
L'universo asettico e convulso del Pronto Soccorso è entrato da qualche anno nell'immaginario collettivo, ma quasi sempre ci è stato presentato con toni esasperati e spettacolarizzanti. Ora un medico di professione prova a raccontarci la realtà per quella che è: nei reparti d'emergenza non ci sono eroi senza macchia, ma solo persone come tutte le altre. Persone meravigliose e disperate. Neurochirurghi che praticano l'occultismo, un traumatologo suicida, assassini da curare, le ferite su un volto da ricucire.
Nuoro, fine Ottocento. Filippo Tanchis è il piú giovane di tre fratelli orfani, cresciuti con le zie materne. Finito in carcere con l'accusa di aver ucciso Bobore Solinas, individuo piuttosto ambiguo, Filippo si toglie la vita. Ma si tratta veramente di suicidio?
Dopo l'indagine in Sempre caro ritroviamo l'avvocato e poe-ta Bustianu Satta, al secolo Sebastiano Satta (1867-1914), impegnato in un caso difficile quanto misterioso, che lo porterà a confrontarsi con se stesso, le sue debolezze e le sue certezze. A fare da sfondo al romanzo una pioggia incessante, fin quando, come scrive nella sua prefazione Vásquez Montalbán «l'epilogo schiarisce l'orizzonte e il colore azzurro del cielo chiude il chiaroscuro di un'indagine che ha danneggiato soprattutto la pace dello stesso personaggio».
Scritto fra il 1863 e il 1865, quasi in contemporanea con la sua pubblicazione a puntate sul romanzo parigino "La Presse", "La Sanfelice" segna il ritorno di Dumas al successo popolare e costituisce un addio e un omaggio alla amatissima città di Napoli dove lo scrittore era arrivato al seguito del suo amico Giuseppe Garibaldi e aveva vissuto per quattro anni.
Questa raccolta di racconti lunghi, pubblicata nel 1933, ci regala una serie di scorci soprattutto sul pensiero dell'autore. Così, il protagonista di "Il romanzo di don Sandalio, giocatore di scacchi", non è altro che un personaggio visto dall'esterno, la cui vita interiore ci sfugge: è una non-narrazione sull'altro che sottolinea come le altre persone restino comunque un enigma. Nell'ironico "Un pover'uomo ricco o il sentimento comico della vita", ci viene invece presentato l'esatto speculare di quella che è la vita autentica, cioè la vita agonica, che continua a lottare e a sforzarsi nel sentimento tragico che la caratterizza. Un discorso differente lo si deve fare per "Una storia d'amore": aggiunto in extremis, il racconto prende spunto da un episodio autobiografico e sembra essere un tentativo di esplorare una realtà alternativa, determinata dal cambiamento di un particolare rispetto alla vita dell'autore. Ma è "San Manuel Bueno, martire", il romanzo principale della raccolta e l'unico a essere citato nel titolo. La sua importanza è sottolineata già nel Prologo, dove Unamuno confessò d'avere «la coscienza di aver messo in esso tutto il mio sentimento tragico della vita quotidiana».
In un paesino della provincia di Zamora, si scontrano (e poi diventano misteriosamente detentori di un segreto che li accomuna) il parroco, Manuel Bueno, che tutti venerano e considerano come un santo e Lazzaro, la pecora nera del paese, agnostico dalle idee progressiste, che è appena tornato dall'America dove aveva fatto fortuna.
Al confine tra gli stati messicani di Oaxaca, Puebla e Veracruz, un piccolo aereo precipita nella selva carico di sacchi di polvere bianca. I contadini del luogo pensano sia fertilizzante, ma agli occhi più esperti di un funzionario risulta subito evidente che si tratta di cocaina. Il giovane campione della squadra di calcio di San Isidro, fiaccato dalla prima notte d'amore, cade lungo disteso sul campo... L'arrivo dei narcotrafficanti di serie C scatena una sarabanda di eventi.
