
La cellula originaria del comico ebraico si trova plausibilmente nello "shtetl". E in uno di questi villaggi dell'Europa Orientale, in Ucraina, passò la sua infanzia Sholem Aleykhem, uno dei primi maestri di quel genere poi sviluppatosi sino a oggi tra molte diramazioni. "Un consiglio avveduto" è il primo dei tre racconti radunati in questo volume. È difficile non essere squassati dal riso mentre si segue il tormentoso e logorroico personaggio che cerca di farsi dare un "consiglio avveduto" per uscire da una situazione che è già irreparabile, giustappunto per la travolgente e lamentosa tediosità di colui che parla.
La vita di Cenzina è tracciata fin da ragazzina: cresciuta da uno zio ricco che trova per lei un buon partito, sarà moglie e madre nella Napoli borghese. Ma a deviarne continuamente la traiettoria c'è l'inquietudine che la percorre a causa della ferita mai rimarginata dell'abbandono materno, che diluisce le piccole felicità quotidiane in troppi ricordi, troppe domande. E a stravolgerla del tutto, poi, arriva la guerra. Suo marito Pasquale sembra avere tutte le risposte:si tratta di prendere le parti dei più forti, i fascisti, e poi di sopravvivere indenni al conflitto. Nonostante la contrarietà di Cenzina, trasferisce la famiglia in una casa più sicura, davanti al mare, quando, nell'estate del 1943, la città trema sotto i terribili bombardamenti angloamericani e il pericolo si avvicina. Ed è qui che il destino li raggiunge sotto forma di due giovani aviatori polacchi, ebrei, precipitati con l'aereo. Cosa fare? Consegnarli ai nazisti ormai padroni di Napoli, o nasconderli negli scantinati del palazzo? Stavolta, le certezze di Pasquale vacillano e l'intero stabile, dal portiere Pietro con la moglie Addolorata agli inquilini, è coinvolto in una scelta difficile: condannare due vite o rischiarle tutte? Nel fuoco di questo dilemma, Cenzina forgerà una scelta capace di curare le sue ferite e aprire alla possibilità di un futuro. In questo romanzo incalzante, che culmina sulle barricate delle Quattro Giornate di Napoli del settembre 1943, quando la città insorse contro i nazisti, Vincenza Alfano ritrova una vicenda vera della sua famiglia e la restituisce come narrazione avvincente, salvando per il futuro le voci, i gesti, i protagonisti di una pagina importante della nostra storia.
Scrivere un'autobiografia a poco più di quarant'anni può sembrare prematuro: ma non quando si ha avuto il destino di vivere negli anni e con l'intensità di Vittorio Alfieri. Iniziata dopo che Alfieri aveva portato a compimento l'esperienza delle tragedie e vissuto la delusione della degenerazione della rivoluzione francese, la Vita è molti libri in uno. Si alternano i ricordi dell'infanzia e le avventure della maturità, gli amori e gli entusiasmi letterari, la riflessione politica e quella poetica, sino a trasformare quest'opera nell'unico, autentico romanzo del nostro Settecento.
Ambientato nell'Ottocento, epoca di profondi mutamenti nel subcontinente indiano, questo romanzo è un affresco storico che ritrae in modo struggente il declino di una cultura e di uno stile di vita. Giudicato dalla censura un libro "sovversivo", fu pubblicato nel 1940 grazie all'interessamento di Virginia Woolf. Acclamato dai critici inglesi e accolto in India come uno straordinario evento letterario, il romanzo è annoverato da allora fra i grandi classici della letteratura indiana in lingua inglese.
Una storia contemporanea e senza tempo, avvolta in un’atmosfera fiabesca, con castelli, sorelle magiche, ragazzi dai cuori di vetro, e un albero, l’ultimo melograno, che collega le vite di tutti i personaggi.
"Con questo romanzo Bachtyar Ali ha conquistato l’Europa.” - Die Zeit
Una favola ambientata in tempi recenti, la storia di un amore paterno che diventa la parabola di un popolo. Un ex soldato rivoluzionario che ha lottato per l’indipendenza dei curdi in Iraq torna libero dopo ventun anni trascorsi in una prigione nel deserto. Muzafari Subhdam è ormai estraneo alle cose del mondo, ma c’è ancora uno scopo che lo sprona ad affrontare il presente e un Paese divenuto irriconoscibile: ritrovare il figlio che ha dovuto abbandonare ancora in fasce. Su una barca che lo porta in Europa insieme ad altri profughi, Muzafari racconta la sua incredibile vicenda personale, che rispecchia quelle di un’intera generazione perduta tra gli orrori della guerra.
Barni e Domenica sono cresciute insieme a Mogadiscio, bambine spensierate e felici in un mondo compatto di affetti familiari e radici comuni. Fino a aquando Domenica è partita con la madre per l'Italia. Il ritorno a Mogadiscio è un momento fatale: lo scoppio della guerra civile conincide con il trasferimento di Barni a Roma e per Domenica segna un decennio di smarrimento.
