
Hora è un luogo dell'anima, un paese in cui, come nella Macondo di Màrquez, il tempo, i fatti, le persone sembrano avvolti in un'atmosfera magica e misteriosa. Ma è anche un luogo concreto, un paese della Calabria dove vive un'antica comunità arbëreshe. Ed è, soprattutto, il luogo privilegiato delle narrazioni di Carmine Abate, che in questa trilogia racconta le diverse stagioni di Hora: il tempo dell'infanzia e della giovinezza, della scoperta dell'amore e della vita; ma anche il tempo del distacco doloroso e dei ritorni; e il tempo grande del mito che si mescola con il presente. Le sue storie, insieme realistiche e visionarie, solari e strazianti, sempre poetiche, hanno il respiro ampio dell'epopea, sospese fra tradizione e modernità, vita, lotte, sogni e memoria.
Al centro di questo romanzo misterioso e potente, che scorre in una lingua tersa dove sembrano risuonare insieme gli echi delle vite dei mistici e la poesia di Emily Dickinson, c'è la figura di Ildegarda. Una donna che viene lasciata dal marito amatissimo ma devastato nello spirito. La sua solitudine è illuminata solo dall'amore per il figlio che adora. Quando l'ombra della morte sembra sfiorare il bambino, Ildegarda si interroga sul male del mondo, sulla paura di vivere, di perdere l'amore, di perdere il figlio. Lo strazio per l'abbandono e soprattutto l'angoscia per non saper proteggere il figlio portano Ildegarda a cercare nella sua fede irrequieta una strada di salvezza. Un patto con quel Dio che appare impotente di fronte al dolore dell'uomo. È la lotta che ciascuno di noi, credente o no, un giorno si trova a combattere. Un nuovo inatteso incontro, nell'incanto di un paesaggio di neve dalla bellezza struggente, porta Ildegarda a vivere una passione del corpo e dello spirito che ha in sé un'attesa di eternità. Di un'altra vita e giorni nuovi. Perché il sogno di ogni amore è che il miracolo non abbia fine. Forse è solo una promessa, ma una promessa è molto più potente di un sogno.
Un istituto bancario ha deciso per i suoi investimenti l'acquisto della Bolla d'oro di Alessio Comneno III, uno di quei documenti con cui, nell'antica Bisanzio, la Cancelleria trasmetteva, con l'aureo sigillo, i decreti imperiali. Sorge, naturalmente, una questione di autenticità, perché queste carte erano nell'Ottocento facilmente falsificate, e la perizia è affidata ai due massimi esperti del settore, il professor Celletti e il timido Bosconi, suo allievo. I due danno pareri opposti e, a complicare l'operazione, il secondo dei due svanisce nel nulla, nelle tappe di una trasferta negli archivi dei monasteri ortodossi del Monte Athos. L'intraprendente Teresa Nitti, donna d'affari che si autodefinisce "una che risolve problemi", è incaricata della ricerca; la signora si rivolge al suo vecchio compagno di studi Carlo Donna. Alla fine, dietro al mistero, si svelerà una truce cospirazione ma il romanzo ha anche una trama più profonda da comunicare: il viaggio-ricerca di Carlo, la sua scoperta dell'universo chiuso e infinito dei monaci barbuti che abitano i luoghi a precipizio sul mare protetti dai millenni. Ma la sua non è un'iniziazione mistica o un'esperienza religiosa trascendente. Con il suo documentare i sentieri, i panorami, le mura, le celle, le conversazioni, i personaggi, il trascorrere delle ore, con il suo sentirsi strappato all'ordinario vivere, Carlo trasmette ciò che ha finalmente capito: di essere giunto "all'ultima dogana della terra".
