
São viene da lontano. Da un'isola al largo della costa africana, da una forza antica, dalla saggezza delle pietre e degli uccelli. Sogna di studiare medicina, di emigrare in Europa e riscattarsi dalla miseria nera. Approda a Lisbona, e le sembra un luogo di salvezza. Cerca una casa, un lavoro: la dignità di stare al mondo. È convinta che nulla la possa fermare. La minaccia in effetti è del tutto inaspettata. Proviene dal terreno insidioso dell'amore. Insidia la sua integrità di donna e di madre, la sottopone a prove tremende, costringendola a ricominciare da capo. Ma lei ha la forza degli alberi che si radicano profondamente nella terra e resistono a tutti i venti. E lotterà come un'amazzone per difendere il suo piccolo André. Questa è la storia di São, ma anche la storia di Natercia, Benvinda, Liliana. Una catena di donne, con le loro fatiche e il loro coraggio. Con i loro piaceri. Le loro strade si incrociano con quella di una donna europea, colta, benestante, che vive nella paura, che perde, per paura, l'uomo che ama. E scopre il mondo per la prima volta quando lo guarda con gli occhi e con il cuore di São. Perché di tutte le persone che ha conosciuto al mondo, São è quella che ammira di più. Un romanzo di amicizie, guerre e alleanze; un romanzo d'amore e d'avventura. Una storia vera.
La cellula originaria del comico ebraico si trova plausibilmente nello "shtetl". E in uno di questi villaggi dell'Europa Orientale, in Ucraina, passò la sua infanzia Sholem Aleykhem, uno dei primi maestri di quel genere poi sviluppatosi sino a oggi tra molte diramazioni. "Un consiglio avveduto" è il primo dei tre racconti radunati in questo volume. È difficile non essere squassati dal riso mentre si segue il tormentoso e logorroico personaggio che cerca di farsi dare un "consiglio avveduto" per uscire da una situazione che è già irreparabile, giustappunto per la travolgente e lamentosa tediosità di colui che parla.
Mehring è un afrikaner di mezza età, che ha acquistato una fattoria nei pressi di Johannesburg per trascorrervi il tempo libero dagli affari. Qui si verificano episodi di violenza, omicidi e aggressioni, disastri quali incendi o inondazioni, qui si tocca con mano la miseria dei poveri, ma per lui la sola cosa che conti è continuare indisturbato la vita del gentiluomo di campagna. La vita che reputa adatta a un autentico farmer, a un bianco soddisfatto di sé e della propria ricchezza, anche se in fondo si comporta da colonialista, che per senso di superiorità razziale e sociale non si preoccupa di chi stia peggio. Da buon conservatore ama le sicurezze derivanti dalla natura e dalla terra, come dal sistema dell'apartheid. È un individuo solitario, isolato fisicamente nel veld e chiuso mentalmente a ogni preoccupazione pubblica, un divorziato che si è alienato il figlio idealista, con un'amante sfuggente e con lavoratori su cui fa affidamento ma che restano per lui distanti, come il capomandriano Jacobus.
Yoel è un uomo del servizio segreto israeliano. Dopo la morte della moglie si trova di fronte ad una realtà misteriosa: chi era veramente sua moglie Ivria, su quali segrete complicità si basava il loro rapporto? E ancora: di che pasta è fatta sua figlia, come provare a capirla e venirle incontro? Dopo le dimissioni dai servizi segreti Yoel crede di poter applicare alla propria esistenza modi e metodi appresi nei lunghi anni d'esercizio. Eppure c'è qualcosa che continua a resistergli. Cominciando a lasciarsi contaminare dai piccoli eventi della quotidianità, nonché dai diversi personaggi che la abitano, Yoel scopre che dietro al mistero c'è una totale assenza di mistero.
Yoel è un uomo del servizio segreto israeliano. Ha imparato la sottile arte dell'ascoltare, del guardare e dello scoprire. Dopo la morte della moglie in un incidente, si ritrova solo di fronte a una realtà ben altrimenti misteriosa: chi era veramente sua moglie Ivria, su quali segrete complicità si basava il loro rapporto? E ancora: di che pasta è fatta sua figlia, come provare a capirla e venirle incontro? Dopo le dimissioni dai servizi segreti Yoel crede per un attimo di poter applicare alla propria esistenza modi e metodi appresi nei lunghi anni di esercizio: appostamenti, confidenze rubate, induzione e deduzione. Eppure c'è qualcosa che continua a resistergli. È come se i suoi occhi dovessero trovare una diversa, difficile, dolorosa messa a fuoco. Cominciando a lasciarsi contaminare dai piccoli eventi della quotidianità, nonché dai molti diversi personaggi che la abitano, dietro il mistero Yoel scopre una totale spaesante assenza di mistero.
Si parte dal gigantesco estuario del fiume Congo, come i colonizzatori, i missionari, i bianchi hanno sempre fatto. Un getto possente di detriti, terra, alberi che trasforma l'oceano in un brodo torbido per centinaia di chilometri: "Le immagini del satellite lo mostrano chiaramente: una macchia brunastra che, durante il picco della stagione dei monsoni, si estende verso ovest per ottocento chilometri. Quando ho visto per la prima volta delle fotografie aeree mi è venuta in mente una persona che si era tagliata i polsi e li teneva sotto l'acqua, ma per sempre. Così, quindi, comincia un paese: diluito in una grande quantità di acqua di oceano". E poi, attraverso centinaia di interviste con congolesi di tutte le età e le etnie, attraverso lo studio della storia, dell'archeologia, della geografia e della climatologia, attraverso una scrittura tersa e coinvolgente, si va alla scoperta di un paese, di un popolo, di un continente. Dai primi insediamenti preistorici agli orrori della dominazione coloniale belga, dall'indipendenza alle guerre civili, attraverso giungle e città, montagne di ghiacciai perenni e pianure rigogliose, miniere di ogni minerale prezioso e una natura ricchissima e incontaminata, un libro che davvero restituisce un mondo.
