da sempre gentili con i turisti, infatti mi lasciavano fare, senza opporre resistenza. Anzi, a volte si mettevano anche in posa. Alcuni scatti però, preferivo rubarli. Per farlo ricorrevo a due cascetelle di mia invenzione. Ora, per chi non è pratico della lingua napoletana, la cascetella altro non è che una piccola scatola. Le mie erano nere e di diverse dimensioni: una un po' più grande, simile a una valigetta quarantott'ore, e una un po' più piccola, quasi delle dimensioni di un borsello. Entrambe erano munite di una tracolla e di un foro per l'obiettivo. Mimetizzavo al loro interno la macchina fotografica, e grazie a un piccolo cavo che nascondevo nella manica della giacca potevo attivare lo scatto. Così passeggiavo per le strade della città e al momento giusto, quando una scenetta attirava la mia attenzione, spostavo la mano che copriva il foro dell'obiettivo e... click ! L'immagine era rubata. Un po' per nostalgia, un po' per il piacere di far conoscere anche ai più giovani la mia Napoli, ho deciso di raccogliere in questo libro una selezione delle foto ritrovate e inedite, e di accompagnarle con alcuni dei racconti che hanno contribuito alla mia carriera di scrittore. Volutamente ho deciso di non indicare i luoghi dove sono state scattate le foto, in parte perché a una certa età si fa fatica a ricordare, in parte perché mi auguro che, nel tentativo di riconoscere i luoghi, si presti più attenzione ai dettagli, scovando quei particolari che mi hanno fatto innamorare di una Napoli che secondo alcuni non c'è più. Che poi, come dico sempre, io di questa cosa non sono del tutto convinto".
"Nel maggio 1944 uscì nelle sale cinematografiche "Avvenne domani", un film diretto dal regista francese René Clair. Era uno dei film preferiti di mio padre Luciano, e da ragazzina mi è capitato di vederlo più volte insieme a lui. Puntualmente, ai titoli di coda, si voltava verso di me e mi faceva una domanda "facile facile": «Cos'è il tempo?». Perché il concetto di tempo, filosoficamente parlando, è di sicuro uno dei temi sui quali ha ragionato di più nel corso della sua lunga carriera di scrittore. Lo ha fatto in "Sembra ieri" e ne "Il tempo e la felicità", per citare solo due dei numerosi libri in cui ha affrontato l'argomento, ma anche in uno dei suoi film, "32 dicembre", dove si è interrogato su questo concetto dando voce al pensiero del suo amato Socrate, per il quale il tempo non esiste. Ho trascorso buona parte della mia vita ad ascoltare mio padre parlare di filosofia, e se c'è una cosa che mi ha insegnato è che dovremmo essere padroni del presente e non schiavi del futuro. Oggi, rileggendo gli articoli che ha scritto tra la fine degli anni Settanta e i primi anni del Duemila, mi sono accorta che alcuni temi da lui approfonditi, come per esempio l'omosessualità, il nucleare, l'inquinamento, la corruzione, o ancora l'influenza della tecnologia nei rapporti sociali, il problema delle carceri e la cosiddetta "questione meridionale", sono ancora al centro di accesi dibattiti. Perciò ho deciso di selezionare e raccogliere questi suoi articoli in un unico libro, per ripercorrere le riflessioni di un uomo che ha osservato il mondo con curiosità, ma soprattutto ha provato a spiegarlo ai suoi lettori, invitandoli a ragionare su ciò che sarebbe accaduto nel prossimo futuro". (Paola De Crescenzo)
"Il libro più intelligente che sia stato scritto sulla Russia da uno straniero": così Aleksandr Herzen definì la raccolta delle lettere di Astolphe de Custine, pubblicate nel 1843 e immediatamente tolte dalla circolazione in tutto l'impero per volontà dello zar Nicola I. Cento anni dopo, lo stesso giudizio veniva espresso dalla Società editrice dei detenuti ed esiliati politici, che ne aveva promosso una nuova traduzione - ancora una volta clandestina: giacché il libro, fugacemente riapparso dopo la rivoluzione, era stato subito vietato da un altro regime, quello sovietico. Un'opera decisamente pericolosa, dunque, ma che non ha mai smesso di circolare sottobanco: perché, come scrive lo storico francese Pierre Nora, l'autore "sembra aver anticipato di un secolo la critica del bolscevismo, dicendo tutto quello che occorreva dire, o quasi tutto". In queste pagine il lettore troverà una descrizione della società russa di una perspicacia stupefacente, di una chiaroveggenza profetica e di una vivida forza narrativa. Davanti ai nostri occhi si dispiega, con la potenza di un dipinto di Goya, la tirannide zarista con caratteri che coincidono in modo impressionante con quelli del totalitarismo staliniano e dei suoi epigoni post-perestrojka: un'oppressione che si traveste da amore per l'ordine, la segretezza che presiede a ogni cosa, il fanatismo dell'obbedienza, i millantati progressi - in breve, "il governo della menzogna, dell'inganno, della corruzione".