Tutto congiura perché Montalbano prenda atto del proprio compleanno e, bravando e brontolando, si lasci ferire dalla ruvida evidenza dei suoi cinquantotto anni. Soliloquista e monologatore, il commissario di Vigàta scivola talvolta in una dimensione immaginativa di minacciosa intensità, ma sa come governare la giostra che il mondo gli fa intorno e deludere i toni di urgenza e le intimazioni di resa. Nuovi accidenti e strani, vili crudeltà e ampie atrocità, messinscene squallide o di fastosa turpitudine, si incastrano capziosamente in un gioco di scatole cinesi irto di replicazioni. Tutto comincia con il furto degli incassi in un supermercato. Seguono a valanga, come per una reazione a catena, delitti di crescente impatto. Il medico legale, Pasquano, ha il suo da fare fra tanto aroma di sangue. È burbero come sempre, nei suoi larghi giri di indisponenza; ma è cauteloso come mai. Si fiuta aria d'intimidazione tutt'attorno. Si intuisce un disegno criminale guidato, con mano di ghiaccio e cinica impudicizia, lungo la zona d'ombra nella quale il potere politico convive e si confonde con quello del malaffare e della mafia: non senza i dimenamenti, le scorrettezze o le connivenze, più o meno attive, persino di alcune autorità preposte al rispetto della legge. Lo stesso Montalbano, che è un rigoroso supervisore di dettagli e ha esatta intuizione scenica, è indotto a una cordialità cauta con i superiori ipocriti e pelosamente prudenti." (Salvatore Silvano Nigro)
I grandi autori avvertivano prima di tutto il vuoto - spiega Giuseppe Scaraffia all'inizio di questa traversata a tappe nei costumi di vita dei protagonisti della cultura occidentale. Perciò, tutto quello che facevano, per riuscire a dare diletto a se stessi, era il modo che avevano di "arredare il vuoto"; e quanto più elaborato, eccentrico, sofisticato, maniacale od effimero, questo diletto si mostra ai nostri occhi, tanto maggiore doveva esercitarsi su di loro la pressione diffusa di quel nulla che li minacciava: "ognuno ha la propria ricetta e spesso i più dissipati sono proprio i saggi". Secondo lo stile formatosi in tanti volumi contemporaneamente ironici e colti, Scaraffia conduce il lettore tra le pagine e le vite, con un bagaglio immenso di critica e fatti, e con un tratto di scrittura capace di rappresentare rapidissimo una figura del palcoscenico letterario dei secoli. In questo libro il centro dei suoi interessi sono le attività a cui i grandi si davano per trovare gioia o riposo o oblio o ebbrezza, da cui ricavavano, appunto, piaceri: analizzate e sistemate per ordine. I baci, i cani, i tatuaggi, le valigie, i giardini, le motociclette, e tutto il resto: non suonano come manie di artisti narcisisti ma, nel modo di scandagliarli dell'autore, sono finestre che si aprono sulle anime e sulle poetiche. Ed è come entrare nel salottino di casa dei grandi scrittori e farsi raccontare cosa facevano per dimenticarsi di sé.
Francis e Zoe, che nel nome si ispirano ai personaggi di Salinger, sono fratello e sorella, diversi per carattere, ma legati da un affetto e da una complicità profondi. Francis è un giovane scrittore solitario e riflessivo; Zoe è una donna nel fiore degli anni, di professione interprete, affascinata dalle dottrine esoteriche, sempre in viaggio. Francis ha un progetto: scrivere un racconto su Katherine Mansfield, che Zoe, nonostante le sue molte letture, non conosce. Basta un accenno alla vita e agli amori della scrittrice a scatenare la curiosità di Zoe e a innescare tra i due un dialogo fittissimo, nella quiete sospesa e senza tempo di un grande giardino. Il fratello prende così a raccontare alla sorella l'inquieta e straordinaria esistenza di Katherine Mansfield. Nata nel 1888 in Nuova Zelanda, KM, come amava firmarsi, si trasferisce ventenne a Londra, e qui, attratta da amori folli e posseduta dalla perenne sensazione di trovarsi "agli antipodi", vive una vita libera e avventurosa, che prestissimo genera pagine di altrettanto febbrile scrittura, percorse da un'energia, una luminosità e una grazia che le renderà amatissime dai lettori, fino a oggi. Ma nel 1918 un medico dà infine un nome agli attacchi di tosse che tanto debilitano KM: tubercolosi. Sempre più fragile nel corpo, ma audace nella mente e pronta a ricorrere alle cure più sperimentali, per quanto dolorose, KM viaggia nel Sud della Francia alla ricerca di un clima mite.
Le celebri lettere di Seneca a Lucilio sono uno dei classici della letteratura latina oltre che un long seller di molte case editrici: nessuno ha mai finora, però, letto le risposte dell'amico e poeta Lucilio. Con duemila anni di ritardo Lucilio, attraverso la voce di Marcello Veneziani, risponde alle famose epistole di Seneca completando così la corrispondenza. Venti lettere che riprendono i principali temi originali, dalla felicità alla bellezza, dal potere alla morte, dalla ricchezza alla saggezza, replicando di volta in volta agli insegnamenti e alle considerazioni senechiane. Emerge, oltre allo spirito dell'epoca, una riflessione sulla vita che va "non solo vissuta ma pensata e dedicata" e sul suicidio, che a volte, come nel caso del filosofo, diventa una necessità per "vivere nella verità della vita". Un'opera lieve, non accademica, tra la morale e la filosofia di vita, non priva di analogie, parallelismi e allusioni al tempo presente.
La città di Napoli è all'alba di una nuova stagione politica che genera entusiasmi e grandi aspettative. Merito anche del nuovo, dinamico sindaco appena eletto. Tre suicidi molto sospetti, però, scuotono uno dopo l'altro i palazzi del potere e i salotti dell'alta borghesia: e tutte e tre le vittime vengono trovate impiccate. Il questore chiede aiuto a due consulenti molto particolari: l'avvocato Agatino Dell'Aquila, notissimo in città, e un suo giovane ed eccentrico amico di origini siciliane, Pietro Maiorana di Altomonte, professore di Matematica all'università. Intorno ai due investigatori, occasionali ma tutt'altro che improvvisati, ruotano personaggi di una città aperta e internazionale - come l'affascinante fidanzata giapponese di Pietro Maiorana - ma anche figure tipiche della Napoli più tradizionale e immobile. Tutti impegnati in una spietata lotta per il potere, che ha come campo di battaglia i cantieri delle grandi opere e delle archistar, e che porta alla luce le diverse anime, parallele e intrecciate, che coesistono da sempre in una città perennemente in bilico tra la magia e la ragione. Solo la matematica, con le sue ardite ipotesi e la sua stringente coerenza, potrà fermare la serie di morti che si stringe come un cappio intorno alla città.
