
"Siamo in qualche modo dentro un film mentre viene fatto; il racconto procede per salti di montaggio e cambi di angolazione della cinepresa, in un clima di stasi agitata. È bella questa assorta, incantata evocazione di sfumature atmosferiche, e c'è una curiosa autenticità in questo sottile e affascinante romanzo. Così appare il mondo mentre il millennio evapora: una serie di stanze d'albergo e siti turistici a cui arriviamo frastornati dal viaggio. Abbiamo perso contatto con il perché delle cose, e quello che resta è fast-food per i sensi e per il cervello." (John Updike)
Chi è lo sconosciuto gracile e male in arnese, avvolto in un cappottone nero, in cui Melik, immigrato turco di seconda generazione nato ad Amburgo, continua a imbattersi? Dopo l'11 settembre la vita del giovane, devoto musulmano e promessa della boxe, soffre di equilibri precari, e lui farebbe di tutto pur di non cacciarsi nei guai. Ma sua madre, che considera un dovere prestare aiuto a un compagno di fede, decide di dare ospitalità allo straniero. Lo strano ragazzo, che dice di chiamarsi Yssa Karpov, rivela di essere un profugo ceceno fuggito da un carcere russo e di essere entrato in Germania clandestinamente con l'intenzione di studiare medicina, grazie anche all'aiuto che gli verrà fornito da Tommy Brue. Peccato che Brue non abbia idea di chi lui sia. Il ceceno, però, è in possesso di una misteriosa parola d'ordine capace di ridestare improvvisamente il passato: "lipizzano". Quando Brue sente questo termine per bocca di Annabel Richter, avvocato specializzato nell'assistenza agli immigrati a cui Yssa si è rivolto, sa che non si riferisce alla nobile razza di cavalli di origine slovena. Lipizzano è la parola in codice con cui suo padre indicava ingenti e loschi capitali travasati dall'Unione Sovietica nelle casse della sua banca. John le Carré torna con una storia che si confronta con gli aspetti più ambigui della contemporaneità, ponendo l'accento sulle contraddizioni delle democrazie occidentali e sull'arroganza del potere nei confronti dei più deboli.
«L'immaginazione ha fame e ha bisogno di essere nutrita» scrive Stephen King nella postfazione di questa magnifica raccolta di dodici racconti che ci calano nei meandri più oscuri dell'esistenza, sia metaforicamente che letteralmente. Storie sul destino, la mortalità, la fortuna e le pieghe della realtà dove tutto può succedere, ricche e avvincenti come i suoi romanzi. King, da oltre mezzo secolo, un maestro della forma, scrive per provare «l'euforia di abbandonare la quotidianità» e in You Like It Darker i lettori sentiranno la medesima esaltazione. Due bastardi di talento racconta il segreto, a lungo nascosto, che lega per sempre due amici divenuti famosi. Nell'Incubo di Danny Coughlin, un'intuizione senza precedenti ribalta decine di vite, quella del protagonista in maniera più catastrofica. In Serpenti a sonagli, sequel di Cujo, un vedovo in lutto si reca in Florida in cerca di conforto e riceve invece un'eredità inaspettata. Ne I sognatori, un taciturno veterano del Vietnam risponde a un annuncio di lavoro e scopre che ci sono alcuni angoli dell'universo che è meglio lasciare inesplorati. L'Uomo delle Risposte si chiede se la preveggenza sia una fortuna o meno e ci ricorda che una vita segnata da una tragedia insopportabile può ancora essere salvata. Dal leggendario Maestro della narrativa, una straordinaria raccolta di racconti iconici, che ci conferma la sua capacità insuperabile di sorprendere, stupire e portare terrore e conforto insieme. Preparatevi a fare un salto nel buio.
Chi è l'uomo, assente e impenetrabile, che alla domanda "Chi sei?" dei settanta rabbini appositamente convenuti a Nyesheve dalle grandi città della Polonia russa e della Galizia risponde solo, con voce remota: "Non lo so"? Il sensibile, delicato Nahum, genero dell'onnipotente Rabbi Melech ed esperto di Qabbalah, tornato pressoché irriconoscibile a Nyesheve dopo quindici anni di un misterioso errare? O, come invece sostengono i nemici di Rabbi Melech, il più miserabile e deriso dei mendicanti di Bialogura, Yoshe il tonto, che per placare una spaventosa epidemia è stato unito in matrimonio a Zivyah, la figlia idiota dello scaccino? È un asceta, un santo, degno di succedere all'ormai anziano rabbino di Nyesheve e di guidare i hassidim, o un peccatore, uno spergiuro? Mai la comunità ebraica è stata tanto lacerata e divisa - al punto da istituire un tribunale che risolva il caso -, mai ha conosciuto una così sanguinosa faida, quasi che le sue sorti fossero appese all'esile filo di una vacillante identità e di un incomprensibile vagabondare. E mai come in quest'uomo l'impossibilità di decidere del proprio destino, l'esilio - da se stessi, anzitutto -, l'angosciosa ricerca di una patria inesistente hanno trovato una più arcana, struggente, memorabile incarnazione.