Barni e Domenica Axado sono cresciute insieme a Mogadiscio. La loro è un'infanzia spensierata, all'interno di un ambiente familiare unito e protetto. Allo scoppio della guerra civile, però, sono costrette a separarsi. Barni trova a Roma un faticoso equilibrio grazie al lavoro di ostetrica e riesce a circondarsi di nuovi affetti. Domenica Axado, invece, sradicata e trapiantata in un contesto diverso, inizia a peregrinare senza meta. Solo un decennio dopo, in attesa di un figlio, si ricongiungerà alla cugina: Barni sarà la habaryar, «madre piccola», del bambino, e grazie alla nascita di Taariikh - che significa «Storia» - le due donne potranno finalmente riannodare quei fili che sembravano sciolti per sempre. Alle loro voci che si alternano nella narrazione, e hanno il sapore di un racconto orale, si unisce quella di Taageere, marito di Domenica Axado. I ricordi frammentati piano piano si ricompongono e le esistenze disperse delle persone che hanno fatto parte delle loro vite tornano finalmente a formare un quadro unico. In un mix linguistico dove l'italiano si mescola e segue il ritmo del somalo, "Madre piccola", pubblicato per la prima volta nel 2007, affronta temi ancora oggi di drammatica attualità come i traumi della guerra e il dolore della diaspora.
C'è una leggenda in Somalia che si tramanda di generazione in generazione. Poiché il loro paese era privo di corsi d'acqua e non c'era da bere, gli abitanti affidarono a due saggi l'incarico di creare un fiume. I saggi esaudirono la richiesta, ma nel fiume nuotavano anche i coccodrilli, creature crudeli. Qualcuno doveva governarli per consentire l'accesso all'acqua, e il popolo elesse un comandante, che aveva il potere di annientare le bestie se non avessero ubbidito ai suoi ordini. Fin da piccolo Yabar ha ascoltato il racconto di zia Rosa e ha imparato che per conoscere il bene bisogna convivere con il male necessario. Diciotto anni, poca voglia di studiare e molta di provocare, Yabar vive a Roma con la madre, Zahra. Il padre li ha abbandonati tanti anni prima e di lui il ragazzo conserva una foto fatta di ritagli, in cui i contorni dell'uomo sono indistinguibili e mostruosi. Il dolore dell'abbandono non soffoca la curiosità di Yabar di sapere cosa ne sia stato di lui e la reticenza della madre lo ferisce. Spedito in punizione a casa della zia a Londra, Yabar si trova immerso in un microcosmo somalo inedito e scoprirà un terribile segreto di famiglia, che forse aveva voluto dimenticare. Ubah Cristina Ali Farah narra con delicata efficacia la storia di un giovane che, come tanti, è arrivato da bambino in Italia per sfuggire a un destino di guerra e morte. È un racconto in flashback composto di piccole storie memorabili, che ha sullo sfondo il melting pot di una Roma sconosciuta e più bella negli occhi di chi ha deciso di farne la propria patria elettiva.
Ghiyasoddin 'Ali di Yazd, autore di questa cronaca persiana, fu segretario alla corte di Tamerlano, e l'imperatore che ci racconta, con uno stile al tempo stesso raffinato e potente, è l'inflessibile esecutore di un disegno celeste, la cui sorte fu preconizzata sin dalla nascita da una fortunata congiunzione astrale tra Venere, Giove e il Sole. Le imprese di Tamerlano vengono lette alla luce di questo destino straordinario, che tramuta un oscuro predone di Samarcanda nel fondatore di uno dei più grandi imperi della storia, i cui confini si estendevano dall'Asia centrale all'Anatolia, dall'India alla Siria. Ciò che ad altri osservatori appare solo come ferocia, sete di sangue, smisurata e smodata passione per il potere, nella biografia di Ghiyasoddin diviene senso e amore di giustizia, affermazione della fede contro la miscredenza, imposizione agli uomini e alle cose di un superiore ordine divino. E così questo "Signore della Congiunzione astrale", che fra i nemici semina terrore e lutti infiniti, ai seguaci appare come dotato di una vista interiore, di una sapienza occulta che gli consentono di vedere al di là delle apparenze e di far trionfare nel sangue i diritti della verità.
Ci sono incontri casuali in grado di segnare un'intera esistenza. E ci sono storie che restano segrete per una vita intera ma poi, una volta raccontate, fanno il giro del mondo. Quando ad Ankara, negli anni Trenta, un giovane conosce sul posto di lavoro Raif Effendi, viso onesto e sguardo assente, è subito colpito dalla sua mediocrità. Man mano che i due entrano in confidenza, questa prima impressione non fa altro che ricevere conferme: schernito ed evitato da tutti sul lavoro, Raif viene maltrattato persino dai suoi familiari. Quale può essere la ragione di vita di una persona simile? Quale, se c'è, il segreto dietro una vita apparentemente inutile? Il taccuino di Effendi, consegnato in punto di morte al collega, contiene le risposte, raccontando una storia tutta nuova: dieci anni prima, un giovane e timido Raif Effendi lascia la provincia turca per imparare un mestiere a Berlino. Visitando un museo, rimane folgorato dal dipinto di una donna che indossa un cappotto di pelliccia, e ne è così affascinato che per diversi giorni torna a contemplare il quadro. Finché una notte incrocia una donna per strada: la stessa donna del dipinto. Maria. Un incontro che gli sconvolgerà la vita.