Di nuovo sulle sue montagne ma anche a Tripoli e a Beirut, Jabbour Douaihy narra in questo romanzo la storia di Nizam, nato in una famiglia sunnita di Tripoli, seconda città del Libano, e allevato in un paesino di villeggiatura montana, Haoura, da un'abbiente famiglia maronita che gli darà il proprio nome e la propria religione. Ventenne, a Beirut, frequenta la gioventù rivoluzionaria sessantottina. È qui che lo sorprende lo scoppio della guerra civile. Ed è qui che affronta la sua duplice appartenenza, musulmana e cristiana, di cui lui non si è mai crucciato ma che nessuno, nelle due comunità, ha mai accettato. Nell'epilogo, tragico e al contempo demenziale, Nizam diventa metafora di un paese diviso dalla follia identitaria dei suoi abitanti. Il tema dell'identità, delineato con originalità ed emozione, i personaggi, lo stile narrativo fluido e trasparente, ingentilito da descrizioni della natura molto poetiche, visionario nella follia e nella solitudine del protagonista, fanno di "San Giorgio guardava altrove" un romanzo intenso e attuale che descrive il dramma di un uomo nato musulmano, cresciuto cristiano, e che da adulto non sa chi è, in un paese dove questa libertà non esiste.
Federico Rampini, editorialista ed inviato di «Repubblica», saggista, è nato a Genova nel 1956. Ha vissuto a Parigi, Bruxelles, Roma, Milano, San Francisco. Ha insegnato all'Università di Berkeley. Attualemente abita in uno Houtong vicino alla città proibita di Pechino. Una parte di lui, come racconta in questo libro, è rimasta in California.
Corri, Samba, corri! Gli diceva così, suo zio, quando giocavano insieme a far volare l'aquilone e vivevano ancora sotto il cielo rovente dell'Africa. Ma ormai Samba non vive più in Mali. Da più di dieci anni la sua casa è Parigi. Per arrivare in Francia, in cerca di un riscatto e di un sogno, ha visto morire altri disgraziati come lui, ha avuto in bocca la sabbia ruvida del deserto, si è lacerato le mani sui confini spinati dell'Europa. Per poterci rimanere ha stretto i denti, lavorato duro, lottato ogni minuto contro la sensazione strisciante e ostinata di inadeguatezza che gli faceva abbassare gli occhi. Manca poco al traguardo, e un mattino decide di andare in questura a chiedere notizie della sua carta di soggiorno. Quello stesso mattino la Francia decide che di lui non vuole più saperne: lo arrestano su due piedi, lo rinchiudono nel Centro di detenzione di Vincennes, e d'improvviso Samba Cissé diventa un irregolare, un clandestino. E deve ritornare a correre. Per sfuggire la polizia, la povertà, le parole insensate della burocrazia, l'amarezza che gli si pianta in gola. Per riconquistare un posto nel mondo, un'identità, un nome, e sopravvivere all'ingiustizia. Tra lungosenna inondati di luce, scantinati freddi, vetrate da pulire sfiorando il cielo, sogni infranti, amicizie speciali, e un amore proibito, Delphine Coulin ci regala una commedia sociale agrodolce, poetica e implacabile, che potrebbe essere una storia vera e senza dubbio è un canto al coraggio di rimanere liberi.
Questo testo è una raccolta organica di "intermittenze del cuore". Centofanti sa come mescolare il sacro al profano, come alternare descrizioni di stati d'animo in rapporto alle vicende dei suoi personaggi e cerca di entrare nel cuore umano per spiegarne le decisioni, i tormenti, i momenti di felicità. Soprattutto sa che un romanzo non può più essere scritto come se fosse il rispecchiamento di un reale che non c'è, che scrivere è un'attività per la quale non c'è né salvezza né scampo quando si è presa la decisione di continuare a farne il proprio momento personale di intervento sulla realtà, che le vicende che descrive sono tutte proiezioni di un suo sogno ecumenico di comprensione del mondo che, tuttavia, non potrà procedere che per lumi sparsi, per balzi narrativi, per sfondamenti progressivi della rete di nebbia e di ignoranza che avvolge la mente di ognuno. Per Centofanti, un romanzo è il tentativo di confrontarsi con se stesso, con la propria vita, con la propria intensità di desiderio.Dalla Prefazione di Giuseppe PanellaLe dita sono ancora intorpidite: è per questo che intitoli il romanzo Salva L'Anima? Perché pensando a una Chiesa insidiata dalle sirene del potere, tieni d'occhio l'insidia più sottile di una malattia evocata dalle tre maiuscole?