Chi è l'uomo, assente e impenetrabile, che alla domanda "Chi sei?" dei settanta rabbini appositamente convenuti a Nyesheve dalle grandi città della Polonia russa e della Galizia risponde solo, con voce remota: "Non lo so"? Il sensibile, delicato Nahum, genero dell'onnipotente Rabbi Melech ed esperto di Qabbalah, tornato pressoché irriconoscibile a Nyesheve dopo quindici anni di un misterioso errare? O, come invece sostengono i nemici di Rabbi Melech, il più miserabile e deriso dei mendicanti di Bialogura, Yoshe il tonto, che per placare una spaventosa epidemia è stato unito in matrimonio a Zivyah, la figlia idiota dello scaccino? È un asceta, un santo, degno di succedere all'ormai anziano rabbino di Nyesheve e di guidare i hassidim, o un peccatore, uno spergiuro? Mai la comunità ebraica è stata tanto lacerata e divisa - al punto da istituire un tribunale che risolva il caso -, mai ha conosciuto una così sanguinosa faida, quasi che le sue sorti fossero appese all'esile filo di una vacillante identità e di un incomprensibile vagabondare. E mai come in quest'uomo l'impossibilità di decidere del proprio destino, l'esilio - da se stessi, anzitutto -, l'angosciosa ricerca di una patria inesistente hanno trovato una più arcana, struggente, memorabile incarnazione.
La vita che Emmanuel Carrère racconta, questa volta, è proprio la sua: trascorsa, in gran parte, a combattere contro quella che gli antichi chiamavano melanconia. C'è stato un momento in cui lo scrittore credeva di aver sconfitto i suoi demoni, di aver raggiunto «uno stato di meraviglia e serenità»; allora ha deciso di buttare giù un libretto «arguto e accattivante» sulle discipline che pratica da anni: lo yoga, la meditazione, il tai chi. Solo che quei demoni erano ancora in agguato, e quando meno se l'aspettava gli sono piombati addosso: e non sono bastati i farmaci, ci sono volute quattordici sedute di elettroshock per farlo uscire da quello che era stato diagnosticato come «disturbo bipolare di tipo II». Questo non è dunque il libretto «arguto e accattivante» sullo yoga che Carrère intendeva offrirci: è molto di più. Vi si parla, certo, di che cos'è lo yoga e di come lo si pratica, e di un seminario di meditazione Vipassana che non era consentito abbandonare, e che lui abbandona senza esitazioni dopo aver appreso la morte di un amico nell'attentato a «Charlie Hebdo»; ma anche di una relazione erotica intensissima e dei mesi terribili trascorsi al Sainte-Anne, l'ospedale psichiatrico di Parigi; del sorriso di Martha Argerich mentre suona la polacca Eroica di Chopin e di un soggiorno a Leros insieme ad alcuni ragazzi fuggiti dall'Afghanistan; di un'americana la cui sorella schizofrenica è scomparsa nel nulla e di come lui abbia smesso di battere a macchina con un solo dito - per finire, del suo lento ritorno alla vita, alla scrittura, all'amore. Ancora una volta Emmanuel Carrère riesce ad ammaliarci, con la «favolosa fluidità» della sua prosa («Le Monde») e con quel tono amichevole, quasi fraterno, che è soltanto suo, di raccontarsi quasi che si rivolgesse, personalmente, a ciascuno dei suoi lettori.