Un cavallo invincibile che però è già stato sconfitto, un fantino che scompare all'improvviso, due magnati senza scrupoli che si contendono la vittoria nel Gran Premio, quattro avventurieri alla ricerca del fantino scomparso... L'ambientazione è quella delle corse ippiche, ma il lettore ha ben presto la sensazione di trovarsi all'interno di una divertita reinvenzione di luoghi, personaggi, generi scaturiti dalle sue mille letture, il tutto accompagnato da un sorriso malinconico e insieme volterriano sulle fortune e sfortune del mondo. Un mondo di cui le corse ippiche sono la metafora, e in cui il sogno della ricerca della "buona sorte" non può che trasformarsi nella consapevolezza che le cose, buone o cattive che siano, semplicemente accadono mentre noi ci dibattiamo più o meno inutilmente per predeterminarle. Come dice infatti un Professore, uno dei due personaggi "narranti", "nessun sogno rivela il senso segreto della vita, ma un segreto molto più grande, ossia che la vita manca di senso".
Nel 1972, un anno esatto prima della scomparsa, il premio Nobel per la letteratura Pablo Neruda cominciò la redazione definitiva delle sue memorie, che furono pubblicate postume. Composto da dodici quaderni, ciascuno dei quali si riferisce a importanti momenti della vita del poeta, il libro rievoca in un fluire ininterrotto e bizzarro un'esistenza che ha attraversato nel tempo e nello spazio l'intero Novecento. Sulla scena della memoria si affacciano da un lato le donne amate, gli amici, i personaggi comuni, dall'altro i protagonisti della storia - Gandhi, Nehru, Stalin, Castro, il Che, intellettuali e artisti che, da Picasso a Moravia, lottarono per la libertà - e i grandi avvenimenti del secolo breve - la guerra di Spagna, il secondo conflitto mondiale, la lotta di liberazione delle colonie. Neruda si rivela al lettore un osservatore attento, sottile e spiritoso della realtà che lo circonda, ma soprattutto un uomo che ha pienamente vissuto, calcando da protagonista il palcoscenico della storia e dell'arte.
"Un essere artisticamente colto, sensibile e sensuale", ma anche "un fallito in tutte le imprese", uno a cui "niente interessa fuor che l'arte" e che all'arte ha sacrificato "padre, madre, ricchezze, amanti". Romanzo, meta-romanzo e autobiografia, le "Confessioni" di George Moore ripercorrono gli anni trascorsi dall'autore nella Parigi bohémienne di metà Ottocento, dove, spinto da ambizioni artistiche, il giovane irlandese entrò in contatto con gli emergenti impressionisti (di cui questo libro contiene la prima testimonianza in lingua inglese). Con la sincerità disarmante di un "giovane Holden" ante litteram, in un misto di malinconia e noncuranza, hybris e disperazione, aridità e lirismo, Moore ci fornisce l'elenco dei suoi insuccessi: come pittore, come giornalista, come romanziere, e anche come critico, in un mosaico fuori da ogni tradizione letteraria che gettò le basi del romanzo moderno.
Nella prima parte, siamo in una cosmopolita cittadina dell'Alta Ungheria agli inizi del Novecento, nel luminoso tramonto della Monarchia, in seno a una famiglia della borghesia colta di origine tedesca. Nella seconda parte, il narratore - prima bambino e poi adolescente animato da un inesprimibile senso di ribellione - è diventato un ombroso déraciné che, spinto da una vorace curiosità e da un'irrequietezza che è in lui forma di vita, abbandona il suo Paese per una destinazione a lui stesso ignota. Iniziano così le peregrinazioni nell'Europa fra le due guerre: dapprima a Lipsia, Stoccarda, Weimar, Monaco, Francoforte, Berlino, e poi Parigi, Firenze, Londra per arrivare fino al Medio Oriente.
Confessioni ripercorre l'esperienza di una lunga erranza e di una crescente disperazione fin sull'orlo el suicidio. Ma la lunga, sofferta ricerca non resta senza risposta. Non quella dell'illuminazione mistica, né dell'incondizionata adesione a una dottrina religiosa; la risposta venne piuttosto dalla "coscienza della vita", cioè dalla scoperta della conoscenza non razionale del senso della vita, che da sempre sostiene la vita degli uomini comuni, l'unica in grado di attribuire all'esistenza finita il senso dell'infinito. Fu così che la fede dei semplici diventò la fede di Tolstoj, e non solo la fede, ma la loro stessa vita, che egli volle condividere rempendo con il proprio ambiente e con la stessa famiglia.
"La confessione" descrive compiutamente la crisi spirituale che caratterizza gli ultimi anni della vita di Lev Tolstoj. Abbandonata la vita più mondana, l'autore si ritira nella villa di Jasnaja Poljana, si dedica a lavorare la terra, predica la non violenza. La rivoluzione, il cambiamento del mondo è l'insegnamento attualissimo di Tolstoj non può che avvenire per mezzo del lavoro manuale e individuale. Le rivoluzioni delle parole e dei proclami non sono che inganni.