È autunno a Trieste, la città dalla scontrosa grazia, e la polizia deve fare i conti con due casi che sembra impossibile risolvere. Mentre il mare agitato muta colore, e da azzurro diventa plumbeo come il cielo che rispecchia, il commissario Benussi della Mobile è costretto a una vacanza forzata da un malore che lo lascia senza forze. A dirigere le indagini, quindi, sono chiamati gli ispettori Elettra Morin e Valerio Gargiulo, che da Ettore Benussi hanno imparato una lezione impagabile: mai arrendersi. Eppure la tentazione è forte, perché l'omicidio di Annabel Alexander, innocua turista americana, e l'aggressione ai danni di Julija, ragazza ucraina scampata miracolosamente alla morte, sembrano davvero inspiegabili. Morin e Gargiulo seguono con caparbietà due piste nebulose, confuse da testimonianze contraddittorie e da tracce che qualcuno ha voluto nascondere a tutti i costi. E sono due piste che portano, indietro nel tempo, a un punto d'incontro di tragica fatalità. Dove la signora dai modi amichevoli e la giovane donna in cerca di un nuovo inizio si riveleranno ben diverse da come sembrano.
"Leila della tempesta" è un dialogo sulla cittadinanza, l'emigrazione, la religione, il rapporto uomo-donna, la violenza in nome di Dio e la mistica del cuore, che mette al centro una giovane tunisina di nome Leila, personaggio reale, giunta in Italia attraverso il mare e finita in carcere per commercio di stupefacenti. Intorno a lei si muove un coro di persone della stessa provenienza geografica, culturale e religiosa, che si confrontano su questi temi con un monaco cristiano che parla nella loro lingua e li stimola a riflettere sulle loro tradizioni e sull'incontro tra esse e quel testo fondativo della vita in Italia che è la Costituzione repubblicana. Un dialogo serrato nel quale si intrecciano molti "temi alti" trattati però in modo accessibile a ogni genere di lettore. Presentazione di Piero Stefani.
Napoli, così, non l'avevamo vista mai. Una città borghese, inospitale e caotica, cupa e distratta, dove ognuno sembra preso dai propri affari e pronto a defilarsi. È esattamente questo che permette a un killer freddo e metodico di agire indisturbato, di mischiarsi alla folla come fosse invisibile. "Il Coccodrillo" lo chiamano i giornali: perché, come il coccodrillo quando divora i propri figli, piange. E del resto, come il coccodrillo, è una perfetta macchina di morte: si apposta, osserva, aspetta. E quando la preda è a tiro, colpisce. Tre giovani, di età e provenienza sociale diverse, vengono trovati morti in tre differenti quartieri, freddati dal colpo di un'unica pistola. L'ispettore Giuseppe Lojacono è l'unico che non si ferma alle apparenze, sorretto dal suo fiuto e dalla sua stessa storia triste. È appena stato trasferito a Napoli dalla Sicilia. Un collaboratore di giustizia lo ha accusato di passare informazioni alla mafia e lui, stimato segugio della squadra mobile di Agrigento, ha perso tutto, a cominciare dall'affetto della moglie e della figlia. È il giovane sostituto procuratore incaricato delle indagini, la bella e scontrosa Laura Piras, a decidere di dargli un'occasione, colpita dal suo spirito di osservazione. E così Lojacono, a dispetto di gerarchie e punizioni, l'aiuterà a trovare il collegamento, apparentemente inesistente, tra i delitti. A scorgere il filo rosso che conduce a un dolore bruciante, a una colpa non redimibile, a un amore assoluto e struggente.
Dopo la morte della moglie, Massimo, professore di matematica in pensione, vive, introverso e taciturno, in una casa appartata su un'isola del golfo di Napoli. Pesca con metodo e maestria e si limita a scambiare rare e convenzionali telefonate con la figlia Cristina, che vive in una piccola città della ricca provincia padana. A interrompere il ritmo di tanto abitudinaria esistenza la notizia di un grave incidente stradale: la figlia e il genero sono morti, il piccolo Checco è in coma. Massimo deve assolvere i suoi doveri. Crede, una volta celebrata la cerimonia funebre, di poter tornare nella sua isola, e lasciare quel luogo freddo e inospitale. Non può. I sanitari lo vogliono presente accanto al ragazzino che giace incosciente. Controvoglia, il professore si dispone a raccontare al nipote, come può e come sa, la "sua" matematica, la fascinosa armonia dei numeri. Fuori dall'ospedale si sente addosso gli occhi della città, dove lo si addita, in quanto unico parente, come tutore del minore, potenziale erede di una impresa da cui dipende il benessere di molti. Da lì in poi quanto mistero è necessario attraversare? Quanto umano dolore bisogna patire? Per arrivare dove? Maurizio de Giovanni scrive una delle storie che ha sempre sognato di raccontare. E ci consegna a un personaggio, tormentato e meravigliosamente umano, messo dinanzi al mistero del cuore.