La vita che Emmanuel Carrère racconta, questa volta, è proprio la sua: trascorsa, in gran parte, a combattere contro quella che gli antichi chiamavano melanconia. C'è stato un momento in cui lo scrittore credeva di aver sconfitto i suoi demoni, di aver raggiunto «uno stato di meraviglia e serenità»; allora ha deciso di buttare giù un libretto «arguto e accattivante» sulle discipline che pratica da anni: lo yoga, la meditazione, il tai chi. Solo che quei demoni erano ancora in agguato, e quando meno se l'aspettava gli sono piombati addosso: e non sono bastati i farmaci, ci sono volute quattordici sedute di elettroshock per farlo uscire da quello che era stato diagnosticato come «disturbo bipolare di tipo II». Questo non è dunque il libretto «arguto e accattivante» sullo yoga che Carrère intendeva offrirci: è molto di più. Vi si parla, certo, di che cos'è lo yoga e di come lo si pratica, e di un seminario di meditazione Vipassana che non era consentito abbandonare, e che lui abbandona senza esitazioni dopo aver appreso la morte di un amico nell'attentato a «Charlie Hebdo»; ma anche di una relazione erotica intensissima e dei mesi terribili trascorsi al Sainte-Anne, l'ospedale psichiatrico di Parigi; del sorriso di Martha Argerich mentre suona la polacca Eroica di Chopin e di un soggiorno a Leros insieme ad alcuni ragazzi fuggiti dall'Afghanistan; di un'americana la cui sorella schizofrenica è scomparsa nel nulla e di come lui abbia smesso di battere a macchina con un solo dito - per finire, del suo lento ritorno alla vita, alla scrittura, all'amore. Ancora una volta Emmanuel Carrère riesce ad ammaliarci, con la «favolosa fluidità» della sua prosa («Le Monde») e con quel tono amichevole, quasi fraterno, che è soltanto suo, di raccontarsi quasi che si rivolgesse, personalmente, a ciascuno dei suoi lettori.
Partiti a diciott'anni. Talmente impreparati, talmente ingenui da credere che insieme ce l'avrebbero fatta. Bartle è devastato dal senso di colpa. Per non avere impedito che Murphy morisse. Per non essere riuscito ad attenuare la brutalità e l'orrore della guerra. Ora che è tornato a casa, vede Murphy ovunque. Insieme alle altre immagini dell'Iraq: i cadaveri che bruciano nell'aria pungente del mattino, i proiettili che si conficcano nella sabbia, le acque del fiume che ha inghiottito il loro sogno. E il tormento per la promessa che non ha saputo mantenere non gli dà pace. "Il miglior romanzo che abbia letto sulla guerra: essenziale, incredibilmente preciso, perfetto. Probabilmente è il libro più triste che io abbia letto negli ultimi anni. Ma triste in modo importante. Dobbiamo essere tristi, profondamente tristi, per quel che abbiamo fatto in Iraq". (Dave Eggers)
Daniel, che tutti chiamano Yalo, ha trent'anni quando viene arrestato per rapina, stupro e detenzione di esplosivi. Prima di essere processato trascorre due anni nelle mani dei Servizi segreti libanesi che, usando ogni possibile forma di tortura psichica e fisica, lo costringono a ripercorrere la propria vita e a definire la propria identità.
Mentre le confessioni di Yalo si succedono, incontriamo gli altri membri della sua famiglia: il nonno, Padre Efrem Abyad, cresciuto in ambiente curdo e di religione musulmana e divenuto poi sacerdote della Chiesa Ortodossa Siriaca a Beirut, e la madre, Gaby, che la guerra civile ha obbligato a lasciare Beirut Ovest per rifugiarsi nella parte cristiana della città, facendole perdere non solo la casa ma anche l'amore di tutta una vita.
Da tutto questo, Yalo si emancipa entrando nelle milizie delle Forze Libanesi nelle cui fila combatte per un decennio; poi emigra in Francia assieme a un commilitone e infine rientra in Libano grazie all'intervento di un ricco compatriota che lo assume come guardiano della propria villa nei dintorni di Beirut. Nel bosco che circonda la casa, Yalo, per due anni, vive in solitudine facendo la posta alle macchine delle coppiette che si appartano sotto i pini: è in una di queste occasioni che il destino gli fa incontrare Chirine, di cui si innamora perdutamente e che è la causa del suo arresto e della sua redenzione.
Mescolando sapientemente le gioie della sensualità con l'orrore della violenza cieca, la passione con il sangue, il potere della memoria con le insidie dell'oblio, Elias Khuri ci conduce al cuore degli abusi di potere e fa di Yalo il simbolo di tutte le vicende individuali che la Storia vuole cancellare
Paragonato a Eminem e a Walt Whitman, Yahya Hassan, con più di centomila copie vendute in Danimarca in pochi mesi, è ora al centro della scena letteraria e mediatica mondiale. Aggredito e minacciato di morte, vive oggi sotto scorta. E tutto per colpa dei suoi versi, rigorosamente in stampatello maiuscolo, che con la violenza di un pugno allo stomaco demoliscono ogni tabù nel descrivere la realtà di un giovane immigrato musulmano di seconda generazione tradito tanto dalla patria d'adozione quanto dalla famiglia d'origine. Hassan racconta la sua storia: quella di un bambino la cui famiglia palestinese si trasferisce in Danimarca da un campo profughi libanese. Con un padre violento e bigotto, un padre che picchia i figli e la moglie, e che quando viene lasciato si fa mandare una nuova donna direttamente dalla Tunisia. La storia di un ragazzo che passa da una comunità di recupero all'altra, che viene cresciuto a suon di calci e cinghiate, circondato da "stupidi che fanno jogging e pregano, poi rubano, bevono e vanno a letto con le ragazze danesi, in prigione si redimono leggendo il Corano e ricominciano da capo". La storia di un giovane che diventa un delinquente perché è l'unica cosa che può diventare. Yahya Hassan è l'urlo disperato di un'intera generazione, ingannata e abbandonata da tutti.
