
Cosa collega gli omicidi di Jorge Eliécer Gaitán, la cui morte ha spezzato in due la storia della Colombia, e quello di John F. Kennedy? In che maniera un crimine accaduto nel 1914, quello del senatore liberale colombiano Rafael Uribe Uribe, può segnare la vita di un uomo nel XXI secolo? Violenza, omicidi illustri, colpevoli trovati troppo in fretta o scomparsi nel nulla, indagini insabbiate, depistaggi, segreti di stato, menzogne attraversano la storia della Colombia, come la nostra, lasciando dietro di sé rovine e reliquie, vittime e sospetti. Sono un'eredità pesantissima per le generazioni future e la base di un fiorire di teorie cospirative più o meno fantasiose. Nel suo romanzo più importante, Juan Gabriel Vásquez affronta questa inestricabile matassa in prima persona diventando il protagonista di una serrata investigazione nelle pieghe di una spirale di cospirazioni.
Kate Cold, il nipote Alex e l'amica Nadia ricevono dal "National Geographic" l'incarico di preparare un reportage sui safari che si svolgono a dorso d'elefante. A Nairobi Alex e Nadia incontrano un'indovina che li avverte di un pericolo imminente: saranno costretti ad affrontare un mostro a tre teste e solo se resteranno uniti riusciranno ad avere la meglio. Quando incontrano Fratel Fernando, un missionario alla ricerca di due confratelli, decidono di aiutarlo. Si ritroveranno nel cuore della giungla dove verranno in contatto con una tribù di pigmei caduti in disgrazia da quando la sacerdotessa Nana-Asante è stata sconfitta e il loro villaggio è diventato feudo di tre personaggi: il re Kosongo, il militare Mbembelé e lo stregone Sembo...
Publio Cornelio Scipione sa di essere arrivato alla fine. È il 190 a.C. La crisi siriaca è al suo culmine, e Roma, anche se sfinita da anni di guerra, ha deciso di fronteggiare il re di Siria, Antioco, costante minaccia ai confini orientali della Repubblica. Scipione è tra i legati inviati in Grecia a negoziare la pace, e anche se la missione è un successo, che porta a Roma di fatto l'incontrastato dominio del mar Egeo e ricchezze inestimabili, Publio Cornelio non viene salutato da Roma come crede di meritare. Lontano dall'essersi arricchito, è tuttavia accusato, insieme al fratello Lucio, di aver accettato doni e denaro da Antioco, per una negoziazione giudicata da Roma troppo mite. È così che Scipione l'Africano, l'uomo che aveva sottratto l'Africa ad Annibale, e che aveva fatto di Roma la sua ragione di vita, decide di ritirarsi a Liternum, in Campania, dove la morte lo coglierà nel 183 a.C. Santiago Posteguillo racconta il maestoso ultimo atto della saga dedicata a uno degli uomini più grandi e forse meno capiti della storia di Roma, facendolo rivivere nei pensieri e nelle azioni, e negli ultimi momenti in cui, ritornando con la memoria alle gesta passate, Scipione si congeda dalla vita e dalla Storia compiendo un doloroso e commosso bilancio.
Juan Belmonte, ex guerrigliero cileno che ha combattuto contro il regime di Pinochet, da anni ha deposto le armi e vive tranquillo in una casa sul mare, assistendo la sua compagna, che non si è mai ripresa dalle torture subite dopo il colpo di stato. Belmonte è un uomo stanco, disilluso, restio a scendere in campo. Ma il passato torna a bussare alla sua porta. Solo lui può impedire che bande di mercenari dell'Est europeo liberino dal carcere Misha Krasnov, ultimo discendente di una famiglia di cosacchi riparati in Cile dopo la Seconda guerra mondiale, ed ex ufficiale dell'esercito cileno al servizio di Pinochet. Belmonte infatti è un grande esperto di guerra sotterranea e, soprattutto, ha un ottimo motivo per volere che Krasnov sconti il giusto ergastolo: un motivo strettamente personale...
