
Un viaggio di sedicimila chilometri tra strade di asfalto e di polvere, da New York alla California, e poi al centro dell'America, giù fino al Messico e di nuovo in California, sulle tracce di "On the road" di Jack Kerouac, per scoprire cosa è cambiato nel grande paese e ascoltare nuove storie. Un racconto dove si incontrano i vecchi drive-in e l'ombra di John Wayne. E dove si incrociano le pagine di Jack London e Cormac McCarthy, tra l'antico mito del West e la più struggente e bizzarra di tutte le nostalgie: quella per ciò che non si è vissuto. Con una prefazione di Fernanda Pivano.
Quando apparve nel 1930 questo libro fu come un colpo di scure piantato sulla tavola impeccabilmente imbandita dei musicologi "competenti", per i quali Verdi coincideva solo con la "verve discreta e senile" del Falstaff. Contro quegli intellettuali Barilli rivendicava la grandezza perentoria e insindacabile del Verdi popolare e "contadino". Oggi la causa di Verdi è ampiamente vinta, così il lettore potrà concentrarsi soprattutto sulle fascinazioni descrittive ed evocative del capolavoro di Barilli. Sugli sfondi ambientali, anzitutto, a partire da Parma, poi sulla disamina delle singole opere, non solo verdiane.
L'odio come energia vitale, un tetro futuro già riconoscibile nel presente. E un romanzo che è fiaba, parodia, invettiva.
Il volume raduna scritti che per la maggior parte hanno sofferto a causa della dispersione dei luoghi in cui apparivano: da quelli inclusi nel noto "Saggi sul fantastico" si passa infatti a contributi di carattere programmatico e esortativo, legati all'attività di direttore e consulente di alcune riviste significative, a un gruppo di risposte a inchieste o questionari su temi non solo estetico-letterari ma anche di attualità e di costume, e poi ancora a saggi composti prevalentemente negli anni dell'immediato dopoguerra e dedicati al problema della responsabilità della cultura, e infine scritti di argomento storico-politico, fra cui spiccano le testimonianze su Gramsci e Gobetti.