Ci inseguirà per tutto il tempo del romanzo. È la voce di un poeta latino del primo secolo avanti Cristo. È la voce di un condannato all'amore di una donna che l'ha straziato e continua a straziarlo rinnovando la smagliante ossessione di un desiderio inesausto. A quella voce sembrano rispondere le vicende di un giovane professore consumato dalla vita coniugale infelice, dalla vita accademica disertata dagli studenti, ma costantemente acceso dalla passione dello studio e, un giorno, dalla lama di luce che riverbera, a sorpresa, negli occhi di una studentessa. E poi ecco la quotidianità di Oxana, la devota badante moldava che si prende cura del Vecchio, e di lui, svagato e pensoso, riconosce il vento felice di una ossessione che lo sorprende, come dovesse tutto a un tratto essere lama di luce, un limpido verso latino, e amore, antico amore. Maurizio de Giovanni ci accompagna dentro tre storie parallele, dove i personaggi si rivelano figli di un solo destino, e sembrano cercarsi e riconoscersi, e infine conoscere noi.
Natale 1931. Mentre la città si prepara alla prima di "Natale in casa Cupiello", dietro l'immagine di ordine e felicità imposta dal regime fascista infieriscono povertà e disperazione. In un ricco appartamento vicino la spiaggia di Mergellina sono rinvenuti i cadaveri di un funzionario della Milizia, Emanuele Garofalo, e di sua moglie Costanza. La donna è stata sgozzata con un solo colpo di lama, quasi sull'ingresso, mentre l'uomo è stato trafitto nel letto con oltre 60 coltellate. Colpi inferti con forza diversa: gli assassini potrebbero essere più d'uno. La figlia piccola si è salvata perché era a scuola. La statuina di san Giuseppe, patrono dei lavoratori, giace infranta a terra. Sulla scena del delitto, Ricciardi, che ha l'amaro dono di vedere e sentire i morti ammazzati, ascolta le oscure ultime frasi della coppia, che non gli dicono granché. Il commissario dovrà girare a lungo, e sempre più in corsa contro il tempo, per le strade di Napoli per arrivare alla verità. In compagnia del fidato, ma non privo di ombre, brigadiere Raffaele Maione, che in questo romanzo conquista un deciso ruolo di comprimario. E insidiato nella sua solitudine da una altrettanto inaspettata rivalità tra due giovani donne che più diverse non si potrebbe. Tra le casupole dei pescatori immiseriti e gli ambienti all'avanguardia della Milizia fascista, una città sempre più doppia e in conflitto avvolge Ricciardi e Maione in spire sempre più strette.
Una nuova primavera si affaccia, e tenta uomini e donne con i suoi profumi, ma anche il male è nell'aria. Manca una settimana a Pasqua nella Napoli del 1932. Al Paradiso, esclusiva casa di tolleranza nella centralissima via Chiaia, Vipera, la prostituta più famosa, è ritrovata morta, soffocata con un cuscino. L'ultimo cliente sostiene di averla lasciata ancora viva, il successivo di averla trovata già morta. Chi l'ha uccisa, e perché? Ricciardi deve districarsi in un groviglio di sentimenti e motivazioni. Avidità, frustrazione, invidia, bigottismo. Amore. La scoperta di passioni insospettabili si accompagna alla rivelazione di una città molto diversa da come appare. Sotto i nostri occhi prendono forma, vivissimi e veri, illuminati da dettagli sorprendenti, sorretti da una genuina vocazione narrativa, i mercati, i vicoli, le strade, i mestieri, la rete rigogliosa dei commerci vecchi e nuovi, accanto alla vigliaccheria e al coraggio, alle violenze arroganti di chi pensa già di essere impunito per sempre perché indossa una camicia nera. Tanto che uno dei compagni di Ricciardi, il dottor Modo, vecchio estimatore di Vipera, finisce per cacciarsi in un guaio molto serio... E il romanzo, come non mai, sembra costruirsi da solo, sotto le mani abili di chi sa dosare e mescolare gli ingredienti più diversi, come accade nelle vere ricette del periodo pasquale di cui è insaporita la storia.