Jules sa di essere un custode di ricordi, come dice Alva, ma questa non è solo la sua storia. È la storia di tre fratelli, Jules, Liz e Marty, che da piccoli perdono i loro genitori in un incidente e sono costretti a vivere separati e senza famiglia, estranei l'uno all'altro. Marty si butterà a capofitto negli studi, Jules sfuggirà alla vita diventando un introverso mentre Liz si brucerà alla sua fiamma, vivendo senza limiti. La loro infanzia difficile sarà come un nemico invisibile, da cui impareranno a difendersi. Più di ogni altra, questa è la storia di Jules e Alva. Due solitudini che si incrociano, si cercano e si mancano, inquiete, per anni. Jules e Alva sono incapaci di riconoscere quel che provano l'uno per l'altra, legati come sono dal bisogno di amicizia, con il loro perdersi, ritrovarsi e salvarsi. Ma questa è soprattutto la storia di chi, come Jules, serba i propri ricordi insieme a tutte le alternative che non ha scelto, pur sfiorandole e sperimentandole attraverso la letteratura e la musica. Dalla voce di un giovane e già osannato talento della narrativa tedesca, un grande romanzo sulla magia della scrittura che salva dal male.
In una piccola e spettrale città chiusa dentro mura che la separano dal resto del mondo, vivono abitanti privi dell'ombra e dei sentimenti, tranquilli al riparo di ogni emozione. Tra di loro, un nuovo arrivato ha il compito di leggere "i vecchi sogni" nel teschio degli unicorni, unici animali del luogo, cogliendo frammenti di memorie e di un'altra vita, di un'altra possibile dimensione. In parallelo, in un'asettica disumana e futuribile Tokyo, un uomo sarà coinvolto da uno scienziato tanto geniale quanto sconsiderato in un esperimento a rischio della vita che lo porterà a calarsi nei sottosuoli della città, in lugubri voragini animate da creature mostruose e maligne, metafore delle paure che agitano la coscienza di tutti. Ed è proprio lì, nel buio fondo della mente, che si troverà la chiave dell'enigma, la soluzione del mistero che lega i personaggi dei due mondi, che sono in realtà l'uno il riflesso dell'altro. Sarà possibile lo scambio tra le due dimensioni, il passaggio in entrambi i sensi, o il viaggio sarà senza ritorno?
Chicago, Illinois, primi anni Novanta. Per la famiglia Jose non esiste più: ha ucciso il fratello della moglie, e nessuno vuole avere contatti con lui. La figlia Maria, adolescente, gli scrive una lettera dicendo di desiderare la sua morte. Poi, incoraggiata dagli insegnanti, decide che non farà la vita delle sorelle e della madre e parte per l'università con una borsa di studio, e poi per New York. New York, fine anni Novanta: Maria riceve una telefonata dalla sorella, che le dice che Jose è caduto in un'imboscata. Maria domanda con freddezza, "È morto?" come se la risposta non le interessasse. La telefonata la riporta al giorno del 1987 da cui prende l'avvio la sua storia. Una notte la piccola Maria sente degli spari in strada. Il padre ha attaccato briga per una birra, dicono i giornali, e, ricercato dalla polizia, fugge in Messico, abbandonando moglie e sette figli. La realtà è diversa, e dal ritratto che Maria fa del padre esce un uomo pieno di rabbia, pronto a incendiarsi per ragioni futili, ma anche per solide vicende di vendetta e delinquenza. La vita di studentessa a New York, e la relazione con Martin, cambiano radicalmente Maria, e l'odio confuso che nutre per il padre si traduce in curiosità e ansia di sapere quali siano le radici di una rabbia e una violenza così ostinate: quelle paterne, ma anche quelle : che in lei si sono faticosamente trasformate in tenacia e testardaggine. E parte per il Messico per confrontarsi con il padre in carne e ossa.
Su uno sfondo realista che lega le vicende alla rivolta cosacca guidata dal ribelle Pugaciòv, Puskin racconta le avventure del giovane Pjotr, che, accompagnato da uno storico amico, raggiunge una vecchia fortezza in un reggimento di guardia per dare il suo apporto militare, come voluto dal padre. Qui si innamora di Màrja, figlia del capitano della fortezza, e per unirsi alla donna amata, aiutato anche da circostanze favorevoli, il giovane farà di tutto. Il romanzo, dallo stile sintetico e deciso, apre così la strada al genere del racconto nella letteratura russa e suscita nel lettore una naturale simpatia soprattutto per le vicende del protagonista.