Il punto di partenza è la Repubblica Romana del 1849: un'avventura durata pochi mesi, capace di gettare i semi di quella che, cento anni dopo, sarebbe diventata la Costituzione italiana. Il protagonista è un detenuto dei giorni nostri. Nella solitudine della prigione, gli unici esseri umani con cui si rapporta sono un secondino detto "l'intoccabile" e un immigrato africano che dorme cinque minuti ogni ora. Ma il detenuto ha un piano: preparare un discorso usando i pochi libri che l'istituzione carceraria gli ha permesso di consultare. Le parole di Pisacane, Cattaneo, Mazzini e Mameli - credute innocue dai suoi carcerieri -, diverranno nelle sue mani il grimaldello col quale tentare di evadere, anche solo mentalmente. Perché quel Risorgimento era "storia di lotta armata e galera", e ci sono due tipi di terroristi: quelli che finiscono in prigione, e quelli che finiscono in Parlamento. "Quand'è che il furto di una mela diventa un reato? C'è un limite? C'entra con la qualità della mela? La statua della giustizia davanti al tribunale ha una bilancia in mano, ma entrambi i piatti sono vuoti. Non è una bilancia per pesare la frutta". Ascanio Celestini rilegge la storia dell'unità d'Italia in chiave anarchica e rivoluzionaria stando "in equilibrio sulla Storia come il gatto sul cornicione", e conduce il lettore in un viaggio vertiginoso dove i martiri e gli eroi non hanno neanche trent'anni, e pagano con la vita la capacità di sognare.
È capodanno e Napoli carica le batterie per la pirotecnica finale. In una stanza giocano a tombola in due, fratello e sorella, ma apparecchiano per quattro. E le presenze arrivano, da un oltremare del tempo.
È un plotone di giovani ragazzi quello comandato dal maresciallo Antonio René. L'ultimo arrivato, il caporalmaggiore Roberto Ietri, ha appena vent'anni e si sente inesperto in tutto. Per lui, come per molti altri, la missione in Afghanistan è la prima grande prova della vita. Al momento di partire, i protagonisti non sanno ancora che il luogo a cui verranno destinati è uno dei più pericolosi di tutta l'area del conflitto: la forward operating base (fob) Ice, nel distretto del Gulistan, "un recinto di sabbia esposto alle avversità", dove non c'è niente, soltanto polvere, dove la luce del giorno è così forte da provocare la congiuntivite e la notte non si possono accendere le luci per non attirare i colpi di mortaio. Ad attenderli laggiù, c'è il tenente medico Alessandro Egitto. È rimasto in Afghanistan, all'interno di quella precaria "bolla di sicurezza", di sua volontà, per sfuggire a una situazione privata che considera più pericolosa della guerra combattuta con le armi da fuoco. Sfiniti dal caldo, dalla noia e dal timore per una minaccia che appare ogni giorno più irreale, i soldati ricostruiscono dentro la fob la vita che conoscono, approfondiscono le amicizie e i contrasti. In un romanzo corale, che alterna spensieratezza e dramma, Giordano delinea con precisione i contorni delle "nuove guerre". E, nel farlo, ci svela l'esistenza di altri conflitti, ancora più sfuggenti ma non meno insidiosi: quelli familiari, quelli affettivi e quelli sanguinosi e interminabili contro se stessi.
Nula, vispa Jack Russell Terrier dal prestigioso pedigree, è reduce da un incontro con un cane altrettanto blasonato. L'appuntamento amoroso è stato organizzato dai suoi padroni, i benestanti coniugi Ghedini, i quali non vedono l'ora che nascano i preziosi cuccioli. Sennonché, al momento buono vengono alla luce tre cagnolini belli e sani, sì... ma non di razza. E, poco dopo, i tre piccoli scompaiono. Nula e Lula, la bella figlia sedicenne dei Ghedini, non si rassegnano: partiranno alla loro ricerca, in un'avventura che le porterà a scontrarsi con l'indifferenza di molti e la malvagità di alcuni, in una Milano raccontata, per una volta, dal punto di vista degli animali. L'amore secondo Nula narra con gli occhi di un'adorabile quattrozampe le molte facce dell'amore umano - i primi approcci fra adolescenti, l'amore coniugale, il tradimento, l'amore mercenario... e persino la fecondazione assistita aiutandoci a capire i nostri difetti e le nostre virtù, con l'indispensabile filtro della filosofia canina, che forse insegnerà alla padroncina Lula il vero significato della parola amore.