XY è capace di tenere lettrice e lettore col fiato sospeso, ma non è un giallo.
La differenza fra un libro giallo e il castigo (di Dio) sta nel fatto che il giallo svela l’assassino e scioglie l’enigma.
Il Castigo (di Dio) è l’enigma. Adriano Sofri - La Repubblica
Un albero ghiacciato, di un rosso vivo, pulsante, intriso di sangue. È la prima immagine che appare a don Erme-te, Zeno e Sauro.
Una strage indicibile si è consumata ai piedi di quell’albero, e solo una prodigiosa nevicata ha lenito l’orrore di quegli undici corpi straziati da undici cause di morte diverse, avvenute contemporaneamente, in un lampo. I quarantadue abitanti di Borgo San Giuda, travolti dall’onda d’urto di quel massacro, si ritrovano al centro del mondo mediatico. Semplici testimoni del male, diventano i protagonisti dimenticati di questa storia, e tutti in-sieme scivolano nella follia.
Don Ermete non può abbandonare la sua gente e insieme a Giovanna Gassion, giovane psichiatra della ASL in fuga da un amore finito, cercherà in tutti i modi di mettere in salvo quel mondo di poche anime perse e mute, che sembrano lontanissime ma che in realtà siamo noi. Pagina dopo pagina sembrerà di essere lì a calcare forte il passo per non essere spazzati via da quel vento che tira gelido e senza sosta, di entrare in quelle case modeste dove germina la follia, di incrociare quegli sguardi disperati e soli, e infine di sentirsi lievi e salvi, una volta arresi davanti al mistero.
X e Y, uomo e donna, fede e scienza, si incontrano e si scontrano fin quasi a sovrapporsi in un’eroica libera-zione dalla dittatura della ragione, umiliata dall’assurda danza del male. Dopo Caos Calmo, Sandro Veronesi tor-na con un romanzo profondo, sapiente, pieno di umana comprensione: la sua scrittura avvolgente, che disegna curve morbide e leggere come scivolando sulla neve fresca, ci regala altri momenti di esilarante bellezza e due nuovi personaggi indimenticabili – salvo scoprire alla fine che uno dei due lo conoscevamo e lo amavamo già.
Sandro Veronesi è nato a Firenze nel 1959. È laureato in architettura. Ha pubblicato: Per dove parte questo treno allegro (Theoria, 1988; Tascabili Bompiani, 2001); Live (Bompiani, 1996); Gli sfiorati (Mondadori, 1990; Tascabili Bompiani, 2007); Occhio per occhio. La pena di morte in quattro storie (Mondadori, 1992; Bompiani, 2006); Venite venite B-52 (Feltrinelli, 1995; Tascabili Bompiani, 2007), vincitore del Premio Fiesole nel 1996; La forza del passato (Bompiani, 2000), con cui vince il Premio Viareggio L. Repaci e il Premio Campiello; Ring City (Walt Disney Company, 2001), Premio Fregene 2001; Superalbo (Bompiani, 2002); No Man's Land (Bom-piani, 2003). Caos Calmo (Bompiani, 2005); Brucia Troia (Bompiani, 2007). Vincitore nel 2006 del Premio Strega, Caos Calmo è stato tradotto in 20 paesi. L’edizione francese ha vinto anche il Prix Femina 2008 come miglior romanzo straniero, il Prix Mediterranée 2008 e l’anno successivo il Prix Cèvennes come miglior romanzo eu-ropeo. L’edizione spagnola ha vinto il Premio Novela Europea, Casino de Santiago de Compostela edizione 2010. Sandro Veronesi ha collaborato con numerosi quotidiani e quasi tutte le riviste letterarie.
Attualmente i suoi articoli escono su “la Repubblica” e su “La Gazzetta dello Sport”.
Ha quattro figli e vive a Prato e a Roma.