Ana è una ragazza estroversa, allegra, brillante. È la migliore alunna del corso di medicina a Belgrado, è amata dagli amici, è l'orgoglio di suo padre, il generale Ratko Mladic, che lei ricambia con una devozione assoluta. Un viaggio a Mosca è l'occasione per passare alcuni giorni in giro per una grande città con il solo pensiero di divertirsi. Invece al ritorno Ana è cambiata. È triste e taciturna. Una notte afferra una pistola, quella a cui il padre tiene di più, e prende una decisione definitiva. Ha solo ventitré anni. Cosa è successo a Mosca, tra corteggiamenti e feste, in compagnia degli amici più cari? Nelle allusioni e nelle accuse dirette Ana ha intravisto nel padre una figura spaventosa. Quello che per lei è un eroe e un genitore premuroso, per tutti gli altri è un criminale responsabile dei maggiori eccidi del dopoguerra: l'assedio di Sarajevo, la pulizia etnica in Bosnia, il massacro di Srebrenica. Crimini che lo porteranno a essere accusato di genocidio, in un processo che dopo una lunga latitanza ha avuto inizio nel maggio 2012. Pochi casi come quello di Ana rivelano in tutta la sua oscura profondità una condizione, la perdita dell'innocenza, al tempo stesso individuale e collettiva.
Gettare una luce sui problemi più seri e al tempo stesso non pronunciare una sola frase seria, subire il fascino della realtà del mondo contemporaneo e al tempo stesso evitare ogni realismo - ecco "La festa dell'insignificanza". Chi conosce i libri di Kundera sa che il desiderio di incorporare in un romanzo una goccia di "non serietà" non è cosa nuova per lui. Nell'Immortalità Goethe e Hemingway se ne vanno a spasso per diversi capitoli, chiacchierano, si divertono. Nella Lentezza, Vera, la moglie dell'autore, lo mette in guardia: "Mi hai detto tante volte che un giorno avresti scritto un romanzo in cui non ci sarebbe stata una sola parola seria ... Ti avverto però: sta' attento". Ora, anziché fare attenzione, Kundera ha finalmente realizzato il suo vecchio sogno estetico - e "La festa dell'insignificanza" può essere considerato una sintesi di tutta la sua opera. Una strana sintesi. Uno strano epilogo. Uno strano riso, ispirato dalla nostra epoca che è comica perché ha perduto ogni senso dell'umorismo.
Nel 1961 un gruppo di dominicani decide di uccidere in un agguato il dittatore Rafael Leónidas Trujillo, il "Caprone", padrone assoluto di Santo Domingo, violentatore e paternalista, che da trent'anni controlla le coscienze, i pensieri, i sogni dei cittadini... Molti anni dopo, Urania Cabral figlia dell'ex presidente del Senato Trujillo, professionista di successo, torna nella Santo Domingo che ha lasciato quattordicenne. Per chiudere i conti con un passato impossibile da rimuovere? Per vendicare torti e sofferenze? Per amore della sua terra, delle sue radici?
È il primo di agosto, a Bangalore, quando viene rinvenuto il cadavere di un farmacista. Sembra un caso destinato a essere archiviato in fretta, ma la settimana successiva il ritrovamento di un'altra vittima segna l'inizio di una serie di misteriosi omicidi, all'apparenza non legati tra loro. Solo l'ispettore Borei Gowda, uomo dall'indole ribelle e dal fiuto eccezionale, riesce a cogliere uno schema dietro i delitti, dove nessuno vede niente. Insieme al sottoispettore Santosh, novellino zelante e maldestro, si invischia in un'indagine complessa, ostacolato dai superiori corrotti. Né trova pace nella vita privata: una moglie assente e un rapporto da ricostruire col figlio, Gowda, abituato ormai a una vita solitaria e disordinata, ha paura di rimettersi in gioco con Urmila, un amore del passato che ha bussato alla sua porta dopo ventisette anni. L'assassino intanto continua a uccidere: la chiave per risolvere il caso si nasconde nei bassifondi della città, ma gli indizi sono fragili e mutevoli, appesi a un filo per aquiloni agitato dal vento, sottile e tagliente come una lama... Nella metropoli dell'Information Technology, dove modernità e tradizione si scontrano ogni giorno, dove gli slum fatiscenti convivono con le sontuose dimore dei politici, tra i vicoli bui e il verde placido dei quartieri residenziali, tra mercati di spezie e ammassi di rifiuti, prende vita il nuovo romanzo di Anita Nair, che sceglie la via del noir per raccontare l'India di oggi vista dal suo ventre oscuro.